La nonviolenza e' in cammino. 336



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 336 dell'8 gennaio 2002

Sommario di questo numero:
1. Per l'impegno contro la schiavitu' in Italia
2. Marina Forti, ricordo di Anil Agarwal
3. Martin Luther King, quando gli schiavi
4. Lev Tolstoj, Gengis-Kan col telegrafo
5. Vinoba, e' possibile
6. Severino Vardacampi, alcuni dissensi
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. MATERIALI. PER L'IMPEGNO CONTRO LA SCHIAVITU' IN ITALIA
[Riproduciamo qui integralmente un fascicolo del notiziario "Campagna contro
la schiavitu' in Italia. Materiali di lavoro", anno III, n. 2 del 6/8/2000.
Per contatti: "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, e-mail:
nbawac at tin.it]
I. Editoriale: la chiave di volta e' liberare, accogliere ed assistere le
vittime
Far cessare in Italia la schiavitù a fini di sfruttamento sessuale non è
cosa difficile, basterebbe che le istituzioni volessero farlo.
Un'associazione di volontariato come la Comunità Papa Giovanni XXIII
presieduta da don Oreste Benzi ha dimostrato che è possibile, oltre che
necessario.
Se le istituzioni italiani, anche stante l'attuale quadro normativo,
volessero intervenire in modo corretto ed efficace, sarebbe possibile
sconfiggere il racket schiavista in breve tempo e definitivamente.
La chiave di volta è liberare le vittime: oggi esse vengono sfruttate e
torturate dal racket e dai clienti che comprano servizi sessuali resi in
condizione di schiavitù, e vengono perseguitate dalle forze dell'ordine che
le ricacciano vieppiù nella clandestinità e nella schiavitù applicando ad
esse la parte più ignobile della legge 40/98, l'insensato provvedimento di
espulsione; occorre invece che le istituzioni finalmente intervengano:
a) applicando la parte migliore della legge 40/98 (l'art. 16; poi art. 18
del Testo Unico, D. Lgs. 286/98): liberando le vittime e garantendo ad esse
permanenza legale in Italia, piena assistenza, sostegno economico, alloggio
e difesa da rappresaglie;
b) contrastando gli schiavisti ed i loro complici (dai consolati ai
cosiddetti clienti del sesso schiavo) applicando gli articoli del Codice
Penale relativi al reato di riduzione in schiavitù (artt. 600-602).
Occorrerebbe cioè che le istituzioni addette alla pubblica sicurezza invece
di perseguitare le vittime le aiutassero appunto riconoscendole come vittime
da soccorrere, dando loro indicazioni utili, fornendo assistenza, agendo d'
intesa con gli enti locali ed il volontariato qualificato.
Ed occorrerebbe che gli enti locali adottassero nelle loro politiche sociali
misure specifiche di intervento per liberare ed assistere adeguatamente chi
in Italia è stato reso schiavo.
In Italia ci sono ottomila Comuni: se ognuno di essi (per quelli di
dimensioni più piccole sarebbero possibili forme consortili) decidesse di
realizzare unità di strada per avvicinare, informare, assistere ed aiutare
le persone schiavizzate, e decidesse altresì di garantire alloggio,
assistenza, difesa ed un adeguato aiuto economico alle vittime da liberare,
lo sforzo congiunto degli enti locali basterebbe per liberare tutte le
persone oggi schiave sulle strade, negli appartamenti enei locali notturni d
'Italia; e liberando le vittime dall'asservimento e dalla paura, si
spezzerebbe il legame tra vittime e carnefici, e si potrebbe con efficacia
colpire e sconfiggere il racket schiavista ed i suoi complici.
E' possibile, è necessario, perché non lo si fa?
II. Materiali
* Lettera aperta del 30 novembre 1998 ai Sindaci dei Comuni italiani con
allegata bozza di deliberazione
La schiavitù sessuale in Italia può essere sconfitta da un forte impegno
degli enti locali che liberi le vittime e combatta il racket schiavista
Egregio Sindaco,
le scriviamo in merito alla strategia degli enti locali rispetto al fenomeno
della prostituzione.
Come certamente saprà, il dato statistico e sociologico di gran lunga più
rilevante è il seguente: che la grandissima maggioranza delle persone che si
prostituiscono lungo le strade è costituita da giovani e giovanissime donne,
perlopiù immigrate, tenute in condizioni di schiavitù da efferati poteri
criminali; queste giovani donne sono vittima di schiavitù e di inenarrabili
violenze: il racket che le asservisce e sfrutta le sottopone a brutalità, le
priva di documenti, le riduce all'illegalità e le priva di speranza di
trovare assistenza e liberazione.
Stando così le cose, il primo compito delle istituzioni democratiche tutte è
di combattere la schiavitù, punire gli schiavisti, liberare le vittime.
Orbene, tale compito richiede un impegno prolungato, tenace e rigoroso.
Finché non si interviene su questo punto nevralgico, altri interventi
rischiano di essere nella migliore delle ipotesi dei meri palliativi, nella
peggiore degli atti demagogici che reduplicano la violenza sulle vittime di
schiavitù.
C'è un intervento che può essere decisivo, e che a nostro giudizio
costituisce il vero banco di prova per le amministrazioni comunali
interessate dal fenomeno della prostituzione schiavista: attuare programmi
di liberazione delle vittime, intervenendo affinché cessino di subire
violenza, ricevano aiuto e siano difese da parte dei pubblici poteri, siano
sottratte al dominio dei poteri criminali.
Questo implica che gli enti locali intervengano non per scacciare le schiave
da una ad altra strada, da un quartiere all'altro, dal centro alla
periferia, da una ad altra città, lasciando che restino schiave: no; questo
implica che gli enti locali intervengano per liberare davvero le vittime di
schiavitù: ed a tal fine occorre che ad esse sia riconosciuto, anche a
titolo di risarcimento per le violenze da esse subite in Italia, il diritto
di una permanenza legale nel nostro paese, difesa ed assistenza da parte
delle istituzioni pubbliche, sostegno e rispetto, aiuto concreto e
prolungato in termini di assistenza sociale ed economica, di alloggio
sicuro, di tutela dalle violenze, di aiuto a trovare un lavoro legale e
degno.
