articolo su 185 su Secolo XIX



Egregio Direttore,

leggo con molto piacere sul Secolo XIX del 14 maggio scorso, l'importante
articolo di Aldo Forbice sulla legge in discussione alla Camera sulla
ratifica dell'Accordo di Farnborough e sull'annessa ipotesi di modifica
dell'articolato dell'attuale legge 185 che regolamenta le modalità di
controllo parlamentare sull'esportazione di armi leggere da parte del
nostro paese.
Vorrei cogliere l'occasione per contribuire al dibattito su tale spinosa
questione, che mi vedrà, insieme ai miei colleghi del Senato,  coinvolto in
prima persona appena la legge verrà licenziata alla Camera.
Tra le questioni, cruciali, che il dibattito sulla legge in questione
sottende, ne emergono alcune che sono intimamente connesse con i meccanismi
e le dinamiche della globalizzazione economica e finanziaria. Per amor di
sintesi ne citerò tre. La prima è la stretta correlazione che esiste tra
liberalizzazione del mercato delle armi leggere e sfruttamento delle
risorse naturali, con i conflitti ad esso associati. Il tema, che purtroppo
non è all'ordine del giorno della prossima conferenza delle Nazioni Unite
sull'Ambiente che si terrà a Johannesburg il prossimo settembre, è stato al
centro di un interessante articolo di Michael Renner, comparso sull'ultimo
rapporto del Worldwatch ora disponibile anche in Italia. Per meglio
comprendere, basterà  ricordare il caso denunciato da Greenpeace Italia
delle importazioni di legname tropicale dalla Liberia, estratto
illegalmente,  i cui proventi vengono poi utilizzati dal governo per
acquistare armi con le quali alimentare la guerra civile in corso, o il
caso denunciato da Global Witness sul ruolo delle multinazionali
petrolifere nel "coprire" le importazioni illegali di armi nell'enclave di
Cabinda, teatro non solo di una grave devastazione ambientale ma anche di
una sanguinosa guerra civile. Il controllo sulle esportazioni di armi deve
pertanto andare di pari passo con un impegno volto ad affrontare queste
forme di illegalità internazionale attraverso la messa in atto di normative
internazionali vincolanti che da una parte proibiscano il commercio di
legname estratto illegalmente e dall'altra elaborino una convenzione
vincolante sulle attività delle imprese multinazionali. Questo però non
basta. Il commercio non è la sola leva da usare. Anche nel settore
finanziario andranno presi impegni chiari e vincolanti. Ad esempio per quel
che concerne le banche cosiddette "armate". Secondo i dati della Campagna
nazionale Banche Armate" (www.banchearmate.it), "Dalla relazione annuale al
Parlamento sull'export di armi, in attuazione alla legge 185/90,
risulterebbe  che nell'anno 2001 sono state rilasciate complessivamente 583
autorizzazioni per transazioni bancarie, delle quali 503 per operazioni di
esportazione di armi e tecnologia ad esse applicata per un valore di
610milioni 574mila euro (pari a circa 1.200 miliardi di lire). Sono quattro
gli istituti di credito che si sono aggiudicati il 57% delle transazioni
bancarie; tra queste le "fedelissime" Banca Nazionale del Lavoro (17,1%),
Banca di Roma (11,7%) e Credito Italiano (9%), ma colpisce in particolare
Bipop-Carire che per il 2001 si aggiudica il primo posto (con il 19,4 %
delle transazioni) tra gli istituti finanziari che fanno da appoggio a tale
commercio."
Terzo tema portante riguarda la correlazione tra debito estero dei paesi in
via di sviluppo e a medio reddito , e le esportazioni di armi. Le norme
approvate a livello internazionale per la cancellazione del debito estero,
proibiscono ai paesi beneficiari di usare i fondi liberati dalla
cancellazione o riduzione del loro debito per l'acquisto di armi. Eppure
l'Italia continua a vendere anche a paesi poveri, inclusi quelli
direttamente coinvolti nei negoziati multilaterali per la cancellazione del
debito da parte di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale.
Un paradosso questo, ulteriormente aggravato dal fatto che l'Unione
Europea, nella sua attuale linea politica nei confronti dei paesi in via di
sviluppo ha lanciato una iniziativa "Everything but arms", cioè di
liberalizzazione degli scambi commerciali con quei paesi, ad eccezione
delle armi. Continuare a vendere armi anche a quei paesi sembra essere una
grave contraddizione politica e non solo.
Insomma attorno alla 185 si gioca una partita estremamente complessa e
rilevante per quanto concerne tutta la politica estera del paese, che non
può e non deve ridursi a mera appendice di interessi commerciali o
finanziari, ma essere portatrice di valori basati sulla promozione e la
affermazione dei diritti umani fondamentali. Riuscire a bloccare la
revisione della 185 proposta dal Governo sarà un importante passo verso
questa direzione.

Distinti saluti

Senatore Francesco Martone
Capogruppo Verdi ? Commissione Affari Esteri
Segretario Commissione Diritti Umani del Senato