La nonviolenza e' in cammino. 178



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 178 del 26 luglio 2001

Sommario di questo numero:
1. Achille Occhetto, un progetto di legge per formare e addestrare le forze
dell'ordine alla nonviolenza
2. Angela Dogliotti Marasso, dopo Genova
3. Oreste Benzi, dopo Genova non cadiamo nella logica della guerra
4. Paolo Barnard, l'errore strategico del Genoa Social Forum
5. Giuseppe Bracaloni, considerazioni sui fatti di Genova
6. Peppe Sini, la nonviolenza nei centri sociali
7. Christa Wolf, se smettiamo di sperare
8. Christina G. Rossetti, de profundis
9. Per studiare la globalizzazione: da Henri Dunant a Hans Magnus
Enzensberger
10. La globalizzazione dal basso di Mario Pianta
11. Desmond Tutu racconta l'esperienza della Commissione per la verita' e la
riconciliazione sudafricana
12. Un libro di Wolfgang Sofsky da leggere e discutere a fondo
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. UNA LETTERA. ACHILLE OCCHETTO: UN PROGETTO DI LEGGE PER FORMARE E
ADDESTRARE LE FORZE DELL'ORDINE ALLA NONVIOLENZA
[Ringraziamo di tutto cuore il senatore Achille Occhetto per averci inviato
la lettera che di seguito riproduciamo, lettera cui ha fatto seguito una sua
personale telefonata che ha confermato l'impegno in questa lettera espresso]
Caro direttore e cari amici,
ho letto la vostra lettera aperta al Presidente della Repubblica contenente,
tra l'altro, la proposta di formare e addestrare le forze dell'ordine alla
nonviolenza.
Come senatore della Repubblica ritengo di potere studiare questa proposta al
fine di trasformarla in un progetto di legge firmato da tutti i parlamentari
favorevoli per davvero alla nonviolenza.
Ritengo che tale progetto di legge possa essere presentato al Senato dopo la
pausa estiva.
Rimango pertanto a vostra disposizione e a disposizione di tutti i movimenti
pacifisti e nonviolenti.
Naturalmente la possibilita' di avere delle forze dell'ordine addestrate
all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie di comunicazione e di
intervento della nonviolenza richiede che ci sia, da parte di tutti i
movimenti pacifici, la volonta' coerente e inflessibile di isolare i
violenti.
Cio' comporta, come e' gia' stato affermato dalla Rete di Lilliput e dalle
prime riflessioni di Pax Christi, l'esigenza di non accettare la comune
partecipazione alle manifestazioni pubbliche di movimenti e forze differenti
tra di loro sul tema pregiudiziale  della violenza.
L'avere tenuto assieme, a Genova, in un'unica manifestazione, tutte le forme
di testimonianza e di azione ha indubbiamente favorito la spirale delle due
violenze e la loro obbiettiva connivenza.
Contro le due violenze occorre operare sia dal lato delle forze dell'ordine
che da quello del movimento.
Per cio' che mi riguarda sono disposto a fare la mia parte.
Achille Occhetto

2. RIFLESSIONE. ANGELA DOGLIOTTI MARASSO: DOPO GENOVA
[Ringraziamo di tutto cuore Angela Dogliotti Marasso per questo suo nitido
intervento.
Angela Dogliotti Marasso e'  impegnata nei movimenti nonviolenti e nell'
educazione alla pace. Tra le sue opere: Aggressività e violenza, Edizioni
Gruppo Abele, Torino]
I fatti di Genova sono andati oltre ogni immaginazione.
Nel tentativo di superare l'amarezza, il dolore e la rabbia e a partire dal
profondo disagio che sento per le mie, le nostre insufficienze e
inadeguatezze provo anch'io a esporre qualche sommesso pensiero.
Ho letto in questi giorni molte riflessioni buttate giu' a caldo e tutte
contribuiscono a ricostruire un pezzetto di verita', testimoniano il sentire
angosciato di molti, la rabbia e la ribellione al senso di impotenza vissuto
in quelle ore, il desiderio di proseguire su strade piu' chiare e sicure.
Credo sia importante non perdere  questa complessita' e cercare, con chi
generosamente si e' coinvolto piu' da vicino, in particolare con gli amici
di Genova che dentro il GSF hanno cercato di proporre percorsi di
nonviolenza attiva, di comprendere cosa e' avvenuto e come si puo'
rispondere a queste nuove sfide.
Due cose credo vadano sottolineate, in primo luogo.
A Genova, in condizioni difficilissime, 200.000 persone (per stare ai dati
ufficiali del Ministero dell'Interno) hanno manifestato pacificamente:
poiche' le immagini che abbiamo visto erano solo immagini di distruzione, e'
doveroso ribadire che, nonostante la presenza di teppisti e l'azione di
gruppi abbagliati da miti militareschi, nonostante provocazioni  e durissime
repressioni, un tale imponente numero di persone non si e' fatto travolgere
dall'esigua minoranza di violenti, ed ha resistito alle cariche
indiscriminate della polizia. Straordinario l'episodio del gruppo di
dimostranti che si e' interposto tra poliziotti e Black Bloc, riuscendo a
far desistere questi ultimi, riportato dall'ANSA e ripreso da "Repubblica".
E' un caso emblematico di trasformazione nonviolenta di una situazione
concreta di conflitto, che, mentre riesce a smascherare  nel modo piu'
limpido chi, utilizzando i manifestanti come scudo, persegue propri scopi,
nel contempo, riconoscendo come persona chi svolge una funzione di ordine
pubblico, ne depotenzia l'aggressivita'. E' importante ricordarlo, se
crediamo che questa sia la sola strada per uscire dall'impotenza, da un
lato,  e dalla logica della risposta violenta, dall'altro, per mostrare
l'efficacia della nonviolenza non solo a chi gia' ne e' persuaso, ma a chi
ancora non lo e'.
La seconda cosa che credo vada stigmatizzata e' la brutalita' della reazione
repressiva (manifestatasi in particolare nella "spedizione punitiva"
notturna negli edifici che accoglievano parte dei manifestanti), che e'
preoccupante e indice di un salto di qualita' da non sottovalutare.
Se si puo' ancora comprendere, il che non significa giustificare, come nella
tensione di un'azione di piazza possano partire colpi indiscriminati che
colpiscono anche manifestanti pacifici ( proprio per questo e' cosi'
fondamentale non concedere alcun alibi, alcuna "giustificazione" allo
scatenamento della violenza repressiva con il proprio comportamento, ma
assumere atteggiamenti idonei a contenere la violenza, da qualsiasi parte
provenga), non e' tollerabile, in uno stato di diritto, che si usino metodi
squadristici per "punire" i colpevoli. I teppisti andavano individuati,
isolati, perseguiti, secondo le regole di un ordinamento che si fonda sul
rispetto della persona, qualunque cosa essa abbia fatto. Al di fuori di
cio', si va  verso una pericolosa deriva autoritaria, che assumera' nuove
forme, ma avra' la stessa sostanza di esperienze gia' viste. Come qualcuno
ha scritto, "abbiamo gia' dato, grazie".
Detto questo, credo anch'io, come molti hanno scritto in questi giorni, che
non si debba sfuggire ad una rigorosa autocritica, perche' e' troppo
importante cio' che si sta muovendo, per lasciare che venga soffocato da
errori nostri, oltre che da precise strategie di chi ha interesse e volonta'
di contrastarne la crescita, la forza, i contenuti, l'efficacia.
Autocritica, e comincio da me, da parte di chi non ha trovato abbastanza
tempo ed energie per coinvolgersi piu' direttamente nelle questioni e negli
interrogativi scottanti, di metodo e di merito, di organizzazione e di
modalita' di mobilitazione; da parte di chi vede solo gli errori degli altri
e non i propri; da parte di chi ha risposte troppo sicure, che non mettono
mai in discussione le domande... ognuno puo' cercare da se' quali sono i
limiti del proprio operato e del proprio impegno.
Sui Black Bloc ha gia' scritto in modo autorevole Susan George, in un
intervento pubblicato anche su "Azione Nonviolenta" di luglio-agosto, al
quale rimando. Ma credo sia necessario anche andare oltre: occorre
smascherare e combattere i black bloc che stanno anche nella nostra testa,
nei nostri cuori, nei nostri comportamenti, conformati al vecchio modello di
cultura della sopraffazione e del dominio, soggiogati dal fascino della
politica come "esercitazione militare", subalterni alle categorie di
amico/nemico.
Perche' una cosa e' certa, per me: questo movimento potra' crescere e
proporsi di raggiungere obiettivi concreti solo se partira' da un
rovesciamento radicale del paradigma culturale violento che segna il nostro
linguaggio, le nostre abitudini mentali, i nostri comportamenti, il nostro
modo di percepire, concettualizzare e vivere i conflitti, in favore di una
forza, di un pensiero e di una politica finalmente alternativi, che non
lasciano spazio a strumentalizzazioni e infiltrazioni di sorta, che non sono
garantiti contro la repressione violenta ma possono concretamente
contenerla, bloccarla, metterla in crisi, come gia' e' avvenuto piu' volte,
in particolare nel nostro secolo cosi' intensamente violento: la forza, il
pensiero e la politica della nonviolenza attiva, da riprendere, da
approfondire, da mettere in pratica a partire da se', per trasformare,
insieme, la vita personale e collettiva.
Da qui, da questo rovesciamento e da questo nuovo punto di vista diventa
possibile ripensare creativamente anche i modi del comunicare e del
manifestare, per affrontare efficacemente le nuove sfide che ci stanno di
fronte.