Pertanto con la presente lettera proponiamo a lei e alla sua amministrazione
comunale un impegno in tal senso, con tre forme di intervento:
a) istituire "unità di strada" che offrano assistenza, ascolto e possibilità
di una via d'uscita, di una alternativa degna e sicura, alle persone che si
prostituiscono;
b) realizzare programmi di intervento che offrano difesa, diritti civili,
assistenza sociale ed economica, alloggio ed aiuto alle persone da liberare
dalla schiavitù;
c) chiedere al governo ed al Parlamento di procedere lungo la direzione
indicata dalla Costituzione, dagli articoli 600-602 del Codice Penale
(contro il delitto di riduzione in schiavitù), e dall'articolo 16 della
recente legge 40/98, assumendo impegni precisi (non solo normativi ma anche
in termini di disponibilità di spesa) per combattere la schiavitù e liberare
le vittime: decisivo è che si garantisca alle persone che si riesce a
liberare dalla schiavitù una permanenza in Italia (se desiderata) in
condizioni di legalità, sicurezza ed assistenza.
Ribadiamo ancora una volta che garantire diritti civili, sicurezza ed
assistenza alle persone che in Italia hanno subito schiavitù, costituisce da
parte delle istituzioni un dovere, anche come risarcimento per le violenze
da queste persone subite nel nostro paese.
Confidiamo nella sua sensibilità democratica e nel suo impegno per la
promozione dei diritti umani e della legalità; ritenendo che tutti i
pubblici ufficiale devono essere uniti nella promozione del diritto e nella
lotta contro il crimine; ritenendo che la schiavitù in Italia, e
particolarmente quella sessuale, possa essere sconfitta solo se vi sarà un
impegno convinto e concreto delle istituzioni e dei cittadini di volontà
buona.
Si allega una bozza di proposta di deliberazione.
Allegato: bozza di proposta di deliberazione
Il Consiglio Comunale di .
rilevato che decine di migliaia di giovani donne sono vittima in Italia di
schiavitù sessuale, costrette a prostituirsi con la violenza da parte di
racket criminali;
considerato che è inammissibile che in Italia si tolleri che delle persone
siano ridotte in schiavitù (reato ovviamente previsto e punito dal Codice
Penale); è inammissibile che in Italia delle persone subiscano abominevoli
violenze che configurano reati gravissimi;
considerato altresì che è dovere delle istituzioni democratiche applicare i
princìpi sanciti dalla Costituzione della Repubblica Italiana; è dovere
delle istituzioni democratiche promuovere la dignità umana;
delibera
1. di promuovere un programma di politica sociale per la liberazione delle
persone in condizioni di schiavitù ed a tal fine di istituire presso il
proprio assessorato ai servizi sociali uno specifico servizio;
2. di promuovere un intervento centrato sui seguenti punti:
a) intervento con unità mobile di riduzione del danno: con autovettura
attrezzata, vigile urbano, assistente sociale ed operatori, che rechino
assistenza, ascolto ed ogni forma di aiuto possibile alle persone che si
trovano lungo le strade in condizioni di schiavitù:
b) intervento di assistenza sociale e di orientamento ai servizi pubblici;
c) intervento di sostegno alla fuoriuscita dalla condizione di schiavitù, a
tal fine mettendo a disposizione: casa-alloggio, difesa da ulteriori
violenze (in collaborazione con le autorità di PS), assistenza sociale,
assistenza economica adeguatamente protratta, diritto allo studio e alla
formazione professionale, corsie preferenziali di avviamento al lavoro;
d) il programma di intervento ovviamente deve prevedere che il Comune
garantisca alla persona assistita la residenza legale in Italia e la
certezza dei diritti che ad ogni persona devono essere assicurati (come
peraltro già indica l'art. 16 della legge 40/98).
3. di promuovere la costituzione di strumenti informativi adeguati ed una
adeguata formazione degli operatori, anche in collaborazione con il
volontariato e la consulenza di operatori di comunità e di movimenti per i
diritti civili già attivi e qualificati;
4. di finanziare adeguatamente tale intervento e di richiedere altresì l'
intervento della Provincia e della Regione;
5. di chiedere a governo e Parlamento un impegno per la definizione di un
coerente ed univoco quadro normativo di lotta contro la schiavitù e per la
liberazione delle vittime.
Viterbo, 30 novembre 1998
*
Un comunicato alle principali agenzie di stampa del 17 febbraio 2000
Una campagna contro la schiavitù in Italia
Dal 1998 il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo ha promosso una
campagna contro la schiavitù in Italia.
Di seguito se ne riassumono i termini essenziali, invitando istituzioni,
movimenti democratici e singoli cittadini ad impegnarsi affinché cessi in
Italia la mostruosa pratica dello schiavismo, oggi diffusa anche grazie ad
una vera e propria complicità di massa (nel caso delle persone soggette a
schiavitù a fini di sfruttamento sessuale, ciò è particolarmente,
atrocemente evidente).
1. I termini essenziali della campagna contro la schiavitù in Italia
I termini essenziali dell'iniziativa sono i seguenti: l'abominevole pratica
della schiavitù è ovviamente illegale in Italia (cfr. gli articoli 600, 601,
602 del Codice Penale) ma, come dimostrano le cronache, è evidentemente
tuttora diffusamente presente nel nostro paese, e di essa sono vittima
particolarmente uomini, donne e bambini immigrati. Noi proponiamo un piano
globale di lotta contro la schiavitù e chiediamo un preciso impegno del
governo, del Parlamento e degli enti locali. Fulcro dell'iniziativa la
richiesta di un intervento sia amministrativo che legislativo che,
attraverso il combinato disposto di normative già in vigore (valorizzando in
particolare l'art. 16 della recente legge 40/98 sull'immigrazione [ora art.
