La nonviolenza e' in cammino. 321



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 321 del 24 dicembre 2001

Sommario di questo numero:
1. Buone feste
2. Amelia Alberti, un compendio di crudelta'
3. Nanni Salio: sulle orme di Lanza del Vasto, esperienze di vita
comunitaria nonviolenta
4. Coordinamento comasco per la pace: apriamo luoghi di pace
5. Ettore Masina, una lettera agli amici
6. Alessandro Marescotti: pubblicato l'Annuario della pace, organizziamo
iniziative di presentazione
7. I volontari dell'Aifo: alcuni dei mille motivi per dire no alla guerra
8. Letture: Cesare Pavese, Le poesie
9. Letture: Olivier Todd, Albert Camus, una vita
10. Riletture: Franco Basaglia, Scritti
11. Riletture: Bertolt Brecht, L'abici' della guerra
12. Da tradurre: Nicasio Alvarez de Cienfuegos, Poesias
13. Da tradurre: Marie-Anne Lescourret, Emmanuel Levinas
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'

1. BUONE FESTE
Ai molti amici che ci hanno inviato i loro auguri, ed a tutti i nostri
interlocutori, auguriamo buone feste.
E rinunciamo per una volta al nostro consueto concionare, memori di
un'immagine che trovammo sia in Erasmo che in Tommaso Moro, i quali
ricordavano quanto sgradevole sia che nel mezzo di una grata occasione, come
puo' essere una festa ovvero una rappresentazione piacevole, irrompa sulla
scena accigliato e stentoreo l'attor tragico a dir di sventure.
E dunque buone feste, senza prediche ulteriori. E' gia' tanto amara la vita.
Ma e' anche cosi' meravigliosa.
Gia': e' cosi' meravigliosa, ed e' cosi' amaro che vi sia chi giorno e notte
alacre febbrile s'ingegni ad altri insozzarla e rapirla, ed a se medesimo.
Cosi' meravigliosa e cosi' amara a un tempo; e dipende anche da te che la
meraviglia prevalga sull'orco, e la benedizione di una sobria felicita'
raggiunga tutti, e all'orrore si possa resistere. All'orrore si puo'
resistere e dunque si deve resistere. Al male ci si puo' opporre, e dunque
ci si deve opporre. E dipende proprio da te, da me, da tutti.
E adesso giu' dal pulpito e suvvia scambiamoci lieve un sorriso.
L'inumano ci opprime senza tregua, ma la lotta contro l'inumano continua e
nel suo farsi reca lenimento e parco un sollievo, condivisa una gioia; e la
nonviolenza e' in cammino, e tu ed io e tutti siamo questo cammino che apre
cammino; e anche un sorriso e una carezza sono risorse preziose, e luminose
conchiglie e pani, a difesa e inveramento della comune umanita',
dell'umanita' di tutti, dell'umanita' tutta. Buone feste.

2. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: UN COMPENDIO DI CRUDELTA'
[Amelia Alberti e' presidente del circolo verbano di Legambiente. Per
contatti: lambient at tiscalinet.it]
Vagamente nauseata dall'atmosfera di melassa che appiccica queste giornate
prenatalizie, cercavo lo spunto per una mia riflessione sfogliando via
internet "La Stampa". Ero certa di trovare, come sempre, una frase, alcune
parole, un'eco di dolore, cui attaccarmi per scrivere un mio pensiero, ma
non mi e' stato possibile resistere alla tentazione di proporvi per intero
l'articolo che segue, che a me pare un compendio perfetto (perfetto, perche'
involontario) di cinismo, di crudelta', di violenza allo stato puro.
Eccolo. "Bombe-succhiaossigeno per stanare Bin Laden. La prova generale e'
stata fatta due settimane fa in Nevada: oggi le nuove bombe "succhia
ossigeno" sono arrivate in Afghanistan. Mentre le forze speciali americane e
i loro alleati afghani continuano a setacciare le caverne di Tora Bora alla
ricerca di combattenti di al Qaida il Pentagono ha aperto la caccia a Osama
bin Laden con una nuova superarma. "C'e' una forte possibilita' che Bin
Laden sia gia' morto", ha detto in Cina il presidente pachistano Pervez
Musharraf, ma per i militari Usa i se non bastano: vogliono avere certezze.
Dieci nuovissime bombe termobariche, il cui completamento e' stata
accelerato dopo le stragi dell'11 settembre, sono sembrate l'ordigno ideale
per chiudere la partita aperta tre mesi fa dai dirottatori di Osama.
Funzionano succhiando l'aria fuori dalle caverne-rifugio dei terroristi,
senza peraltro sigillarne l'ingresso con cumuli di detriti. "E' chiaramente
un tipo di arma di cui abbiamo bisogno in Afghanistan e abbiamo deciso di
utilizzarle", ha annunciato il sottosegretario alla difesa Edward Aldrige.
Le nuove bombe, identificate in codice come Blu-118B, sono state
sperimentate per la prima volta il 14 dicembre nel deserto del Nevada.
Funzionano sulla base dello stesso principio che provoca esplosioni
all'interno dei silos-granai o in altri luoghi altamente polverosi:
rilasciando cioe' al momento dell'impatto vapori di carburante che si
espandono nei cunicoli e nelle gallerie succhiandone fuori l'aria e creando
un'estrema pressione per esplodere poi una volta all'interno. "Il grande
vantaggio e' che permettono di distruggere quanto e' dentro il tunnel senza
far crollare l'ingresso: in altre parole puoi uccidere gli abitanti della
caverna e poi controllare chi hai ucciso", ha detto di Blu-118B l'analista
militare John Pike di Global Security Org. E' una settimana che il Pentagono
ha perso le tracce di Bin Laden, ha ammesso oggi il generale americano Tommy
Franks. "Ci sono solo tre possibilita': che sia morto, che sia a Tora Bora o
che sia scappato in Pakistan", ha detto Franks, contraddetto su quest'ultimo
punto da Musharraf: "Sono ragionevolmente sicuro che non sia nel mio paese".
"Ve lo prometto, lo troveremo", ha detto ieri il presidente Bush. E oggi,
per agevolare il compito delle truppe Usa in Afghanistan, i comandi hanno
allentato le regole di ingaggio che nei giorni scorsi hanno rallentato le
operazioni nella zona di Tora Bora. Le forze speciali avevano dovuto finora
ottenere luce verde dal Comando centrale (Centcom) di Tampa in Florida prima
di poter far fuoco contro elementi da loro identificati come combattenti di
al Qaida in fuga. La precauzione "garantista" era stata motivata
dall'attenzione di non fare vittime civili ma i marines si erano lamentati:
le regole di ingaggio avrebbero permesso a un buon numero di terroristi di
scappare in Pakistan. "Ora pero' le abbiamo cambiate: se vedono qualcuno che
cerca di uscire dall'Afghanistan e se sono sicuri che sia di al Qaida,
possono distruggerlo", ha detto una fonte del "Washington Times". La natura
stessa della guerra in Afghanistan rende d'altra parte difficile
identificare con certezza chi sia di al Qaida e chi no: ancora oggi, tra
Washington e Kabul, sono rimbalzate le polemiche sul convoglio bombardato
ieri nei pressi di Khost, nell'Afghanistan orientale. Il Pentagono ha
ribadito anche oggi che il bersaglio era valido: "Erano leader Taleban in
fuga da un centro di comando e controllo. Hanno sparato contro gli aerei Usa
due missili terra aria", ha dichiarato il portavoce Brad Lowell. E Franks
gli ha fatto eco: "Gli amici non sparano". Ma in Afghanistan e' stato detto
che i 50-60 morti e i 40 feriti erano capi tribali diretti a Kabul per
l'inaugurazione del nuovo premier Hamid Kharzai. E che gli Stati Uniti,
nella fretta di mettere le mani sui terroristi e su Osama, sarebbero rimasti
impigliati nelle rivalita' tra clan afghani: per sbarazzarsi dei capi di una
tribu' invisa, un altro notabile della zona avrebbe fatto arrivare ai
militari Usa una segnalazione falsa sulla presenza di miliziani e comandanti
di Al Qaida. E gli americani, impazienti di colpire i nemici, avrebbero,
senza pensarci troppo, fatto intervenire i bombardieri".

