DIRITTO D'AUTORE, LUCRO E PROFITTO



RICHIESTA DI RETTIFICA - Webzine ZeusNews - http://www.zeusnews.com

Carissimi amici di ZeusNews,

Nel numero 094 del 12 maggio 2000 avete scritto:

>Copiare software e' dunque illegale, e la BSA non ha mancato di ribadirlo
>anche in questa occasione, perche' "la giustizia non deve solo punire chi
>commette un reato, ma anche istruire perche' non si violi la legge".

Anche una webzine come zeusnews ha il dovere di istruire, possibilmente non facendo da amplificatore alle interpretazioni di parte della legge che la BSA ha recentemente dato in pasto ai giornali per una colossale opera di disinformazione.

E' come se l'associazione macellai dichiarasse che e' legale pesare tre etti di carta sulla bilancia assieme alla carne.

I comunicati e le dichiarazioni di BSA non sono affatto "istruttivi", ma sono l'interpretazione di parte della legge ad opera di una associazione di categoria. In merito alla diatriba sullo "scopo di lucro", mi permetto di segnalare alcuni fatti, in modo che i lettori della vostra Webzine possano distinguere i fatti realmente accaduti e le opinioni soggetttive di BSA.

Primo fatto: la recente sentenza di assoluzione NON E' la prima in assoluto. E' la prima sentenza di cui si e' accorta la stampa italiana.

Ci sono altri due illustri precedenti:

A - Il 26 novembre 1996 il giudice Massimo Deplano, dela pretura circondariale di Cagliari assolve una ditta privata che installa lo stesso programma su tre computer differenti. Il giudice, specifica chiaramente che non basta il "risparmio che deriva dal mancato acquisto" per poter parlare di azioni effettuate a scopo di lucro.

B - Il 21/1/2000 il tribunale di Taranto assolve Giovanni Pugliese, segretario dell'associazione di volontariato dell'informazione "PeaceLink", chiudendo un percorso giudiziario iniziato nel 1994 con il sequestro del computer di Pugliese da parte della Guardia di Finanza.

La perizia effettuata sul computer di Pugliese aveva rilevato la presenza di un programma privo di licenza d'uso, il Word 6 della Microsoft, adibito ad uso personale per le attivita' interne dell'associazione. Cio' nonostante, il 21 gennaio 2000 Giovanni Pugliese e' assolto in quanto la sua attivita' non rivestiva scopo di lucro.

Secondo fatto: Si sta cercando di modificare la legge sul diritto d'autore in modo che in futuro anche la copia ad uso personale diventi penalmente perseguibile. In sintesi, si vuole fare in modo che una stessa legge, con gli stessi anni di galera e gli stessi milioni di multa, si applichi indistintamente sia ad un ragazzo che copia ad uso personale un programma prestato da un amico, sia a chi produce e distribuisce su larga scala programmi protetti dal diritto d'autore. Questa modifica, ovviamente, e' appoggiata dalla stessa BSA, che vuole eliminare ogni ambiguita' nell'interpretazione della legge.

Per un maggiore approfondimento delle tematiche relative al diritto d'autore sul software allego a questo messaggio un estratto del libro "Italian Crackdown", da me pubblicato per le edizioni Apogeo. Questa segnalazione non ha nessuna intenzione pubblicitaria, dal momento che il libro e' disponibile integralmente in rete all'indirizzo http://www.olografix.org/gubi/estate.

Vi auguro buon Lavoro e vi faccio i complimenti per il vostro bollettino telematico.

Carlo Gubitosa - Associazione Peacelink
<c.gubitosa at peacelink.it>

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Nelle interpretazioni più restrittive della legge sui "computer crime", infatti, anche il risparmio dovuto al mancato acquisto di un programma copiato da un amico è da considerarsi lucro, al pari della vendita di 500 copie pirata di un programma commerciale.

È questa ovviamente anche la scuola di pensiero BSA, che provvede a "catechizzare" tutti gli operatori del settore diffondendo opuscoli e materiale informativo con i quali si risparmia agli utenti la fatica di interpretare le leggi, fornendo risposte già preconfezionate ai dubbi legittimi che possono nascere dalle diverse chiavi di lettura delle leggi sui crimini informatici.

BSA si sostituisce ai magistrati nell’interpretazione delle leggi, pretendendo di trasformare in giurisprudenza quella che in realtà è solo l’interpretazione restrittiva e di parte di una categoria commerciale, che tra l’altro è la categoria maggiormente interessata a una applicazione rigida della legge in questione.

Sono tanti i dubbi amletici risolti da BSA: un insegnante, che copia un programma a scopo didattico e dimostrativo per utilizzarlo nel suo laboratorio di informatica, è soggetto a conseguenze penali? In fin dei conti non è lui a beneficiare di un risparmio dovuto a un mancato acquisto, ma il suo istituto didattico, il provveditorato, il ministero della pubblica istruzione: in ultima analisi lo stato italiano. Inoltre ci si può chiedere se basta acquistare una sola copia del programma e installarla su tutti i computer dell’istituto, oppure bisogna acquistare una copia per ogni computer presente all’interno del laboratorio.