3. RIFLESSIONE. ORESTE BENZI: DOPO GENOVA NON CADIAMO NELLA LOGICA DELLA
GUERRA
[Volentieri diffondiamo questa presa di posizone di don Oreste Benzi e dei
volontari dell'Associazione Papa Giovanni XXIII presenti a Genova. Per
contatti, e-mail: operazione.colomba at libero.it; sito:
www.peacelink.it/amici/apg23
Don Oreste Benzi, sacerdote cattolico, e' animatore della "Comunità Papa
Giovanni XXIII", infaticabile promotore di iniziative di pace e di
solidarietà. La Comunità ha attualmente 1.310 membri, è presente in 16
regioni italiane e in 13 stati esteri, ha prmosso 163 case-famiglia che
accolgono 551 minori e 350 adulti; 27 comunità terapeutiche per il recupero
di tossicodipenti che accolgono 450 giovani; 15 cooperative sociali in cui
sono inserite circa 300 persone con handicap o disagio; 8 case della
fraternità e 4 case di preghiera; l'azione della Comunità ha liberato circa
1.200 ragazze straniere dal racket della prostituzione. Ha promosso l'
«Operazione Colomba» di interposizione nonviolenta, condivisione e
riconciliazione in aree di conflitto. Pubblica il mensile "Sempre". Opere di
Oreste Benzi: di Oreste Benzi: Per la famiglia, Guaraldi, Rimini 1992;
Contro l'ovvio dei popoli, Guaraldi, Rimini 1992; Il meraviglioso dialogo
della vita, Esperienze, Fossano 1995; Dietro l'angolo. Gesù, Esperienze,
Fossano 1997; Con questa tonaca lisa, San Paolo, 1997; Una nuova schiavitù,
Paoline, Milano 1999]
In merito ai fatti di Genova del 20-21 scorsi, di cui siamo stati vittime e
testimoni, riteniamo di dover affermare l'estraneita' del Genoa Social Forum
(GSF) rispetto al movimento ed alle azioni del Black Block. Questi fatti
sono, ad esempio, i numerosi attacchi indiscriminati di chiara matrice
paramilitare che essi hanno operato contro i manifestanti pacifisti nelle
piazze e negli edifici del GSF causando numerosi feriti.
Vogliamo inoltre porre all'attenzione dell'opinione pubblica e delle
istituzioni alcuni interrogativi:
- come e' possibile che ventimila uomini (tra agenti e carabinieri) e gli
otto servizi segreti piu' efficienti del mondo, non sapessero dell'esistenza
e delle intenzioni dei circa duemila appartenenti al gruppo del Black Block,
nonostante le precise e circostanziate denuncie della provincia di Genova e
di molti cittadini che da parecchi giorni avevano indicato i luoghi dove
alloggiavano e si armavano?
- come mai le forze dell'ordine non sono intervenute per arrestarli e
disarmarli preventivamente?
- perche' le forze dell'ordine hanno effettuato cariche indiscriminate e
violenze gratuite ai danni  dei manifestanti pacifisti del GSF, tra cui
anziani e bambini, che con le mani alzate  denunciavano la loro identita'
nonviolenta?
- come hanno potuto i Black Block muoversi liberamente in una citta'
militarizzata con continui controlli a tappeto su ogni singolo cittadino?
Rispetto a quanto detto ed unitamente alle numerose testimonianze oculari,
chiediamo ai vertici competenti delle forze dell'ordine di far luce in modo
inequivocabile sulle inquietanti ipotesi di connivenze con i Black Block.
Riteniamo, inoltre, che ci sia stata una inammissibile leggerezza nella
gestione della situazione da parte degli esponenti del GSF, infatti le
dichiarazioni dei portavoce nei giorni 20 e 21 non hanno dato ai
manifestanti e all'opinione pubblica chiari segnali di condanna a qualsiasi
tipo di violenza, rischiando di creare il terreno per ulteriori disordini
nei giorni successivi. Tutto cio' ci porta ad un necessario percorso di
autocritica per gettare le basi di un nuovo forum sociale che scelga la
nonviolenza come unico ed inequivocabile metodo di lotta.
Riteniamo ingiustificabile per uno stato democratico l'assalto operato dalla
polizia allíinterno della scuola Diaz. Lo stesso luogo era stato assediato
il giorno 20 da 200 teppisti del Black Block che avevano tentato invano di
penetrare la struttura. Le immagini e gli effetti di questa operazione della
polizia sono, nella logica della violenza, sovrapponibili alle devastazioni
operate dal Black Block in varie parti di Genova.
Vorremmo, invece, ricordare come segno di speranza l'immagine di Luca, un
uomo in sedia a rotelle, che durante il sit-in nonviolento in piazza
Portello (uno dei varchi della zona rossa) riceve la bandana da un commosso
poliziotto che ci ringrazia per la testimonianza.
Non vogliamo cadere in una logica di guerra individuando nelle forze
dell'ordine il nemico, piuttosto vogliamo mantenere fermo lo sguardo sulle
motivazioni ed i contenuti che ci hanno portato a manifestare in occasione
del G8 a Genova, ricordando che non e' stato raggiunto nessun tipo di
accordo unitario rispetto al protocollo di Kyoto, all'annullamento totale
del debito dei paesi poveri ed all'allestimento di un adeguato fondo
economico per la lotta contro le grandi epidemie.
Concludiamo unendoci al dolore della famiglia e degli amici di Carlo.