3. ESPERIENZE. NANNI SALIO: SULLE ORME DI LANZA DEL VASTO, ESPERIENZE DI
VITA COMUNITARIA NONVIOLENTA
[Questo articolo di Nanni Salio abbiamo estratto dal sito del Movimento
Nonviolento, www.nonviolenti.org; e' stato pubblicato sulla rivista mensile
"Azione nonviolenta" di questo mese (e-mail: azionenonviolenta at sis.it).
Nanni Salio e' una delle piu' prestigiose figure dell'impegno nonviolento e
della peace research, anima l'IPRI e il Centro Domenico Sereno Regis di
Torino; tra le sue opere: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?,
Movimento Nonviolento, Perugia; Scienza e guerra (con Antonino Drago), EGA,
Torino 1982; IPRI, Se vuoi la pace educa alla pace, EGA, Torino 1983; Le
centrali nucleari e la bomba, EGA, Torino 1984; IPRI, I movimenti per la
pace, EGA, Torino 1986-1989; Progetto di educazione alla pace, EGA, Torino
1985-1991; Le guerre del Golfo, EGA, Torino 1991; Il potere della
nonviolenza, EGA, Torino 1995. Per contatti: Centro Studi "Domenico Sereno
Regis", via Garibaldi 13, 10122 Torino, e-mail: regis at arpnet.it
Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto è nato nel 1901 a San Vito dei Normanni da
madre belga e padre siciliano, studi a Parigi e Pisa. Viaggia e medita. Nel
1937 incontra Gandhi nel suo ashram. Tornato in Europa fonda la "Comunità
dell'Arca", un ordine religioso e un'esperienza comunitaria nonviolenta,
artigianale, rurale, ecumenica. Promuove e partecipa a numerose iniziative
per la pace e la giustizia. E' morto in Spagna nel 1981. Opere di Giuseppe
Giovanni Lanza del Vasto: Pellegrinaggio alle sorgenti, Vinoba o il nuovo
pellegrinaggio, Che cos'è la nonviolenza, L'arca aveva una vigna per vela,
tutti presso Jaca Book (che ha pubblicato anche altri libri di Lanza del
Vasto); Princìpi e precetti del ritorno all'evidenza, Gribaudi, Torino 1988;
Lezioni di vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1980. Un testo utile
scritto da uomini e donne che partecipano dell'esperienza della "Comunità
dell'Arca" è: Proposte per una società nonviolenta, Libreria Editrice
Fiorentina, Firenze 1982]
Che cosa intendiamo per nonviolenza e per vita comunitaria nonviolenta? Le
esperienze di cui parlero' sono sempre delle approssimazioni, piu' o meno
riuscite, a un ideale stile di vita che intende tradurre nella quotidianita'
i principi della nonviolenza. Possiamo cominciare con l'individuare alcuni
criteri che ci permettano innanzitutto di classificare le esperienze, nel
tentativo di intravedere delle reali alternative in questo nostro mondo
apparentemente invaso da fenomeni di violenza crescente e diffusa, nel quale
 talvolta si fa fatica a conservare la speranza di cui parlano tutti i
grandi maestri, a cominciare proprio da Lanza del Vasto. E' pertanto
necessario accostarsi mediante delle approssimazioni agli esperimenti reali
che ci permettono di imparare dai nostri errori.
La prima considerazione riguarda la "dimensione di scala". Per "dimensione
di scala" si intende la modalita' con la quale sono organizzate le relazioni
tra le persone. Si va dalla dimensione puramente individuale a quella della
famiglia e successivamente, dal micro al macro, si passa ad altre strutture
sociali: famiglia allargata, comunita', villaggio (inteso in senso
gandhiano), societa', stato e infine societa' globale planetaria. Nel nostro
mondo ricco e occidentale si e' man mano diffusa una ideologia che
privilegia a tal punto la dimensione individuale che Margareth Tatcher e'
giunta a sostenere che non esiste la societa', ma solo gli individui. Di
fronte ad affermazioni di tale tenore, che tendono a cancellare quegli
aspetti della vita umana che ad altri sembrano fondamentali, si rimane
costernati e stupefatti e non ci si dovrebbe pertanto meravigliare delle
conseguenze distruttive che si verificano quotidianamente. In un libro molto
importante sull'economia gandhiana (in corso di traduzione e pubblicazione),
l'autore, Romesh Diwan, mette a confronto la sua esperienza personale, e
piu' in generale quella delle societa' non occidentali ancora organizzate
secondo nuclei famigliari allargati, con la nostra condizione di crescente
isolamento. Nella sua analisi, Diwan fa riferimento a un autore americano
Philip Slater, poco noto in Italia nonostante il notevole successo di alcuni
suoi lavori, e si richiama in particolare a uno dei suoi ultimi libri, "Un
sogno rimandato" (Edizioni Pendragon, Bologna 2000), dove il sogno e' quello
di una societa' che voglia vivere secondo l'american way of life, ovvero
secondo uno stile di vita, un modello, che ha prodotto e continua a produrre
guasti enormi a partire proprio dalla distruzione della dimensione relaziona
le. Oggi c'e' bisogno di comunita', e sono molti ad affermarlo, (Zygmunt
Bauman, Voglia di comunita', Laterza, Bari 2001) sebbene altri considerino
la proposta e la nascita di una dimensione comunitaria addirittura come un
pericolo per il modello economico e sociale imperanti. Essi considerano il
comunitarismo una sorta di variante del comunismo, non solo per l'evidente
affinita' lessicale. Perche' c'e' bisogno di comunita'? Per ragioni
relazionali ed ecologiche, per ristabilire un senso di sicurezza e per
produrre significato nella nostra esistenza.
Per classificare le molteplici esperienze di vita comunitaria in corso e'
bene cominciare a distinguere tra le esperienze presenti in occidente (e
piu' in generale nel mondo ricco) e quelle negli altri paesi (poveri, o
impoveriti); nei quali sono ancora diffuse culture basate su modelli che noi
chiamiamo tradizionali, utilizzando un termine che forse non e' del tutto
corretto. Esistono modelli diversi di comunita' ai quali accennero' per far
capire quali sono le approssimazioni possibili e i criteri che dovremmo
seguire per stabilire in che misura questi esperimenti si avvicinano o meno
a un modello ideale di comunita' nonviolenta.
Alcune comunita' si ispirano a principi anarchici. Qualcuno ha definito
Gandhi l'"anarchico gentile". Il termine anarchia non dovrebbe essere usato
nel senso negativo che gli viene spesso attribuito. Gandhi immaginava che
fosse possibile costruire una rete mondiale, oceanica, di villaggi, di
piccole comunita' che permettesse di superare l'idea di stato. Secondo
questa concezione, il villaggio era sinonimo di piccola scala, quella nella
quale e' possibile costruire sia relazioni piu' profonde e durature, sia un
modello di economia e di vita nonviolento, nella interconnessione di una
gigantesca rete su scala mondiale che permetta di stabilire relazioni di
interdipendenza senza cadere nella dipendenza. La dimensione di scala era
quindi molto ben presente nella concezione sociale di Gandhi e alcune
comunita' anarchiche, in occidente, si richiamano in maniera talvolta
implicita a questo modello, pur con qualche approssimazione. Ne esistono un
po' ovunque, anche in Italia. Alcuni studi hanno preso in considerazione
