Fw: Yoani Sánchez in Italia: il Festival dell'intolleranza e del servilismo (+ video)



 
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From: Alba .
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Sent: Wednesday, May 01, 2013 12:08 AM
Subject: Yoani Sánchez in Italia: il Festival dell'intolleranza e del servilismo (+ video)



Cuba
Yoani Sánchez in Italia
il Festival dell’intolleranza e del servilismo
Tappata la bocca a chi faceva domande scomode
 
 
 
 
di Vincenzo Basile (Capítulo cubano)
 
Lo scorso 28 aprile, alla chiusura del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia è intervenuta la blogger “dissidente” cubana Yoani Sánchez che, da circa due mesi, sta attraversando le due sponde dell’oceano Atlantico, in un economicamente ingiustificabile tour mondiale carico di inganni, distorsioni e manipolazioni di ogni sorta della realtà cubana che la stanno smascherando dinanzi al mondo per quello che è in realtà, vale a dire, una pedina mediatica che il potente e onnipresente vicino del nord ha giocato nella sua decennale lotta contro il popolo cubano, un popolo che nel cortile di casa degli Stati Uniti ha deciso di scrivere autonomamente e indipendentemente la sua storia.
L’intervento al Festival di Perugia non solo non ha smentito il carattere settario della autonominatasi giornalista e la sua incapacità di fronteggiare domande scomode, ma ha anzi accentuato la sua completa mancanza di argomenti e l’estremismo -quasi fanatismo- dei suoi sostenitori, spalleggiati -all’unisono- da un’irresponsabile e sempre più servile stampa italiana.

Per comprendere ciò, bisogna prima di tutto riportare un evento senza dubbio sgradevole e di poco valore culturale. Infatti, dopo la presentazione del direttore de La Stampa, Mario Calabresi, l’intervento della Sánchez all’evento -che si è distinto da molti altri di questo genere per essere ad ingresso libero- è stato immediatamente interrotto da un piccolo gruppo che ha sventolato bandiere cubane e del Movimento 26 de Julio, gridando slogan per Cuba e contro gli Stati Uniti e non sfruttando l'occasione di poter smascherare le menzogne della blogger ponendole determinate domande.

Una volta allontanati dalla sala questi elementi rissosi, l’intervento di Yoani Sánchez si è svolto nella totale armonia, tant’è che -al termine di un quasi un’ora di monologo in cui l’intervistatore, Mario Calabresi, ha preparato e servito all’intervistata, Yoani Sánchez, le basi per reiterare un discorso monotono che ormai si ripete da mesi- lo stesso Calabresi, prima di dare il via alle domande, ha dichiarato: “Ringrazio tutti, anche chi non è d’accordo. Vi ringrazio per aver ascoltato con correttezza”.

Tuttavia, l’inizio del dibattito ha scatenato l’ira dell’organizzatrice dell’evento, Arianna Ciccone, la quale si è dimostrata completamente intollerante nei confronti degli interventi “critici” che avrebbero potuto distruggere il copione dominante del Festival: “la dissidente che lotta contro una dittatura comunista”

In tal senso, la Ciccone -ripetendo più volte di essere l’organizzatrice del Festival, quasi a voler affermare di avere per questo una sorta di potere superiore sullo svolgimento del dibattito- si è diretta con fare violento e prepotente contro alcuni membri dell’Associazione Italia-Cuba e AsiCuba Umbria, con l’evidente obiettivo di impedire che rivolgessero domande critiche a Yoani Sánchez, generando caos, sconcerto e contestazioni dinanzi alla sua postura intollerante e interrompendo quindi per diversi minuti il regolare svolgimento del dibattito. Successivamente, come affermato da numerosi testimoni che hanno partecipato all’evento, Arianna Ciccone avrebbe addirittura qualificato una delle signore che ha chiesto la parola, con squallidi e volgari epiteti, come “troia” e “vacca”.

Le uniche tre domande “critiche” rivolte a Yoani Sánchez -dopo un’ora di monologo sui mali di Cuba e tutte formulate in maniera cortese e con il massimo rispetto nonostante le interruzioni della Ciccone- hanno riguardato temi come la guerra non dichiarata che gli Stati Uniti combattono contro l’Isola da più di cinquant’anni, il suo recente viaggio a Washington e l’incontro con i congressisti cubano-americani a cui a chiesto più aiuto per finanziare un cambio politico a Cuba, le sue dimostrate riunioni con i rappresentanti diplomatici statunitensi all’Avana, la finta risposta di Obama ad una sul lettera, e le ripetute menzogne che divulga via twitter. Le risposte sono state tutte caratterizzate da un continuo discorso al contrario e inconcludente.