4. RIFLESSIONE. PAOLO BARNARD: L'ERRORE STRATEGICO DEL GENOA SOCIAL FORUM
[Dal sito di "Nonluoghi" (www.nonluoghi.it) riprendiamo l'intervento diffuso
dal giornalista di Report Raitre, Paolo Barnard, poco dopo la notizia della
morte di Carlo Giuliani a Genova]
Come giornalista ho lavorato per anni ai temi cari al popolo di Seattle e
devo dire che c'e' stato un disastroso errore, storico e politico, nello
slogan "Voi G8, noi sei miliardi", e in tutta l'impostazione data alla
protesta dal Genoa Social Forum. I veri nemici dei poveri del mondo non
stavano arroccati all'interno della zona rossa di Genova, ma all'esterno,
per un'estensione pari a quella di Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna,
Canada, Giappone e Stati Uniti, e non sono otto politici potenti, ma 660
milioni di persone che pretendono uno standard di vita e risorse materiali
che non permetteranno mai ai miliardi di poveri di riscattarsi.
L'idea di sfondare la zona rossa come tana dei "responsabili" delle
ingiustizie globali e' stata percio' demagogica, e soprattutto ha creato una
tensione micidiale da cui sono scaturiti i tragici fatti di venerdi scorso,
su cui sicuramente gravano le responsabilita' fascistoidi delle forze
dell'ordine, ma anche quelle dei leader italiani del popolo di Seattle,
Vittorio Agnoletto e Luca Casarini in testa. Potevano e dovevano rettificare
quella inutile demagogia. Non l'hanno fatto e per questo il Gsf ha fatto
naufragare un movimento meraviglioso e meravigliosamente ben avviato
offrendogli come mezzo d'espressione lo strumento perdente e sepolto dalla
storia del grande corteo antagonista alla '77. Oggi, dopo la manifestazione
di Genova, cosa avremo in mano? L'attenzione dei media per alcuni giorni?
Qualche cittadino indignato che si mobilitera'? Un po' di agitazione in
parlamento? E sono questi i risultati con cui ottenere un consenso fra quei
660 milioni di benestanti occidentali, che, lo ripeto, sono la vera chiave
per dar speranza al Sud del mondo? Ma vi chiedo: quante manifestazioni
abbiamo fatto negli scorsi 30 anni e quanti dibattiti si sono accesi
all'indomani degli scontri di piazza? Quanta indignazione abbiamo suscitato?
E infine cosa abbiamo ottenuto con quei metodi? Il Terzo Mondo e' ancora
piu' affamato, le multinazionali sono ancora piu' libere, la polizia e'
sempre orrendamente repressiva. E noi siamo sempre poche migliaia senza
quell'ampio consenso popolare che ci occorre per fermare l'agonia dei
popoli.
Si', perche' se il Gsf avesse rinunciato a un po' di emozione e di
protagonismo in favore di un poco di pazienza e di umilta', avrebbe
abbandonato l'insignificante zona rossa a se stessa e si sarebbe rivolto ai
veri nemici della poverta' globale, e cioe' a noi cittadini benestanti, casa
per casa, ipermercato per ipermercato, discoteca per discoteca, scuola per
scuola, in tutta Italia per spiegare e convincere che il Neoliberismo ci
danneggia tutti, dal Mali al Canada, che non ci conviene.
Questo lavoro paziente era ed e' la prima strada per ottenere quel consenso
che e' l'unica cosa, oggi, che ancora sposta le montagne.
A Genova noi abbiamo perduto un'occasione, il giovane ucciso ha perduto
tutto. Chi continuera' a perdere saranno i poveri del mondo.