In un opuscolo BSA dal titolo La pirateria del software - BSA risponde, distribuito anche in formato elettronico sul circuito dei BBS italiani, questi interrogativi vengono risolti, specificando che: "Qualunque duplicazione non autorizzata è vietata. A ogni installazione deve corrispondere una licenza d’uso (singola o multipla). È indipendente che il software sia utilizzato solo per scopi dimostrativi o meno. Inoltre lo scopo di lucro è insito nel risparmio che deriva del mancato acquisto e non dalla finalità dell’istituto o dell’utilizzo che viene fatto del prodotto."

Lo stesso discorso è quindi facilmente estendibile a tutte le associazioni, i gruppi di volon-tariato, le organizzazioni umanitarie, gli enti senza animo di lucro e tutti gli organismi del terzo settore che in moltissimi casi pratici effettuano copie di programmi o sistemi operativi per uso interno, e che sono pertanto perseguibili dalla legge, secondo quanto afferma la Business Software Alliance, pur non causando lucro o risparmio economico a nessuna persona fisica ma a organizzazioni di pubblica utilità. È strano come in Italia venga assolto chi ruba per il proprio partito ma non chi copia un programma per la propria associazione.

Lucro e profitto: la sentenza di Cagliari

L’interpretazione data da BSA allo "scopo di lucro" viene clamorosamente smentita il 26 novembre 1996. La pretura circondariale di Cagliari emette una sentenza destinata a passare alla storia: copiare software non è reato, almeno per quanto riguarda il caso esaminato dal giudice Massimo Deplano. La parte in causa non è una scuola, ma una ditta privata che installa lo stesso programma su tre computer differenti. Il giudice, contrariamente alle affermazioni dell’opuscolo BSA, specifica chiaramente che non basta il "risparmio che deriva dal mancato acquisto" per poter parlare di azioni effettuate a scopo di lucro.

Il reato contestato riguarda il famigerato articolo 171 bis della legge 633/41 e la duplicazione a fini di lucro del pacchetto Microsoft Office, comprendente i programmi Word, Excel, Access, Schedule e Powerpoint. I fatti in esame si riferiscono a un sequestro effettuato all’interno di una ditta il 16 settembre dello stesso anno dal Nucleo Regionale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, nel quale vengono rinvenuti tre personal computer, ma una sola licenza d’uso. Da qui la deduzione di duplicazione illecita dei programmi sugli altri due elaboratori. È interessante esaminare in dettaglio il testo della sentenza emessa.

Il magistrato ritiene doveroso rilevare che, sulla scorta degli atti allegati alla richiesta, dev’essere pronunciata immediatamente, ex art. 129 c.p.p., sentenza di assoluzione di XXXXXXX poiché il fatto contestatole non costituisce reato per mancanza del fine di lucro richiesto nella fattispecie in esame per la punibilità della condotta tenuta (...).

Nella sentenza si legge anche che la duplicazione e la detenzione acquistano rilievo penale in quanto finalizzate rispettivamente al lucro e alla commercializzazione. Tali condotte sono pertanto sanzionate solo se sorrette dal dolo specifico indicato. In particolare deve ritenersi che, di per sé, la duplicazione del programma non solo non assurge in alcun modo a fatto penalmente rilevante, ma è senza dubbio consentita dalla normativa attuale in tema di diritto d’autore.

Deplano sostiene questa affermazione con argomenti ben precisi: Ciò si ricava in primo luogo dall’art. 5 D.LGS. n. 518/92 che, nell’introdurre l’art. 64 ter della L. n. 633/1941, al secondo comma dello stesso, non consente che si imponga al compratore il divieto di effettuare una copia di riserva del programma stesso. Ma ancor meglio si evince dall’articolo 68 della L. 633/1941 che permette, e anzi indica come libera, la riproduzione di singole opere o loro parti per uso personale dei lettori (rectius fruitori) con il limite del divieto di spaccio al pubblico di tali beni onde logicamente evitare la lesione dei diritti di utilizzazione economica spettanti al titolare del diritto sull’opera. Si può pertanto escludere che violi la fattispecie citata il soggetto, pubblico o privato, che detenga per utilizzarla una copia abusivamente duplicata del programma. L’elemento che rende invece penalmente illecita la duplicazione è dato dal fine di lucro, dalla volontà diretta specificamente a lucrare dalla riproduzione. Deve infatti garantirsi al titolare dei diritti sull’opera il vantaggio esclusivo di mettere in commercio il programma, e quindi di lucrarvi ( articolo 17 Legge sul diritto d’autore ) senza dover patire e subire danni da illecite concorrenze.