18 del D. Lgs. 286/98]) e la loro eventuale integrazione in uno specifico
indirizzo di intervento che potrebbe altresì concretizzarsi in una legge ad
hoc, preveda in primo luogo un'azione efficace per la liberazione delle
persone attualmente in condizioni di schiavitù in Italia, garantendo loro -a
titolo di risarcimento per le violenze subite nel nostro paese- il diritto
di permanenza legale nel nostro paese qualora lo desiderino, un'adeguata
protezione rispetto al pericolo di rappresaglie da parte delle
organizzazioni criminali schiaviste, il pieno riconoscimento di diritti
civili, assistenza sociale ed un sostegno economico sufficiente per vivere e
protratto nel tempo, aiuto nella ricerca di un lavoro legale. Sottolineiamo
che particolarmente nel caso delle persone in condizioni di schiavitù
oggetto di sfruttamento sessuale, una iniziativa da parte delle istituzioni
democratiche sarebbe immediatamente praticabile ed efficace. Gli enti locali
potrebbero intervenire efficacemente fin d'ora con programmi di riduzione
del danno e di percorsi assistiti di liberazione, valorizzando ed estendendo
esperienze già in corso da parte sia di esperienze di volontariato sia di
servizi sociali di enti pubblici.
2. Alcuni recenti libri utili
Recentemente sono stati pubblicati alcuni utili libri, tra cui segnaliamo
particolarmente: Pino Arlacchi, Schiavi, Rizzoli, Milano 1999; Oreste Benzi,
Una nuova schiavitù, Paoline, Milano 1999; Alessandro Dal Lago, Non-persone,
Feltrinelli, Milano 1999.
3. Un semplice ragionamento
Proponiamo questo ragionamento: la "Comunità Papa Giovanni XXIII" presieduta
da don Oreste Benzi, con le sue sole forze ha liberato circa 1.200 ragazze
straniere dal racket della prostituzione in Italia.
Ordunque, poiché le immigrate tenute in condizioni di schiavitù a fini di
sfruttamento come oggetti sessuali in Italia sono circa 26.000 secondo stime
attendibili, è evidente che basterebbe che 20-25 esperienze pubbliche o
associative intervenissero con efficacia analoga a quella dispiegata da don
Benzi e dalla "Comunità Papa Giovanni XXIII", per liberare tutte le persone
che subiscono questa specifica condizione di schiavitù, e per dare un duro
colpo ai poteri criminali che questo mercato schiavista gestiscono.
4. Altri interventi necessari
Naturalmente questo non basterebbe: occorrono anche altri interventi di
carattere sia contingente che strutturale:
4.1. occorre colpire il mercato schiavista sul versante della domanda di
schiavitù, ovvero colpire i cosiddetti "clienti": ed a tal fine servono
interventi sia educativi e di sensibilizzazione, sia anche e soprattutto
repressivi. Non è ammissibile che si tolleri che qualcuno fruisca di beni
prodotti e di servizi resi da esseri umani in condizioni di schiavitù, tale
"cliente" deve essere considerato pienamente complice dello schiavista e
compartecipe degli "utili" della schiavitù, ed in quanto tale punito;
4.2. occorre colpire i poteri criminali che traggono enormi profitti dalla
schiavitù: la specifica fattispecie di reato è prevista e punita dal Codice
Penale, si tratta di intervenire con decisione;
4.3. occorre colpire tutte le complicità che in vario modo favoreggiano la
schiavitù, e tali complicità sono molte:
- delle istituzioni che la schiavitù permettono e che sovente intervengono
contro le vittime invece che contro gli schiavisti (sfruttatori e clienti);
- dei mass-media e degli apparati ideologici che sostengono tale pratica
presentandola come normale, ovvia, socialmente accettabile;
- dei poteri e meccanismi economici locali ed internazionali che producendo
povertà e disperazione, fondandosi su logiche e dispositivi di sfruttamento
fin disumani e su finalità di profitto che per realizzarsi costitutivamente
reificano e fin annientano gli esseri umani, con ciò favoriscono, propugnano
e fin impongono pervasivamente la schiavitù come forma di relazione
economica e sociale.
5. Una strategia integrata
Contro la schiavitù occorre una strategia integrata; si tratta di lavorare a
più livelli e coinvolgendo in un'azione convergente e coordinata più
soggetti:
5.1. interventi con unità di strada per prestare soccorso materiale
immediato alle vittime ed offrire loro relazioni umane significative e
prospettare autentiche e persuasive possibilità di alternative reali;
5.2. interventi per sottrarre le vittime ai loro aguzzini;
5.3. azione delle forze dell'ordine e della magistratura per liberare le
vittime, e per perseguire e condannare schiavisti e complici;
5.4. azione degli enti locali e dei servizi sociali per realizzare
interventi ed alternative;
5.5. produzione di un nuovo quadro normativo efficace contro la schiavitù,
con interventi legislativi ed amministrativi specifici, espliciti,
coordinati e coerenti;
5.6. mobilitazione della società civile, delle esperienze di solidarietà e
di volontariato, delle reti sociali della "welfare community" oltre che
delle agenzie del "welfare state" e del cosiddetto terzo settore;
5.7. mobilitazione dei mass-media democratici e dell'intellettualità per una
adeguata e ragionata sensibilizzazione e mobilitazione dell'opinione
pubblica contro la schiavitù e di aiuto alle vittime;
5.8. promozione di un piano nazionale di lotta contro la schiavitù che sia
discusso e legificato dal Parlamento ed adeguatamente finanziato dallo Stato
con l'obiettivo di cancellare la schiavitù in Italia entro quest'anno.
6. Materiale disponibile
Coloro che volessero impegnarsi nella campagna contro la schiavitù in Italia
possono richiedere al nostro indirizzo il materiale da noi predisposto, e
particolarmente il testo della proposta di delibera che può essere adottata
dagli enti locali che intendessero impegnarsi a tal fine.