5. RIFLESSIONE. GIUSEPPE BRACALONI: CONSIDERAZIONI SUI FATTI DI GENOVA
[Ringraziamo Giuseppe Bracaloni per questo suo intervento. Giuseppe
Bracaloni e' il presidente dell'associazione di promozione sociale "Lotta
per la Vita"; per contatti, e-mail: presidenza at lottaperlavita.org]
Dopo aver visto le immagini trasmesse dai vari telegiornali relative alla
manifestazione per il G8 a Genova mi chiedo, e penso che molte persone se lo
chiedano, come sia stato possibile che giornalisti, operatori e quanti non
implicati in atti di vandalismo e guerriglia urbana siano stati feriti dalle
forze dell'ordine.
Prima ancora di vedere le immagini televisive con agenti in divisa che
parlavano con persone mascherate e che le stesse scendevano dai pulmini
delle stesse forze dell'ordine, non riuscivo a capire perche' tutti coloro
che mi raccontavano l'accaduto davano una visione totalmente differente
dalle notizie ufficiali. Fra gli altri racconti uno in particolare mi
lasciava perplesso e stupito: il racconto di un giovane che insieme a molti
altri (famiglie con bambini, sacerdoti, suore...) rifugiatisi sulle scale di
una chiesa sono stati provocati sia a gesti che a parole dalle forze
dell'ordine.
Il tutto rivisto e ricordato dopo la messa in onda di quasi tutte le
immagini disponibili mi ha fatto riflettere e collegare immagini e racconti;
vedere le forze dell'ordine marciare con passo cadenzato battendo con il
manganello sullo scudo mi ha fatto ricordare usi e costumi tribali che
servivano ad eccitarsi prima della battaglia.
Questo non significa la demonizzazione delle forze dell'ordine, ma deve
essere una base di riflessione su quanto accaduto affinche' non accada piu'.
Riteniamo che il gravoso impegno delle forze dell'ordine, alle quali e'
demandata la sicurezza pubblica e l'incolumita' delle persone, debba portare
soprattutto a che esse siano formate e addestrate alla nonviolenza, alla
tecnica della comunicazione ed al rispetto dei diversi.
Pur condividendo le idee di coloro che hanno manifestato in maniera civile e
pacifista non possiamo e non posso esimermi dall'esprimere il mio sdegno e
la disapprovazione di quanto accaduto a Genova da parte di una minoranza di
manifestanti, con azioni assurde anche da parte di settori delle forze
dell'ordine.
Cio' che e' accaduto certamente non aiuta i paesi poveri, perche' tutto cio'
ha distratto l'opinione pubblica mondiale dal problema reale; la poverta' e
la disuguaglianza sociale, lasciando spazio alla cronaca di giornate da
dimenticare.

6. ESPERIENZE. PEPPE SINI: LA NONVIOLENZA NEI CENTRI SOCIALI
Ho sempre trovato che attribuire ai centri sociali occupati autogestiti (per
abbreviare: csoa) un'etichetta di violenti a tutti i costi fosse una
colossale mistificazione.
Sicuramente in alcuni centri sociali prevalgono comportamenti irresponsabili
e ideologie ambigue, o peggio, sulla violenza (ideologie e comportamenti
spesso legati ad un modo semplificato di analizzare le questioni ed al
riprodursi, anche li' come in molti altri ambiti della societa', di culture
gerarchiche e militariste ed atteggiamenti viriloidi ed irrazionalisti), ma
non e' affatto sempre cosi'.
Porto un esempio personale: sono tra le persone che nel 1993 occuparono
un'area abbandonata di Viterbo (che diversi decenni fa era l'officina che
produceva il gas per l'illuminazione della citta') ed ho avuto l'onore e il
piacere di essere stato, povero vecchierello tra ragazzi di parecchi anni
piu' giovani di me, rappresentante delle istituzioni che partecipava ad
un'occupazione, il primo dei denunciati per quell'iniziativa; dico l'onore e
il piacere perche' il centro sociale occupato autogestito di Viterbo e' da
quasi un decennio uno dei luoghi piu' vivi ed umani e accoglienti della mia
citta'.
Nel centro sociale "Valle Faul" di Viterbo si e' svolta una approfondita
riflessione sulla violenza e sulla nonviolenza, riflessione che ha visto
prevalere la scelta della nonviolenza come convizione autentica di quanti
partecipano dell'esperienza di questo csoa. Merito, credo, anche del fatto
che soprattutto le donne impegnate in questa esperienza, ed egemoni nella
riflessione, vi hanno portato la saggezza, l'intelligenza, la concretezza e
la generosita' proprie delle culture femministe, e merito anche del fatto
che di questa esperienza partecipino anche persone molto anziane e bambini
molto piccoli.
Sta di fatto che questo centro sociale ha piu' volte organizzato nel corso
degli anni prolungati corsi di formazione alla nonviolenza (corsi non di
qualche ora o qualche giorno, ma in alcuni casi proseguiti per mesi con
decine di incontri ed esercitazioni: il primo training nonviolento si svolse
all'inizio stesso dell'occupazione); ed ha organizzato molte iniziative
tutte caratterizzate dalla scelta esplicita e cogente della nonviolenza come
metodo e come valore. Qui abbiamo sperimentato la scrittura collettiva sul
modello della scuola di Barbiana. Qui si e' organizzata la preparazione
dell'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace che nel 1999
per qualche ora contrasto' efficacemente il decollo dei bombardieri
stragisti di Aviano. Insieme abbiamo organizzato la campagna nonviolenta
contro la schiavitu'. Insieme abbiamo realizzato la protesta rigorosamente
nonviolenta ad un convegno a Viterbo di filonazisti. In questo centro
sociale si sono svolte numerose e straordinarie iniziative culturali,
sociali e politiche e si e' offerta ospitalita' a chiunque ne avesse
bisogno. Perche' il centro sociale, almeno quello di Viterbo, e' anche
questo: a tutti offrire accoglienza, un pasto, un tetto, il diritto di
parola e di ascolto.
Nei centri sociali la nonviolenza puo' ben essere quindi di casa: a Viterbo
essa e' convincimento profondo e sentire comune, esperienza concreta e
quotidiana; certo, molto spesso in altri centri sociali prevalgono invece
quelli che gridano piu' forte, prevalgono quelli che (talvolta senza
rendersene conto) riproducono l'autoritarismo, il militarismo, il
maschilismo, la violenza, la menzogna e l'ipocrisia piu' beceri. E tuttavia
in tutti i centri sociali la nonviolenza ha infinite occasioni, trova cuori
aperti all'invito, puo' divenire la base o "l'aggiunta" (per dirla con
Capitini) di una nuova cultura politica rivoluzionaria limpidamente
egualitaria, limpidamente liberatrice, limpidamente rispettosa della
dignita' di ogni essere umano.
Sarebbe bene che gli amici della nonviolenza lavorassero nei centri sociali;
contendessero in un dibattito esplicito ed intransigente ai confusi, ai
cialtroni ed ai violentisti l'egemonia; facessero conoscere a tutti i
frequentatori la ricchezza (la vastita', l'incompiutezza, la
sperimentalita', l'apertura) della nonviolenza come lotta e come
riflessione, come strategia e come progetto, come scelta morale ed azione
politica. Senza farne un dogma, senza farne un'ideologia (poiche' la
nonviolenza non e' ne' l'uno ne' l'altra, essa e', per dirla con Gandhi,
"adesione alla verita, forza della verita', storia di esperimenti con la
verita'": ovvero ricerca, lotta, solidarieta'.
Io credo, per personale esperienza, che nei centri sociali la nonviolenza
puo' molto crescere ed insieme farebbe maturare persone, le renderebbe piu'
limpide e piu' consapevoli, piu' responsabili e quindi migliori nell'agire e
nel discutere. E le doterebbe di strumenti ermeneutici ed operativi
assolutamente necessari in vista dei compiti morali e civili che a tutti
incombono.
I centri sociali sono uno straordinario laboratorio sociale, culturale e
politico; in molti dei migliori animatori e delle migliori animatrici di
essi la nonviolenza, seppur inconsciamente, e' gia' un valore radicato e una
pratica vissuta: perche' aver paura di dirlo? Perche' soggiacere a certe
grottesche caricaturali ideologie ed ai soliti leaderini che senza saperlo
fanno le scimmie di Sorel e gli epigoni di Dulcamara, gonfi di tracotanza e
retorica tanto intollerante e sciovinista quanto dereistica e subalterna, di
inquietante ipocrisia, di palese obnubilamento morale e intellettuale?
Ragioniamoci, e diamoci da fare.

