Migliaia di passamontagna a San Cristóbal



[Foto: Moysés Zúñiga] San Cristóbal de las Casas, Chiapas, 7 maggio. Nel più sorprendente e assoluto silenzio, più di 15 mila basi di appoggio dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale [Ezln], secondo calcoli prudenti, oggi hanno inondato le strade di questa città [qui è possibile guardare le prime foto della marcia, mentre qui è possibile seguire la copertura organizzata da Desinformemonos.org] nella riapparizione pubblica delle comunità in ribellione e dello stato maggiore del Comitato clandestino rivoluzionario indigeno-Comandancia generale dell’Ezln dopo più di cinque anni senza manifestare fuori dal proprio territorio.

Nel discorso principale, davanti ad una piazza colma di zapatisti e di organizzazioni e collettivi dell’Altra Campagna in Chiapas, il Comandante David ha espresso con chiarezza la posizione dell’Ezln rispetto alla guerra e alle diverse correnti: «Non si tratta di vedere chi vince tra cattolici, evangelici, mormoni, presbiteriani o di qualunque religione o non credenti. Non si tratta di vedere chi è indigeno e chi no. Non si tratta di vedere chi è più ricco o più povero. Non si tratta di chi è di sinistra, di centro o di destra. Non si tratta se sono migliori i panisti o i priisti o i perredisti o come si chiamino o se sono tutti ugualmente cattivi. Non si tratta di chi è zapatista o non lo è. Non si tratta di stare col crimine organizzato o col crimine disorganizzato che è il malgoverno. No. Si tratta che per essere quello che ognuno sceglie di essere, per credere o non credere, per scegliere un’ideologica, politica o religiosa, per discutere, concordare o essere in disaccordo, sono necessarie la pace, la libertà, la giustizia».

Migliaia di indigeni con i passamontagna provenienti dalle cinque regioni sotto l’influenza dell’Ezln [La Realidad, La Garrucha, Morelia, Roberto Barrios e Oventic] sono arrivati in camion dalle prime ore della mattina. Con i volti coperti e con la disciplina che li caratterizza, sono partiti in fila dal Centro indigeno di formazione integrale [Cideci], alla periferia di questa città, fino alla Piazza della Pace, dove sono arrivati dopo oltre quattro ore, e quando la testa del corteo è arrivata nella piazza, la strada per San Juan Chamula, il quartiere di San Ramón, il Puente Blanco e alle Diego de Mazariegos erano piene di zapatisti.

Quasi al termine del suo discorso, il Comandante David ha ripetuto per sette volte un messaggio rivolto a tutte le vittime e familiari della guerra di Calderón: «Non siete soli», una consegna che li accompagna da oltre 17 anni e che in quest’occasione hanno espresso in un solo grido, col pugno sinistro alzato, in uno dei momenti più emozionanti della manifestazione. Gli zapatisti hanno segnalato chiaramente che con la loro adesione alla mobilitazione nazionale, e in particolare con la loro presenza silenziosa a San Cristóbal de las Casas, non intendono indicare strade né rispondere alla domanda su che cosa succederà. Inoltre hanno detto, «non siamo qui per parlare dei nostri dolori, delle nostre lotte, dei nostri sogni, delle nostre vite e morti… Oggi siamo qui per rappresentare decine di migliaia di indigeni zapatisti, molto più di che oggi si vedono, per dire a questo dignitoso passo silenzioso che nella sua domanda di giustizia, che nel suo lottare per la vita, che nel suo anelito di pace, che nella sua esigenza di libertà, noi li comprendiamo e li appoggiamo. Oggi siamo qui per rispondere all’appello di chi lotta per la vita, al quale il malgoverno risponde con la morte».

Più di 30 Comandanti dell’Ezln, tra loro Tacho, Zebedeo, Bulmaro, Guglielmo, Miriam ed Ester, hanno occupato il palco davanti alla Cattedrale della Pace. Da lì, il Comandante David ha spiegato che l’appello alla marcia nazionale nasce da persone che «non ci stanno chiamando o convincendo ad abbracciare una religione, un’idea, un pensiero politico o una posizione sociale. Non ci stanno chiamando a cacciare un governo per metterne un altro. Non ci stanno diiendo che bisogna votare per uno o per un altro. Queste persone ci stanno convocando a lottare per la vita. E può esserci vita solo se ci sono libertà, giustizia e pace. Per questo questa è una lotta tra chi vuole la vita e chi vuole la morte».

In incredibile silenzio e con migliaia di piccoli cartoncini con le parole «Non più sangue», «Ne abbiamo abbastanza! e «Stop alla guerra di Calderón», gli zapatisti tzotziles, tzeltales, tojolabales, choles, zoques e mames hanno sfilato con enormi striscioni con i seguenti messaggi: «fratelli e sorelle, proviamo dolore per la perdita dei vostri cari, per questa guerra crudele di Calderón» e «Viva la vita, la libertà, la giustizia e la pace». Alla fine, dopo di più di 5 ore di mobilitazione, senza contare le ore impiegate per raggiungere questa città, la maestra di cerimonia ha detto: «Abbiamo detto quello che dovevamo dire. Anche se siamo stanchi, ma questa la lotta». E sulle traduzioni in tzotzil, tzeltal, tojolabal e chol ha detto con humor zapatista, «sappiamo che non avete capito niente, ma ci avete sopportat. Grazie per la vostra pazienza». Poi ha salutato, «come siamo venuti, ora ce ne andiamo».

[La Jornada, domenica 8 maggio 2011, traduzione Maribel Bergamo]

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