soprattutto la comunita' degli "Elfi del gran burrone". Sono comunita' che
introducono alcuni elementi caratteristici di una economia nonviolenta, in
particolare quello dell'autosufficienza, del lavoro senza condizioni di
sfruttamento, senza "padroni", un punto centrale delle Comunita' dell'Arca
promosse da Lanza del Vasto. Un limite di queste comunita' e' che molto
spesso in esse non c'e' sufficiente attenzione ad altre dimensioni
considerate solitamente indispensabili in una prospettiva nonviolenta.
Una seconda dimensione, o caratteristica, con la quale classificare le
comunita' e' quella di natura religiosa, ben presente nel caso delle
comunita' dell'Arca cosi' come in molte altre. Alcune esperienze assumono
una dimensione religiosa new age. Ben nota e' la comunita' di Damanhur,
anch'essa oggetto di analisi sociologiche, che pur praticando alcuni degli
aspetti che caratterizzano le forme di economia e di relazione nonviolenta
presenta a nostro parere forti limiti sul piano relazionale.
Tutte le principali religioni hanno esaltato e praticato forme di vita
comunitaria. Nell'islam c'e' l'umma, la comunita' per eccellenza. In questo
periodo, in cui molti vedono l'islam secondo un immaginario negativo, e'
importante ricordare e far conoscere questa dimensione comunitaria. Nel
buddhismo c'e' la sangha, la comunita', vista come il luogo per eccellenza
in cui rafforzare il percorso di costruzione della propria forza interiore.
E' in essa che si trova rifugio nei momenti difficili della vita. Nell'India
c'e' la tradizione degli ashram che e' stata poi orientata da Gandhi verso
veri e propri modelli di economia nonviolenta. Nel cristianesimo potrebbe
sembrare a prima vista che questa tradizione si sia andata perdendo in
seguito al prevalere di un modello di economia capitalista e allo
smembramento della societa', sempre piu' individualista. Oltre alle
comunita' d'ispirazione cristiana e nonviolenta come l'Arca, e' da ricordare
la tradizione delle comunita' monastiche e degli ordini religiosi, che negli
ultimi tempi si stanno orientando sempre piu' verso coerenti scelte di vita
nonviolenta, spesso in controtendenza rispetto alla cultura religiosa
dominante.
Ci sono poi comunita' di ispirazione piu' laica, che non si richiamano
esplicitamente a concezioni religiose o politiche, senza tuttavia escluderle
a livello personale. Un possibile esempio e' quello dei nuclei familiari che
si sono costituiti in forme che approssimano l'idea di comunita'. Una delle
esperienze che bisogna prendere seriamente in considerazione e conoscere
meglio e' quella dei "bilanci di giustizia", che ha portato nuclei di
famiglie a vivere in una dimensione che si puo' definire di tipo
"comunitario lasco". Quindi esse non vivono necessariamente nello stesso
ambiente, con rapporti quotidiani molto stretti, ma mantengono comunque
dimensioni di tipo comunitario che comportano il ritrovarsi, l'analizzare
insieme i problemi che si affrontano, in particolare dentro la prospettiva
che questa campagna di bilanci di giustizia propone: la riduzione dei
consumi e la ricerca di uno stile di vita equo e sostenibile.
Quali sono le attivita' che le comunita' normalmente svolgono e quali alcuni
dei risultati piu' interessanti? Li elenco in modo molto sommario, ma
importante per avere un quadro che ci permetta di capire che questa strada
e' realmente percorribile. C'e' innanzitutto la ricerca
dell'autosufficienza, che dovrebbe essere realizzata su due piani:
alimentare ed energetico, entrambi fondamentali per ridurre l'impronta
ecologica e riportarla, a livello individuale e collettivo, dentro i vincoli
e i limiti della sostenibilita' ambientale. Anche quando non si parlava
ancora di impronta ecologica, tutto cio' era stato colto con grande
lungimiranza da coloro che hanno avviato le prime comunita' gandhiane sia in
India che in occidente. E' un punto qualificante, fondamentale per poter
parlare di comunita' nonviolente.
Il secondo aspetto altrettanto importante, piu' difficile da valutare, ma
che si puo' cogliere quando si partecipa direttamente a una di queste
esperienze, e' la qualita' delle relazioni interpersonali, che Romesh Diwan
chiama "benessere relazionale". Questa e' una delle caratteristiche piu'
importanti per poter sostenere che una comunita' sta vivendo in una
prospettiva nonviolenta. Non so se esistano dei parametri precisi
quantitativi, pero' quando si entra in una di queste comunita' ci si accorge
che c'e' un clima diverso, ci si accorge che tutto cio' che circonda le
persone avviene con ritmi e con una qualita' differente da quelli che
caratterizzano la vita all'esterno. La qualita' relazionale ha a che fare
con la qualita' della vita, e' un aspetto fondamentale che richiede
un'attenzione e una cura particolari per rendere la qualita' della vita
decisamente piu' avanzata rispetto alla media degli ambienti circostanti.
L'ultimo aspetto che si coglie in molte di queste esperienze di comunita'
che si richiamano alla nonviolenza e' la semplicita' volontaria, che
comprende sia condizioni estetiche sia materiali ed e' stata teorizzata e
praticata da coloro che ci hanno preceduto in questa sperimentazione.
Per tentare di tradurre in pratica questi ideali, la gamma di attivita'
possibili e' diversificata: da quella, gia' ricordata, dell'agricoltura,
all'artigianato, all'accoglienza (nei confronti di chi vive situazioni di
disagio), alla cooperazione internazionale e ad altro ancora. Abbiamo dunque
molte comunita' in Italia che vale la pena di conoscere, e faro' un breve
cenno a due esperienze fra le tante. La prima e' un'iniziativa che, nella
sua parzialita', come tutte le iniziative, si propone di introdurre alla
conoscenza della nonviolenza a partire da esperienze di vita reale,
quotidiana, mediante i "campi estivi" promossi dal MIR-MN. Sebbene questi
campi durino soltanto una settimana, essi permettono di solito di accostarsi
in modo significativo ad esperienze di vita comunitaria che altri gia'
conducono su scale assai diverse, da quella molto ridotta di una singola
famiglia, alla famiglia allargata, alla famiglia che accoglie. E' un modo
interessante e intelligente per conoscere e sperimentare direttamente.
Una comunita' che merita segnalare per la bella e articolata esperienza che
sta conducendo e' la "comunita' di Sestu" (dal nome di una localita' nei
pressi di Cagliari): uno splendido esempio di semplicita' volontaria,
accoglienza, autosufficienza e attenzione alla vita locale.
Per avere una visione d'insieme piu' articolata e precisa manca una sorta di
mappa ragionata che offra un quadro delle possibilita' gia' in atto e ci
aiuti a scoprire il gran numero di persone che si sono incamminate lungo la
strada della vita comunitaria nonviolenta. Ognuna di queste esperienze e' un
segnale di speranza e un'ancora di salvezza in questi tempi quanto mai
travagliati.