7. RIFLESSIONE. CHRISTA WOLF: SE SMETTIAMO DI SPERARE
[Il breve brano seguente abbiamo estratto da un saggio di Christa Wolf
scritto per l'ottantesimo anniversario della nascita di Heinrich Boell; si
trova in Heinrich Boell, Christa Wolf, Fraternita' difficile, Edizioni e/o,
Roma1999, pp. 27-28.
Christa Wolf, nata nel 1929, è considerata la maggiore scrittrice tedesca
contemporanea; femminista e pacifista. Opere di Christa Wolf: segnaliamo
almeno Il cielo diviso, Edizioni e/o, poi Mondadori; Riflessioni su Christa
T., Mursia; Cassandra, Edizioni e/o; Premesse a Cassandra, Edizioni e/o.
Heinrich Böll è nato a Colonia nel 1917, testimone degli orrori del secolo,
uomo di tenace, intransigente impegno morale e civile. Premio Nobel per la
letteratura nel 1972. E' scomparso nel 1985. La sua bontà dovrebbe passare
in proverbio. Opere di Heinrich Böll: tra le opere di narrativa (che sono
sempre anche di testimonianza) più volte ristampate: Il treno era in orario
(Mondadori), Viandante, se giungi a Spa. (Mondadori), Dov'eri, Adamo?
(Bompiani), E non disse nemmeno una parola (Mondadori), Racconti umoristici
e satirici (Bompiani), Il nano e la bambola (Einaudi), Opinioni di un clown
(Mondadori), Foto di gruppo con signora (Einaudi), L'onore perduto di
Katharina Blum (Einaudi), Vai troppo spesso a Heidelberg (Einaudi), Assedio
preventivo (Einaudi), Il legato (Einaudi), La ferita (Einaudi), Donne con
paesaggio fluviale (Einaudi). Tra le raccolte di saggi e interventi: Rosa e
dinamite, Einaudi, Torino 1979; Lezioni francofortesi, Linea d'ombra, Milano
1990; Terreno minato, Bompiani, Milano 1990; Fraternità difficile, Edizioni
e/o, Roma 1999. Opere su Heinrich Böll: Italo Alighiero Chiusano, Heinrich
Böll, La Nuova Italia, Firenze 1974; Lucia Borghese, Invito alla lettura di
Böll, Mursia, Milano 1990]
Karoline von Guenderrode, una poetessa di origine renana come Heinrich
Boell, ha detto: "Se smettiamo di sperare, cio' che temiamo sicuramente
accadra'". Tra poco fanno duecento anni. Il fiato della speranza, quasi
strozzato a volte, attraversa i secoli. Non intendo una speranza sbiadita,
gracile, inerte. Intendo quella speranza insaziabile, insopprimibile,
urlante, di cui Boell scrive: "la speranza e' come una bestia selvaggia".
L'ho sentita nella gioia di vivere che sostiene tutta l'opera di Heinrich
Boell, nel suo umorismo, nel suo amore per l'umanita' e nella sua
inflessibilita'.

8. POESIA. CHRISTINA G. ROSSETTI: DE PROFUNDIS
[Questa poesia abbiamo ripreso dall'antologia di Christina G. Rossetti, Il
cielo e' lontano. Poesie 1947-1881, Rizzoli, Milano 1995, p. 293; la
traduzione dall'inglese e' di Giuliana Scudder (che ha curato il volume con
sicura perizia e penetrante finezza).
Christina Georgina Rossetti (1830-1894), figlia di Gabriele Rossetti e di
Frances Polidori, sorella di Dante Gabriele Rossetti, e' tra le piu' grandi
poetesse dell'Ottocento]

Perche' il cielo e' cosi' lontano
e la terra e' cosi' remota?
Non raggiungo neanche la stella piu' vicina
sospesa nell'aria.

Non ci tengo a raggiungere la luna,
cerchio di monotoni mutamenti,
ma persino lei ripete fuori portata
le sue armonie.

Non guardo mai i fuochi sparsi
delle stelle, ne' il lungo strascico del sole,
ma il cuore e' tutto un anelito,
ed e' invano.

Sono costretta in vincoli mortali,
gioia e bellezza non sono per me:
sforzo il cuore, tendo le mani
e mi aggrappo alla speranza.

9. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA HENRI DUNANT A HANS MAGNUS
ENZENSBERGER

* HENRI DUNANT
Profilo: filantropo e letterato svizzero (1828-1910), promotore delle
conferenze internazionali che portarono alla convenzione di Ginevra per i
feriti di guerra (22 agosto 1864) da cui sorse la Croce Rossa. In tarda età
fu insignito del Premio Nobel per la Pace nel 1901. Opere di Henri Dunant:
Un ricordo di Solferino (1862); La schiavitù nei paesi musulmani e negli
Stati Uniti d'America (1864); Fraternità e carità internazionale in tempo di
guerra (1865).