Viterbo, 17 febbraio 2000
*
Un documento del Gruppo Abele contro la prostituzione forzata, del 1996
Prostituzione forzata e sfruttamento delle persone a fini sessuali: un
documento comune
[Fonte: "Aspe", periodico di informazione del Gruppo Abele di Torino,
fascicolo monografico del 17 ottobre 1996 su: Prostituzione, un mondo che
attraversa il mondo, pp. 30-31]
I gruppi, le associazioni, gli enti che sottoscrivono il presente documento
si rivolgono alle seguenti persone e ai seguenti organismi: Presidente del
Consiglio dei Ministri; Ministra per le Pari Opportunità; Ministra per la
Solidarietà Sociale; Ministro dell'Interno; Ministro di Grazia e Giustizia;
Ministro degli Esteri; Ministro del Bilancio e Tesoro; Ministro del Lavoro e
Previdenza Sociale; Ministra della Sanità; Ministro della Pubblica
Istruzione; Presidenti delle Regioni; Presidenti delle Aziende Sanitarie
Locali; Parlamentari europei; Associazione nazionale comuni italiani;
Segreterie dei Partiti di tutto l'arco costituzionale.
Fatti salvi i princìpi contenuti nella legge "Merlin" in merito alla
libertà -per ciascuna persona maggiorenne- di prostituirsi o comunque di
autodeterminarsi rispetto all'esercizio della sessualità, purché ciò non
comporti lo sfruttamento di altre persone a questo fine; e fatto salvo il
divieto di qualsiasi schedatura, sia essa sanitaria o di polizia, delle
persone che si prostituiscono.
Considerato che qualsiasi proposta di legge che venga avanzata e che
proponga, tra l'altro, la riapertura delle "case chiuse" o case di
tolleranza va considerata come lesiva della dignità delle persone e delle
donne in particolare, e pertanto non va presa in considerazione come
possibile soluzione al problema della prostituzione e dello sfruttamento a
fini sessuali.
Facendo riferimento ai lavori prodotti dalla Commissione per le pari
opportunità e dal Consiglio d'Europa e contenuti nelle risoluzioni del
Parlamento Europeo (relatrici Maria Paola Colombo Svevo) e richiamandosi
agli orientamenti emersi dalla conferenza di Vienna sulla tratta delle
persone e dal Congresso mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei minori
a scopo commerciale, nonché ai dati emersi dai progetti europei a cui
partecipa anche il nostro Paese (Tampep e Europap) e ai lavori condotti dal
ministero della Sanità.
Tenendo conto delle molte esperienze laiche e cattoliche presenti in Italia
che operano a fianco delle donne vittime dello sfruttamento a fini sessuali.
Tenendo conto della vastità del fenomeno dello sfruttamento in particolare a
carico delle donne e degli uomini straneri nonché delle e dei
minori -italiani e stranieri- sia nel nostro Paese sia in tutti i Paesi
europei con particolare incidenza di persone provenienti da Paesi poveri o
investiti da conflitti armati.
Propongono:
a) che si realizzi un reale coordinamento dei Ministeri competenti in
materia di tratta delle persone;
b) che il problema non venga affrontato in termini esclusivamente repressivi
ma, sempre, con un'ottica di sostegno di tipo psico-socio-sanitario nonché
economico alle vittime (trattate spesso come criminali);
c) che le persone che decidono di denunciare i loro sfruttatori siano
protette e aiutate, sia economicamente sia attraverso il rilascio -per gli
stranieri e le straniere in particolare- di documenti regolari di soggiorno
che permettano loro -se lo desiderano- di trovare un lavoro regolare nel
nostro Paese;
d) di favorire progetti di cooperazione con i Paesi definiti Terzi affinché
coloro che vogliono e possono rientrare siano protetti e accompagnati con
progetti di reinserimento adeguato;
e) di avviare forme di sensibilizzazione e informazione nei Paesi di origine
(anche attraverso le ambasciate e i consolati) affinché le persone siano
informate della reale situazione del nostro Paese in termini di
prostituzione forzata e condizioni di sfruttamento;
f) di recepire le proposte portate avanti dall'Ecpat in merito di
prostituzione minorile, pornografia e sfruttamento sessuale a fini
commerciali;
g) di sostenere i progetti di limitazione del danno volti a ridurre il
rischio della diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili sia
riguardo a persone -italiane o straniere- che si prostituiscono sia riguardo
ai clienti;
h) di affrontare il problema dei clienti e della sessualità e affettività in
generale nelle diverse sedi, dalla Scuola ad altri organismi di tipo
educativo;
i) di sensibilizzare e formare le forze di polizia in merito al problema
della prostituzione in modo da evitare, e punire, le forme di violenza che a
volte si verificano a carico delle donne e degli uomini che si
prostituiscono; nonché di incentivare maggiori e più seri controllo sul
traffico e sullo sfruttamento di persone. A questo proposito vanno
indagate -a livello locale, nazionale e di cooperazione internazionale- le
connessioni tra le varie forme di criminalità, nonché gli eventuali
collegamenti con altre forme di traffico. Non vanno altresì trascurate le
indagini -anche locali- per appurare forme di sfruttamento anche di tipo
immobiliare. Nelle indagini non vanno dimenticate le ambasciate e i
consolati;
l) di mettere a disposizione alloggi e case da destinare a persone che
vogliono uscire dal giro, da tenere, ovviamente se richiesto, protette e
sorvegliate;
m) di confiscare i beni sequestrati agli sfruttatori e utilizzare gli stessi
o gli utili derivanti per progetti finalizzati alla limitazione del danno e
al reinserimento delle persone che vogliono cambiare "lavoro";
n) di prevedere che tutti i contratti di lavoro vengano tradotti anche nella
lingua madre del contraente in modo da evitare strumentalizzazioni come
quelle che hanno coinvolto talune lavoratrici dello spettacolo;
o) di dare sostegno alle associazioni e ai gruppi che si occupano di
progetti finalizzati al mondo della prostituzione con appositi capitoli di
spesa;
p) di favorire forme di collegamento tra le diverse realtà attraverso la
messa a disposizione di locali, strumenti e quanto altro possa essere utile
ad affrontare i problemi anche in termini di allarme sociale;
q) di promuovere progetti di "mediazione" tra quartieri, città o aree in cui
il fenomeno della prostituzione è fortemente presente, promuovendo il
contatto fra i diversi attori (Comune, prostitute/i, cittadini, etc.);
r) di coinvolgere rappresentanti delle prostitute (comitato, Mit o altro) in
ogni progetto istituzionale che riguarda il fenomeno;
s) di intraprendere azioni congiunte con i Tribunali per i minorenni per
quanto riguarda le varie forme di prostituzione minorile, da supportare,
anche in questo caso, con case-famiglia, forme di affidamento familiare,
tutela e aiuto a diversi livelli;
t) di attivare, con personale preparato e laddove ne sia valutata l'
esigenza, linee telefoniche a livello nazionale, in alcuni casi anche
locali, atte a far emergere "mondi sommersi" e collegate a progetti
articolati e professionalmente supportati che agiscano in merito alle
problematiche relative alla sessualità (anche dei clienti), alla pedofilia,
etc.;
u) di coinvolgere nelle campagne informative e formative sull'argomento i
mass-media e i loro organi di rappresentanza, affinché si facciano parte
attiva, positiva e propositiva -anziché "giudicante"- nel processo di
sensibilizzazione sulla problematica della prostituzione e della tratta
delle persone.
