rossonotizienet n. 17



ROSSONotizieNet
numero 17              Agosto 2002

Periodico elettronico dell'Associazione Culturale Punto Rosso



Sommario

Iniziative di Punto Rosso:

Milano: di ritorno da Johannesburg (venerdì 13 settembre 2002)

Libera Università Popolare:
Prossimi corsi autunno-inverno 2002
- Cineforum sull'America Latina
- Introduzione alla storia dell'India
- Filosofia di Spinoza
- Illuminismo e Rousseau

Punto Rosso Locali:
Carrara: La crisi argentina (sabato 7 settembre 2002)


Materiali
1) Novità Edizioni Punto Rosso: AA.VV., Guerra Globale, pag 240, 13 Euro
2) Resocondo di Giulio Girardi dal Venezuela e dal Forum Sociale di Caracas
(luglio 2002)  (in allegato)
3) Intervento sui diritti dei minori di Raffaele Salinari (Genova 20 luglio
2002, Forum dei diritti)





INIZIATIVE DI PUNTO ROSSO


Milano, venerdì 13 settembre ore 21

Luogo da definire (probabilmente Casa della Cultura o Camera del Lavoro)





Dibattito pubblico



Dopo Johannesburg

L'insostenibilità di un modello di sviluppo



Intervengono

Riccardo Petrella

Wolfgang Sachs (da confermare)

Emilio Molinari

e altri in via di definizione



Organizzano (fino ad ora)

Associazione Culturale Punto Rosso, Forum Mondiale delle Alternative,
Gruppo Consigliare Miracolo a Milano







 Libera Università Popolare

La Lup è completamente autofinanziata dalle quote di partecipazione.
Comunque l'accesso ai corsi è garantito a chiunque indipendentemente dal
pagamento della quota. Siete pregati di comunicare la vostra intenzione di
partecipare ai corsi con qualche anticipo.




CORSI AUTUNNO-INVERNO 2002
(altri corsi sono in preparazione)


Dipartimento di Cinema e Arti Visive
Stanley Kubrick

Caro vecchio cineforum
Le vene aperte dell'America Latina
Quattro film su alcuni momenti salienti della storia e la società
dell'America Latina, preceduti da una breve introduzione e seguiti dal
dibattito, come al caro vecchio cineforum....

Luogo: Punto Rosso, Via Morigi 8, Milano
(E' gradita la prenotazione: ci sono max 60 posti)
Quota di partecipazione: intero ciclo 10 euro, proiezione singola 3 euro

Mercoledì 18 settembre 2002 - ore 20.30
Il colonialismo nell'800, l'indipendenza e la rivoluzione
Queimada
di Gillo Pontecorvo, It-Fr 1969, dur. 95'
Introduce Josè Luiz del Roio

Mercoledì 25 settembre 2002 - ore 20.30
La dittatura, la Cia e la lotta armata dei Tupamaros
L'amerikano
di Costa-Gavras, It-Fr, 1973, dur. 122'
Introduce Josè Luis Tagliaferro (da confermare)

Mercoledì 2 ottobre 2002 - ore 20.30
La rivoluzione in Nicaragua nel 1979
Sotto tiro
di Roger Spottiswoode, Usa 1983, dur. 127'
introduce Daniele Pompejano (da confermare)

Mercoledì 9 ottobre 2002 - ore 20.30
Il sogno e l'ironia  del socialismo che è anche realtà
Lista d'attesa
di G. Tabìo, Cuba-Spagna, 2001, dur. 105'
Introduce Roberto Mapelli



Dipartimento di studi internazionali
Patrice Lumumba

Introduzione alla Storia dell'India
Quattro incontri introduttivi alla storia dell'India, con un approccio
interpretativo critico rispetto ai paradigmi storiografici tradizionali,
attento alle dimensioni proprie, culturali, sociali e politiche, del grande
paese asiatico. Un contributo per comprenderne il ruolo e le prospettive
nell'attuale globalizzazione.

Durata: quattro incontri.
Luogo: Punto Rosso, via Morigi 8, 20123 Milano.
Quota di partecipazione: 25 Euro

Giovedì 3 ottobre 2002, ore 18.30-20.30
Introduzione alla storia dell'India
Relatore: Michelguglielmo Torri (Università di Torino)
Nell'occasione presentazione del libro di M. Torri, Storia dell'India,
Laterza, Roma 2000.

Giovedì 10 ottobre 2002, ore 18.30-20.30
L'india coloniale e la lotta per l'indipendenza
Relatrice: Marzia Casolari
Alle 21.30 proiezione del film, Gandhi, di R. Attemborough, Gb-Ind 1982,
dur. 188'

Giovedì 17 ottobre 2002, ore 18.30-20.30
L'India indipendente
Relatrice: Marzia Casolari

Giovedì 24 ottobre 2002, ore 18.30-20.30
L'india nella globalizzazione
Relatrice: Marzia Casolari



Dipartimento di storia della filosofia e del pensiero umano
Ernst Bloch

Il pensiero occidentale attraverso le sue grandi opere
A seguito del grande interesse suscitato dai corsi svolti nei due anni
passati sulla storia del pensiero occidentale, riprendiamo questo percorso
a partire dalle grandi opere di questo pensiero, come momenti paradigmatici
della storia della filosofia.

Settimo corso:
L'Etica di Spinoza

Durata: 3 lezioni
Luogo: Punto Rosso, Via Morigi 8, Milano
Quota di iscrizione: 15 Euro

Martedì 8 ottobre 2002, ore 18.30-20-30
Introduzione alla filosofia di Spinoza
Relatore: Giorgio Giovannetti

Martedì 15 ottobre 2002, ore 18.30-20-30
L'Etica (I)
Relatore: da definire

Martedì 22 ottobre 2002, ore 18.30-20-30
L'Etica (II)
Relatore: da definire

****************

Ottavo Corso:
L'illuminismo e J. J. Rousseau

Durata: 3 lezioni
Luogo: Punto Rosso, Via Morigi 8, Milano
Quota di iscrizione: 15 Euro

Martedì 12 novembre 2002, ore 18.30-20-30
L'illuminismo, la politica e J. J. Rousseau
Relatore: Giorgio Giovannetti

Martedì 19 novembre 2002, ore 18.30-20-30
L'illuminismo, l'antropologia e J. J. Rousseau
Relatore: Mario Domina

Martedì 26 novembre 2002, ore 18.30-20-30
L'illuminismo, la pedagogia e J. J. Rousseau
Relatore: Francesco Muraro





PUNTO ROSSO LOCALI




ASSOCIAZIONE CULTURALE PUNTO ROSSO e
PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA

CIRCOLO CHE GUEVARA DI CASTELPOGGIO - CARRARA

ORGANIZZANO

SABATO 7 SETTEMBRE 2002
C/O LA SEDE DI CASTELPOGGIO - CARRARA

LA CRISI ARGENTINA: GLI EFFETTI DELLA GLOBALIZZAZIONE LIBERISTA E DELLE
POLITICHE USA IN AMERICA LATINA.


PROGRAMMA

ORE 20.00:
CENA SOCIALE


ORE 21,30
PROIEZIONE DEL VIDEO:
LA FACCIA DELLA DIGNITA'

TESTIMONIANZA DEL MOVIMENTO DEI LAVORATORI DISOCCUPATI
DI SOLANO PER IL LAVORO, LA DIGNITA' E IL CAMBIAMENTO SOCIALE

SONO PREVISTI INTERVENTI DEL COMITATO DI SOLIDARIETA' CON I POPOLI
DELL'AMERICA LATINA

PRENOTAZIONI E INFO:
<mailto:puntorosso.carrara at tin.it>puntorosso.carrara at tin.it





MATERIALI



Novità Edizioni Punto Rosso



AA.VV.

Guerra Globale

Globalizzazione e militarizzazione del mondo. Le alternative dei movimenti
sociali



La guerra sta diventando uno strumento per rispondere alla crisi economica,
politica, culturale e sociale  del neoliberismo. Una crisi di consenso che
si manifesta nella grande crescita del movimento dei movimenti e nel suo
Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre.
Così la guerra diventa guerra globale permanente contro i popoli del mondo,
sotto lo schermo ideologico della lotta al terrorismo, con il ruolo
soverchiante dell'egemonismo-imperialismo Usa.

Il libro contiene vari saggi sul rapporto tra neoliberismo, guerra e
possibili alternative e gli atti del covegno internazionale tenutosi a
Milano il 23-24 novembre 2001, organizzato dall'Associazione Culturale
Punto Rosso, dal Forum Mondiale delle Alternative e da Attac-Italia.

Collana libri/FMA 4, pp. 240, ¥ 13.



Indice:



Introduzione di Giorgio Riolo



Saggi

Il capitalismo transnazionale e la guerra: il movimento sociale per una
alternativa
di Wim Dierckxens

L'incubo orwelliano di Geoge Bush
di Philip Golub

L'armamento del sud nel quadro unipolare dopo la fine della guerra fredda
di François Houtart

Fondamenti ideologici della guerra mondiale in corso:
alle radici del consenso popolare
di Giulio Girardi



Interventi al convegno di Milano (23-24 novembre 2001)



Samir Amin
Bernard Cassen
Toni Negri
Giulietto Chiesa
Cristophe Aguiton
Giorgio Cremaschi
Vittorio Agnoletto
Mario Agostinelli
Carla Casalini
Marco Bersani
Pierluigi Sullo
Luciano Muhlbauer
Emilio Molinari



Appendice

Josè Saramago
Immanuel Wallerstein
Intervista a Samir Amin: il terrorismo politico, il grande alibi
Documento dei Movimenti Sociali dal Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre 2002








Giulio Girardi, Dal Venezuela. (In Allegato)






Intervento di Raffaele Salinari al Forum dei diritti tenutosi a Genova il
20 luglio 2002



L'economia illegale è, sempre più, parte integrante del processo di
globalizzazione economico e finanziaria. Il modello di sviluppo
iperliberista, infatti, tende a mercificare qualunque cosa ed a fare della
plusvalenza il suo unico valore di riferimento. In questo quadro, dominato
dell'imperativo del massimo profitto il " lato oscuro" del commercio
diventa naturalmente una delle componenti strutturali dell'attuale fase di
espansione liberista, costringendo sempre più esseri umani ad essere
trattati come un prodotto qualsiasi e come tali essere comprati e venduti.
La zona grigia tra economia legale ed economie illegali diventa quindi
sempre più larga.