* FRIEDRICH DUERRENMATT
Profilo: narratore e drammaturgo svizzero (1921-1990). La sua opera
costituisce una cupa mediatazione (e anche: una straziata denuncia) dell'
orrore in cui e di cui viviamo. Opere di Friedrich Dürrenmatt: tra i suoi
lavori segnaliamo particolarmente il testo teatrale I fisici, Einaudi; ma
molte altre sue opere meritano di essere lette, a partire dai romanzi Il
giudice e il suo boia, e Il sospetto (Feltrinelli); la raccolta dei Racconti
(Feltrinelli); Einaudi e Garzanti hanno pubblicato altri suoi notevoli testi
narrativi e teatrali.

* GIUSEPPE D'URSO
Profilo: docente d'urbanistica, deceduto nel 1996. Alla sua morte, così lo
ricordò Riccardo Orioles: "Domenica 16, a Catania, e' morto il professor
Giuseppe D'Urso e questa è probabilmente l'unica pagina dell'unico giornale
che lo ricordi. Tuttavia e' un avvenimento storico: 16 giugno 1996, muore
Giuseppe D'Urso che sconfisse i mafiosi. E' stato il primo, in tutta Italia,
a dire cos'era veramente la mafia dei nostri tempi. Non un'escrescenza
criminale, non una patologia; ma il braccio armato, organizzato da molti
anni su basi ben precise, di una parte consistente della classe dirigente
siciliana e nazionale, quella inquadrata - negli ultimi decenni - dalle
massonerie deviate. Fu lui a postulare per primo, e a descrivere con
precisione, il legame organico fra mafie e massonerie, ad analizzarne le
strutture, a denunciarne la strategia. Tutti gli altri, vennero dopo. E
quando, faticosamente, il concetto di "massomafia" - il termine da lui
coniato nei primi anni Ottanta - divenne senso comune, allora e solo allora
la lotta ai poteri mafiosi pote' cominciare davvero. Andreotti, Licio Gelli,
i cavalieri catanesi ebbero nel suo cervello il nemico piu' pericoloso. Ci
fu maestro, a noi dei Siciliani. Nessun altro ebbe cosi' pienamente questo
onore, eccetto Giuseppe Fava. Nel 1982, prima ancora - anche qui, l'unico -
dei Siciliani egli gia' denunciava pubblicamente i cavalieri catanesi, i
magistrati al loro servizio, le servitu', gli affari. Era allora presidente
dell'Istituto Nazionale di Urbanistica e di questa prestigiosa posizione si
valse - oltre che per una notevole attivita' scientifica - per una
documentatissima battaglia civile. Nel gennaio dell'84, dopo l'assassinio di
Giuseppe Fava, raccolse l'appello dei giovani e si arruolò - non c'è altra
parola - nei Siciliani. Da quel momento, la sua vita fu indissolubilmente
legata alla nostra e la sua ragione e il suo cuore appartennero ai
Siciliani. Nell'autunno del 1984 fondò l'Associazione I Siciliani, di cui fu
il Presidente. Piccolo gruppo di militanti, l'Associazione si radicò
rapidamente ed acquistò peso ed influenza; insieme col Coordinamento
Antimafia di Palermo e col Centro Peppino Impastato, fu il primo esempio in
assoluto di politica militante, nell'Italia degli anni Ottanta, fuori dei
partiti. Oltre a D'Urso, l'Associazione poté contare su uomini come il
sacerdote Giuseppe Resca, il magistrato Scidà, il professor Franco Cazzola,
l'operaio Giampaolo Riatti ed altri ancora. Era la nuova classe dirigente,
quella che avrebbe potuto davvero cambiare tutto; finche' essa fu unita, non
passarono i gattopardi. Nel 1990, il professore fu fra i ventiquattro
fondatori della Rete, nata allora non come un partito ma come un movimento
unitario di liberazione. Egli ne organizzò i primi passi dal letto in cui
gia' era inchiodato, contribuendo come pochi altri alle sue prime vittorie.
In seguito, le ambizioni personali vi presero - per sventura del Paese, come
in tante altre occasioni - il sopravvento, e solo il coraggio individuale,
che non fu mai tradito da alcun siciliano, sopravvisse agl'ideali con cui
s'era partiti. Ma gia' allora, e non casualmente, egli ne era stato
emarginato. Gli ultimi anni, di lunga malattia, furono una feroce vendetta
della Fortuna invidiosa. Egli la sopporto' virilmente, ragionando fino
all'ultimo. Io ricordo una sera, quando una diagnosi dei medici gli dava
poche settimane di vita. Mi avvertì pacatamente che non avrebbe potuto, non
per sua colpa, far fronte ad alcuni impegni organizzativi predisposti. Me ne
espose il motivo. Mi dette cortesemente alcune istruzioni per continuare in
sua assenza. Il resto della serata fu speso in una conversazione su alcuni
punti controversi del pensiero di Benedetto Croce. "Addio, compagno! Per
buon tempo hai combattuto, e con onore/ Per la liberta' del popolo..." dice
un antico canto rivoluzionario. Giuseppe D'Urso, ingegnere, pensatore
illuminista e militante del popolo siciliano, ha combattuto come pochissimi
altri per il bene comune. La sua vita e' stata utile, il suo pensiero
fraterno; non ha sprecato un attimo della sua forte intelligenza; ha
vissuto. I suoi figli possono essere orgogliosi di lui, e orgoglioso chi gli
fu amico. Quando sarete liberi, voi della Sicilia e di tutt'Italia, quando
sarete dei cittadini, allora - e solo allora - portategli un fiore".

* ENRIQUE DUSSEL
Profilo: nato in Argentina nel 1934, ha studiato a Madrid, Parigi, Friburgo,
Magonza. Dottore in filosofia e teologia, è docente all'Università Nazionale
Autonoma del Messico. Impegnato per i diritti umani e dei popoli, nel 1975
in Argentina è sfuggito miracolosamente ad un attentato. Opere di Enrique
Dussel: segnaliamo particolarmente Etica comunitaria, Cittadella, Assisi
1988; (a cura di), La Chiesa in America Latina, Cittadella, Assisi 1992;
Storia della Chiesa in America Latina (1492-1992), Queriniana, Brescia 1992;
L'occultamento dell'«altro», La Piccola, Celleno 1993; Un Marx sconosciuto,
Manifestolibri, Roma 1999.

