[Latina] Fwd: La solidarietà è la più bella qualità dell’essere umano - richiesta del MST di inviare un messaggio a sostegno di Henrique Pizzolato



 

Cari amici/amiche dell’Italia

Voi state certamente seguendo il processo politico che la Giustizia brasiliana sta muovendo al cittadino italo-brasiliano  Henrique Pizolatto  per estradarlo dall’Italia al Brasile.
Pizzolato è stato vittima di un processo politico che aveva l’intenzione di mettere sotto accusa i politici brasiliani. Tuttavia, noi dei movimenti sociali brasiliani siamo testimoni che il processo non ha garantito la libertà di difesa e che Pizzolato non ha commesso nessun crimine. Pizzolato è stato dirigente sindacale dei Bancari e presidente della CUT dello stato del Parana. E tutte le sue decisioni al Banco do Brasil erano assunte collegialmente, cosa della quale il potere giudiziario non ha mai voluto prendere atto. Pertanto è stata una ingiustizia la condanna a 12 anni di prigione in Brasile. E per questo riteniamo giusta la sua decisione di vivere in Italia.
In ottobre la giustizia italiana ha permesso che lui restasse, ma l’11 febbraio, alla Corte di appello di Roma, il potere giudiziario ha ottenuto la revoca della decisione precedente e il mandato di espulsione. E Pizzolato è stato nuovamente arrestato.
Ora solo il Ministro della Giustizia italiano può decidere e ha solo 20 giorni per fare questo, deve farlo entro il 3 marzo.
(Guardate l’annesso appello di Pizzolato).
Per questo, dal Brasile, chiediamo che scriviate al Ministro della Giustizia italiano manifestandovi a favore della permanenza di Pizzolato in Italia e se il potere giudiziario italiano ha dubbi sul processo che lo faccia di nuovo in Italia. 


SCRIVETE 

Al Ministro della Giustizia, Andrea Orlando
centrocifra.gabinetto at giustiziacert.it
 
OGGETTO:  Processo di estradizione del cittadino italo/brasiliano Henrique Pizzolato
La solidarietà  è la più bella qualità dell’essere umano

 
I Movimenti Sociali del Brasile

 

 
INTERVISTA A HENRIQUE PIZOLATTO, SINDACALISTA BRASILIANO, RIFUGIATO IN ITALIA
 
Roma,  gennaio 2015, Agenzia Brasil de fato (SP)
 
Agência Brasildefato (BDF): La stampa borghese brasiliana l’ha accusata di essere responsabile di una truffa in qualità di dirigente del Banco do Brasil (nell’ambito del processo del mensalão, come è stato chiamato lo scandalo che ha coinvolto alcuni dei più alti dirigenti del Pt, accusati di aver organizzato pagamenti mensili allo scopo di assicurare il voto di deputati a favore del governo Lula, ndt). Ma pochi conoscono il suo percorso di militanza sociale. Che tipo di impegno ha svolto negli ultimi anni?
Ho lavorato per più di 30 anni al Banco do Brasil, senza che sia mai stata riscontrata la minima irregolarità. Nel corso della mia vita, tra molte altre cose, ho partecipato alla lotta contro la dittatura militare, sono stato dirigente e per due volte presidente della CUT (Centrale Unica dei Lavoratori) e ho fatto parte del PT (Partito dei lavoratori), da cui sono stato anche candidato alla carica di governatore del Paraná. Ma ho militato anche nella Pastorale Operaia, nella Pastorale della Terra, nelle Pastorali Sociali e sono stato coordinatore nazionale, insieme  a Betinho e a dom Mauro Morelli, della Campagna nazionale contro la Fame (Fome Zero), la Miseria e la Disoccupazione.
 