["Aspe - documento prostituzione forzata", presso Gruppo Abele, via Giolitti
21, 10123 Torino, fax 011/8395577, tel. 011/8142716].
III. Notiziario
* Segnaliamo che il Ministero della Solidarietà Sociale, d'intesa con quelli
delle Pari Opportunità e dell'Interno, ha istituito un numero verde per
aiutare le vittime di schiavitù in Italia, il numero è 800.290290.
* Segnaliamo l'intervista a don Oreste Benzi in "L'emigrato", n. 4 del
giugno 2000 (per richieste: e-mail riv.emigrato at altrimedia.it).
* Segnaliamo il servizio in "Roma Caritas", n. 3 dell'aprile 2000 (per
informazioni: tel. 06/69886112).
* Segnaliamo l'intervento di Elisa Pozza Tasca in "L'Italia democratica" n.
24 dell'agosto 2000 (per richieste: e-mail tistou at tin.it).
* Abbiamo già segnalato nel precedente fascicolo l'articolo di Gianni
Barbacetto, Nuovo schiavismo e vecchie omertà, in "MicroMega" 1/2000 (per
richieste: tel. 06/4940439-4959242).
IV. Alcuni riferimenti utili
* Nei dodici numeri di questo notiziario pubblicati lo scorso anno abbiamo
diffuso vari materiali che riteniamo possano essere utili a quanti intendono
impegnarsi contro la schiavitù. Essi possono esserci richiesti (al recapito
di posta elettronica nbawac at tin.it) e provvederemo ad inviarli gratuitamente
per posta elettronica.
* Alcuni utili punti di riferimento per la solidarietà concreta:
- Acnur: Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Indirizzo:
via Caroncini 19, 00195 Roma, tel. 06/877119, fax 06/8082338.
- Amnesty International: movimento per i diritti umani. Indirizzo: tel.
06/44901, fax 06/4490222.
- Campagna contro il lavoro infantile: promossa da Mani Tese. Indirizzo: via
Cavenaghi 4, 20149 Milano, tel. 02/48008617, fax 02/4812296, e-mail:
manitese at manitese.it
- Caritas di Roma, ufficio studi: redige l'annuale "Dossier statistico
immigrazione", uno strumento conoscitivo fondamentale. Indirizzo: piazza S.
Giovanni in Laterano 6, 00184 Roma, tel. 06/69886501, fax 06/69556381,
e-mail: caritas-ist at rm.nettuno.it
- Centro nuovo modello di sviluppo: affronta con rigore ed efficacia i temi
del disagio economico, sociale, fisico, psichico e ambientale sia a livello
locale che internazionale, con particolar attenzione al Sud del mondo. Cura
la pubblicazione della rivista "Equonomia". Indirizzo: Centro nuovo modello
di sviluppo, via della Barra 32, 56019 Vecchiano (PI); in rete:
http://www.citinv.it/org./CNMS
- CIR: Consiglio Italiano per i Rifugiati. Indirizzo: via Tommaso d'Aquino
116, 00136 Roma, tel. 06/39734877, fax 06/39735758.
- Comunità Papa Giovanni XXIII: fondata da don Oreste Benzi; l'azione della
Comunità ha liberato circa 1.200 ragazze straniere dal racket della
prostituzione. Ha promosso l'«Operazione Colomba» di interposizione
nonviolenta, condivisione e riconciliazione in aree di conflitto. Pubblica
il mensile "Sempre". Alcuni indirizzi utili: via Tiberio 6, 47037 Rimini;
centro documentazione della Comunità, tel. 0541/753000; "Sempre", redazione
via Parallela 29/A, 37045 Legnago (VR), tel. 0442/25174; fax 0442/25132,
e-mail: sempre at netbusiness.it; per abbonamenti a "Sempre": vico Falamonica
1/11 sc. sin., 16123 Genova, tel. 010/2467406; fax 010/2461842; e-mail:
sempre at split.it
- Gli altri: rivista di tutti gli emarginati della società, fondata da
Rosanna Benzi. Indirizzo: redazione de "Gli altri", Salita Superiore della
Noce 39/B, 16131 Genova, tel. e fax 010/355414.
- Gruppo Abele: esperienza di solidarietà promossa da don Luigi Ciotti, ha
realizzato numerosissime iniziative. Indirizzo: via Giolitti 21, 10123
Torino, ed anche: via Carlo Alberto 18, 10123 Torino.
http://www.gruppoabele.it
- L'emigrato: mensile di emigrazione e immigrazione in Italia e in Europa, a
cura dei Missionari Scalabriniani, collabora il CSER (Centro Studi
Emigrazione Roma), pubblica analisi e documenti, utilissimo per una
conoscenza aggiornata della documentazione legislativa. Indirizzo: via Torta
14, 29100 Piacenza, tel. e fax 0523/330074, e-mail:
riv.emigrato at altrimedia.it
- Nigrizia: mensile dei missionari comboniani sui problemi dell'Africa e del
mondo nero; autorevolissima fonte di informazione e documentazione.