* BOB DYLAN
Profilo: Robert Zimmerman (il nome d'arte di Bob Dylan lo prenderà nel 1962
in onore del poeta Dylan Thomas) nasce nel Minnesota nel 1942, viaggia in
autostop, sente fortemente l'influenza di Woody Guthrie, nel 1962 incide il
primo LP e diviene il simbolo stesso della musica popolare di protesta.
Opere di Bob Dylan: i suoi primi tre album sono quelli che ancora ci toccano
di più, per la freschezza musicale, la potenza del linguaggio e delle
immagini, la carica antiautoritaria ed antimilitarista: Bob Dylan; The
freewheeling Bob Dylan; The times they are a-changin'. I testi delle sue
canzoni sono stati pubblicati in molti volumi, una buona edizione economica
(traduzione italiana non malvagia, testo originale a fronte) è costituita
dai due volumi di Blues, ballate e canzoni, e Canzoni d'amore e di protesta,
editi entrambi dalla Newton Compton, Roma 1972, e più volte ristampati.

* THEODOR EBERT
Profilo: nato a Stoccarda nel 1937, docente universitario, è probabilmente
il più rilevante studioso che si è occupato della Difesa Popolare
Nonviolenta. Opere di Theodor Ebert: segnaliamo almeno La Difesa Popolare
Nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984.

* UMBERTO ECO
Profilo: nato ad Alessandria nel 1932, docente universitario e saggista.
Opere di Umberto Eco: segnaliamo particolarmente Opera aperta, Apocalittici
e integrati, La struttura assente, Trattato di semiotica generale, Lector in
fabula, Semiotica e filosofia del linguaggio (Einaudi), I limiti dell'
interpretazione, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea
(Laterza), Cinque scritti morali, tutti editi presso Bompiani (ad eccezione
di quelli diversamente segnalati). Opere su Umberto Eco: AA. VV., Semiotica:
storia, teoria, interpretazione. Saggi intorno a Umberto Eco, Bompiani,
Milano 1992 (con una utile bibliografia di e su Eco).

* CLAUDIO ECONOMI
Profilo: impegnato nell'educazione alla pace. Opere di Claudio Economi:
Educare alla pace nella scuola (con Antonio Nannii), La Scuola, Brescia
1987; Didattica interculturale della storia (con Antonio Nanni), Emi,
Bologna 1997.

* ALBERT EINSTEIN
Profilo: Einstein (1879-1955) non è stato solo un grande uomo di scienza, ma
anche un uomo di pace. Opere di Albert Einstein: segnaliamo particolarmente
Pensieri degli anni difficili, Boringhieri; Come io vedo il mondo, Newton,
Roma; Pensieri, idee, opinioni, Newton, Roma; segnaliamo anche la raccolta
di brevi frammenti estratti da testi e discorsi occasionali Il lato umano,
Einaudi, Torino. Opere su Albert Einstein: Abraham Pais, Sottile è il
signore. La vita e la scienza di Albert Einstein, Boringhieri, Torino 1986;
Roberto Fieschi, Albert Einstein, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico
di Fiesole 1987: il volume contiene anche un'ampia antologia di scritti di
Einstein sui temi della pace e dei diritti umani.

* SERGEJ EJZENSTEJN
Profilo: Sergej Michajlovic Ejzenstejn nacque a riga nel 1898, e si spense
nel 1948. Regista cinematografico di cultura vastissima, uomo ardentemente
impegnato per la liberazione dell'umanità, è ad un tempo tra i fondatori ed
i vertici dell'arte cinematografica, cosicché di lui può dirsi ciò che
Leopardi scrisse di Omero, essere il primo e il principe dei poeti. Opere di
Sergej Ejzenstejn: dal punto di vista che qui più ci interessa, segnaliamo
ovviamente La corazzata Potëmkin e l'episodio di rivolta e repressione nell'
incompiuto ¡Que viva México!; il dittico realizzato della progettata
trilogia su Ivan il terribile è anche una descrizione corrusca del potere
come crimine. Per quanto riguarda l'opera teorica e didattica la casa
editrice Marsilio di Venezia sta procedendo alla pubblicazione in traduzione
italiana dell'opera omnia di Ejzenstejn. Opere su Sergej Ejzenstejn: per una
prima introduzione è ancora utile il volume di Aldo Grasso, Sergej M.
Ejzenstejn, Il Castoro Cinema. Cfr. anche l'agile profilo di Morando
Morandini, S. M. Eisenstein, C.E.I., Milano 1966.

* NORBERT ELIAS
Profilo: nato in Germania nel 1897 e deceduto ad Amsterdam nel 1990, è tra i
maggiori sociologi e storici contemporanei. Opere di Norbert Elias: La
società di corte; La solitudine del morente; Saggio sul tempo; Humana
conditio; Il processo di civilizzazione (di cui La civiltà delle buone
maniere è il primo volume, Potere e civiltà è il secondo); Sport e
aggressività; La società degli individui; Mozart; I tedeschi; La teoria dei
simboli: tutti editi in Italia dal Mulino. Opere su Norbert Elias: Simonetta
Tabboni, Norbert Elias: un ritratto intellettuale, Il Mulino, Bologna.

* IGNACIO ELLACURIA
Profilo: gesuita, eminente personalità dell'Università del Centro America a
San Salvador, impegnato per i diritti umani, assassinato dagli squadroni
della morte nel 1989. Opere su Ignacio Ellacuría: cfr. Jon Sobrino e i suoi
compagni dell'UCA, Il martirio dei gesuiti salvadoregni, La Piccola,
Celleno.

* GUGLIELMO ALDO ELLENA
Profilo: sacerdote salesiano, sociologo ed economista, docente
universitario, fondatore e direttore della rivista "Animazione sociale". E'
scomparso il 21 dicembre 1999. Opere di Guglielmo Aldo Ellena: (a cura di,
con Franco Demarchi), Dizionario di sociologia, Paoline, Cinisello Balsamo
1976; (a cura di), Manuale di animazione socioculturale, Edizioni Gruppo
Abele, Torino 1989.

* JACQUES ELLUL
Profilo: notissimo intellettuale protestante, nato nel 1912, docente di
diritto e sociologia, ha partecipato alla Resistenza. Autore di oltre
quaranta libri, di cui ben pochi tradotti in italiano. Opere di Jacques
Ellul: segnaliamo Anarchia e cristianesimo, Elèuthera, Milano 1993.

