da repubblica del 25\07\01



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Bolzaneto, gli avvocati accusano
"In quella caserma anche torture"

Molte testimonianze di violenze nella stazione della celere alla periferia
di Genova
il caso

ANAIS GINORI

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Nella caserma della celere di Bolzaneto, periferia popolare di Genova, sono
stati portati quasi tutti i manifestanti fermati dalla polizia durante gli
scontri di venerdì e sabato. Dopo qualche ora, gli arrestati venivano
eventualmente trasferiti nelle carceri di Pavia o Alessandria. Bolzaneto è
stato il carcere speciale del G8. Si è trasformato in «un centro degli
orrori» secondo molte testimonianze raccolte dagli avvocati del Genoa Social
Forum. «Abbiamo le prove che in quella caserma ci sono state sistematiche
torture fisiche e psicologiche» è la loro denuncia. Dario Rossi, uno dei
legali che sta preparando il libro bianco sulle violenze di Genova, precisa:
«Su questo centro ci sarà una specifica causa collettiva per lesioni gravi».
La caserma di Bolzaneto è la sede del reparto mobile di Genova che ha
eseguito anche il blitz nella scuola Diaz sabato notte. Nel centro sono
passati gran parte dei 280 arrestati durante il G8. Qui i manifestanti
fermati venivano identificati prima di essere portati in prigione. «Per
alcuni, la sedicente procedura di identificazione è durata anche 15 ore»
dicono gli avvocati.
«Notte da incubo a Bolzaneto» ha titolato ieri Le Monde. Vincent, militante
del movimento francese Aarrg, ha raccontato al quotidiano: «Sono arrivato in
questo deposito verso le 19 di sabato. C'erano decine di manifestanti.
Sentivo ragazzi urlare. Alcuni infermieri portavano del ghiaccio per evitare
gli ematomi. Uno dei poliziotti mi ha detto: "Vieni piccola merda di
francese! Ti farò soffrire"». Vincent ha dodici punti di sutura sul cranio,
il viso tumefatto. «Appena osavo urlare mi infierivano un colpo ancora più
forte. Poi mi hanno fatto salire al primo piano e sono stato costretto a
marciare in mezzo a due file di poliziotti che mi manganellavano». Verso le
3 del mattino, il ragazzo è stato rilasciato in autostrada, dopo aver dovuto
firmare una dichiarazione di uscita con un falso orario: 23.30. Tutti i suoi
documenti, i soldi e le carte di credito sono stati sequestrati. «Difficile
immaginare tali comportamenti polizieschi in un paese dell'Unione europea»
nota Le Monde.
Le violenze nella caserma di Bolzaneto sono state confermate da molti dei
primi detenuti rilasciati domenica dal carcere di Alessandria. «Dopo una
giornata da Auschwitz, a Bolzaneto, siamo finalmente arrivati nel paradiso
del carcere» ha detto un ragazzo di Napoli. Due manifestanti spagnoli hanno
riferito pesanti torture al quotidiano El Paìs. «Calci e manganellate mentre
dovevamo sfilare tra i poliziotti» hanno raccontato Adolfo Sesma e Luis
Alberto Lorente, di Saragozza. «Ci hanno anche accusato di aver ucciso un
agente: è stata una vera tortura psicologica pensare che potevamo essere
anche incolpati di un omicidio».
A Bolzaneto sono passati i militanti arrestati durante il blitz nella scuola
Diaz. Laura Tartarini, avvocato di Genova, aggiunge: «Molte ragazze sono
state minacciate di stupro». Gilberto Pagani partecipa alla squadra legale
del Gsf e assiste alcuni di questi fermati. Anche lui ha raccolto numerose
testimonianze sulle violenze subite nella caserma. «Presenteremo denuncia ma
siamo certi dice che la Procura di Genova aprirà un procedimento d'ufficio
per lesioni gravissime volontarie».

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"Pestandoci
inneggiavano
a Pinochet"

la testimonianza



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Evandro Fornasier, torinese, 39 anni, impiegato di banca e laureato in
psicologia, è stato trasferito nella caserma di Bolzaneto sabato pomeriggio
dopo essere stato fermato assieme a un gruppo di manifestanti dispersi dai
lacrimogeni. Ecco il suo racconto: «Siamo stati uno ad uno scaraventati giù
dal pullman in mezzo ad un gruppo di poliziotti che ci infierivano colpi di
vario genere. Siamo stati tutti messi in grandi stanzoni in piedi con la
faccia contro il muro, le gambe divaricate e le mani alzate. Per circa 15
ore siamo rimasti così. A turno entravano militari a usarci violenze di
vario genere: sbatterci la testa contro il muro, calci sui testicoli,
schiaffi, colpi al torace, gas urticante in faccia. E insulti continui:
"comunisti di merda, froci" oppure "perché non chiamate Bertinotti o Manu
Chao? Adesso, per cinque anni sono cazzi vostri". Ci facevano sentire con le
suonerie dei cellulari "Faccetta nera", ci hanno cantato una litania che ho
memorizzato: "uno due tre, viva Pinochet, quattro cinque sei, a morte gli
ebrei, sette otto nove, il negretto non commuove, siegheil apartheid. Nello
stanzone veniva buttato gas lacrimogeno in piccoli quantitativi. Al mattino,
siamo stati portati, ammanettati due a due, al carcere di Alessandria.
All'arrivo siamo stati tutti picchiati e manganellati come "di prassi"
dicendoci "se fate i bravi non vi tocchiamo più". In tarda serata io ed
altri siamo stati rilasciati per mancata convalida dell'arresto».
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