Auguri




In occasione della Pasqua imminente consentitemi una riflessione. Vale come augurio per tutti noi. Una riflessione sulla pace...e su questa Europa che nasce a confronto con i Crocifissi di questa nostra storia attuale.Nel corso della storia le nazioni europee hanno lottato fra loro ed hanno invaso, depredato e annientato il Terzo mondo. Il grido dei Crocifissi innalzati sul legno dalle nostre pretese giunge ancora vivo alle orecchie di chi è capace di ascoltarlo.Quanto è cambiata quell'Europa che noi diciamo libera e democratica? Forse è opportuno guardare da un'altra prospettiva che non sia la nostra; proviamo a guardare dalla prospettiva delle vittime.




abbiamo dimenticato i numerosi conflitti che si perpetuano in ogni parte del mondo abbiamo dimenticato la distribuzione geopolitica delle aree operata da alcuni anni dai paesi europei, e a proprio favore; ...la sottomissione alla politica statunitense per cui l'Europa non è apparsa come un'efficace alternativa alle superpotenze; la cooperazione materiale con uomini, armi, installazioni militari è risorse finanziarie a un atto delle spaventose tragedie
 (ricordiamo le 80.000 incursioni aeree sull'Irak)
il conferimento di una legittimità morale alle guerre che si è voluto giustificare invocando ipocritamente principi disattesi in situazioni simili o più chiare: l'ingiustizia delle invasioni, che dimentica le decine di invasioni e di interventi statunitensi e sovietici (due potenze ora unite), ultima fra quelle statunitensi l'invasione di Panama nel Dicembre 1989; le gravi violazioni dei diritti umani da parte di un governante nei confronti del suo stesso popolo, senza che alcuna nazione gli abbia dichiarato guerra; di certo non l' hanno fatto gli Stati Uniti, che hanno decisamente appoggiato successivi governi ed eserciti latino-americani che hanno assassinato, massacrato, torturato e fatto sparire centinaia di migliaia di latino-americani; e la necessità di ottemperare alle risoluzioni delle Nazioni Unite, cosi disattese quando si tratta di sanzioni verso lo stato di Israele; la priorità del ''fare affari” , anche facilitando ai governi persino la costruzione di armi nucleari e chimiche; infine, l'Europa secolarizzata, sebbene non abbia invocato Dio come ha invece fatto il presidente degli Stati Uniti, ha dimostrato come al suo interno esistano idoli - il petrolio, qualcosa 'di ultimo e intoccabile - e lo ha fatto con le vittime da essi provocate, anche se incomprensibilmente queste non sono apparse sugli schermi televisivi delle guerre più teletrasmesse della storia. Quanto ancora vogliamo discutere sulle legittimità di queste azioni? Un'Europa libera e democratica ha dimenticato la fraternità e la giustizia e si è svenduta al crimine in nome delle sue presunte ricchezze. Somiglia all'Europa di sempre se non è capace di ascoltare il grido delle vittime che grida vendetta al cospetto di Dio. Considerazioni di questo tipo sorprendono e sorprende pensare che si possa credere ancora alla pace in un mondo come questo

Cecità o colpevolezza, ignoranza? Forse è cosi. Non conosciamo le numerose tragedie, non le conosciamo davvero.


Quanti sanno, nella nuova Europa, quanti milioni di poveri vi esistono, se costituiscano l'eccezione, se siano pochi oppure la maggioranza, migliaia di milioni, e che trenta milioni di loro muoiono di fame ogni anno? chi conosce il numero delle guerre successive alla seconda guerra mondiale: più di cento, e tutte nel Terzo mondo, con un numero di vittime che ammonta a decine di milioni? È vero che l'Europa ha notizia del Terzo mondo, e che sugli schermi televisivi si affacciano avvenimenti quali l'assassinio dei gesuiti nel Salvador e, naturalmente, la guerra in Irak. Ma vi si affacciano come notizia, non come realtà; e le due cose non si equivalgono. I bambini affamati dell'Etiopia o i contadini decapitati del Salvador possono far notizia per un po' di tempo, ma per lo spettatore la verità più profonda dei paesi del Terzo mondo non diviene realtà.

Il fatto è che persino attraverso la notizia si giunge a nascondere la realtà. La notizia dura poco, e poiché nella nostra cultura ciò che non è comunicato dai media non è reale, con la scomparsa della notizia è come se non esistesse più il Terzo mondo, con la sua povertà e la sua oppressione quotidiana. L'industria delle comunicazioni è solita inoltre trasformare la notizia in merce comunicata strategicamente a seconda che da parte degli ascoltatori si desiderino l'una o l'altra reazione. Perciò alla lunga - e molto spesso anche a breve termine - la notizia rimane perduta e affogata nella molteplicità delle notizie, e cosi quelle relative al Terzo mondo spesso muoiono della morte di mille interpretazioni e della competizione con altre notizie che con esso non hanno nulla a che vedere. Infine, è come se le notizie sul Terzo mondo - che dovrebbero rafforzarsi a vicenda - si annullassero, di modo che la notizia di un massacro in Guatemala fa dimenticare l'esistenza in India di milioni di individui ciechi per mancanza di vitamine. E se tutte le notizie sul Terzo mondo vengono prese nel loro insieme, sembra si giunga più al ''cosi vanno le cose” che alla protesta e alla decisione di agire per cambiarle. La realtà vuole prendere la parola, come diceva Rahner, in un mondo di intercomunicazione la notizia dovrebbe esserne il sacramento: ma non è cosi. Gli oppressi della terra continuano a gridare e il sangue delle vittime continua ad invocare il cielo ma l'Europa - antica o nuova - prosegue senza, mai rendersi conto.