Indirizzo: vicolo Pozzo 1, 37129 Verona, fax 045/8001737.
- Telefono azzurro: iniziativa in difesa dei diritti dei bambini. Indirizzo:
via Marsala 16, 40126 Bologna, tel. 051/222525.
- Unicef: Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia. Indirizzo: via Ippolito
Nievo 61, 00153 Roma, tel. 06/5899046.
* Per la lotta contro il potere mafioso, alcuni riferimenti nella rete
telematica:
- www.girodivite.freeweb.org
- www.antimafiaduemila.com
- www.centroimpastato.it
- www.fondazionefalcone.it
- www.gruppoabele.it
- www.italiademocratica.it
- www.libera.it
- www.mafianews.net
- www.peacelink.it
- www.svileg.censis.it
- www.zzz.it/library/index_allonsanfan.html
- l'e-mail di Riccardo Orioles: ricc at libero.it
- l'e-mail di Nando dalla Chiesa: dallachiesa at italiademocratica.it
- l'e-mail del Centro Impastato: csdgi at tin.it

2. MEMORIA. MARINA FORTI: RICORDO DI ANIL AGARWAL
[Marina Forti scrive sul quotidiano "Il manifesto"; questo articolo compare
nel giornale dell'8 gennaio]
Quella copertina era come un pugno allo stomaco: Anil Agarwal, fondatore e
direttore di "Down to Earth", primo e unico magazine ambientalista indiano,
parlava in prima persona della sua lotta contro il tumore. Cercava la causa
della sua malattia nel degrado ambientale, i residui tossici assimilati con
il cibo e l'acqua. "La mia storia oggi. La vostra storia domani", avvertiva.
La sua lotta e' durata sette anni. Anil Agarwal e' morto il 2 gennaio scorso
a Dehra Dun, nell'India settentrionale. Aveva 54 anni, e da un anno ormai
aveva lasciato il giornale a causa della malattia. Ma aveva continuato a
scrivere gli editoriali che avevano fatto di "Down to Earth" una voce
ascoltata ben oltre l'India.
Era crudo quel suo parlare del proprio tumore, nel "servizio di copertina"
del 30 novembre '96: "Come attivista e giornalista ambientale, ho cercato
per anni di promuovere un'attenzione nazionale sul deterioramento del nostro
ambiente. Ma non mi era mai passato per la testa di scrivere del mio
travaglio come vittima ambientale. Ovviamente, non potevo sfuggire a quanto
sta accadendo attorno a me". Eccolo raccontare di quando, nel '94, gli e'
stato diagnosticato un linfoma non-Hodgkin's, una delle forme piu' rare di
tumore al sistema linfatico. Eccolo ragionare di incidenza del cancro in
India e di correlazioni con inquinamento, residui di pesticidi nel cibo,
scarichi industriali nell'acqua: "Il mio cancro, come la maggioranza dei
tumori, e' da mettere in relazione all'inquinamento ambientale", scriveva -
e giu' statistiche sull'uso di pesticidi e sull'aumento dell'incidenza dei
linfomi non-Hodgkins nelle metropoli indiane. Tutto documentato con grande
attenzione, come del resto ha sempre fatto "Down to Earth". Con in piu'
quelle terribili foto dell'autore su un lettino, pronto per una seduta di
radioterapia.
Forse anche per questa crudezza quasi scostante nel guardare le cose - e nel
dirle - Anil Agarwal era diventato una delle persone capaci di creare
attenzione pubblica, in India e fuori. Ingegnere meccanico laureato
all'Indian Institute of Technology di Kanpur, nel '73 Agarwal aveva
cominciato a lavorare come giornalista scientifico nella stampa indiana di
lingua inglese, oltre a collaborare con "New Scientist" e altre riviste
straniere. Nell'80 aveva fondato, insieme a poche altre persone, il Centre
for Science and Ecology (Centro per la scienza e l'ecologia), che e'
diventato in breve una delle organizzazioni non governative piu' conosciute
in ambiente internazionale (tra l'83 e l'87 aveva presieduto la maggiore
rete ambientalista mondiale, Environment Liason Centre, con sede a Nairobi).
Quando l'ambientalismo era ancora molto spesso visto come una pura questione
di conservazione della flora e fauna selvatica, Agarwal era tra quelli che
cominciavano a parlare di ambiente come una questione legata a poverta',
inquinamento, ingiustizia, modelli di "sviluppo", saperi popolari
dimenticati. Era nato cosi', gia' nell'82, il primo Citizen's report on the
State of India's Environment, un "Rapporto sullo stato dell'ambiente indiano
fatto dai cittadini": il risultato di un enorme lavoro di indagine sul campo
da parte di attivisti e volontari. Seguirono il "Secondo rapporto dei
cittadini" nell'85, poi indagini-denuncia, libri.
Il quindicinale "Down to Earth" e' sempre stato il terminale giornalistico
di un diffuso attivismo di base. Per questo, oltre che per la serieta' delle
sue indagini, o per la capacita' di mettere insieme denunce e proposte e
"visione" politica, il Centre for Science and Ecology di Anil Agarwal e'
diventato una voce capace di influenzare le politiche pubbliche in India.
"Il mondo aveva ancora molto da imparare da Anilji", scrivono gli attivisti
del Centre for Science and Ecology nel loro saluto. (Qui al "Manifesto"
avevamo conosciuto questo gruppo di attivisti, il loro giornale e Anil
Agarwal nel '91, quando si cominciavano a tirare i fili di quel grande
fermento di attivismo e critica ambientale che poi segno' il Vertice della
Terra, a Rio nel 1992. Questa rubrica deve molte idee e notizie a "Down to
Earth" e al suo fondatore.

3. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: QUANDO GLI SCHIAVI
[Da Martin Luther King, "I have a dream", Mondadori, Milano 2000, 2001, p.
367.
Martin Luther King e' nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi all'
Università di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo
stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama.
Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lotta
nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti
degli USA. Premio Nobel per la Pace nel 1964, più volte oggetto di attentati
e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther King: tra
i testi più noti: La forza di amare, SEI, Torino 1994 (edizione italiana
curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di Birmingham -
Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona 1993; L'
«altro» Martin Luther King (antologia a cura di Paolo Naso), Claudiana,
Torino 1993; "I have a dream", Mondadori, Milano 2001, 2001. Opere su Martin
Luther King: Arnulf Zitelmann, Non mi piegherete. Vita di Martin Luther
King, Feltrinelli, Milano 1996. Esistono altri testi in italiano (ad esempio
Hubert Gerbeau, Martin Luther King, Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a
nostra conoscenza sono di scarso valore: sarebbe invece assai necessario uno
studio critico approfondito della figura, della riflessione e dell'azione di
Martin Luther King (anche contestualizzandole e confrontandole con altre
contemporanee personalità, riflessioni ed esperienze di resistenza
antirazzista in America). Una buona introduzione sintetica è in "Azione
nonviolenta" dell'aprile 1998 (alle pp. 3-9), con una buona bibliografia
essenziale]
Quano gli schiavi si mettono insieme, comincia l'uscita dalla schiavitu'.

4. MAESTRI. LEV TOLSTOJ: GENGIS-KAN COL TELEGRAFO
[Da Lev Tolstoj, Il regno di Dio e' in voi, Bocca, Roma 1894, riproduzione
anastatica Publiprint-Manca, Trento-Genova 1988, p. 211.
Lev Tolstoj, nato nel 1828 e scomparso nel 1910, non solo grandissimo
scrittore, ma anche educatore e riformatore religioso e sociale,
propugnatore della nonviolenza intesa come cristiana "non resistenza al
 male". Opere di Lev Tolstoj: tralasciando qui le opere letterarie (ma cfr.
almeno Tutti i romanzi, Sansoni, Firenze; e alcuni dei più grandi racconti,
come La morte di Ivan Il'ic, e Padre Sergio), della gigantesca pubblicistica
tolstojana segnaliamo particolarmente almeno Quale scuola, Mondadori,
Milano; Perché la gente si droga? e altri saggio su società, politica,
religione, Mondadori, Milano; Il regno di Dio è in voi, Bocca, Roma, poi
Publiprint-Manca, Trento-Genova; La legge della violenza e la legge dell'
amore, Edizioni del Movimento Nonviolento, Verona. Opere su Lev Tolstoj: dal
nostro punto di vista segnaliamo particolarmente Pier Cesare Bori, Gianni
Sofri, Gandhi e Tolstoj, Il Mulino, Bologna; Pier Cesare Bori, Tolstoj, ECP,
S. Domenico di Fiesole; Pier Cesare Bori, L'altro Tolstoj, Il Mulino,
Bologna. Indirizzi utili: "Amici di Tolstoj", c/o Gloria Gazzeri, via Casole
d'Elsa 13, 00139 Roma, tel. 06/8125697]
I governi del tempo nostro, i piu' dispotici come i piu' liberali, sono
divenuti cio' che Herzen chiamo' cosi' bene: "Gengis-Kan col telegrafo",
cioe' un'organizzazione della violenza che non ha per principio che
l'arbitrio piu' grossolano e profitta, per la dominazione e l'oppressione,
di tutti i perfezionamenti che la scienza ha creati per la vita sociale
pacifica degli uomini liberi ed uguali.

5. MAESTRI. VINOBA: E' POSSIBILE
[Da Vinoba, Gandhi, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1991, p. 149.
Vinayak Bhave, detto Vinoba, 1895-1983, una delle piu' grandi figure della
nonviolenza; discepolo di Gandhi, ne proseguì l'impegno. Promosse il
movimento per il dono della terra ai contadini. Opere di Vinoba: Gandhi. La
via del maestro, Paoline, Cinisello Balsamo 1991. Opere su Vinoba: Shriman
Narayan, Vinoba, Cittadella, Assisi 1974; Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto,
Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Jaca Book, Milano 1980]
E' possibile fare della nonviolenza un'organizzazione cosi' forte che la
violenza non puo' neanche immaginare. Un'organizzazione nonviolenta non solo


puo' sfidare un'organizzazione violenta, ma anche superarla. Il test della
nonviolenza e' la verifica nella pratica.

6. DIBATTITO. SEVERINO VARDACAMPI: ALCUNI DISSENSI
[Severino Vardacampi e' un collaboratore del "Centro di ricerca per la pace"
di Viterbo]
Mi permetto di esprimere alcuni dissensi rispetto ad alcuni correnti
discorsi; correnti, intendo, tra quanti si dicono impegnati per la pace. E
quando si dice dissensi, sono dissensi veri. Beninteso, non ho la verita' in
tasca (e' una vita che giro con le tasche bucate), e so che vi sono ottime
ragioni per sostenere tesi opposte alle mie, e che esse sono sostenute da
persone che ammiro ed onoro. E come preambolo basti.
*
Sulla giustizia, che e' una parola che mette paura.
Giusitizia non e' vendetta; e non e' neanche perdono.
Giustizia, non vendetta: perche' la vendetta e' altra ingiustizia che
l'ingiustizia reduplica e rifermenta in una catena infinita di lutti che
tutti inabissa ed arruola nei ranghi di vittime o carnefici (o peggio
ancora: di carnefici e vittime a un tempo).
Giustizia, non perdono: perche' il perdono e' prerogativa delle vittime, non
di chi non ha subito l'oltraggio, la lesione, il colpo che annienta. E cosi'
le esortazioni al perdono, se fatte da chi non e' vittima diretta, sono
talora peggio che disutile retorica, sono sovente insensata vacuita' e quasi
indifferenza all'altrui dolore, e in casi estremi percepite come beffardo
incanaglire.