4. INIZIATIVE. COORDINAMENTO COMASCO PER LA PACE: APRIAMO LUOGHI DI PACE
[Riceviamo e diffondiamo questo appello del Coordinamento comasco per la
pace; per contatti: tel. 031701517]
Dopo i tragici eventi dell'11 settembre avvenuti a New York, la strada che
e' stata scelta per rispondere ai terroristi e' ancora una volta quella
della guerra. E' una strada apparentemente piu' diretta e veloce, ma che di
fatto aggiunge morti ai morti, devasta ambienti. E anche il nostro paese ne
e' direttamente coinvolto.
In questo turbine della nostra storia, ha ancora senso parlare di pace? E in
che modo e a quale prezzo?
Gli interrogativi sui fatti drammatici dei nostri giorni sono tanti e
comprensibilmente carichi di sofferte emozioni e anche di pregiudizi. Non di
rado si invocano da qualche autorita' morale risposte immediate e
chiarificatrici (per lo piu' nell'attesa di essere confermati in cio' che
ciascuno ha gia' giudicato dentro di se'!). Molti, in particolare, gli
interrogativi gravi che ci si pongono di fronte alle notizie e alle immagini
terribili di questi mesi e di questi giorni.
Si vorrebbe capire, giudicare, vedere come agire per chiudere con il
terrorismo, la paura, la guerra, per operare seriamente per una pace
duratura.
Due sono le domande da cui partiamo.
Sul terrorismo: come e' possibile tanta crudelta'? Quanto grandi sono le
responsabilita' dei governi e nostre nell'aver generato tanto odio?
Sulla guerra: il conflitto armato in corso per "legittima difesa" e' almeno
effettivamente efficace per vincere il terrorismo? Quanto esso e' anche
ritorsione e vendetta?
La guerra, soprattutto, riapre e mette a nudo una serie di problematiche
mondiali irrisolte che ci interrogano quotidianamente: il concetto stesso di
guerra e dei suoi strumenti; la definizione di nemico; i concetti di pace,
di giustizia e di solidarieta'; il concetto di difesa; il ruolo dell'Onu e
degli organismi sovranazionali; il ruolo delle religioni e delle chiese; il
ruolo del singolo e della sua coscienza; il sistema economico mondiale; il
ruolo della politica.
Ci pare che aprire luoghi di pace possa servire:
- come occasione di riflessione condivisa, serena, documentata e non
preconcetta per chiunque ne senta il bisogno;
- come testimonianza, semplice ma viva, che non esiste solo la strada della
guerra;
- come modalita' nonviolenta ed aperta di interazione tra singoli e gruppi;
- come costruzione di possibili modalita' alternative alla violenza e al
sistema vigente.
La proposta e' semplice: a partire dal primo gennaio 2002 le associazioni, i
Comuni, le parrocchie, le persone aderenti all'iniziativa, ogni giorno, a
turno, renderanno disponibile la loro sede o la loro casa (nei limiti della
disponibilita' di spazio di ciascuno) per due ore al mattino, pomeriggio o
sera, organizzando, nelle forme che riterranno opportune, un momento di
approfondimento e riflessione.
E' possibile prevedere scambi di opinioni spontanee, relazioni di esperti,
proiezione di audiovisivi e/o filmati, creazione di documenti, di materiale
fotografico, celebrazioni religiose, laboratori di approfondimento, cene,
concerti, spettacoli, ecc.
In questo modo potra' essere creato un calendario che per il momento non
prevede una data di chiusura - la quale verra' concordata in base allo
svolgersi degli eventi internazionali e in base all'andamento
dell'esperienza - che vedra' ogni gruppo impegnato una o piu' volte al mese,
a seconda del numero degli aderenti.
Per tenere un filo conduttore dell'iniziativa e' importante che ogni
associazione o Comune produca un sintetico contributo scritto riguardo la
serata dallo stesso organizzata. Il contributo verra' inviato a tutte le
altre associazioni o comuni partecipanti. Verra' inoltre creato un simbolo
che sara' esposto in tutti i luoghi di pace.
La proposta e' valida anche per quelle famiglie che desiderano aprire la
propria casa per una serata di convivialita' (ovviamente a numero chiuso).
Per informazioni e adesioni, tel. 031701517.