* KHADIJA ELMADMAD
Profilo: intellettuale marocchina, docente di diritto internazionale,
specialista in Diritto dei rifiugiati e migranti, consulente dell'Acnur e
del Comitato internazionale della Croce Rossa, presidente della Rete
Unitwin/Unesco sul tema delle migrazioni involontarie.

* MARCELLA EMILIANI
Profilo: giornalista, esperta sui problemi dell'Africa e del Medio Oriente.
Opere di Marcella Emiliani: ha pubblicato vari saggi in opere collettive,
tra cui: Africa come storia, Angeli, Milano 1980; La crisi del Medio
Oriente, Angeli, Milano 1984; Sud Africa. I conflitti dell'apartheid,
Editori Riuniti, Roma 1987.

* SERGIO ENDRIGO
Profilo: nato a Pola nel 1933, cantautore di temi sentimentali trattati con
fine delicatatezza, ma anche di temi sociali, nonché autore di canzoni per
bambini; ha collaborato con musicisti e poeti brasiliani come Chico Buarque
De Hollanda, Vinicius De Moraes, Toquinho.

* HANS MAGNUS ENZENSBERGER
Profilo: poeta e saggista tedesco, nato nel 1929. Ma anche: redattore
radiofonico, consulente editoriale, drammaturgo, romanziere, traduttore,
scrittore indipendente, direttore di una delle più citate riviste della
stagione generosa dell'impegno politico degli intellettuali: "Kursbuch". I
suoi testi più belli ereditano movenze e motivi brechtiani e francofortesi,
alcuni suoi antichi versi sono indimenticabili analisi politiche in toni
ironici e sapienziali ad un tempo. Opere di Hans Magnus Enzensberger: per la
poesia segnaliamo Poesie per chi non legge poesia, Feltrinelli; Mausoleum,
Einaudi; La fine del Titanic, Einaudi; La furia della caducità, SE; per la
saggistica: Questioni di dettaglio, Feltrinelli; Palaver, Einaudi; Politica
e terrore, Politica e gangsterismo, Savelli; Sulla piccola borghesia, Il
Saggiatore; In difesa della normalità, Mondadori; Dialoghi tra immortali,
morti e viventi, SE, poi Mondadori; La grande migrazione, Einaudi;
Prospettive sulla guerra civile, Einaudi. Segnaliamo inoltre due libri  ad
un tempo così anomali e così tipici dell'Enzensberger migliore, quello che
sa fare della citazione e del montaggio di materiali un uso creativo e
disvelatore: Colloqui con Marx e Engels, Einaudi; La breve estate dell'
anarchia, Feltrinelli.

10. LETTURE. LA GLOBALIZZAZIONE DAL BASSO DI MARIO PIANTA
Raccomandiamo il recente volume di Mario Pianta, La globalizzazione dal
basso. Economia mondiale e movimenti sociali, Manifestolibri, Roma 2001, 192
pp. per 25.000 lire.
Il libro si compone di un ampio saggio dell'autore, arricchito da una
bibliografia cospicua (e da un opportuno elenco di siti), e da un'appendice
documentaria che reca quattro importanti serie didocumenti della
"globalizzazione dal basso": i documenti delle Assemblee dell'Onu dei popoli
(Perugia, 1995-1999), i documenti del controvertice di Seattle (1999), la
dichiarazione del Millenium Forum delle Organizzazioni non governative
(2000), il documento finale del World Social Forum di Porto Alegre (2001).
L'autore e' nato ad Asti nel 1956, economista, ricercatore CNR, docente
universitario di politica economica, impegnato nel movimento per la pace,
collalbora al quotidiano "Il manifesto". Opere di Mario Pianta: Stati Uniti:
il declino di un impero tecnologico, Edizioni Lavoro, Roma 1988; (a cura
di), L'economia globale, Edizioni Lavoro, Roma 1989; (con Giulio Perani), L'
industria militare in Italia, Edizioni Associate, Roma 1989; (a cura di),
Jesse Jackson. La politica dell'arcobaleno, Datanews, Roma 1989; (con
Alberto Castagnola), La riconversione dell'industria militare, ECP, S.
Domenico di Fiesole 1990; (con altri), Tecnologia, crescita e occupazione,
1998; Globalizzazione dal basso, Manifestolibri, Roma 2001.

11. LETTURE. DESMOND TUTU RACCONTA L'ESPERIENZA DELLA COMMISSIONE PER LA
VERITA' E LA RICONCILIAZIONE SUDAFRICANA
Segnaliamo ai nostri interlocutori questo importante libro di Desmond Tutu,
Non c'e' futuro senza perdono, Feltrinelli, Milano 2001, in cui l'autore,
premio Nobel per la pace nel 1984, racconta ed analizza l'esperienza della
"Commissione per la verita' e la riconciliazione" in Sudafrica, da lui
presieduta, che costituisce un'esperienza rilevantissima sotto il profilo
morale, giuridico e politico (alcuni materiali di questa esperienza sono
stati publbicati in Marcello Flores (a cura di), Verita' senza vendetta,
Manifestolibri, Roma 1999; in Italia vari studiosi hanno approfondito la
proposta e i temi scaturiti dal lavoro della commissione e vi sono gia'
alcune altre significative pubblicazioni al riguardo). Dovremo tornare a
parlarne approfonditamente.

12. LETTURE. UN LIBRO DI WOLFGANG SOFSKY DA LEGGERE E DISCUTERE A FONDO
Questa raccolta di articoli di Wolfgang Sofsky, Il paradiso della crudelta'.
Dodici saggi sul lato oscuro dell'uomo, Einaudi, Torino 2001, si compone di
dodici articoli per un totale di poco piu' che cento paginette, si sarebbe
dunque tentati di sottovalutarlo.
Invece poi cominci a leggere, e superato il fastidio per certe parti deboli
ed eccessivamente arabescate, il libro cresce e ti chiede un confronto
serio, una riflessione e discussione approfondita sui temi radicali e
terribili che pone.
Sofsky, nato in Kaiserlautern in Germania nel 1952, e' docente di sociologia
all'universita' di Gottinga, ha gia' pubblicato in Italia, presso Laterza
nel 1995, L'ordine del terrore, una monografia sui campi di concentramento;
e per Einaudi nel 1998, un Saggio sulla violenza, che raccoglie una serie di
lezioni da lui tenute a Gottinga nel 1995.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ;
angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 178 del 26 luglio 2001