Lo diciamo in timore e  tremore: non sono ascoltabili, non sono credibili le
invocazioni al perdono fatte da chi non ha subito.
Il perdono e' l'ultima prerogativa che resta alle vittime, nessuno puo'
usurparla; e' quella cosa che si concede gratutamente e non per suggerimento
autorevole o imposizione dall'alto. Ma quando le vittime sono state
assassinate, i loro carnefici da se stessi si sono tolti la possibilita' di
esser perdonati. Essi dunque vanno puniti, non altro dovere ai superstiti
residua. Il terzo che pretendesse lui di perdonare al carnefice il male
fatto altrui, con cio' stesso ne diverrebbe complice, e della vittima
nuovamente farebbe scempio.
Ma vi e' certo, lo so e lo affermo, una giustizia piu' alta e profonda del
mero punire, che e' la misericordia. Ma che e' appunto misericordia, altra
cosa dal perdono.
*
Mi permetto di esprimere un'opinione opposta a quella di tanti maestri e
maestre, amiche ed amici, compagni e compagne di vita e di lotte.
Non sono d'accordo quando si afferma che l'impegno pacifista ha uno spazio
di incidenza politica prima che la guerra si scateni, ed a guerra in corso
non abbia che a tacere e testimoniare in doglioso annientamento, in
pietrificato lutto. No.
Al contrario: quando la guerra viene scatenata l'impegno di pace deve
accrescersi e contrastare la guerra sul campo, materialmente opporsi al suo
agire e ai suoi apparati, operativamente, concretamente fronteggiarla deve.
Altrimenti si fa quella cosa che durante l'occupazione nazista in Italia
veniva chiamata "attesismo": e l'attendista e' complice degli oppressori non
molto meno del collaborazionista. A guerra scatenata il pacifista
conseguente deve passare alla resistenza nonviolenta.
La nonviolenza e' questo, o non e' nulla.
*
Sull'abuso del digiuno.
Lo sapeva bene Gandhi: che il digiuno (che e' altra cosa dallo sciopero
della fame) e' un'arma terribile ed estrema, ed e' anche l'ultima delle
tecniche della nonviolenza, quella oltre cui non si puo' andare.
Lo sapeva bene Danilo Dolci che il digiuno (che e' altra cosa dallo sciopero
della fame) e' atto nitido e rigoroso di illimpidimento e di assunzione di
responsabilita', ed e' un luogo e un passo essenziale del sentire e
dell'agire nonviolento, gesto interiore di convocazione e presenza a se
stessi.
Cosicche' sono contrario ad abusarne, a banalizzarlo, ad immeschinirlo e
confonderlo in pratiche e azioni generiche, sfocate, in forme ed a fini e in
quantita' che ne travolgono e dissipano e infine vanificano il senso, la
verticalita', la durezza di diaspro, l'esperienza del deserto.
Vorrei che in quanto tecnica di lotta nonviolenta fose usato solo al termine
di una progressione, a illimpidimento interiore, punta o vigilia di un'opera
ardua e inequivoca, e solo da persone consapevoli di cio' che esso sia;
vorrei che prima di usarne vi fosse una riflessione adeguata; vorrei che non
venisse spettacolarizzato e con cio' stesso ridicolizzato. Vorrei che ci si
ricordasse dei digiuni di Gandhi e di Dolci.
Tu vorresti un sacco di cose, bello mio. Sono una persona esigente, mio
caro.
*
Ai molti amici che sperperano tempo e parole a leggere ed a replicare
sdegnati agli scritti dei propagandisti piu' ignobili e ridicoli della
guerra (con cio' peraltro diffondendoli ulteriormente), vorrei rivolgere
l'esortazione a smettere di farlo: abbiamo tanto di quel lavoro da fare, e
sono tante le cose utili e importanti da sapere, e c'e' da discutere di cose
di grande momento ed urgenza, ed infine potendo scegliere tra Kafka da un
lato, e i tamburini del terrorismo di stato dall'altro, davvero vi e' chi
preferisce star a leggere e discutere i laudatori dell'omicidio? Davvero vi
e' chi preferisce dedicare due ore dello scarso suo tempo alla prosa che
inneggia alle stragi piuttosto che a Virginia Woolf o a Cervantes? Possibile
che abbiate gia' letto tutto, e non vi resti altro da leggere che i proclami
dei nipotini di Hitler? Suvvia.
*
Contro il giornalismo.
Tra i principali difetti del movimento pacifista c'e' la diffusa abitudine
di essere imprecisi, generici, esagerati, semplicisti, di prendere spesso
per buone sciocchezze sesquipedali, di dire sovente inquietanti idiozie.
Qualche esempio banale.
Si abusa di fonti giornalistiche: la cui attendibilita' e' vicina allo zero.
Il fatto che una corbelleria e' stata pubblicata su un giornale o e' stata
detta in televisione non ne muta la natura di corbelleria. Sono cose che
tutti sappiamo ma che di frequente dimentichiamo quando a dire scempiaggini
sono i nostri amici, o comunque si tratti di scempiaggini che ci pare
possano venir comode all'uso. Ma una scempiaggine e' come una menzogna: mai
puo' servire alla buona causa, e sempre la danneggia.
Si prendono per buone analisi cosi' semplicistiche che invece di essere
strumenti ermeneutici che aiutano a districare questioni complesse (negare
la cui complessita' sarebbe stoltezza) divengono narcotici che aiutano solo
a godere della propria stupidita'.
Si commettono errori linguistici grossolani che divengono stupefacenti
deliri logici che producono poi orrori pratici colossali.
Se si studiasse un po' di piu' e si cianciasse un po' di meno, il movimento
pacifista migliorerebbe di gran lunga la propria credibilita', e la propria
autostima.
*
Sulla scambiare i simboli per la realta'.
Quanti abominevoli crimini sono stati commessi per questo.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ;
angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 336 dell'8 gennaio 2002