5. RIFLESSIONE. ETTORE MASINA: UNA LETTERA AGLI AMICI
[Ettore Masina diffonde mensilmente una lettera circolare agli amici che con
lui cooperano in riflessioni ed esperienze di pace e di giustizia.
Riproduciamo di seguito la lettera di questo mese. Per contattare Ettore
Masina: tel. 068102216]
Chiedo scusa a chi non e' - o non vuole dirsi - cristiano se questa lettera
e' indirizzata alle mie sorelle e ai miei fratelli nella fede: ma credo che
anche loro, le altre mie sorelle e gli altri miei fratelli certamente non
meno amati, possano condividere certi dolori, rimorsi e speranze.
Forse dovremmo scrivere cosi': "Nell'anno primo dell'impero del Giustiziere
Infinito, mentre il popolo afghano piangeva i suoi bambini uccisi o mutilati
in nome della vendetta per i crimini orrendi del terrorista bin Laden; e il
popolo palestinese veniva massacrato dall'esercito del terrorista Sharon che
pensava di poter spegnere nel sangue degli innocenti il fanatismo suicida
dei disperati; e il popolo argentino mostrava con il proprio sangue le
glorie del neoliberismo globalizzatore; mentre l'Italia era governata da un
miliardario che riduceva le tasse ai ricchi e i servizi sociali ai poveri,
sotto il sommo pontefice Karol Woytjla, i cui solenni insegnamenti di pace
venivano strangolati dai suoi stessi collaboratori, la Parola di Dio scese
sui cristiani e li interrogo': "Che dite di tutto questo?".
Parafrasi blasfema del vangelo di Luca? Forse che non dobbiamo porre accanto
alla Bibbia i nostri giornali? Il nostro Dio sta rinserrato nella vaghezza
di cieli lontanissimi o invece perpetuamente si incarna  nella storia dei
poveri, delle vittime, degli oppressi? Quando, dopo avere venerato il
Risorto, i primi evangelisti decisero di parlare della sua nascita, leggenda
o realta', non ebbero dubbi: Colui che aveva ripreso vita nella oscura Valle
dei Morti ed era stato giustiziato fuori dalle mura della Citta' non poteva
che essere nato in una grotta, non essendoci posto per lui fra la gente "che
conta". Non aveva, nella pienezza della sua maturita', proclamato che un
giorno saremo giudicati per cio' che avremo fatto o non avremo fatto ai
poveri, poiche' e' a lui che lo avremo o non lo avremo fatto?
E che stiamo facendo ai poveri? Il Natale-Luna Park che ci circonda ha
previsto elemosine e panettoni per i clochards e i senza-meta che si
aggirano fra noi. Ma i popoli-esuberi, insignificanti nelle statistiche dei
prodotti-interni-lordi, l'immensa umanita' che va perdendo sembianze umane
nella stretta della miseria, occupano davvero nei nostri pensieri, anche in
questa cosiddetta "festa della bonta'", altro spazio che quello degli incubi
di una possibile disperata violenza da reprimere con guerre preventive?
Essere poveri e' diventato, davanti ai nostri occhi di benestanti, un reato,
un segno di sovversivismo.
Temo che non ci rendiamo conto che la nostra spietatezza non ha effetti
soltanto sui miseri. Cambia anche noi, in peggio. Come un corpo deforme
rivestito da un abito ormai logoro, in questa fine d'anno la societa' in cui
viviamo svela  ripugnanti nudita'. Sotto la civilta' di cui ci proclamiamo
orgogliosi, rosseggiano le piaghe di un profondo nichilismo morale. Eleganti
vetrine propagandano "Oh, my dog!", un profumo per cani. "Costa caro ma ne
vendiamo molto" mi dice una commessa. Tra le luci del paganesimo natalizio
intere strade sono contornate da grandi cartelloni sui quali si distendono
donne nude, dal corpo florido e dal volto ottuso: "Vestiti, svergognata!" e'
lo slogan che compare su queste immagini, tratte da qualche libro sui
postriboli. (Ma certo! Noi non siamo barbari come i talebani, niente burqa
per le nostre donne!). Al TG1 serale il solito giornalista con le stellette
annunzia con voce trionfale che i marinai italiani sono passati sotto
comando americano, mentre, a immagine e somiglianza del suo collega di
Washington, il ministro Martino sembra non gia' metterci in guardia ma
assicurarci (si': assicurarci!) che "i nostri ragazzi" corrono  gravi
rischi.
Soltanto aneddoti? O spie di vetro che crepitano in fessure che si
ingrandiscono e minacciano la stabilita' della casa in cui viviamo? Cambiano
le monete di cui ci serviremo nel 2002 ma non le orrende, blasfeme,
delinquenziali spese militari per un esercito di mercenari costretti dalla
disoccupazione al mestiere delle armi. Gli imputati VIP saliti al potere
stravolgono le leggi che li riguardano e insultano i giudici. Mentre
riportano l'Italia al rango di lumicino dell'Europa, svendono alla CIA e al
Pentagono la nostra sovranita' nazionale ma la invocano per tutelarsi dalle
leggi che l'Europa va dandosi e dalle quali sentono minacciata la loro
arrogante impunita'.
Eppure questo desolante panorama italiano e' una specie di fiorito paravento
se lo si paragona allo svolgersi di eventi ben piu' terribili. L'Africa
sembra una immensa zattera della "Medusa", galleggia su un oceano di
disperazione, alla mortalita' infantile si aggiunge la lunga agonia di una
generazione di giovani colpiti dall'AIDS. Guerre infami sponsorizzate dalle
multinazionali del petrolio, delle armi, dei diamanti travolgono interi
popoli, straziano l'infanzia di decine di migliaia di ragazzini trasformati
in feroci guerrieri. Ma non v'e' ormai continente in cui "l'imperialismo
internazionale del danaro" (cito un'espressione usata da tre papi) non
generi milioni di morti precoci. Quando i G7 o 8 si incontrano, quando il
WTO celebra i suoi raduni, a me sembra di rivivere uno dei peggiori momenti
della mia vita: ero appena arrivato a Bombay, stavo mangiando in un famoso
ristorate, mi accorsi che al di la' di un vetro un gruppetto di miserabili
guardava estaticamente i miei bocconi: niente e' cambiato, da allora: o e'
mutato in peggio, le grandi Carte dell'ONU, che parlano di eguaglianza fra i
popoli, di liberta' dal bisogno, sembrano ormai reperti d'antiquariato.
Il Natale di questo 2001 piuttosto che il volo degli angeli sembra
richiamare il precipitare delle persone impazzite dalle Due Torri e invece
del placido sonno del bambino  Gesu' la manina senza vita che spunta dai
cingoli dei carri armati israeliani a Betlemme.
Qualcuno ha proposto che durante la messa della notte di Natale non si canti
il "Gloria", troppo triste e' il contesto planetario. E' una proposta
scandalosa contro lo scandalo del silenzio e dell'inerzia di tante comunita'
cristiane davanti all'agonia  di interi popoli, ai sistemi di violenza che
generano disperazione in nome del Mercato, cioe' del potere dei ricchi.
Forse  questa proposta ha una sua dolorosa validita' perche' potrebbe
mostrare a molti che quando la religione diventa un fatto intimista,
soltanto consolatorio, individuale o familistico, senza connessione alcuna
con il dolore che serra il nostro pianeta, si trasforma in un conformismo
che non ha niente a che vedere con i profeti e con Gesu' di Nazareth. E
pero' io credo che il Gloria che noi cantiamo o recitiamo ogni domenica non
sia un illusorio grido di gioia perche' nel mondo tutto andrebbe bene. Al
contrario, il nostro Gloria  e' soltanto un grido di fede: poiche' noi lo
rivolgiamo a un Messia rifiutato sin da piccino, a un salvatore immolato in
nome della ragion di Stato, al fondatore di una Chiesa che spesso sa leggere
di lui soltanto qualche precetto da galateo e non un messaggio radicale di
giustizia e di amore. E' in questo lacerante contrasto fra la potenza di Dio
e l'apparente vittoria del male che noi siamo costretti a prendere
posizione, a scoprire che siamo le mani di Lui, e che Egli ha scelto di
agire soltanto per nostro mezzo: il nostro glorificarLo e' dunque un
riconoscerci strumenti di una Creazione che continua, di un mondo che va
incessantemente modificato; e il Bambino che veneriamo e' un figlio che ci
e' donato: generati dall'amore, dobbiamo noi stessi generare speranze.
La Chiesa ha continuato a cantare il suo Gloria, nella infedelta' che spesso
la contraddistingue, nei tanti secoli bui della storia della Terra: in mezzo
a terribili persecuzioni, durante guerre spietate, in anni in cui ogni
valore sembrava disperso e un'ignoranza greve e profonda sembrava l'unica
forza della storia: lasciar cadere il Gloria in un silenzio luttuoso a me
sembrerebbe piuttosto un cedimento alla mentalita' pagana dei rapporti di
forza: cantare gloria al Piccolo e al Debole e all'Inerme, nel gelo di una
storia tenebrosa significa attendere con incerta certezza, con speranza
strappata testardamente, ora dopo ora, alla disperazione, che si compiano le
profezie: "Allora  si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli
orecchi dei sordi. Allora lo zoppo saltera' come un cervo e gridera' di
gioia la lingua del muto".
Buon Natale! Buon Natale!
Ettore Masina
P.S. 1. Libri: Questo mese vi segnalo due libri recentissimi. Il primo  ha
come titolo: Ezechiele Ramin. Testimone della speranza. Contiene le lettere
e gli scritti di un ragazzo che si fece sacerdote e ando' a morire in
Brasile, per i poveri e con i poveri, nei quali coglieva lucidamente il
sacramento del Cristo. A 32 anni non si possono avere, in genere, grandi
acquisizioni culturali; ma si possono avere - e queste pagine lo
dimostrano - la sapienza del cuore e il coraggio del martirio. A cura di
Ercole Ongaro, "lo storico della Rete Radie' Resch", e di Famiano Ramin,
fratello di Ezechiele, Testimone della Speranza puo' essere richiesto   alla
Rete Radie' Resch, via Piave 22, 51039 Quarrata (PT). Il secondo libro che
vi segnalo e' di Giancarlo Zizola, e' intitolato L'ultimo trono. Papa
Woytjla e il futuro della Chiesa, ed e' pubblicato da "Il Sole-24 Ore".
Questo giornale economico ha una singolare caratteristica: pubblica, la
domenica, un supplemento culturale di grande qualita', e Giancarlo Zizola ne
e' assiduo collaboratore. In questo libro egli raccoglie e "riorganizza" le
attente valutazioni dell'insegnamento e delle scelte del papa polacco che
egli segue appassionatamente sin dalla sua ascesa al pontificato. Senza
omaggi cortigiani e senza pregiudizi partigiani, le pagine di Zizola
rivelano ancora una volta la lucidita' del suo pensiero, la rigorosa
valutazione delle fonti, il cristiano censimento di speranze che la
realpolitik (neppure quella della Curia vaticana) non riesce a spegnere.
P.S. 2. "Lettera" viene inviata a chiunque me ne faccia richiesta. Il mio
indirizzo e': via Cinigiano 13, 00139 Roma, tel. 068102216. Un contributo
alle spese di fotocopiatura  e postali e' assai gradito. I versamenti
possono essere effettuati sul ccp 49249006 intestato a Luca Lo Cascio, via
Leone Magno 56, 00167 Roma. Un archivio dei miei scritti (e di quelli di
Clotilde) e' ospitato in un sito affettuosamente posto a disposizione da un
gruppo di amici. L'indirizzo e': www.namaste-ostiglia.com
P.S. 3. Un'avvertenza: Per il "caso Safiya" ho ricevuto in poco piu' di 15
giorni quasi 4.500 messaggi e-mail e ne sono nati alcuni equivoci; puo'
dunque darsi che questa "Lettera" giunga anche a persone che non me
l'avevano chiesta. Se e' cosi', mi scuso per l'invadenza e le prego di
segnalarmela.