Il messaggio, ripetuto come un "mantra" in tutte le sedi è che solo il
libero commercio ed il nuovo sistema di "warfare" , la guerra permanente,
potranno sconfiggere sia le diseguaglianze che il terrorismo. La realtà
mostra che entrambe le affermazioni sono false, dato che producono
esattamente quello che dicono di combattere. Le recenti cadute delle borse
mondiali a seguito di vere e proprie truffe operate a danno dei piccoli
risparmiatori e dei possessori di fondi pensione, segna, infine, l'inizio
di una ulteriore fase involutiva di questo sistema economico il cui valore
di riferimento diventa semplicemente il profitto istantaneo, assolutamente
incapace di proiezione verso il futuro e quindi, a maggior ragione,
estremamente pericoloso per la sopravvivenza stessa dell'intero pianeta.

La "flessibilità" del sistema economico mondiale liberista permette infine
di espandere a dismisura i confini della legalità sino ad abbracciare tutte
le fonti di possibile profitto, sino a rendere fattibile e plausibile ogni
forma di sfruttamento dell'uomo sui suoi simili , sulla natura, su quella
componente del futuro stesso dell'umanità che sono i bambini. Questo vasto
campo di interessi che possiamo quindi definire oramai come criminale in
tutte  le sue articolazioni, deve essere analizzate, denunciato e combattut
come tale.

Il Forum sui Diritti, organizzato in occasione della tre giorni di Genova
dal Forum Mondiale delle Alternative e da Punto Rosso, ha voluto offrire
una occasione per riflettere sul tema Diritti come  possibile Narrazione
Collettiva all'interno della quale collocare le alternative reali in
termini non solo di pensiero analitico ma di vero e proprio programma
politico concreto. In questo quadro vale la pena soffermarsi, per espandere
l'analisi e meglio comprendere le "nuove frontiere" dell'attuale fase di
sviluppo liberista,  su temi emergenti come quelli dello sfruttamento di
esseri umani, in particolare dei minori, a quel traffico dei "nuovi
schiavi" che oggi alimentano il lavoro nero, lo sfruttamento sessuale ed il
commercio di organi. La riflessione centrale potrebbe infatti essere
questa, a nuovi problemi ed a nuove forme di sfruttamento e quindi di
negazione dei Diritti da parte del liberismo, il Movimento Sociale Mondiale
deve contrapporre non solo la rivendicazione dei Diritti "classici" ma la
capacità di espandere il campo delle tutele per far fronte alle nove forme
di violazione.

Negli ultimi tempi questi fenomeni, a tutti i livelli, a partire dalle
tutele del levoro per arrivare alla violazione delle libertà fondamentali,
si sono ulteriormente acuiti ed  hanno assunto dimensioni nuove e
terribili. In particolare ai fenomeni oramai "classici", si sono aggiunti i
fenomeni delle nuove schiavitù minorili legate, ad esempio,  al fenomeno
dei bambini soldato e del traffico dei minori. Vere e proprie holding si
sono create attorno a questi problemi che riassumono, come nel caso del
traffico di bambini, il peggio del commercio delle armi, dei diamanti e
dello sfruttamento sessuale. Basti pensare appunto alle bambine che ogni
giorno vengono rapite in Asia, Africa ed America latina per diventare le
piccole prostitute negli eserciti dei signori della guerra, alimentati
dall'occidente per sostenere i tanti conflitti locali per il possesso dei
diamanti. Ma, ancora più grave, è il fenomeno cui assistiamo  con sempre
maggior chiarezza all'interno del nostro continente e del nostro paese.

Le destre continentali infatti sono coerenti e conniventi con questo
sistema che finisce quindi per  allungare la sua ombra su quella parte
legale ed accettabile dell'economia e della politica che rischia di esserne
sempre più condizionata. In specifico Terre des Hommes ha recentemente
presentato , insieme alla Fondazione Lelio Basso, una ricerca originale sul
traffico di minori dall'est europeo, in particolare Moldavia ed Albania,
nella quale si evince chiaramente una fitta rete di connivenze a livello di
mafie organizzate che fanno del nostro paese non solo un luogo di
permanenza per le giovani prostitute ma anche una nazione di transito verso
le altre destinazioni del Nord. Non ci sarebbe quasi nulla di nuovo se la
ricerca non avesse mostrato due cose: la prima è che scompare
progressivamente la prostituzione minorile dai marciapiedi ed aumenta
quella nelle case private, e la seconda che ancora non esiste in Italia,
pur giacente in parlamento dalla scorsa legislatura, una legge che sancisce
il reato di tratta degli esseri umani. A fronte quindi di una legge
sull'immigrazione che punisce i disgraziati che tentano la fortuna nel
nostro ricco paese , non esiste nessuna reale punibilità per il reato di
tratta di esseri umani. Se poi facciamo il paio con le reiterate proposte
della destra sulla riapertura delle case chiuse e con la scomparsa dal
recente DPEF dei fondi destinati alla cooperazione internazionale, si
chiarisce un quadro di assenza generalizzata del diritto della persona e di
manifesta non volontà di risolvere i problemi alla radice, che rasenta la
barbarie. Il Movimento deve quindi impegnarsi a ricostruire i luoghi
collettivi per la affermazione dei diritti, partendo dalla constatazione
che il nuovo unilateralismo statunitense ha ulteriormente indebolito le
sedi un tempo deputate a questo scopo. La  fuoriuscita degli USA dalla
Corte Internazionale Criminale ha infatti un significato chiarissimo di
rigetto di ogni forma di universalità del Diritto e dei Diritti. Le destre
europee non sono comunque da meno.

Da questo quindi la necessità non solo di analizzare lo scenario, di
proporre nuovi Diritti , ma anche la necessità di renderli realmente
fruibili attraverso la creazione di Istituzioni autorevoli che impongano
una  nuova legalità. Sono soluzioni che passano necessariamente attraverso
un sistema di regole internazionali cogenti e condivise, che prevengono e
combattono i fenomeni alla radice. Regole di giustizia dunque, nuove norme
per l'economia mondiale, che prevedano non solo la trasparenza nelle
transazioni economiche ma la democrazia nei luoghi di queste decisioni, che
obblighino all'utilizzo delle plusvalenze al fine di sostenere un modello
di sviluppo equo, norme internazionali a tutela dell'infanzia, per la lotta
al riciclaggio del denaro sporco. Questo sarà possibile se rafforzeremo la
volontà che tutto questo divenga parte dell'agenda politica del nuovo mondo
in costruzione.



Raffaele K Salinari

Presidente Terre Des Hommes International








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ASSOCIAZIONE CULTURALE PUNTO ROSSO puntorosso at puntorosso.it
FORUM MONDIALE DELLE ALTERNATIVE fma at puntorosso.it
LUP - LIBERA UNIVERSITA' POPOLARE lup at puntorosso.it
EDIZIONI PUNTO ROSSO edizioni at puntorosso.it
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TEL. 02-874324/72006264/72016642
FAX 02-875045
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UN BAGNO NEL FIUME IMPETUOSO DELLA RIVOLUZIONE BOLIVARIANA,
PARTE  INTEG RANTE E MOMENTO PROPULSIVO DEL MOVIMENTO DI PORTO ALEGRE

Prima puntata (non spaventatevi, le puntate saranno probabilmente solo due)
CONTRADDIZIONI E PROSPETTIVE DEL FORO SOCIALE VENEZUELANO