Yoani Sanchez e vari congressisti cubano-americani
Ad esempio, per quanto riguarda l’importante questione del suo intervento nel Senato statunitense, un fatto che sarebbe considerato scandaloso e un atto di ‘tradimento’ in ogni altro paese del cosiddetto mondo democratico, in un delirio di onnipotenza, la Sánchez ha affermato di essere una “diplomatica popolare, una persona che in quanto cittadina ha il diritto ad esercitare la diplomazia”. Ha ribadito, ancora una volta, di aver chiesto al Senato la fine dell’embargo (secondo lei una scusa usata dal governo cubano) ed ha completamente eluso la parte della domanda attinente alle richieste di ‘aiuto’ che ha rivolto ai politici nordamericani e, soprattutto, al fatto di aver sostenuto incontri con congressisti statunitensi (di origine cubana) del calibro di Mario Diaz Balart -figlio di Rafael, senatore e ministro degli Interni di Cuba durante la dittatura di Batista, fuggito a Miami dopo il trionfo rivoluzionario rubando fondi dalle casse dello Stato per poi creare La Rosa Blanca, un’organizzazione composta da quasi tutti i membri dell’apparato repressivo di Batista- e Ileana Ros-Lehtinen -figlia di Enrique Emilio Ros Pérez, un altro ufficiale del regime di Batista- che è conosciuta a Cuba come la lupa feroce per essere tra le più veementi sostenitrici della linea dura contra la Rivoluzione e per aver appoggiato attivamente e pubblicamente attentati terroristici contro l’Isola, in uno dei quali perse la vita il terribilmente sconosciuto giovane italiano Fabio Di Celmo.

Oppure, ad esempio, per quanto riguarda le false risposte di Obama a una sua lettera che invece erano state scritte dal rappresentante diplomatico statunitense all’Avana, la sua argomentazione si è basata su una sorta di improbabile e contorto discorso al contrario: non è colpa di Obama che non ha risposto alla sua lettera o di lei che ha inventato una frode mediatica, è colpa del governo di Cuba che non è abituato a lavorare in squadra. Quindi, la finta risposta di Obama, non era un imbroglio, era solo il frutto di un normale lavoro di squadra del governo statunitense, sconosciuto a Cuba.

Nonostante questo ‘scambio di opinioni e di visioni’ tra la blogger e vari membri del movimento di solidarietà con Cuba, e nonostante la delirante ferocia di Arianna Ciccone, il trattamento mediatico dell’intervento di Yoani Sánchez al Festival Internazionale del Giornalismo è stato pressoché lo stesso. Tutti i media italiani a diffusione nazionale hanno fatto esclusivamente riferimento al piccolo gruppo iniziale che ha gridato slogan contro la Sánchez -identificandoli erroneamente con l’Associazione Italia-Cuba- ed hanno completamente taciuto tutto il resto del dibattito, la manifestazione d’intolleranza della Ciccone o le risposte evasive, ambigue e inconcludenti della stessa blogger “dissidente”, la cui parola sembra non possa essere messa in discussione.


Il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo intitolato “La blogger Yoani Sànchez contestata a Perugia. Urla e schiamazzi contro la dissidente cubana” in cui ha letteralmente trasformato l’isolato delirio di Arianna Ciccone in scontri tra due fazioni: “forte concitazione (…) durante il dibattito: decine di persone hanno voluto prendere la parola, attaccando duramente la blogger. E ancora violenti alterchi tra contestatori e organizzatori, che cercavano di difendere la Sanchez. E di permetterle di parlare. Una vera gazzarra, placata solo dall'intervento di decine di poliziotti. La blogger è uscita scortata.

Il Fatto quotidiano ha completamente ribaltato la realtà, facendo diventare la risposta colorita della donna offesa dalla Ciccone e rivolta alla stessa Ciccone in insulti a Yoani Sanchez: “un’unica – e, per l’orgoglio nazionale, molto gratificante – variante italica: un ‘stronza, stronza’, istericamente gridato da una delle più attive ripudianti in direzione della ripudiata”. 

Questo evento, lascia dietro di sé due macchie indelebili. Da un lato, quella dell’intolleranza di un insignificante gruppetto di rissosi -incapaci di stabilire un contatto sincero e autentico con la Cuba rivoluzionaria di oggi giorno e che vivono ancora ancorati a degli schemi culturali del secolo scorso, mentre Cuba e l’America Latina costruiscono il nuovo socialismo del XXI secolo- e della “esuberante” Arianna Ciccone, che con poche parole e pochi gesti ha esternato tutta la sua intolleranza, rendendo definitivamente vano il senso del democratico evento con “ingresso libero”. Dall’altro, lo squallido servilismo informativo dei media italiani che hanno deciso di sostenere apertamente la corrente dominante rispetto alla questione cubana, vale a dire, demonizzare il “regime castrista” e i suoi sostenitori e celebrare i suoi critici e quelli che li appoggiano. La domanda, il giornalismo investigativo, la ricerca della verità, sono elementi addizionali e opzionali di un sistema informativo dove intervistatore, intervistato e mediatore seguono lo stesso copione, un sistema informativo ormai morto e decomposto, in attesa di sepoltura.
 
Fonte originale: Capítulo cubano
 
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