In Europa non conosciamo e non potremo mai conoscere il vero "volto" del terzo mondo. La nostra è un'immagine sbiadita, un ricordo molto vago. In nome del progresso abbiamo dimenticato ed emarginato la sofferenza, quella sofferenza che in Africa si legge molto bene sugli occhi di chiunque e che è cara a chiunque l'abbia guardata. Difficile da dimenticare...


In Europa accade che si dia per scontata la vita, che è proprio quello che nel Terzo mondo non si dà mai per scontato, ma diviene il massimo affanno; la vita è il problema e l'utopia, il minimo e il massimo, da cui si guarda tutto. Cosi, povertà non è soltanto non aver raggiunto il tenore di vita medio, ma è vicinanza della morte, in forma lenta o violenta. Da un punto di vista storico ed esistenziale, l 'analogia di concetti fondamentali quali vita e morte, dignità e indegnità, libertà e oppressione, nella pratica diventa equivoco. Semplicemente, da un punto di vista storico il ''tutti nasciamo uguali, con gli stessi diritti e la stessa dignità non è vero, poiché per godere realmente di possibilità di vita, di diritti e dignità è molto più importante essere nati a Berlino, Madrid o Roma che ad Haiti, nel Biafra o in Pakistan. Ma se abbiamo detto ciò a discolpa dell’ Europa, bisogna anche metterne in evidenza la mancanza di volontà di verità, volontà di conoscere la realtà del Terzo mondo, la colpevole cecità. Per l'Europa il Terzo mondo non è soltanto l'ambito sconosciuto e difficilmente conoscibile, ma prima di tutto quello nascosto e che non si desidera scoprire. Nei suoi riguardi, dunque, non c'è solo ignoranza, ma anche menzogna. Ecco, qui agiscono la fondamentale peccaminosità che opprime la verità per dirla con Paolo, e il maligno assassino e mentitore ad un tempo, con le parole di Giovanni. Ellacuria diceva che nel 1492 è stata scoperta non la realtà dell'America Latina (che rimase celata), ma quella dell’Europa (Spagna e Portogallo). Questo accade ancor oggi, ed è alla radice ultima della pretesa ignoranza - voluta e colpevole - relativa al Terzo mondo: come in uno specchio rovesciato o nelle feci che mostrano lo stato di salute del paziente (entrambe metafore dello stesso Ellacuria, nelle vittime si conosce la propria realtà. In parole povere, se davvero non si nascondono .. ma si guardano, le vittime rendono in eludibile la grande domanda: ''che ne hai fatto di tuo fratello? È quel che non si vuole udire, e perciò non si vuole guardare.





Ascoltare le grida, almeno per questa Pasqua. Ecco ciò che si chiede. E' necessario farlo quest'atto di umanità


Occore poter pensare ad una "una civiltà della povertà che sostituisca l'attuale civiltà della ricchezza (...) una civiltà del lavoro che sostituisca la dominante civiltà del capitale. Si tratta, dunque, di un'utopia del minimo per l'Europa, ma anche di un'utopia del massimo per qualità, poiché garantisce la vita dei poveri, e per quantità, poiché è ciò a cui aspira la maggioranza del mondo. Ed è un'utopia per tutti, poiché lo sforzo per ottenere il minimo vitale per i poveri comporta, da un lato, l'austerità, ma dall’altro l'austerità condivisa, ossia la fraternità. Sono state le vittime del Terzo mondo ad aver reso possibili queste riflessioni, poiché continuiamo a far teologia e a pensare non dopo, ma piuttosto in Auschwitz. Diciamo, per concludere, che sono i popoli crocifissi ad illuminare positivamente tanto la profezia quanto l'utopia. Ecco come, lapidariamente, lo ha detto I. Ellacuria: “Il popolo crocifisso è la vittima del peccato del mondo, ed è anche colui che ne porterà la salvezza.”





Un augurio di cuore e un abbraccio a quanti credono ancora nella pace e nella giustizia, nell'uomo libero.


Sorrido pensando all'immagine della "colomba" e all'immagine dell'"agnello" tipiche della Pasqua cristiana e che ci richiamano la "mansuetudine" di Cristo, la forza della "nonviolenza" la forza dell"Amore". A chi ci crede ancora, di nuovo auguri. E coraggio! Daniele D'Elia