	La Habana,  5.08, 02

	Compagne e compagni carissimi,
	Debbo anzitutto scusarmi con voi per questo mese di silenzio (dal 5
luglio, giorno della mia partenza da Roma al 5 agosto, data del presente
messaggio). Il motivo di questo silenzio è mol16 semplice. Da quando ho
messo piede in Venezuela (prima tappa del mio itinerario
indoafrolatinoamericano, sono stato travolto da una serie imprevista di
impegni appassionanti, ognuno dei quali richiedeva anche un tempo di studio
e di preparazione. Furono due settimane assai intense, destinate
indubbiamente a segnare il futuro del mio impegno solidale, politico,
culturale e teologico.
	Sollecitato poi dal movimento delle donne bolivariane (INAMUJER) ,
che mi invitarono al loro incontro internazionale di solidarietà, prolungai
il mio soggiorno in Venezuela dal 16 al 22 luglio.
	Il tempo per una prima pausa di riflessione e di condivisione l'ho
trovato il 22 luglio,sull'aereo che mi portava da Caracas a La Habana.
Pausa che si è poi prolungata molto più di quanto immaginassi, fino ad oggi
5 agosto. Pausa che cercherò di riaprire appena possibile per informare chi
fosse interessato o interessata (succede) delle principali attività che ho
potuto svolgere in Venezuela dopo la chiusura del Foro Sociale (sarebbe la
IIa puntata che vi ho minacciato di scrivere).
Primo  impatto, traumatico, con il Foro  Sociale
	.
	Voglio però essere sincero e dirvi tutto. Il mio primo impatto con
il Venezuela, in particolare con il Foro Sociale,  è stato traumatico.
All'aeroporto di Caracas, dove sono giunto il 5 luglio, alle 15,35, nessuno
mi aspettava. Solo grazie a due amici, funzionari dell'ambasciata di Cuba,
potei far giungere la notizia del mio improvviso arrivo al Coordinamento
del Foro Sociale,dal quale supponevo di essere stato invitato ed al quale
supponevo di aver comunicato per posta elettronica la mia accettazione
dell'invito con l'orario del mio arrivo..
	Credo importante parlare di questi primi (ed ultimi ) contrattempi,
perché essi  riflettono largamente la condizione di questo ed altri Fori
Sociali. Esperienza  che ha accentuato le mie preoccupazioni non certo per
le idee ispiratrici dei Fori Sociali ma per il  loro funzionamento
concreto, per il  loro spontaneismo  e per la loro allergia
all'organizzazione. Essi dovrebbero infatti essere luoghi di elaborazione e
di costruzione "dal basso" dell'alternativa, ma spesso riproducono i vizi
della vecchia sinistra: settarismi, egemonismi, rivalità interne. Non
esendo organizzazioni realmente alternative ,non potranno , se non
maturano, costruire alternative di società né a livello locale né molto
meno a livello nazionale e mondiale. Ma non per questo perdo la speranza.
	Supponevo di essere stato invitato dal Foro Sociale, perché nel
messaggio elettronico che mi aveva inviato la Fondazione FUNDEC (Fundación
para la defensa de los derechos de los ciudadanos y las comunidades),
firmato da Mario Neri, mi si invitava espressamente al Foro Sociale del
Venezuela, facendo riferimento ad alcuni miei scriti ( sui popoli indigeni,
il debito estero, lo sviluppo locale sostenibile, il macroecumenismo ecc.),
pubblicati nel sito del Gruppo Oscar Arnulfo Romero di Milano (gestito da
D.  Alberto Vitali  e da Emma Pavoni). in essi, mi scriveva Mario Neri,
italiano residente da trent'anni in  Venezuela, membro di FUNDEC, avevano
notato una sorprendente affinità tra la problematica che io affrontavo e
quella sollevata dalla rivoluzione bolivariana. Affinità sorprendente per i
venezuelani, e più ancora per me.
Supponevo anche .di aver  comunicato  per posta elettronica al
Coordinamento la mia accettazione dell'invito e l'ora del mio arrivo. Ma,
ho poi saputo, l'indirizzo elettronico che mi era stato comunicato era
errato, per cui il mio messaggio non era giunto a destinazione.
I giorni che ho poi trascorso nel Foro Sociale, furono da un lato per me
assai frustranti, dall'altro estremamente fecondi. Frustranti sul piano
personale, perché, partito per dare un contributo  al Foro Sociale, ne sono
stato in realtà emarginato da burocratismi e rivalità interne, che
accentuarono le mie preoccupazioni  per il funzionamento dei Fori Sociali.
Mi sembra comunque emblematica ed istruttiva questa esperienza,  per cui
indugio nel descriverla. Informato dall'ambasciata di Cuba del mio arrivo e
della mia attesa solitaria all'aeroporto , il coordinamento del Foro
Sociale  mandò due compagne a prelevarmi. Molto gentilmente le compagne mi
informarono che il mio nome non figurava nella lista degl'invitati e che
quindi  i dirigenti dovevano riunirsi e decidere  se era possibile
utilizzarmi e, prima ancora,  se era possibile alloggiarmi..
Le compagne mi condussero al Teatro Municipale, sede del  Foro.. Qui alcuni
degli organizzatori mi chiesero se avevo i mezzi per provvedere al mio
sostentamento durante il Foro. Risposi di no (non era vero), perché
supponevo che essendo stato  invitato, sarei stato anche alloggiato.
Nella sede del Foro potei finalmente entrare in contatto diretto con alcuni
esponenti di FUNDEC, l'organizzazione  che mi aveva invitato: Carmen
Romero, presidente e Mario Neri, uno dei membri più attivi della Fondazione
.  Mi resi conto che FUNDEC .partecipava al Foro Sociale, ma non era membro
del coordinamento; che quindi non contava nella burocrazia del Foro.
Pertanto agli occhi del coordinamento l'invito da essa rivoltomi era nullo
Per questo io non figuravo nella lista degli invitati. .Inoltre, la mia
risposta di accettazione calorosa dell'invito, come ho ricordato,  non era
giunta a destinazione .
I membri di FUNDEC cercarono di convincere gli organizzatori del Foro che
se anche la mia riposta,  per un disguido postale, non era giunta, ero
giunto io e che questa si poteva considerare una riposta. Ma i burocrati
(alternativi?) non furono convinti. Il mio "caso" fu discusso in una
riunione del coordinamento, nella quale prevalse l'opinione
degl'intransigenti: non essendo stato invitato dal coordinamento, non avrei
potuto  prendere la parola in seduta plenaria. Mi comunicarono invece che
un gruppo di lavoro era interessato a discutere con me sui diritti dei
popoli indigeni.
Al momento però della riunione dei gruppi nessuno degli organizzatori si
presentò per accompagnarmi e presentarmi ai miei presunti interlocutori.
Con molte difficoltà e con l'aiuto di Mario Neri, trovai il luogo  di
riunione dei gruppi; dove per altro  nessuno mi aspettava.Uno dei
coordinatori disse al mio accompagnatore che nessuno dei gruppi si occupava
dei diritti indigeni, che però avrei potuto partecipare al gruppo impegnato
sui diritti umani. Mi sedetti  in questo  gruppo. I suoi membri  stavano
discutendo vivacemente e continuarono tranquillamente la discussione.
Nessuno mi rivolse la parola.. Dopo 10 minuti,  era chiaro per  me che la
mia presenza in quel luogo non aveva nessun senso; che gli organizzatori
avevano mentito nel dirmi che un gruppo era interessato a discutere con me
sui diritti indigeni. Lo avevano fatto per sbarazzarsi di una presenza
imprevista, che rompeva i loro schemi. Me ne andai insalutato ospite. A
nessuno venne poi in mente di scusarsi per questo contrattempo.
Così si concluse la mia partecipazione "attiva" al Foro.

L'annuncio della mia presenza in Venezuela

Dagli organizzatori potemmo però ottenere una concessione importante.: che
uno di essi annunciasse pubblicamente, a nome di FUNDEC, la mia presenza
nel paese e informasse delle attività che avrei svolto nei giorni
successivi.
L'annuncio fu dato in questi termini: "Il compagno e amico Giulio Girardi,
filosofo eteologo della liberazione, è stato invitato in Venezuela da
FUNDEC (Fondazione per la difesa dei diritti dei cittadini e delle
comunità). Si fermerà  nel nostro paese fino al 16 Luglio, giorno in cui
partirà per Cuba, che considera la sua seconda patria. Egli intende
esprimere al popolo venezuelano, in particolare alla rivoluzione
bolivariana, la calorosa solidarietà di molti e molte militanti d'Italia,
particolarmente del Partito della Rifondazione Comunista, del suo
segretario Fausto Bertinotti, e di settori significativi del Parlamento
Europeo.
Nei prossimi giorni intendiamo  valorizzare al massimo il suo contributo al
nostro processo, che non gli è stato possibile offrire nel corso del Foro
Sociale. Stiamo organizzando diversi incontri con lui. In essi egli
affronterà alcuni temi che rappresentano  piste importanti della sua
riflessione attuale e che egli intende sottoporre all'attenzione del popolo
venezuelano, per coinvolgerlo, se possibile, in una ricerca partecipativa.
Alcuni di questi temi sono i seguenti:
1. Resistenza e alternativa al neoliberalismo e ai terrorismi
2. La Rivoluzione Bolivariana, parte integrante e movimento propulsivo del
movimento di Porto Alegre
3. Lo sviluppo locale sostenibile e il potere locale alternativo, asse
strategico del movimento di Porto Alegre e della Rivoluzione Bolivariana
4. I popoli indigeni , nuovi soggetti storici: Loro contributo al movimento
di Porto Alegre e alla Rivoluzione Bolivariana.
5. Il protagonismo delle donne nella costruzione di un'alternativa globale
di civiltà e particolarmente nella Rivoluzione Bolivariana.
6. Attualità della teologia della liberazione nel movimento di Porto Alegre
e nella Rivoluzione Bolivariana.
Orari e luoghi di questi incontri saranno ampiamente pubblicizzati.
Invitiamo la popolazione a considerarli momenti importanti della sua
partecipazione rivoluzionaria.

Questo annuncio segnò una svolta nella mia permanenza in Venezuela. Appena
uscito dalla sala di riunione, fui assalito da giornali, radio, televisioni
ecc. che chiedevano interviste; da responsabili di associazioni che mi
invitavano per conferenze e dibattiti. La fine del Foro Sociale fu per me
l'inizio di un periodo estremamente attivo e fecondo. Delle principali
attività in cui sono stato coinvolto, farò poi una rapida rassegna( in una
seconda puntata). Vorrei prima spiegare perché, nonostante le mie
disavventure, considero anche la partecipazione al Foro Sociale assai
feconda.
Feconda anzittutto per i numerosi contatti che ho potuto prendere e che
hanno reso possibili le iniziative dei giorni successivi e hanno creato la
possibilità di future collaborazioni e pubblicazioni.

Incontri con gli italiani dei due schieramenti

Tra gli incontri che ho potuto fare in occasione del Foro Sociale, desidero
ricordare in particolare quelli con italiani.La g rande maggioranza degli
italiani residenti in Venezuela è berlusconiana, e quindi simpatizzante dei
golpisti,  la  piccola minoranza che l'11 aprile scorso ha tentato di
deporre il presidente eletto  da una larga maggioranza popolare , per
restaurare la "democrazia" di obbedienza statunitense. Una minoranza che
odia  un presidente profondamente amato dal popolo; che lo odia, perché il
popolo lo ama; una minoranza che disprezza  il presidente di origine
popolare, perché disprezza il popolo.
 Gl'italiani coinvolti nella rivoluzione bolivariana sono molto pochi ed
anche dispersi, non si conosco tra loro. Credo che la mia visita sia stata
utile almeno per questo (spero non solo per questo): ha permesso  agli
italiani che venivano a salutarmi, di incontrarsi e di conoscersi tra di
loro. Forse è nato così un gruppo di italiani fiancheggiatori del
presidente Chavez. Io mi sono sentito per pochi giorni ministro degli
esteri interinale, ( ma antagonista ed alternativo).
Questi italiani rivoluzionari si  vergognavano di essere rappresentati da
un presidente suddito di Bush, e mediocre come lui. Li ha rinfrancati
l'apprendere che esiste in Italia un partito, piccolo ma appassionato ed
appassionante, come Rifondazione Comunista, che è schierato con la
rivoluzione bolivariana.   Tra di essi è stato molto apprezzato l'articolo,
che hanno letto in internet,  con cui Liberazione ha presentato il golpe
contro Chavez,  uno dei pochi articoli oggettivi, schierati con la
maggioranza popolare e con il presidente costituzionale.( Per una volta
nella vita, compagne e compagni , siamo in maggioranza.)
Per puro caso ho avuto un incontro di segno diverso con la presenza
italiana in Venezuela. Nel ristorante del mio albergo ho incontrato Donato
Di Santo, che mi ha riconosciuto e salutato cordialmente. Ricordando che
egli è (o almeno era) responsabile della solidarietà internazionale dei
DS,mi sono rallegrato di questo incontro, pensando di aver trovato in lui
(che ingenuo, caro Giulio) un alleato nella difesa della rivoluzione
bolivariana. Ma fui  preso dal dubbio e gli domandai: sei qui per
solidarietà con il presidente Chavez? Mi rispose stizzito: assolutamente
no! Sono il più antichavista del mondo. La sera di quel giorno ho avuto una
conferma della sua scelta di campo vedendolo a colloquio cordiale, nello
stesso ristorante, con un noto golpista.
Di Santo era a Caracas, suppongo,  per partecipare non al Foro Sociale, ma
all'Internazionale Socialista per l'America Latina e il Caribe, schierata
anch'essa dalla parte dei golpisti. Una buona notizia per Berlusconi: gli
"excomunisti" che in Italia sono suoi rivali ( così dicono) sono però suoi
sicuri alleati in politica internazionale.
L' Internazionale Socialista, costituita dai delegati di 35 partiti
socialdemocratici latinoamericani e caribegni., ed accompagnata da invitati
d'Italia, Francia, Portogallo, Svezia e Spagna, confermò il suo appoggio a
Acción Democrática e agli altri gruppi del Coordinamento Democratico
dell'opposizione.Nella conferenza stampa tenuta a Caracas il 20 luglio, il
segretario Generale dell'Internazionale non precisò se essa considera gli
avvenimenti dell'11 aprile come un colpo di stato o solo come una pubblica
manifestazione di dissenso  democratico.Nello stesso tempo respingeva
qualsiasi tentativo di rottura dell'ordine democratico come anche la
militarizzazione della politica.
La sua analisi della situazione adottava in tutto e per tutto il punto di
vista dell'opposizione. Constatava infatti l'indebolimento dello stato di
diritto e delle sue istituzioni, l'incremento della violenza politica tra i
cittadini, l'impunità nella violazione dei diritti umani, la mancanza di
indipendenza dei pubblici poteri, la costituzione di gruppi civili armati
in difesa del governo, creando un clima d'insicurezza e di instabilità
sociale."
Ne emergeva, con l'appoggio della stampa, un'immagine rovesciata della
realtà, secondo cui i golpisti  diventavano difensori della democrazia e
dello stato di diritto, il presidente costituzionale sequestrato diventava
responsabile della violenza scatenata; i golpisti , rimasti impuniti,
accusavano il presidente di favorire l'impunità nella violazione dei
diritti umani.