6. STRUMENTI. ALESSANDRO MARESCOTTI: PUBBLICATO L'ANNUARIO DELLA PACE,
ORGANIZZIAMO INIZIATIVE DI PRESENTAZIONE
[Alessandro Marescotti e' il presidente di Peacelink. Questa sua lettera e'
stata inviata ad associazioni e persone che sono state citate (o che sono
state coinvolte nelle iniziative elencate) nell'Annuario della Pace, edito
da Asterios (Trieste) e patrocinato dalla Fondazione Venezia per la Ricerca
sulla Pace. Per contatti con Alessandro Marescotti: e-mail:
a.marescotti at peacelink.it, sito: www.peacelink.it]
Scheda del volume: Fondazione Venezia per la Ricerca sulla Pace, Annuario
della pace, Asterios Editore. 438 pagine, 23 euro.
Quando sara' presente il testo nelle librerie? E' uscito a meta' dicembre
2001 e quindi e' gia' disponibile; per altre informazioni si puo' contattare
la casa editrice Asterios tel. 040811286.
Il volume ha diverse parti che sono state curate direttamente da PeaceLink e
che sono costate molte ore di lavoro nella difficile impresa di mettere
insieme quante piu' informazioni possibili senza lasciar fuori dell'Annuario
nessuna delle cento anime che compongono il movimento pacifista italiano.
L'editore Asterios di Trieste (tel. 040811286, fax: 040825455, web:
www.asterios.it) ha deciso di fare uno sconto ai gruppi che ordinano un
quantitativo adeguato (ad es. minimo 5 libri); tale sconto e' del 50%
rispetto al prezzo di copertina (che e' 23 euro, ossia 44.534 lire). Il
prezzo e' dovuto al volume che e' di ben 438 pagine.
Il libro puo' quindi essere utilizzato:
1) o come autofinanziamento del gruppo e delle iniziative antiguerra;
2) o come autofinanziamento di iniziative umanitarie in Afghanistan (come
Emergency).
Nella spedizione in contrassegno non si pagano le spese di spedizione e
quindi la proposta e' particolarmente interessante e vantaggiosa.
Pertanto chiediamo a tutti i gruppi citati nel libro di fare una
presentazione dell'Annuario della pace nella propria citta'; e chiediamo
alle riviste che ricevono questo messaggio di far conoscere l'Annuario sulle
loro pagine; i singoli sono pregati di far circolare la notizia che
l'Annuario e' uscito.
I gruppi che - senza investire nulla - volessero appoggiarsi ad una libreria
locale potrebbero suddividere lo sconto del 50% con la libreria (30 alla
libreria e 20 all'associazione) oppure possono delegare tutto alla libreria
(che pero' non avrebbe dal distributore le stesse condizioni) e sfruttare i
locali della libreria solo per la presentazione rimanendo fuori da ogni
aspetto economico.

