l'obbedienza a Bill Gates e' una virtu'?



L'obbedienza (alla Microsoft) non è più una virtù

Può un pacifista usare gli stessi programmi per computer di un generale
della Nato?
Immaginiamoci la scena: tutti e due che stanno usando Word per scrivere
articoli e Outlook per scambiare posta elettronica. Non c'è nessuna
differenza nei mezzi, cambiano solo le parole. Si potrebbe pensare che
finalmente un pacifista ha accesso alla tecnologia dei militari e che può
andare orgoglioso di gareggiare ad "armi pari" (ovviamente parliamo di armi
non violente e digitali).
Stiamo aprendo di colpo una potenziale discussione che non può essere
contenuta e semplificata in uno spazio ristretto. Ma l'occasione ci è data
dalla condanna per monopolio che Bill Gates - fondatore e presidente della
Microsoft - si è beccato di recente. L'uomo più ricco del mondo, che è
sgradito agli stessi capitalisti perché "monopolista", può essere gradito a
noi che leggiamo Mosaico di Pace? Possiamo preferire i suoi software? Ci
sono insomma tutti gli ingredienti per scelte di "consumo critico"
alternative, aggiungendo un nuovo capitolo all'ottima "Guida al consumo
critico" realizzata dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo.
Ma Bill Gates - dopo la condanna - si appella ora proprio ai consumatori
per ottenere la rivincita: "Sarebbe bello - afferma - poter chiedere a ogni
consumatore del mondo se, in ultima analisi, programmi come Windows o
Internet Explorer hanno davvero apportato dei benefici e se hanno
effettivamente reso più facile l'utilizzo di Internet. Se la risposta
collettiva, come credo, fosse sì, questo basterebbe a rendere giustizia di
quanto fatto finora dalla nostra azienza".
Facciamo un passo indietro. Bill Gates aveva tentato di tagliare la strada
ad Internet creando a metà degli anni novanta un network telematico
privato, Microsoft Network. Il progetto aveva dalla sua parte la forza di
un 90% di computer già potenzialmente predisposti in quanto dotati di
Windows. Ma non ce la fece a sradicare gli utenti da Internet e a
dirottarli verso la sua rete privata. Ora accampa il merito di aver fatto
crescere Internet: "Credo che i nostri sforzi per sviluppare versioni
innovative del sistema operativo Windows e di altre nuove tecnologie
abbiano contribuito alla crescita di Internet (…) La causa del governo
americano si basa sul presupposto che Microsoft non debba avere la
possibilità di sviluppare versioni di Windows con funzionalità Internet".
Bill Gates rivendica "il diritto di integrare funzionalità Internet in
Windows a vantaggio dei consumatori". Il punto è che - dopo aver fallito
nel progetto di sostituire Internet con un proprio network privato - Bill
Gates cerca ora di dominare "dentro Internet" con una serie di astuzie
tecniche (basate su copyright) che possono portare al suo monopolio sulla
rete. Questo sarebbe la fine della caratteristica originaria e libertaria
della telematica, che è nata su standard tecnici non privati (basati su
copyright) ma pubblici. Ed ecco la risposta alla domanda iniziale: noi
pacifisti possiamo usare i programmi che vogliamo, ma alla fine dobbiamo
scambiarci informazioni e files basati su standard pubblici e non privati.
Non possiamo tollerare che le nostre informazioni possano essere lette sono
da chi ha i programmi di Bill Gates. Troppo spesso invece ci scambiamo file
Word imponendo agli altri di usare (o comprare…) l'ultima versione di
Microsoft Word o messaggi Outlook impostati graficamente in modo tale che
sono di difficile lettura per chi non usa Outlook (della Microsoft). Troppo
spesso noi utenti e consumatori facciamo le scelte tecniche gradite a Bill
Gates ma dannose per il futuro dell'informatica intesa come spazio pubblico
e non privato. Perché non avviare una guida al consumo critico anche nelle
nostre scelte informatiche? Ad esempio dovremmo imparare a salvare i nostri
file di testo anche in RTF (Rich Text Format, formato universale non legato
ad alcuna multinazionale) per scambiarli con chi ha programmi diversi dal
nostro. Basta imparare a cliccare con il mouse in modo diverso dal solito.
Occorre imparare ad essere divergenti anche nell'uso del mouse. Abbiamo
lasciato alle spalle - nella scuola - la cultura umanistica senza radicarla
in quella tecnica. Nella scuola non si insegna più informatica ma si
imparano ad usare i programmi della Microsoft, come se quella fosse la
cultura del futuro. Come se la scienza informatica e una multinazionale
fossero la stessa cosa. E' il pensiero unico spostato dall'economia alla
tastiera. Ma un futuro di libertà deriva anche da come clicchiamo con il
mouse, da come costruiamo alternative tecniche e non solo dalle parole che
scriviamo con l'unica tecnologia. Sull'eco di don Milani oggi possiamo
aggiungere: l'obbedienza alla Microsoft non è più una virtù.

Alessandro Marescotti
a.marescotti at peacelink.it

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Tutte le citazioni di Bill Gates sono tratte dal suo "editoriale", scritto
per "la Repubblica" di oggi e privo di ogni contro-editoriale, replica o
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