Verso il convegno panamazonico di Belén do Parà (Brasile)

Tra gli  incontri cheho potuto fare in occasione del Foro Sociale ricordo
in particolare quello con il responsabile dei rapporti internazionali del
Municipio di Belén do Parà. (città nella quale avevo partecipato due anni
fa ad un incontro internazionale promosso in collaborazione dal movimento
zapatista e dal movimento dei Camponenses Sem Terra). Egli fece un
intervento, nel quale annunciava per Gennaio 2003 un incontro panamazonico,
preparatorio al  Terzo Foro Mondiale di Porto Alegre..Gli feci sapere
attraverso qualche amico che ero interessato ad incontrarlo; seppi che
anch'egli era interessato ad incontrare me. In effetti, mi aveva conosciuto
in occasione dell'incontro di Belén do Parà, cui avevo partecipato: portava
con sé alcune copie degli atti di quel convegno, nei quali figurava anche
un mio contributo sui popoli indigeni come nuovi soggetti storici. Mi
assicurò che nel convegno panamazonico la problematica indigena sarebbe
stata centrale, e che ad esso  sarei stato invitato.  Sono evidentemente
molto interessato a parteciparvi.


L'incontro del Presidente Chavez con il suo popolo

	L'incontro più importante reso possibile dal Foro Sociale è stato
per me quello con il  Presidente Chavez. Egli giunse per la chiusura,
accolto  con un  entusiasmo ed un affetto indescrivibili, evidentemente
sinceri,  cui egli reagiva con grande spontaneità e semplicità.
	Qualcuno gli aveva segnalato la mia presenza e una persona del
seguito mi chiamò per presentarmi. Un abbraccio molto cordiale. Mi domandò
se era la mia prima visita in Venezuela. ---gli risposi che no, che ero già
venuto, circa trent'anni fa, per un convegno di pedagogia. Ma, aggiunsi, da
allora tutto è cambiato. "Sì, disse , e molto deve ancora cambiare .  Ma tu
fermati, dobbiamo parlare." Si rivolse all'incantevole ministra della
salute, che lo accompagnava, dicendole di prendere nota. Essa mi chiese il
biglietto da visita e l'indirizzo a Caracas.
	Nei giorni successivi  potei assistere almeno tre volte a questi
incontri del presidente con il popolo: incontri rappresentativi , mi pare,
dello stato attuale della sua popolarità presso la maggioranza del paese.
	Dopo questo bagno di folla,  egli si sedette ad ascoltare
attentamente le conclusioni cui erano pervenuti i diversi gruppi di lavoro
del Foro. Due cose mi colpirono particolarmente in questa fase
dell'incontro: un presidente che prende appunti ascoltando le conclusioni
di un dibattito di base; un presidente che applaude anche quando la base
critica severamente il governo.
	Del suo intervento conclusivo mi colpì una miscela di grande
fermezza e di coscienza della sua fragilità. La  convinzione che "nessuno
potrà fermare il processo avviato" e la coscienza, al tempo stesso, di
essere esposto  al tradimento anche da parte delle persone più vicine(
ricordò che durante il golpe, il suo cuoco aveva brindato a champagne).

Il Foro Sociale Nazionale, "capitolo venezuelano del Foro Sociale Mondiale
di Porto Alegre"

	Ma il Foro Sociale non  è stato importante per me   solo a motivo
di  questi ed altri incontri. Lo è stato anche per i suoi contenuti. Per
leggerli sinteticamente mi ha guidato il titolo ufficiale dato al Foro
Nazionale: "capitolo venezuelano del Foro Sociale Mondiale di Porto
Alegre". Titolo che per parte mia ho tradotto così: "la rivoluzione
bolivariana, parte integrante e momento propulsivo del movimento di Porto
Alegre"
	Il documento di convocazione del Foro e dichiarava tra l'altro: "
Il Foro Sociale Nazionale si ispira al Foro Sociale Mondiale di Porto
Alegre (celebrato in Gennaio 2001 e Gennaio 2002) e per questo adotta la
sua carta di principi". "E' un Foro di carattere nazionale, ma con una
dimensione internazionale, relazionata con i movimenti internazionali
planetari  con il Foro Sociale Mondiale."
	La continuità con Porto Alegre era attestata anche da alcuni video
assai espressivi del Secndo For Mondiale. Venne  poi confermata  dal
discorso di apertura, tenuto dall'economista filippino Walden Bello. membro
del Comitato Internazionale del Foro Sociale Mondiale. Essa
era attestata soprattutto, a mio giudizio, dal programma del Foro , il cui
titolo generale diceva: Per una democrazia partecipativa e protagonica.
	La mattina di Giovedì 4 fu occupata da alcune relazioni che
affermarono espressamente ed illustrarono la continuità.con Porto Alegre.
Rafael Alegria, honduregno, esponente  del movimento contadino
internazionale Via Campesina  e Bernard Cassen, di ATTAC Francia, svolsero
il tema : Da Porto Alegre al Venezuela: verso l'emergenza di uno spazio
planetario di lotte e movimenti sociali.
	Animata Traore, ex ministra della cultura del  Malì e Danielle
Mitterand, Presidente della Fondazione "France Liberté" intervennero sul
tema: Il Foro Sociale Mondiale, i Fori Regionali e Nazionali, incontri per
la elaborazione di politiche alternative al neoliberalismo.
	Oltre che la continuità con Porto Alegre, va segnalata subito la
novità, anzi l'unicità di questo Foro Sociale: l'unico celebrato  con
l'appoggio del governo centrale e della presidenza della repubblica;
l'unico il cui obbiettivo  coincide nella sostanza con il programma di
governo e trova , prima ancora, il suo fondamento giuridico  nella carta
costituzionale e in un gran numero di leggi  applicative.
	Punto centrale della convergenza fra la Rivoluzione Bolivariana e
il movimento di Porto Alegre il riconoscimento del diritto di
autodeterminazione solidale, considerato come essenza del mondo nuovo in
costruzione. Il,  riconoscimento di questo diritto rappresenta il momento
centrale della contrapposizione alla globalizzazione neoliberale, la cui
essenza è invece l'affermazione del
diritto di autodeterminazione imperiale del capitale finanziario
transnazionale, e più radicalmente delle grandi  potenze che lo  governano
e che per mezzo di esso governano il mondo.
	La convergenza tra la Rivoluzione Bolivariana e il movimento di
Porto Alegre si caratterizza, in altri termini,per il riferimento alla
"solidarietà liberatrice" o anche all' "amicizia liberatrice". Queste
formulazioni esprimono in altro modo ,l'articolazione e fecondazione tra
autodeterminazione e solidarietà espressa dal fondamentale diritto di
"autodeterminazione solidale", formula che rende forse più esplicita
l'ispirazione etica dei due movimenti.
	Il diritto di autodeterminazione solidale è anche, nella
Rivoluzione Bolivariana come nel movimento di Porto Alegre il cuore della
scelta strategica di assumere come punto di partenza e fondamento della
globalizzazione alternativa lo sviluppo locale e il potere locale
alternativi.
 Al tema del "potere locale, esercizio della democrazia partecipativa e
protagonica, furono dedicate le relazioni di sabato 6  luglio, tenute da
Marta Harnecker di Cuba, da Carla Ferreira,  della Rete Sociale Mondiale
del Brasile, da Luis Arnaldo del Municipio di Belén do Parà e dagli
esponenti venezuelani Rafael Morales e Santiago Arconada. Allo stesso tema
furono  consacrati  due gruppi di lavoro: quello su partecipazione
cittadina e potere locale e quello su democrazia economica: microfinanze,
cooperativismo, terre e sviluppo rurale.
 Pertanto, nella caratterizzazione del mondo nuovo in costruzione sono
altrettanto essenziali i la definizione dell'obbiettivo e quella della
strategia. In effetti, una delle intuizioni più importanti dei due
movimenti  è che fra l'obbiettivo di società e la strategia orientata a
perseguirlo deve esistere una rigorosa coerenza. Solo attraverso una
strategia partecipativa sarà possibile costruire una società partecipativa.
	Uno dei più gravi errori della vecchia sinistra (che si sta oggi
tentando di correggere) è stata appunto la pretesa di costruire una società
democratica con metodi autoritari; di costruire una società alternativa con
metodo non alternativi. E'  in altre parole , la strategia avanguardista:
la pretesa cioè delle organizzazioni rivoluzionarie di essere le
protagoniste della trasformazione sociale e della nuova società; la
pretesa, in altre parole di costruire l'alternativa dall'alto. Ora, il
mondo nuovo  si contrappone non solo alla società capitalista ma anche alla
società socialista costruita dall'alto; o, in altre parole al modello
avanguardista di  socialismo. Si potrà certamente discutere se l'abbandono
dell'avanguardismo significhi l'abbandono del marxismo o  un suo sviluppo.
Ma la questione è, a mio giudizio, secondaria. L'importante è stabilire,
alla luce di nuove esperienze, se la nuova strategia sia più efficace nella
costruzione dell'alternativa.