7. RIFLESSIONE. I VOLONTARI DELL'AIFO: ALCUNI DEI MILLE MOTIVI PER DIRE NO
ALLA GUERRA
[Riceviamo e diffondiamo questa lettera scritta dai volontari dell'AIFO
(Associazione italiana Amici di Raoul Follerau). Per contatti: e-mail:
info at aifo.it; sito: www.aifo.it]
Un celebre libro di dom Helder Camara, indimenticabile vescovo brasiliano e
compagno di strada dei piu' poveri, s'intitola "Mille ragioni per vivere".
Noi membri di un'associazione popolare impegnata in 50 paesi del mondo ed in
Italia con centinaia di volontari che operano per la solidarieta' e per la
giustizia sociale vogliamo esprimere alcuni dei mille motivi per dire no
alla guerra.
No, perche' la condanna nei confronti del terrorismo e di ogni forma di
violenza ed il cordoglio per i morti non puo' generare e giustificare
un'azione di guerra patita da una popolazione inerme e vessata da anni dai
suoi stessi governanti. Negli ultimi decenni il 90% delle vittime delle
guerre sono civili. In Afghanistan stanno morendo bambini, donne, uomini
stremati da freddo, fame o uccisi da "bombe intelligenti".
No, perche' e' inutile. Rispondere al terrorismo con la guerra e' inutile e
legittima l'avversario. I primissimi giorni del conflitto alcuni autorevoli
commentatori affermavano che bisognava evitare di usare il termine guerra
perche' cio' avrebbe significato conferire ai terroristi lo status di nemico
combattente ed era inaccettabile. Al di la' dei sofismi linguistici il
significato profondo non e' trascurabile. La lotta al terrorismo si combatte
togliendo nutrimento al terrorismo, bloccandone i finanziamenti, le
relazioni, portandolo allo scoperto. Il terrorismo si combatte
prosciugandone il brodo di coltura: il malcontento, i facili fanatismi; la
guerra sta viceversa alimentando questi fattori.
No, perche' e' retorica. Si afferma che dobbiamo difendere il mondo libero,
il nostro stile di vita. Come suoneranno queste parole a chi del nostro
stile di vita paga il prezzo: gli affamati, i senza acqua e senza cure, le
vittime di tante guerre alimentate piu' dagli interessi dei potentati
economici che da conflitti tribali. E' retorica perche' ci si accorge delle
donne e del popolo afghano solo oggi, dopo aver chiuso per anni gli occhi
sulle vessazioni di un regime oscurantista e crudele.
No, perche' e' una guerra paravento. Dietro una spettacolare azione di forza
si lasciano irrisolti i problemi veri che affondano le loro cause nella
ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, nell'aver piegato le
scelte politiche ai poteri economici, nel ricordarsi dell'importanza delle
Nazioni Unite solo quando servono a legittimare le scelte dei potenti.
Quelle Nazioni Unite troppo frequentemente svuotate di una credibilita' che
oggi si cerca di conquistare con il conferimento del Premio Nobel.
No, perche' si fonda sull'ambiguita' della violenza. Se accettiamo la
violenza e' difficile demarcare il confine tra una forma di violenza legale
ed una terroristica. Non dimentichiamo che paesi come gli Stati Uniti hanno
sostenuto per anni uomini oggi definiti terroristi e finanziato forme di
guerriglia che hanno rovesciato i legittimi governi di alcuni paesi.
No, perche' nasce dalla logica dei due pesi e due misure. L'attacco e'
frutto del diniego del governo afgano di consegnare agli americani Bin
Laden, considerato artefice della morte di 7.000 persone. Ricordiamo che
nell'84 a Bhopal in India l'incidente ad un impianto chimico della Union
Carbide provoco' 16.000 vittime tra morti e disabili. Il governo indiano
chiese a quello statunitense la consegna di Warren Anderson, presidente
della Union Carbide, per processarlo in India, gli Usa si rifiutarono. Si
obiettera' che quello fu un incidente e non un atto di terrorismo e quindi i
termini della questione sono profondamente diversi, precisazione che
andrebbe fatta pero' anche quando piu' volte si sente paragonare i fatti di
questi giorni all'invasione nazista della Polonia. Di fatto pochissime
famiglie indiane sono state risarcite dalla Union Carbide ed il sig.
Anderson ha eluso la sue responsabilita'.
No, perche' e' fatta di un linguaggio ingannevole. Si usano termini che non
hanno alcun riscontro con la realta': "Liberta' duratura" e' il nome
dell'operazione. Liberta' da cosa? Dal terrorismo forse? Se domani gli Usa
riuscissero ad acciuffare Bin Laden, se lo stesso governo afghano glielo
consegnasse, davvero potremmo metterci l'anima in pace rispetto al
terrorismo? Quanti Bin Laden sono alimentati da questa esagerata
ostentazione di muscoli degli USA e dei loro alleati? "Bombe intelligenti",
terminologia che offende il genere umano che notoriamente dovrebbe ritenersi
intelligente. Le bombe sono degli ordigni di morte programmati per colpire
un bersaglio, potremmo definirle difettose, precise, killer ma mai
intelligenti. E' una guerra che parla il linguaggio dei media, ma gli orrori
della guerra rimangono anche quando spegniamo il nostro apparecchio
televisivo o cambiamo canale.
Padre Zanotelli da Korogocho, la baraccopoli keniana in cui vive, ha inviato
un messaggio ai volontari AIFO in cui spiega che con i fatti dell'11
settembre e' la prima volta che l'attacco arriva al cuore dell'impero.
Continua ricordando che noi oggi piangiamo i morti americani ma che allo
stesso modo dovremmo piangere i milioni di morti per fame a causa
dell'apartheid economica che governa il mondo. Su 36 milioni di malati di
AIDS, ventisei milioni vivono in Africa, tutti destinati a morire. Dice
Zanotelli: "L'AIDS, la fame, la malattia, sono un fuoco che avanza e
distrugge milioni di persone. Non possono esserci morti di serie A e morti
di serie B". Con Zanotelli, Raoul Follereau e tutte le donne e gli uomini di
pace diciamo: e' con una rivoluzione culturale che vinceremo il terrorismo e
la violenza. Partendo dal sovvertimento della logica "se vuoi la pace
prepara la guerra" e con la pratica del "se vuoi la pace costruisci la
giustizia". La guerra e' una finta scorciatoia. I morti americani come i
morti di tutte le guerre che si consumano oggi su questo pianeta non ci
chiedono di imboccare scorciatoie, ci chiedono di guardare in faccia ai
problemi veri, quelli della gente. Ci chiedono una politica che guardi al
bene della polis e non agli interessi dei potenti di turno. Ci chiedono la
pace in terra e non quella eterna dei bombardamenti o dei cadaveri che
rientrano in patria avvolti in una bandiera.