È interessante anche leggere il parere del magistrato riguardo alla differenza tra lucro e profitto: Invero il fine di lucro connota tutte le fattispecie focalizzate dall’art. 171 bis, ma il suo significato dev’essere chiarito. Il termine lucro indica esclusivamente un guadagno patrimoniale ossia un accrescimento patrimoniale consistente nell’acquisizione di uno o più beni; esso non coincide in linea di principio con il termine profitto, che ha un significato ben più ampio. Il profitto può implicare sia il lucro, quindi l’accrescimento effettivo della sfera patrimoniale, sia la mancata perdita patrimoniale, ossia il depauperamento dei beni di un soggetto. In altri termini nel profitto può rientrare anche la mancata spesa che un soggetto dovrebbe, per ipotesi, affrontare per ottenere un bene.

Il lucro costituisce solo ed esclusivamente l’accrescimento positivo del patrimonio; il profitto anche la sola non diminuzione dello stesso. Alla luce di quanto riportato si può concludere sostenendo che XXXXXXX, che svolgeva attività relativa ad accertamenti catastali su immobili (come si legge dal verbale che indica che nella sua banca dati v’erano migliaia di misure catastali) nel duplicare le copie del programma "Office" della Microsoft e con l’utilizzarle esclusivamente per la sua attività non era mossa da fini di lucro, ma eventualmente di profitto, consistente nell’evitare la spesa necessaria ad acquistare le altre due copie del programma, e pertanto non ha violato la fattispecie contenuta nella norma incriminatrice, perché nella condotta dalla stessa tenuta non è ravvisabile il fine di lucro. XXXXXXXXX dev’essere assolta perché il fatto non costituisce reato, ferma restando la sua responsabilità sotto altri profili diversi da quello penalistico.

Il 18 marzo 1999 un comunicato di Alcei - Electronic Frontiers Italy scuote ancora una volta il mondo della telematica sociale: quando si credeva di aver toccato il fondo, una nuova iniziativa dei nostri parlamentari dimostra che al peggio non c’è mai fine.


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From: alcei at alcei.it
To: alcei at olografix.org
Date: Thu, 18 Mar 1999 10:12:44 +0100
Subject: Comunicato 5/99 ALCEI - EFI

Modifiche ingiuste e incivili alla legge sul diritto d’autore

E’ in discussione in Parlamento una modifica della legge 633/41 ("Legge sul diritto d’autore") che inasprisce gravemente il contenuto delle norme vigenti. (Il testo e’ reperibile sul sito di ALCEI)

La stortura piu’ evidente (ma non l’unica) e’ la sostituzione nell’art. 171 bis (che sanziona penalmente la duplicazione di software) della dizione "fine di lucro" con quella "per trarne profitto". Questo significa che e’ penalmente perseguibile non solo il commercio, ma anche il semplice possesso di software non registrato.

Recenti sentenze hanno affermato che la dupli-cazione di software e’ penalmente rilevante solo se fatta a scopo di lucro, cioe’ per ottenere un guadagno economico derivante dalla duplicazione (in pratica: vendere copie). In assenza di questo requisito, la duplicazione non autorizzata e’ una semplice violazione contrattuale o extra-contrattuale: quindi e’ materia di competenza civile e va risolta come contesa fra le "parti". La modifica proposta elimina questa distinzione e trasforma in illecito penale (perseguibile d’ufficio) qualsiasi tipo di duplicazione.

In questo modo non solo perdura, ma viene rafforzato un equivoco culturale e giuridico: considerare come reato quella che in realta’ e’ solo una violazione civilistica – che dovrebbe tutt’al piu’ dar luogo a un risarcimento in denaro. E’ assolutamente inaccettabile che un cittadino, per il semplice possesso di un programma non registrato, rischi da due a otto anni di carcere, quando l’omicidio colposo plurimo puo’ essere punito anche solo con sei mesi di reclusione. Questo e’ solo un esempio degli obbrobri giuridici contenuti nel testo attualmente in discussione nei rami del Parlamento, e auspichiamo – mettendoci a disposizione di chiunque voglia approfondire il tema – che non si vari una legge dai contenuti illiberali, incivili e vessatori.

Un’analisi piu’ approfondita e’ disponibile sul sito ALCEI.

Comunicato 5/99 ALCEI - EFI

ALCEI - http://www.alcei.it
alcei at alcei.it

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Come risulta chiaro da questo comunicato, la modifica proposta è tutt’altro che casuale: poiché la sentenza di Cagliari (distinguendo tra lucro e profitto) ha di fatto affermato che comprare una sola copia di Office installandola su tre computer differenti non può essere definita azione "a scopo di lucro" si sta cercando di eliminare ogni dubbio, estendendo le multe e gli anni di reclusione già previsti dalla versione attuale della legge anche a chi copia programmi "per trarne profitto", vale a dire unicamente per uso personale. Di fronte a questa nuova subdola forma di repressione è necessaria una reazione secca e immediata. Questa nuova mossa legislativa, che ha tutto il sapore della censura, mette a rischio la nostra libertà, una buona fetta della nostra democrazia e il futuro di tutte le comunità virtuali italiane.




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