Un altro capitalismo (democratico e solidale) è possibile?

	La convergenza di obbiettivi e di strategia tra la Rivoluzione
Bolivariana e il movimento di Porto Alegre non è però totale; o per lo
meno, non lo è ancora.	In effetti il movimento di Porto Alegre è, nei suoi
obbiettivi e metodi decisamente anticapitalista e antimperialista. Lottare
contro il neoliberalismo significa per esso lottare contro le strutture e
la logica del capitalismo. Il presupposto implicito di questa opzione è che
il capitalismo non è riformabile e che pertanto a livello mondiale un
capitalismo dal volto umano non è possibile.
Invece,  la costruzione di un capitalismo dal volto umano sembra invece il
progetto della rivoluzione bolivariana.
	E' significativo in questo senso il fatto che Walden Bello, cui è
stato affidato il discorso inaugurale, abbia fatto parte del gruppo di
lavoro"Democratizzare il capitale".
	Tra le relazioni del mattino di sabato 6 luglio, quattro furono
dedicate al tema "Democratizzare il capitale, per una democrazia
alternativa e solidale". Esse sono tenute dallo stesso Walden Bello, da
Carlos Gavetta di ATTAC Argentina, dal Padre Manolo, da Judith Valencia.
	Inoltre il sottogruppo di "Economia sociale, cooperativismo e
autogestione" del gruppo di Democrazia Economica afferma tra l'altro nelle
sue conclusioni.: " Per parlare  di economia sociale  si assume il concetto
di economia solidale, più adeguato per conseguire un capitalismo dal volto
umano.
Dall'insieme del progetto , si desume  che "capitalismo dal volto umano o
umanizzato" signifi democratico e solidale.Significa, in altre parole, un
capitalismo rispettoso del diritto di autodeterminazione solidale delle
persone e dei popoli, che viene per ciò stesso dichiarato possibile.
Pertanto , la Rivoluzione Bolivariana si proclama antineoliberale, ma non
espressamente anticapitalista. Questa distinzione tra antineoliberalismo e
anticapitalismo si può interpretare in due modi. Si può pensare che essa
intenda lasciare aperta  la possibilità oggi di un capitalismo non
liberista, limitandosi a condannare il capitalismo liberista, selvaggio e
autoritario. Dicendo che "un altro mondo è possibile si intenderebbe
affermare che "un altro capitalismo è possibile".
L'altra interpretazione è quella che considera la scelta antiliberista come
la prima tappa di un processo, il cui sbocco sarà la scelta
anticapitalista. L'opportunità di questa distinzione tattica può essere
suggerita dall'esigenza di evitare, almeno in un primo tempo, di prestare
il fianco all'accusa di comunismo, che scatterebbe immediatamente contro
chi si professasse apertamente anticapitalista, antimperialista e
socialista.
Secondo questa interpretazione quindi, la Rivoluzione Bolivariana non
riconoscerebbe  la possibilità di un  capitalismo solidale e democratico,
ma ritiene che la contraddizione tra questi obbiettivi non debba essere
affermata a priori, ma che debba esplodere praticando coerentemente il
diritto di autodeterminazione solidale, esercitando concretamente la
sovranità, la partecipazione e la solidarietà. L'esperienza infatti
dimostra e dimostrerà sempre più chiaramente che l'esercizio coerente della
sovranità ,della partecipazione e della solidarietà trova nel capitalismo e
nell'imperialismo un ostacolo insuperabile. E che quindi esso diventa
possibile solo rompendo la logica di questa sistema
Tendo per parte mia ad appoggiare questa ultima interpretazione. Secondo la
quale si tratterebbe, nel caso della Rivoluzione Bolivariana di una scelta
non formalmente ma virtualmente anticapitalista , o, in altri termini, di
un anticapitalismo e antimperialismo processuali. Interpretazione coerente
con la strategia  sia della Rivoluzione Bolivariana sia del movimento di
PortoAlegre, che considera la scelta dell'alternativa di società non come
una rottura repentina, ma come un processo;  non come la conquista del
cielo por assalto, ma come la scalata, lunga e faticosa di una montagna,
animata dalla scoperta incessante di nuovi orizzonti.
L'anticapitalismo e antiimperialismo processuale caratterizzano anche mi
pare, la splendida costituzione bolivariana, che credo di poter considerare
come la prima costituzione del mondo nuovo, sia per molti dei suoi
contenuti sia per il metodo popolare partecipativo con cui è stata
elaborata.
Convergenza nell'"antiimperialismo sostanziale"e nell'internazionalismo
popolare

L'"antiimperialismo sostanziale" è quindi un altro terreno di convergenza
tra la Rivoluzione Bolivariana e il movimento di Porto Alegre. Ancora una
volta il termine "antiimperialismo"non figura, mi pare, né nella
costituzione bolivariana, né nel documento finale dei movimenti sociali di
Porto Alegre. Non figura il termine, ma figura la sostanza, espressa , per
esempio,  nella coppia difesa della sovranità nazionale e rifiuto
belligerante dell'ALCA (Area Latinoamericana di Libero Commercio).
Certo, la "difesa della sovranità nazionale" può essere, ed è spesso per
tanti paesi, una rivendicazione puramente formale, considerata compatibile
con la protezione del Grande Fratello. Ma iniziative come il rifiuto
militante dell'ALCA ne esplicitano la dimensione antimperialista ed
internazionalista. L'ALCA è infatti il tentativo degli Stati Uniti di
unificare l'America Latina sotto il suo tallone; è, in altre parole, il
principale progetto imperialista continentale degli Stati Uniti.

Tra la Rivoluzione Bolivariana e la Rivoluzione Cubana

 Scrivo queste pagine a Cuba, dove sono arrivato il lunedì, 22 luglio.
Oggi, 26 luglio, ricorre il 49° anniversario dell'assalto alle caserme
Moncada e Carlos Manuel de Céspedes., che è la principale festa della
Rivoluzione Cubana. Quell'assalto è infatti considerato l'avvio della fase
culminante della rivoluzione,  la prima delle vittorie che condussero  alla
presa del potere e che segnsrono poi le tappe principali della rivoluzione.
La festa si celebra ogni anno solennemente in una città diversa: in quella
cioè che, a giudizio del Comitato Centrale del Partito, risulta vittoriosa
nella gara di "emulazione socialista" Quest'anno l'onore è toccato a Ciego
de Avila, capitale della provincia di Camaguey.
Il 25 luglio, tutti gl'invitati internazionali furono trasferiti  in
autobus (un viaggio di cinque ore) il 25  luglio da La Habana  a Morón,
città vicina a Ciego de Avila: dove fummo accolti in albergo, con grande
cordialità e generosità e dove pernottammo. L'indomani mattina presto un
breve viaggio di tre quarti d'ora in autobus ci condusse a Ciego de Avila
per la solenne commemorazione..
Una manifestazione animata dalla consegna stimolante: Idee, Popolo e
Socialismo. Una manifestazione vissuta con grande intensità da un popolo
rivoluzionario, fiero delle sue conquiste e deciso a difenderle, fortemente
identificato con il suo "comandante in capo" e con il Partito.
Osservai qualche timido accenno al dopo-Fidel: al grido , frequentemente
scandito di "Viva Fidel !", veniva spesso associato un "Viva Raúl!";  al
"grazie , Fidel!" veniva associato un "grazie, Raúl!".Una consegna
decisamente nuova : "Non importa il capo. Ciò che importa è il popolo e il
socialismo!"
	Comunque, il dopo -Fidel sembra ancora lontano. (più lontano,
speriamo, del dopo-Bush). Un Fidel in splendida forma fisica e
intellettuale ha concluso la manifestazione.Un breve discorso di circa
un'ora e mezza: un'analisi lucida e rigorosa della globalizzazione
neoliberale, dal punto di vista dei popoli oppressi. Un bilancio
moderatamente positivo, convincente, della Rivoluzione. Una miscela
esplosiva di polemica, di fiducia e di umorismo.
	Ma l'effervescenza del contesto cubano mi induce a riflettere sulle
convergenze e le differenze tra la cinquantennale Rivoluzione Cubana e la
nascente Rivoluzione Bolivariana. Convergenza nella rivendicazione del
diritto di autodeterminazione solidale, nel riconoscimento  della
solidarietà liberatrice come sorgente etico-politica d'ispirazione, nella
individuazione del protagonismo solidale del popolo come essenza della
nuova società, nell'anticapitalismo ed antiimperialismo sostanziali, nella
resistenza all'aggressione imperialista,  nella promozione di un
internazionalismo popolare, nel riconoscimento effettivo del diritto di
tutti alla salute,all'educazione, al lavoro, alla sicurezza sociale, alla
giustizia. Convergenza anche nella rabbia incomposta che la  dignitosa
rivendicazione di autonomia desta fin dal primo momento nell'imperialismo
statunitense, inducendolo ad appoggiare con tutti i mezzi la mafia cubana
di Miami e gli squallidi golpisti del Venezuela: la rabbia che destano
nelle trame oscure dell'impero diventa per i movimenti sociali e politici
un segno di autenticità etica e democratica.
	Le differenze fondamentali si collocano, mi pare, a livello
strategico.La Rivoluzione Cubana ha avuto come protagonista un movimento
guerrigliero, un'avanguardia che ha conquistato il potere di stato con la
lotta armata, appoggiata da una sollevazione popolare, e che a partire da
questo potere è venuta realizzando  la trasformazione della società.
L'istaurazione quindi della nuova società ha avuto un avvio repentino nella
conquista  militare  del potere  e poi nella proclamazione del carattere
socialista della società. La trasformazione avvenne  cioè "dall'alto", per
opera di questo potere centrale, che contava però su un consenso largamente
maggioritario e che si avvale di un partito comunista fortemente
disciplinato e centralizzato.
	Condizione essenziale del successo e della resistenza era e
rimanel'unità dei rivoluzionari. Per altro, lo stato d'assedio e di guerra
cui il paese è stato sottoposto fin dal primo momento ha obbligato ad
interpretare tale unità con una certa rigidità: partito unico,
centralizzazione della stampa, della radio e della televisione.
L'avanguardismo  della strategia si riflette inevitabilmente sul
centralismo dell'organizzazione dello Stato  e del Partito, e sulla
conseguente ipertrofia dell'apparato burocratico,  appoggiati però sempre
su un consenso largamente maggioritario.
	Nella valutazione della strategia rivoluzionaria cubana non è
evidentemente lecito procedere come se si trattasse di un paese in
condizioni di pace e di normalità. I critici più esasperati della società
cubana, gli Stati Uniti , costituiscono  con lo stato di guerra e di
emergenza  che le impongono da cinquant'anni e con i metodi terroristi che
praticano nei suoi confronti, l'ostacolo più grave alla sua piena
democratizzazione. Il caso di Cuba è però rivelativo di un problema dalle
dimensioni universali.. Su scala mondiale gli Stati Uniti, in cui molti,
anche in Italia, vedono  il modello della democrazia, sono in realtà un
modello di società violentemente autoritaria, sono i distruttori  di tutti
i tentativi di costruzione della democrazia nel continente e nel mondo,
rappresentano l'ostacolo più serio alla costruzione di un mondo diverso,
anzi alla stessa  convinzione che "un mondo diverso è possibile".
Inoltre, in questa valutazione della strategia rivoluzionaria cubana, non
si può prescinere dal fatto  che , bene o male, il centralismo ha
consentito alla Rivoluzione Cubana di resistere per cinquant'anni  a una
così violenta, prolungata e criminale aggressione.
Nella ricerca  oggi decisiva di un'alternativa strategica,  non è
sufficiente riflettere sulla necessaria coerenza fra la strategia e il
progetto di società; è anche indispensabile riflettere sulla coerenza fra
strategia e resistenza.	Problema decisivo  per tutto il movimento di Porto
Alegre. Decisivo in particolare per  la Rivoluzione Bolivariana,:
perseguendo la strategia partecipativa, pluralista e non violenta che ha
scelto, ispirandosi al suo progetto di società , non dovrebbe dimenticare
che il progetto è minacciato dalla violenza esterna ed interna; e che
quindi un criterio essenziale nella elaborazione della sua strategia
dev'essere il consolidamento della capacità di resistenza.