8. LETTURE. CESARE PAVESE. LE POESIE
Cesare Pavese, Le poesie, Einaudi, Torino 1998, pp. 420, lire 10.000. Una
nuova edizione dell'opera in versi di Pavese arricchita da molti inediti e
un cospicuo apparato critico.

9. LETTURE. OLIVIER TODD: ALBERT CAMUS, UNA VITA
Olivier Todd, Albert Camus, una vita, Bompiani, Milano 1997, pp. 862, lire
65.000. Una utile e bella biografia, di taglio giornalistico ma molto
informata e scrupolosa, e di dimensioni quasi monumentali; l'autore e' assai
preciso su Camus, ma sovente ingeneroso e semplicistico nei confronti di
quanti ebbero a polemizzare con lui.

10. RILETTURE. FRANCO BASAGLIA: SCRITTI
Franco Basaglia, Scritti, Einaudi, Torino 1981-1982, due volumi per
complessive pp. 1.040. L'opera scritta di uno dei piu' grandi pensatori ed
operatori della liberazione e della dignita' umana.

11. RILETTURE. BERTOLT BRECHT: L'ABICI' DELLA GUERRA
Bertolt Brecht, L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975, 1980, pp. 224.
Curato da Renato Solmi (un maestro e un amico che qui salutiamo con
gratitudine e devozione) e dal Collettivo cinema militante di Torino, uno
strumento di lavoro straordinario.

12. DA TRADURRE. NICASIO ALVAREZ DE CIENFUEGOS: POESIAS
Nicasio Alvarez de Cienfuegos, Poesias, Castalia, Madrid 1969, 1980, pp.
228. Il poeta illuminista e liberale spagnolo che tutti noi leopardiani
leggendolo sentiamo di trovarci con un amico. Edizione pregevole, a cura di
Jose' Luis Cano; segnaliamo a p. 148 una nota erronea: e' La rosa del
desierto di Cienfuegos fonte della Ginestra leopardiana e non viceversa; a
p. 165 e' saltato un verso del fondamentale En alabanza de un carpintero
llamado Alfonso (lo rileva John H. R. Polt che lo reintegra nella sua
edzione dello stesso testo in Poesia del siglo XVII, Castalia, Madrid 1987,
p. 341).

13. DA TRADURRE. MARIE-ANNE LESCORRET, EMMANUEL LEVINAS
Marie-Anne Lescorret, Emmanuel Levinas, Flammarion, Paris 1994, 1996, pp.
448. Una delle migliori monografie sul grande pensatore dell'alterita'.

14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ;
angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 321 del 24 dicembre 2001