Lettera ad Agnoletto del presidente AGESCI



Caro Agnoletto,

ci conosciamo, credo di poter dire che tra noi vi sia stima e rispetto
reciproco. Si è concluso il G8 a Genova, una città devastata, un movimento
pacifico 'ucciso' dalla violenza, un ragazzo morto sul selciato, un'agenda
politica per certi versi positiva e che può forse aprire qualche prospettiva
di lavoro, almeno nel nostro Paese, con il governo e tutte le forze
politiche.
Permettimi alcune riflessioni fuori dal clamore degli eventi, dalle emozioni
e anche dalle legittime arrabbiature. Ho compreso il peso della
responsabilità e della fatica della rappresentanza riposte sulla tua
persona. Detto questo non posso esprimerti le mie sofferenze e il disagio
provato in questi giorni, il disagio di una persona - fra qualche anno
cinquantenne - che ha vissuto da giovane gli anni 72-77 all'università, anni
bui, anni di violenza. Per un attimo alcune immagini mi hanno riportato a
quel tempo, per un attimo ho visto ricomparire gli adulti-fantasma, i
cattivi maestri, pronti a cavalcare il 'Movimento', a discettare di povertà
e di una nuova e improbabile redenzione per i poveri di questo pianeta.
Provo a fare il punto, sarò franco.
Originariamente il 'Genoa social forum' era nato come un'esperienza
pluralista, attenta a tutte le culture, un'esperienza di popolo che aveva
l'ambizione di puntare al 'percorso', ai contenuti e ad una azione politica
duratura nel tempo. Non era in questione la sola presenza al G8, ma
piuttosto il tentativo di coinvolgere i giovani su problematiche per nulla
semplici e agire e premere sulla politica perché si facesse carico delle
richieste di cambiamento. Se questo era vero, se questo era l'obiettivo,
l'inserimento del cartello d'alcuni movimenti falsamente pacifisti andava
impedito e bloccato. Così pure sabato mattina: avresti dovuto 'resistere' e
scegliere la sospensione di ogni iniziativa, scegliere la testimonianza
pesante e rivoluzionaria del silenzio. Ho sentito politici irresponsabili
auspicare, in nome della democrazia, cinquantamila centomila duecentomila
partecipanti alla manifestazione, nonostante i gravi rischi che incombevano
sulle teste dei nostri ragazzi.
La società civile si è data in questi anni una propria rappresentanza,
abbiamo difeso un'autonomia che non è antipolitica, ma al contrario un modo
esigente di contribuire al rinnovamento della politica una politica che sa
stare sui problemi soprattutto delle categorie sociali più deboli. Abbiamo
scelto un linguaggio pacato, fermo e competente. Gli scenari da te
rappresentati in questi giorni - una nuova strategia della tensione, una
polizia assassina e fascista - non mi appartengono. Se la polizia in alcuni
momenti ha abusato della forza - io ne sono personalmente convinto - e se vi
sono stati passaggi poco chiari e ambigui, sarà la magistratura ad indagare,
non la piazza; con l'attenzione a non generalizzare, perché quella
polizia-senza apparirti retorico - è la stessa polizia che combatte la
mafia, quei due carabinieri che hanno perso la testa uccidendo sono nostri
giovani. Anche l'accusa al governo - eletto dagli italiani - di tentazioni
autoritarie mi è parsa infelice e pericolosa. Siamo da tempo una democrazia
matura, i problemi sono altri e ben più corposi: la democrazia economica, il
federalismo, la riforma del welfare, le nuove forme di rappresentanza. Avrei
voluto da parte tua una presa di distanza chiara nei confronti di quelle
forze politiche che in questi giorni, spudoratamente ed irresponsabilmente,
hanno voluto cavalcare e strumentalizzare l'intero movimento.
La scelta della non violenza è la stella polare dei nostri movimenti: non
violenza in tutto, anche nei linguaggi usati. E il linguaggio del
responsabile delle tute bianche non rientra nella categoria dei pacifici e
dei miti. Occorreva essere chiari e prendere le distanze: 'guerra alla zona
rossa' e 'sfondamenti' non erano gli obiettivi del movimento. Va da sé che
non violenza è la scelta di giocare sempre a viso aperto, nudi: niente
maschere, niente caschi, niente passamontagna o fazzoletti davanti al volto,
niente aste che diventano bastoni, niente di niente. Si va a viso scoperto,
rischiando un po', con in tasca la propria carta d'identità e l'orgoglio di
sentirsi cittadini di questo Paese, cittadini che chiedono rispetto, dalla
polizia in primis.
Le associazioni cattoliche hanno contribuito fortemente a costruire un
percorso serio di maturazione e di sensibilizzazione: lo hanno fatto, tra
l'altro, con un linguaggio per nulla 'ecclesiastico' o 'clericale': la
piattaforma - condivisa anche da te - è una piattaforma politica che parla a
tutti, che cerca alleanze e sinergie. Non vuole creare steccati, anzi, ha
dato sostanza al percorso che in questi mesi abbiamo cercato di costruire
assieme, credenti e non credenti. Lo abbiamo fatto non per separare ma per
unire e per ridire la forza del messaggio evangelico. Il Signore Gesù è il
signore della vita, la nostra carta costituzionale è scritta nel discorso
della montagna. Perché non provare a riscriverla e riproporla come manifesto
per tutti i giovani. Ci stai? Nella libertà, senza forzatura alcuna, con
quella gioia di chi sa di aver trovato il tesoro nel campo. Hai ancora
presente il documento presentato il 7 luglio a Genova: quanto quelle parole
sono state presenti nelle tue dichiarazioni di questi giorni? La critica -
interessata e ingiusta - di molti ad un 'cartello' dei cattolici separato
dal resto del movimento oggi la rivolgo a te con pacatezza, sui fatti e
sulle parole dette.
Vorrei concludere chiedendoti assieme, di fare un passo indietro e invitare
i giovani oggi a stare a casa: non diamo spazio a chi cerca la violenza e lo
scontro fisico. Riapriamo invece il confronto tra associazioni, tra l'altro
mai interrotto. Il calendario che abbiamo in mente è ben più corposo
rispetto a quello da te illustrato davanti alle telecamere: gli incontri
internazionali (vedi quello della Fao a Roma il novembre prossimo) siano
fatti e rispettati. Invece: nei prossimi mesi, su questi temi, le associazio
ni terranno convegni ed incontri, apriamoli a chiunque voglia partecipare,
invitiamoci reciprocamente, non rompiamo le reti costruite con tanta fatica.
Ancora: da domani ci attenderà un confronto politico serio con il governo e
il parlamento sulla prossima finanziaria e non solo; ci attende la marcia
Perugina-Assisi che vedrà riconvocati i nostri giovani sui medesimi temi; a
novembre il Forum del terzo settore organizzerà una convention. E poi,
davanti a noi, il lavoro silenzioso di formazione e di sensibilizzazione con
i nostri giovani per farli crescere per davvero cittadini del mondo, e il
sostegno alle campagne e ai progetti internazionali delle nostre Ong.

Con amicizia e stima
Edoardo Patriarca

(tratto da Avvenire)