2-UN BAGNO  NEL FIUME IMPETUOSO DELLA  "RIVOLUZIONE BOLIVARIANA"

PARTE INTEGRANTE  E MOMENTO PROPULSIVO  DEL MOVIMENTO DI PORTO ALEGRE


Seconda Puntata (ed ultima, per ora)

TRA  GOLPISMO E MOBILITAZIONE POPOLARE

Limiti del processo venezuelano e rigurgiti di golpismo

	In questa seconda puntata, mantengo il titolo ottimista che, nel
calore della scoperta di questo processo, ho dato alla mia cronaca,
parlando, con il linguaggio di molti/e militanti venezuelani/e per
l'alternativa, di " rivoluzione bolivariana". Ma sento ora il bisogno di
mettere questa espressione tra virgolette.
	Mi induce a farlo la presa di coscienza  dei limiti di questo
progetto di alternativa che sarebbe precipitato chiamare rivoluzionario. E'
possibile che lo diventi, ma bisogna riconoscere che per ora non lo è. Sia
perché, come ho rilevato precedentemente, non si presenta  formalmente come
alternativo al capitalismo, ma al neoliberalismo, avallando l'ipotesi di
una possibile umanizzazione e democratizzazione del capitalismo; sia perché
la presenza nel paese di un forte settore imprenditoriale, reazionario e
golpista,  appoggiato dagli Stati Uniti, da alti gradi delle forze armate,
da elementi della magistratura, da settori della polizia e dalla quasi
totalità dei mezzi di comunicazione di massa, renderebbe improponibile,
impraticabile  e controproducente una rottura formale con il sistema.
	Mi hanno stimolato in questa presa di coscienza da un lato la
lettura attenta di alcuni documenti programmatici, in primo luogo della
costituzione, dall'altro  alcune osservazioni dell'ambasciatore del
Venezuela a Cuba, Julio Montes, personaggio decisamente schierato con il
presidente Chávez.(si trovava nel palazzo presidenziale nei giorni del
golpe). Egli intervenne ad una conferenza che, su richiesta di alcuni
internazionalisti presenti a Cuba, ho tenuto sul tema: "La rivoluzione
bolivariana, parte integrante e momento propulsivo del movimento di Porto
Alegre." L'ambasciatore giunse quando  avevo già iniziato a parlare: tanto
che io, salutando l'assemblea e sottolineando la sua larga internazionalità
(cubani/e,  cileni/e, argentini/e, colombiani/e, palestinesi,
salvadoregni/e,  portoricani/e ecc.) avevo però lamentato l'assenza di
venezuelani/e. Parlai quindi in presenza dell'ambasciatore, ma senza
saperlo e quindi senza nessuna prudenza diplomatica; rilevando  sia il
potenziale di questa esperienza sia la sua fragilità.
	Il primo intervento nel dibattito fu appunto quello
dell'ambasciatore. La compagna cilena che coordinava l'incontro salutò il
suo arrivo e lo invitò a prendere la parola. Egli cominciò dicendosi quasi
totalmente d'accordo con  la lettura che avevo proposto dell'esperienza
venezuelana. Ma insistette molto più di quanto non avessi fatto io nel
rilevarne i limiti, dichiarando espressamente che si trattava di un
"processo" bolivariano, ma non di una rivoluzione. Mi invitò poi a
visitarlo in ambasciata per approfondire lo scambio di vedute.
	Tra le osservazioni che egli formulò per illustrare i limiti
dell'esperienza venezuelana ricordo anzitutto l'assenza di un partito
capace di dirigere politicamente la transizione e di rappresentare un punto
di riferimento unitario dei molteplici movimenti sociali alternativi. Il
partito V Repubblica,  disse, è stato un efficace movimento elettorale, ma
è lontano dal costituire  un partito politico unitario. L'assenza  del
partito  della transizione è legata all'assenza di una precisa strategia
della transizione Il primo limite dell'esperienza sarebbe pertanto quello
del movimentismo, inteso come mobilitazione popolare imperniata
esclusivamente  sui movimenti ,  rispettando la loro diversità ed
autonomia, e rifiutando di riconoscere il ruolo unificante e dirigente dei
partiti. Problema, questo, che , a mio giudizio, investe l'intero movimento
di Porto Alegre. Di  esso quindi la "rivoluzione bolivariana" condivide non
solo il potenziale  ma anche i limiti.
	L'assenza di una strategia per la transizione rappresenta,  osservò
l'ambasciatore, anche un limite della costituzione bolivariana. Essa
traccia un quadro assai suggestivo della società alternativa, ma non si
preoccupa di dettare delle norme per il periodo di transizione, durante il
quale il progetto è gravemente minacciato. Questo vuoto legislativo
sembrava fornire una parvenza di fondamento alle incertezze del Tribunale
Supremo di Giustizia, chiamato a giudicare i quattro alti ufficiali ,
coinvolti  nei "disordini" del 12 aprile; incertezze che sarebbero state
superate pochi giorni dopo con la  scandalosa sentenza assolutoria ,
secondo la quale i quattro imputati non avevano compiuto un colpo di
stato,ma avevano operato "per ristabilire e mantenere l'ordine". Sentenza
che assolve anche tutti gli altri ufficiali  accusati di ribellione. Tutti
rimangono quindi in libertà. Secondo questa sentenza, i cui autori mancano
evidentemente (tra le altre cose) del senso dell'umorismo, il presidente
non è stato prigioniero dei golpisti, ma "posto sotto la loro protezione".
	L'infondatezza, anzi la clamorosa stupidità  di una simile
sentenza, emerge chiaramente anche dalla dichiarazione rilasciata dal
Presidente la vigilia della sua proclamazione: "Come, non c'è stato colpo
di stato! Io sono stato fatto prigioniero, l'Assemblea Nazionale e il
Tribunale Supremo di Giustizia sono stati soppressi  con un tratto di
penna, governatori e deputati sono stati arrestati, delle persone sono
state assassinate, e voi  (magistrati del Tribunale Supremo di Giustizia)
direte che non c'è stata ribellione militare?"
	Molto giustamente quella sentenza venne considerata dall'opinione
pubblica democratica un secondo colpo di stato o una seconda fase di un
colpo di stato condotto per tappe. Una terza fase dovrebbe essere, si
prevede, l'incolpazione da parte del Tribunale supremo di Giustizia, nello
stesso presidente: egli verrebbe  accusato di un "delitto di lesa umanità",
la  morte di 18 persone nel conflitto a fuoco esploso l'11 aprile in
occasione di una marcia dell'opposizione ( durante la quale , nota bene, il
presidente era prigioniero dei golpisti.)
Ma, come la prima  fase del colpo di stato, la seconda  sta suscitando una
vigorosa reazione popolare. La più solida garanzia della rivoluzione
bolivariana è appunto  questa presa di coscienza, da parte della
maggioranza popolare, di essere la detentrice della sovranità;  è al tempo
stesso la certezza del presidente di poter contare su questa presa di
coscienza.
	Tale  certezza  ispira oggi evidentemente il  suo comportamento ,
molto più deciso che in altre occasioni. Egli dichiarò che la sentenza era
"una pugnalata inferta al popolo", annunziando però "un contrattacco da
parte del popolo e delle istituzioni veramente democratiche." Sottolineò
quindi la necessità di "attivare i meccanismi istituzionali della sovranità
popolare, per sottrarre il paese all'arbitrio."
	Dichiarò inoltre:"E' finito il tempo di magistrati e magistrate che
operano contro il sentimento nazionale". La sentenza assolutoria dei
golpisti "sta generando una reazione popolare impressionante, che passerà
alla storia." Ricordò che i membri del Tribunale Supremo di Giustizia sono
stati eletti dal Congresso, il quale ha quindi il diritto e il dovere di
valutare il loro operato. In effetti , l'assemblea Nazionale votò una
mozione, che decideva di aprire un'inchiesta sul potere giudiziario e su
ciascuno dei magistrati.
	Per scatenare l'offensiva costituzionale e popolare contro  quella
sentenza, il presidente colse l'occasione del secondo anniversario  della
sua elezione, celebrato domenica 18 agosto.
Quel giorno, egli  tenne da Maracay la sua trasmissione settimanale "Alò,
Presidente!", nel corso della quale invitò la popolazione ad un
"cazerolazo" (forma di protesta popolare espressa al suono di casseruole e
di altre armi non violente) per la notte del martedì successivo e ad una
manifestazione nel quartiere popolare di Petare, al est di Caracas;
annunciò inoltre per il giorno dopo la celebrazione di una messa "di gioia"
nella cattedrale, per celebrare i suoi due anni di governo. Conclusa  la
trasmissione, egli prese la testa di una carovana di macchine, che percorse
il centro del paese,  per la strada che unisce  Maracay a Valencia.
	La "Coordinadora democrática" dell'opposizione  annunciò per i
giorni successivi una serie di manifestazioni di protesta..L'impunità dei
golpisti , che  consente loro di continuare  ad organizzare  marce di
protesta,  esigendo pubblicamente le dimissioni del "presidente-dittatore",
del "presidente-assassino" e che da questa impunità sono incoraggiati ad
organizzare altri colpi di stato, proietta  sul governo e sul suo progetto
un'immagine preoccupante di debolezza e fragilità.Nello stesso tempo però
la solidità del governo e del suo progetto è  confermata dalla
mobilitazione non violenta di quel popolo,  che ieri aveva liberato il
presidente dalle mani dei golpisti e che oggi si ribella massivamente
contro la loro assoluzione