BDF: Di cosa è stato accusato dal Supremo Tribunale Federale? E come spiega tali accuse?
Sono stato accusato di peculato, corruzione passiva e riciclaggio di denaro. Sono accuse completamente infondate, per diversi motivi. Il mio caso è molto simile a quello di Enzo Tortora, in Italia: una grande ingiustizia, trasformata in spettacolo mediatico con la complicità dell’organo giudiziario. 
- Il peculato è un crimine riguardante i funzionari pubblici e io non sono mai stato un funzionario pubblico. Sono stato funzionario vincitore di concorso, con un contratto di lavoro privato, in un’impresa a economia mista, il Banco do Brasil.
- Il peculato esiste solo nel caso di risorse pubbliche. Io sono stato accusato di sviare risorse che provenivano da un’impresa privata (VISANET, controllata dalla VISA internazionale) e che erano quindi denaro privato.
- Le decisioni, nel Banco do Brasil, erano assunte da comitati composti da un minimo di 8 funzionari, il che esclude che io abbia adottato una qualsivoglia decisione da solo.
- Il Banco do Brasil ha nominato un amministratore responsabile rispetto alla VISANET. Tutti i documenti relativi alle risorse della VISANET sono stati firmati da questo amministratore. Non esiste alcun documento o atto firmato da me per la VISANET
- L’indagine realizzata dalla polizia federale su richiesta del Ministro Relatore, Joaquim Barbosa, dimostra che io non ero responsabile delle risorse della VISANET. Il responsabile era l'amministratore del Banco insieme alla  VISANET: Léo Batista dos Santos (non iscritto al  PT);
- Sono stato l’unico funzionario del Banco do Brasil a essere denunciato. Nessun altro lo è stato, tra tutti i funzionari che, secondo il Lodo della Polizia federale, erano i responsabili del Banco do Brasil rispetto alla VISANET e tra tutti gli altri dirigenti del Banco do Brasil (presidente, vice-presidenti, 28 direttori).
- Sono stato denunciato perché ero l’unico direttore del Banco do Brasil iscritto al PT e perché la mia storia di lotta nel movimento sindacale è legata strettamente a quella del presidente Lula, il vero bersaglio di tutta la trama politica del “mensalão”.
- Il Banco do Brasil e la VISANET  hanno informato il Ministro Relatore Joaquim Barbaosa, negli atti del processo, che non era stata rilevata la mancanza di un solo centesimo nei loro conti e che le risorse  della VISANET erano state utilizzate esattamente come previsto nei regolamenti del Banco e della VISANET;
- Non essendoci stata alcuna distrazione di denaro, le accuse di corruzione passiva e di riciclaggio sono totalmente  ingiustificate. Il crimine di corruzione presuppone uno scambio, ma io non avevo il potere neanche di sollecitare che la VISANET effettuasse pagamenti, né di promettere/garantire che la VISANET avrebbe pagato.
- Secondo le denunce, io avrei mandato un fattorino a ritirare 320.000 reais in un’agenzia bancaria. Ma io non ho mai saputo che il fattorino avesse ritirato denaro, perché quel che mi era stato chiesto è che il fattorino andasse a ritirare materiale pubblicitario da consegnare poi al PT, il che è stato fatto. Né io né il fattorino sapevamo o siamo stati informati che si trattava di denaro.
- L’Agenzia delle Entrate ha informato il Ministro Relatore e il Pubblico Ministero che tutti i miei beni  derivavano dai miei stipendi, debitamente documentati, e che non era stata riscontrata alcuna irregolarità nel mio patrimonio e nei redditi percepiti negli ultimi 20 anni.
 
BDF: Perché non ha avuto diritto alla difesa?
Perché sono stato giudicato da un tribunale incompetente, in un processo illegale, con un unico livello di giudizio. Non ho avuto diritto a un processo in un tribunale di prima istanza, come prevede la legge brasiliana. Sono stato giudicato direttamente dal Supremo Tribunale Federale, tribunale competente a giudicare solo chi sta esercitando un mandato o svolge un incarico politico, che non era il mio caso. La Costituzione brasiliana prevede per ogni cittadino il diritto al ricorso, diritto che mi è stato negato.
E in più sono stati nascosti documenti che dimostravano la mia innocenza tra le carte di un altro processo i cui materiali sono stati secretati.
 