Al fianco delle protagoniste e dei protagonisti della "rivoluzione bolivariana"

Su questo trasfondo si è svolta la parte più lunga ed impegnativa  del mio
soggiorno venezuelano, dall'8 al 21 luglio. Essa fu segnata dalla
collaborazione sia con la presidenza della repubblica sia con diversi
movimenti sociali schierati con la "rivoluzione bolivariana".
	La Fondazione FUNDEC, che, come ho ricordato precedentemente,aveva
poco influsso sul Foro Sociale , era invece molto vicina alla presidenza
della repubblica. L'ufficio stampa della presidenza provvide ad ospitarmi
in albergo e favorì la mia partecipazione a varie iniziative, in
particolare al dialogo del presidente con il popolo nella trasmissione
televisiva  "Alò presidente!"
	.  L'8 luglio fui ricevuto dal responsabile dell'ufficio stampa.Con
lui  e con altri collaboratori  e collaboratrici della presidenza potei
concordare il. mio piano di lavoro per i giorni successivi. Entrai alle 3
del pomeriggio nel palazzo presidenziale  di Miraflores e vi rimasi fino
alle 10 di sera, prendendo diversi contatti. Potei così conoscere
dall'interno il clima di effervescenza  in cui vivono i più stretti
collaboratori del presidente e la viva simpatia con cui viene accolta la
solidarietà internazionale. Questa fu in particolare l'occasione per
incontrare la responsabile internazionale dei "circoli bolivariani",
istanze di base del movimento che promuovono a livello locale la
partecipazione popolare Nella stessa sede incontrai anche un gruppo di
internazionalisti spagnoli, che stanno promovendo nel loro paese una
"piattaforma bolivariana". Con essi  cominciammo a riflettere sulla
possibilità di promuovere i circoli bolivariani su scala europea.

Le principali attività che ho svolto  nei giorni successivi sono state:
1) L'incontro con i cristiani e le cristiane schierati/e con la
"rivoluzione bolivariana"
2) L'incontro con le donne bolivariane
3) L'incontro con  deputati/e e dirigenti indigeni/e
4) L'incontro con il "comando politico della rivoluzione"
5) Incontri con settori diversi della popolazione bolivariana
6) Partecipazione a trasmissioni televisive e radiofoniche
7) Incontri con il presidente


Incontro con i cristiani  e le cristiane schierati/e  con la "rivoluzione
bolivariana"

	Il 10 luglio, alle 18,30  nel teatro municipale del quartiere
popolare di Petare a Caracas, ebbe luogo l' incontro con le comunità
cristiane di base, la JOC (Gioventù operaia cattolica), Fundalatin  (gruppo
ecumenico) ecc. sul tema :  "la rivoluzione bolivariana, segno di
contraddizione nelle chiese: tra cristianesimo  imperiale e cristianesimo
liberatore"
Di questo dibattito , ricordo in particolare un  momento destinato forse a
segnare il futuro del cristianesimo venezuelano.  Qualcuno  mi domandò :
"Perché i teologi della liberazione non si interessano dell'esperienza
venezuelana?"
La mia risposta fu duplice. "In primo luogo, nel mio caso e, credo, in
.quello di altri e altre , non ci siamo occupati finora dell'esperienza
venezuelana  perché non la conoscevamo. Per parte mia,  seguivo le vicende
del presidente Chavez con viva simpatia perché era combattuto dagli Stati
Uniti ed era amico di Cuba. Ma non avevo capito prima d'ora , che egli si
batteva per un progetto alternativo di società. In questa visita al
Venezuela ho scoperto la rivoluzione bolivariana, e sento che questa
scoperta segnerà il mio impegno politico, culturale e teologico nei
prossimi anni."
Ma la mia risposta principale  è stata un'altra.  " Un'autentica   teologia
della liberazione non è mai un prodotto d'importazione.  Essa  dev'essere
un prodotto autoctono, scaturito dalle lotte e dalla riflessione cristiana
delle comunità locali e dei loro teologi. Teologi di altri paesi possono
certamente collaborare con questa impresa, ma non possono e non debbono
esserne i protagonisti.Io quindi rovescio la vostra domanda: come mai
dall'esperienza venezuelana non è nata finora una teologia della
liberazione? Non sarà il caso di progettare per i prossimi anni  una
riflessione orientata nel senso di una teologia bolivariana della
liberazione?"
Sull'argomento seguì un vivace dibattito, concluso con l'impegno, da parte
dei venezuelani e delle venezuelane, di approfondire e sviluppare   in
questa direzione la loro riflessione, della quale, mi dissero ,  esistono
già dei germi fecondi.
In una successiva riunione che ho avuto con questi gruppi, in particolare
con Fundalatin  fui informato di un loro progetto : quello di un convegno
di teologia bolivariana della liberazione per aprile del 2003.; convegno al
quale m'invitarono a partecipare.
Incontro con le donne bolivariane

Il movimento delle donne  è probabilmente la forza principale su cui può
contare la "rivoluzione bolivariana." Dell'importanza decisiva di questo
movimento il presidente Chávez è convinto: esiste tra lui e le donne
organizate un rapporto di reciproca fiducia , ravvivata da una forte carica
affettiva.
Per parte mia, concludendo il mio soggiorno venezuelano, debbo constatare
che nella scoperta ella "rivoluzione bolivariana" le donne organizzate sono
state la mia principale guida.
Il  primo incontro con questo movimento , l'ho avuto in un seminario tenuto
presso INAMUJER ( Instituto Nacional  de la Mujer) sul tema :  "Il
protagonismo delle donne  nella costruzione di un'alternativa di civiltà  e
particolarmente nella Rivoluzione Bolivariana."
L'accoglienza al mio contributo, di maschio femminista,   è stata assai
calorosa ( non ho mai ricevuto tanti baci in vita mia)
Tra i segni  della loro incidenza sul processo bolivariano, le donne
ricordarono  particolarmente l'influsso che hanno esercitato  sulla
redazione della nuova costituzione.Influsso esercitato sia sui contenuti ,
per esempio nel riconoscimento dei diritti specifici delle donne , in
particolare nella valorizzazione del lavoro domestico; sia anche sullo
stile, ispirato ad una sensibilità di genere.  Per quanto mi consta, è la
prima costituzione redatta con questa sensibilità. Espressione di una
vittoria linguistica del femminismo, che è simbolo ed annuncio di altre
vittorie.
Concludendo il dibattito , le donne mi informarono  che avevano in
programma, per il 18 e 19  luglio,  il Primo Incontro Internazionale di
Solidarietà, sul tema:" il Venezuela costruisce un cammino di speranza" e
m'invitarono a parteciparvi come relatore. Io avevo previsto di partire per
Cuba il  16, ma mi lasciai persuadere dalle loro insistenze a rinviare la
partenza. Di questo incontro, organizzato dalle donne, ma aperto a tutti ,
parlerò in seguito.

Incontro con deputati/e  e dirigenti indigeni/e

Il mio desiderio sarebbe stato di avere uno o più incontri con
rappresentanti del  movimento indigeno. Non è stato possibile organizzarli
. Ho potuto invece  assistere, nella sede del Parlamento Latinoamericano,
ad una riunione di deputati della commissione permanente dei popoli
indigeni. Riunione  che ho trovato estremamente  interessante per due
opposte ragioni, una positiva e una negativa.
L'interesse positivo della riunione sta nel fatto che essa era dedicata a
discutere un progetto  di legge ( più esattamente un anteprogetto) sui
popoli e le comunità indigene. Progetto che, per quanto conosco,  è tra i
più avanzati del continente; così come  lo sono gli articoli dedicati ai
popoli indigeni dalla costituzione bolivariana.  Ho trovato però che
mancava in questo progetto il riconoscimento dei diritti specifici delle
donne indigene. La prospettiva di genere, che ispira tutta la costituzione,
non è ancora penetrata nella legislazione riguardante i popoli indigeni.
Non a caso della commissione permanente, di una decina di membri, faceva
parte solo una donna.
L'interesse negativo che ho trovato in questa riunione è dovuto allo
spirito burocratico che mi pare  rischi di infettare anche gl'indigeni e le
indigene, quando entrano nella dinamica e nella logica delle istituzioni
borghesi. Ho potuto in questa occasione  verificare personalmente la realtà
di questo rischio. Aprendo la riunione della commissione, il presidente
salutò la mia presenza. Chiesi allora se avrei potuto prendere la parola (
come era stato chiesto da coloro che mi avevano presentato). Risposta :
"purtroppo la sua richiesta è stata inoltrata troppo tardi dalla
segreteria, per cui Lei potrà prendere la parola solo la settimana
prossima". Osservai che la settimana successiva sarei stato fuori dal
paese, ma questo non valse a turbare il rigore delle norme burocratiche.
Anche se gli interventi  di estranei in quella sede sono assai brevi: a una
dirigente indigena, ammessa a prendere la parola,, furono concessi otto
minuti.
Ma ciò che mi ha maggiormente turbato non è tanto il rigido comportamento
del presidente nei miei confronti , quanto il comportamento della
commissione nei confronti di dirigenti di base indigeni e indigene,  che
avevano chiesto la parola  e che non furono ammessi a parlare perché non
avevano rispettato  le norme procedurali. Ascoltai  in sala d'aspetto  le
loro lamentale ed i loro commenti. Mi colpì dolorosamente uno dei
commenti: "non serve a niente avere dei deputati indigeni".
Finiti i  lavori della commissione,  i suoi membri se ne andarono. Ma
rimasero in sala alcuni ed alcune  dirigenti di base: con essi/e potei
avere quello scambio di vedute che non era stato possibile con i deputati.
Parlammo della difficoltà del rapporto della base indigena con i suoi
rappresentanti eletti attraverso  i meccanismi della società liberale. Ne
approfittai per segnalare loro, nella legislazione indigena progettata,  il
mancato riconoscimento dei diritti specifici delle donne.