BDF: Perché è venuto a vivere in Italia?
È stato un gesto disperato per salvarmi la vita! Sapevo infatti che l’obiettivo di chi mi ha ingiustamente condannato era farmi morire nelle carceri brasiliane, come è assai comune in Brasile, occultando in tal modo tutte le trame e le cospirazioni che hanno portato al processo del “mensalão”. Tra gli esponenti del PT condannati, io sono quello che ha ricevuto la pena maggiore (e non facevo neanche parte della direzione del PT, né ricoprivo un incarico politico). Il fatto che io sia ancora vivo rappresenterà sempre una minaccia: il pericolo che la questione possa riaprirsi e la verità venire a galla.
Sono venuto in Italia perché sono cittadino italiano. E sono venuto in Italia come ultima possibilità di ristabilire la giustizia e la verità in un processo giusto, in cui l’organo giudiziario sia indipendente e non ostaggio di contrattazioni né di grandi gruppi mediatici e il giudizio possa essere imparziale, basato su prove e documenti, non sui sondaggi di opinione.
 
 BDF:  Si considera un rifugiato politico?
Sì, mi considero un rifugiato politico, una vittima di accordi politici illeciti, di un tentativo di colpo di Stato contro il governo del primo operaio eletto presidente nella storia del Brasile. Di un processo illegale, ingiusto, menzognero e spettacolarizzato, in cui la giustizia è stata messa da parte e tutto si è trasformato in uno show ad uso e consumo dei media.
Sì, sono un rifugiato politico, perché sono stato condannato per il fatto che appartengo al PT e al sindacato, in un processo politico, in cui le prove che dimostravano la mia innocenza sono state messe da parte e nascoste.
 
BDF: Che si aspetta dalla giustizia italiana?
Spero che la giustizia italiana non permetta che questa farsa vada avanti. Spero che le prove e i documenti siano esaminati in maniera che la verità e la giustizia vengano ristabilite, in nome della difesa dei diritti umani, contro la prepotenza, l’arroganza, la violenza e la brutalità dei potenti.
 
BDF: Cosa si attende dai movimenti sociali italiani e dalle organizzazioni dei diritti umani?
Spero che, venendo a conoscenza dei fatti (così come realmente sono avvenuti), reagiscano, come storicamente hanno reagito di fronte alle menzogne, alle ingiustizie, alla prepotenza, alle violazioni dei diritti umani, aiutandoci a ristabilire la verità e la giustizia, lottando con tutti i mezzi con cui storicamente hanno sostenuto le lotte dei deboli, dei lavoratori, degli oppressi e delle vittime di ingiustizie.
 
BDF: Chi in Brasile potrebbe testimoniare a suo favore? Non sarebbe il caso che la giustizia italiana potesse ascoltarli?
Potrebbero testimoniare a mio favore, in Brasile, leader sindacali, dirigenti dei movimenti sociali e popolari, uomini di chiesa, colleghi di più di 30 anni di lavoro al Banco do Brasil, politici, avvocati, giuristi e giornalisti che hanno denunciato le menzogne e la farsa della mia condanna nel processo  del  “mensalão”. 
 
BDF: Con cosa vive, ora, e che pensa di fare in futuro, qui in Italia?
Oggi vivo umilmente in Italia con una piccola pensione privata i cui contributi ho pagato personalmente durante 32 anni di lavoro. Posso contare anche sull’aiuto di parenti che mi sostengono nei momenti di emergenza. Non appena sarò libero da questa persecuzione e da tutto questo tormento, ho intenzione, qui in Italia, di dedicarmi al volontariato. È quello che ho sempre fatto durante la mia vita. Penso di poter essere utile e di recuperare la pace, di tornare ad essere felice e di restituire un po’ di tutto quello che ho sempre ricevuto da chi lotta per la giustizia e per la difesa dei diritti dei più deboli.
 


Allegato Rimosso
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