Incontri  con settori diversi impegnati nella rivoluzione bolivariana

	Il 10 luglio, ebbi un incontro con il "comando politico della
rivoluzione".  Potei partecipare alla riunione con un breve intervento sul
tema: "Lo sviluppo e il potere locale alternativi,  asse strategico del
movimento di Porto Alegre e della rivoluzione bolivariana"
	Alcune delle conferenze che ho tenuto sucessivamente furono dirette
a  vari settori della popolazione schierati con la rivoluzione
bolivariana,sul  tema  ispirato al mio ultimo libro : "Resistenza e
alternativa al neoliberalismo e ai terrorismi".Su	questo tema fu
convocato il 12 luglio per le ore 19, un Foro  presso l'Hotel  Continental
di Altamira; il 15 luglio, h.10  a Maracay (capitale dello stato Araya) ,
Foro nella sede del consiglio legislativo Regionale; alle ore 16 , Foro
presso il municipio di Guacara (Valencia)
	Il 16 luglio, h.18,  a Caracas, presso la biblioteca Harris,  Foro
indirizzato particolarmente a settori di classe media, sul tema "la
rivoluzione bolivariana,  parte integrante e momento propulsivo del
movimento di Porto Alegre"

Incontro con intellettuali  impegnati/e nella ricerca di una "depolarizzazione"

A questo incontro , tenuto il 9 luglio, alle 17,30 presso il CELARG (Centro
de Estudios latinoamericanos Rómulo Gallegos) sul tema "violenza e
polarizzazione", sono intervenuto  quale uditore e non quale partecipante.
Lo segnalo però come espressione tipica di una posizione impegnata nella
ricerca di una "terza via" tra governo e opposizione, consistente nel
superamento della polarizzazione.Mi è parso che questa "terza via"
diventava praticabile solo se si prescindeva dal contesto politico e
geopolitico e si  affronta va il problema della conflittualità in termini
essenzialmente  interpersonali o intergruppali.
Suscitai quindi vivaci polemiche con un breve intervento nel quale
osservavo: non mi sembra possibile affrontare seriamente il problema della
violenza , prescindendo dalla violenza strutturale del neoliberalismo , e
senza schierarsi apertamente contro di essa.

Partecipazione a trasmissioni televisive e radiofoniche

Mercoledì 10 luglio , registrazione nel canale di stato ( venezolana de
televisión), programma "la lámpara de Diógenes" di un'intervista sul tema
"resistenza e alternativa al neoliberalismo e ai terrorismi"
Sabato 13 luglio , partecipazione  ad una trasmissione ecumenica di Radio
Nacional  su "discernimento cristiano della situazione, a tre mesi dal
golpe". Intervento sulla distinzione (e contrapposizione) fra due
interpretazioni del discernimento cristiano, quella "ecclesiocentrica" e
quella "pueblocentrica"
Domenica 14 luglio, partecipazione alla trasmissione televisiva "Aló,
Presidente" (su cui tornerò)

Incontri con il presidente Chávez

Gl'incontri diretti e calorosi con la popolazione sono parte essenziale del
metodo di governo di Chávez. Ho già parlato del suo  incontro  con i membri
del Foro Sociale Nazionale.
Nei giorni successivi , ho assistito e partecipato ad altri tre incontri
con lui. Il giovedì 18 luglio, primo giorno dell'incontro internazionale di
solidarietà, gl'invitati internazionali  furono invitati a cena nel palazzo
presidenziale, con il gruppo dirigente del movimento delle donne. Un
incontro cordiale, ma con qualche residuo di formalismo. Nell'invito ci si
chiedeva di indossare l'abito di rigore, che io non possedevo. La
presidente di FUNDEC, che in passato  era stata modista, se ne preoccupò  e
per telefono  presentò il mio " caso" (di persona , suppongo, poco
civilizzata) ai responsabili del protocollo presidenziale. Le risposero
(saggiamente) : si vesta come vuole.
Il presidente fu comunque sequestrato dalle donne, il che evidentemente non
gli dispiaceva. Ai pochi maschi presenti (tre o quattro), il personale
spiegò che  secondo il protocollo i maschi dovevano stare in fondo a quelle
lunghe tavolate. In base a questo principio, fui invitato ad allontanarmi
ulteriormente dal presidente.
Il giorno dopo, il presidente intervenne per la chiusura dell'incontro .
Rivolse un saluto a ciascuno  degli invitati internazionali. Nominandomi
e presentandomi come teologo della liberazione, egli manifestò  il suo
interesse per il progetto di  "teologia bolivariana della liberazione", di
cui gli avevo parlato qualche giorno prima , in occasione della
trasmissione televisiva "¡Alò, presidente!"
Questa trasmissione fu l'incontro più lungo ed interessante con lui . Potei
parteciparvi attivamente  in qualità di invitato. Si tratta di una lunga
trasmissione domenicale (dalle 10 del mattino alle 5 del pomeriggio) ,
molto seguita, realizzata abitualmente da un quartiere popolare, in
occasione della quale il presidente dialoga con la popolazione; presenta le
sue analisi della congiuntura,  i suoi progetti, le sue proposte; riceve
telefonate e ascolta la gente del posto; interpella personalmente
gl'invitati, che vengono sollecitati a compiere un breve intervento.
Nel mio intervento ,io  espressi a lui ed alla rivoluzione bolivariana la
calorosa solidarietà di compagne e compagni di Europa, in particolare del
partito della Rifondazione Comunista e di settori  del parlamento europeo.
	Lo informai inoltre di due progetti che erano maturati durante il
mio soggiorno. Il primo, nato dai gruppi cristiani schierati con la
rivoluzione,  è quello di elaborare una teologia bolivariana della
liberazione. "Sembra, aggiunsi rivolgendomi al presidente,  che di questa
teologia Lei sarà una delle fonti."
	Non era , la mia, una forma di adulazione. Con  frequenza (anche
eccessiva per la nostra sensibilità laica) il presidente si riferisce ai
due  ispiratori  del suo pensiero e del suo progetto storico: Cristo e
Bolivar., le cui ispirazioni egli considera convergenti.  Anche quel giorno
, rispondendo al mio intervento, egli estrasse il suo crocifisso, e ripeté
: questo è il mio comandante, la mia guida.
	Nella trasmissione da una radio ecumenica,cui avevo partecipato,
io avevo commentato quella sua ricorrente professione di fede militante
dicendo "Non sono sicuro che a Gesù piaccia essere chiamato comandante
della rivoluzione, ma guida e ispiratore, sì"
	L'altro progetto del quale informai il presidente era maturato,
come ho ricordato, nell'incontro con internazionalisti spagnoli,  impegnati
a promuovere una "piattaforma bolivariana". Partendo dalla loro esperienza
e da quella di cooperanti francesi e tedeschi, che si  fecero presenti
durante la trasmissione, stava nascendo l'idea di promuovere su scala
europea  una rete di "circoli bolivariani" , collegandoli in una
"internazionale bolivariana",  parte integrante della "internazionale della
speranza" promossa dal movimento di Porto Alegre.

 	Incontro internazionale 18-19 luglio: il Venezuela costruisce un
cammino di speranza

Nell'ambito di questo incontro intervenni il 19 luglio, con una relazione
sul tema " La solidarietà liberatrice nel movimento internazionale di Porto
Alegre e nella rivoluzione bolivariana." Divisi il mio contributo in tre
parti, ognuna delle quali presenta una tesi, che ho cercato di fondare, sia
pure sommariamente.
Nella prima parte proposi un'analisi della distinzione tra solidarietà
assistenziale e solidarietà liberatrice, insistendo sull'importanza della
scelta liberatrice o, in altre parole dell'amicizia liberatrice, che deve
ispirare il nostro impegno etico-politioco.
Nella seconda parte presentai   la  solidarietà liberatrice o amicizia
liberatrice come ispirazione fondamentale del movimento di Porto Alegre
Nella terza parte, presentai la solidarietà liberatrice o amicizia
liberatrice come ispirazione fondamentale della "rivoluzione bolivariana".
Nella conclusione del mio intervento ( ricordo che era il 19 luglio) non ho
potuto evitare un riferimento all'esperienza nicaraguese.  "In questi
giorni, ho detto, percorrendo il nuovo cammino di speranza, ho pensato
continuamente alla rivoluzione nicaraguense, con la quale ho vissuto , fin
dal 1979, la convinzione che stavamo costruendo un cammino di speranza e
con la quale ho vissuto e vivo tuttora il trauma della sconfitta.
Oggi, 19 luglio, è il 23° anniversario della vittoria rivoluzionaria
sandinista, che per anni abbiamo celebrato e che oggi solo piccole
minoranze continuano a celebrare.Io manderei loro un saluto solidale.
(Forte applauso)
Per alcuni anni, il Nicaragua ha rappresentato la "nuova speranza" per il
continente e per il mondo. Una delle  consegne che scandivamo allora
diceva: "Se il Nicaragua ha vinto, El Salvador vincerà e il Guatemala
seguirà." La vittoria  sandinista era per noi il simbolo e l'annuncio di
tante altre vittorie popolari.
Poi venne il trauma della sconfitta e del fallimento, provocati
dall'aggressione imperialista degli Stati Uniti, dalla complicità della
chiesa cattolica, dalla controrivoluzione interna. Ma anche da errori
politici e cadute etiche del Fronte Sandinista. A mio parere l'errore
fondamentale, politico ed etico, del Fronte Sandinista fu la distanza che
si creò tra i dirigenti del partito e la base popolare; tra i dirigenti del
partito, diventati ricchi , per vie poco chiare, e una base popolare sempre
più povera. Così per la maggioranza del popolo,  la rivoluzione popolare
sandinista cessò di essere popolare; il popolo cessò di sentirla come la
sua rivoluzione.
L'inquietudine che desidero comunicarvi è il timore che un rischio analogo
possa  minacciare questa amata rivoluzione. Dal  pubblico , che fino a quel
momento mio aveva seguito con simpatia,  venne un prolungato NOOOO!
Io continuai : "Vi suggerisco  comunque di studiare la rivoluzione
nicaraguense, di analizzarla, cercando di capire le ragioni della sua
vittoria e della sua sconfitta. Perché possiamo condividere con essa la
gioia della vittoria, ma mai, mai, mai, il trauma della sconfitta."