Fw: ECCO COME GLI ITALIANI HANNO VISSUTO L'11 DE ABRIL



 
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From: Mario Neri
Sent: Thursday, April 14, 2011 5:10 PM
Subject: ECCO COME GLI ITALIANI HANNO VISSUTO L'11 DE ABRIL


Date: Thu, 14 Apr 2011 01:57:40 +0200
From: http://monicacaracas.blogspot.com/2011/04/quei-lontani-giorni-daprile.html


mercoledì 13 aprile 2011

Quei lontani giorni d’aprile...

Chi a Canal8, chi per strada, chi a discutere alla Casa d’Italia. Ecco come gli italiani hanno vissuto il colpo di stato che nel 2002 scalzò Hugo Chávez

 

Di Monica Vistali

CARACAS – “Quel giorno, mentre i golpisti s’impossessavano di Miraflores, io stavo tornando a casa, a Caracas, da Puerto La Cruz. L’autostrada era deserta, si capiva che stava succedendo qualcosa. Le radio dicevano che Chávez si era dimesso perchè c’erano stati morti e feriti. Io ho creduto a quello che sentivo, alla versione ufficiale. Guidavo pensando che i chavisti erano stati dei selvaggi, che non si meritavano il presidente che avevano. Poi, a casa, ho iniziato a sentire il rumore assordante dei clacson. L’opposizione sta festeggiando, mi sono detto. Mi sono affacciato alla finestra e ho visto centinaia di motociclette ed automobili scendere da Petare. Sono pazzi! Si vogliono far trucidare! ho pensato. Credevo fossero loro i colpevoli… invece stavano solo reclamando il loro presidente”. A parlare è Mario Neri, del Circolo Gramsci di Caracas. Parla da un cellulare, è per strada nel bel mezzo della marcia in ricordo del colpo di stato che nel 2002 strappò il democraticamente eletto Hugo Chávez dalla poltrona presidenziale. “Qui è bellissimo - ci dice - piove, siamo tutti bagnati, ma c’è tanta energia e una gioventù incredibile!”.

Nei giorni del golpe, ad accompagnare Neri c’era l’amico Antonio Mobilia. Anche lui, ci racconta, aveva creduto ai media che accusavano Chávez della strage a Puente Llaguno. “Sono stati momenti terribili. Ho aperto il negozio come tutti i giorni, ma con una grande amarezza nel cuore. Ero deluso. Non potevo credere che il popolo venezuelano si fosse dimostrato così ignorante, che avesse voltato le spalle all’uomo che aveva rotto quella palla di cristallo che erano gli ‘adecos’ e i ’copeyanos’. Non potevo accettarlo ma ci credevo, perchè ero un automa, ero vittima della manipolazione mediatica che era stata orchestrata. Poi ho parlato con la gente per strada, sono trasparite alcune notizie. E allora ho capito...”.

Mobilia e Neri ci dicono che, resisi conto della realtà che il Paese stava vivendo, si attivano immediatamente. Scrivono più volte ai giornali italiani, per far conoscere la situazione, per lasciare la loro testimonianza, ma nel Belpaese “nessuno si distoglie dalla versione ufficiale” dei golpisti. Si recano quindi alla sede di Canal8, manifestando con altri per la sua riapertura. “Eravamo in mezzo alla strada - racconta Mobilia - a gestire il traffico, ad indicare alla gente che arrivava da ogni parte di Caracas dov’era il canale! Era un vero tripudio di persone, moto, automobili. Tutti chiedevano una sola cosa: il Capo di stato per cui avevano votato, la democrazia”.

Mentre Mobilia e Neri lottavano per Canal8, un altro connazionale, Alfredo Amoroso, andava al lavoro a Charallave. “È stato uno schifo. Sono arrivato imbottito di notizie false, manipolate, ma poi ho visto con i miei occhi quello che stavano facendo i golpisti: hanno preso di mira i vertici del Comune, che era filogovernativo. Li hanno malmenati tutti. Hanno usato la violenza: era una vera guerra. La gente per strada urlava, voleva il ritorno di Chávez, ma la tv mostrava solo comiquitas, ondeggiava tra network fasulli e cartoni animati. È terribile quanto i media ci abbiano mentito! Oggi - conclude - c’è chi ancora parla dell’11A come di un ‘vuoto di potere’: beh, è pazzesco”.

Non tutti gli italiani durante i giorni del golpe erano per strada a reclamare il Presidente. Rosa Ruggero, ad esempio, il 13 aprile era rinchiusa con alcuni colleghi in un ufficio a Las Mercedes. Il gruppo si era barricato fino a tarda notte per questioni di sicurezza. “Nei giorni precedenti mi telefonavano dall’Italia chiedendomi cosa stesse succedendo. A me sembrava che semplicemente stesse finendo l’epoca Chávez. Era finalmente arrivato il momento! Già il 12 vedevi un cambiamento nei volti della gente, scorgevi un sorriso, come se ci fossimo liberati di un peso!”. La notte del 13, mentre Chávez tornava dove il popolo lo aveva voluto, Ruggero tornava a casa “piena di delusione e tristezza”. “Io non considero che sia stato un colpo di stato - afferma -. Hanno semplicemente approfittato per avere quello che volevano. Ma non ci sono riusciti perchè sono stati ingenui: dovevano esserci il coprifuoco, i militari per strada...”. E le vittime civili? “Tutta una messa in scena del governo, che oggi può fare la vittima”.

Ruggeri è al lavoro, a Plaza Venezuela. Dall’alto dell’ufficio vede i manifestanti per strada. “Li vedo - ci dice - tutti rossi, sotto la pioggia. Si capisce che vorrebbero tornare indietro ma non possono, li obbligano a marciare”. Non capisce il senso della commemorazione. “Quello che è stato fatto è stato fatto. Basta, ora andiamo avanti”.

Se dalla Capitale le vicissitudini della Storia sembrano e sono più vicine, nelle altre città del Paese la prospettiva cambia radicalmente. Così per Mariano Palazzo, di Maracay. “Ricordo una iniziale situazione di normalità apparente. La Casa d’Italia era aperta, la gente sorseggiava il caffè al bar mentre arrivavano le telefonate dall’estero, dall’Italia. Gente che chiedeva cosa stesse succedendo, se eravamo al sicuro...”. Solo il terzo giorno, racconta Palazzo, “la città era tesa, le notizie arrivavano per telefono, la gente si era mobilitata ed era scesa per le strade”. Intanto, all’interno del club i nostri connazionali discutevano animatamente sulla necessità del colpo di stato. “La comunità era polarizzata. Alcuni tifavano per il presidente, altri pregavano perchè non ritornasse più. Anche tra l’opposizione stessa si era creata divisione. Alcuni criticavano la forma con cui si erano srotolati gli eventi, altri vedevano il golpe come una cosa necessaria”.

Anche Johnny Margiotta, di Maracaibo, ha vissuto quei giorni da lontano. “Ero in Venezuela da soli tre anni - racconta -. Per me i colpi di stato erano qualcosa che si trovava solo sui libri, nei film. Quindi ho seguito gli eventi del 2002 con curiosità, meraviglia, come qualcosa di veramente affascinante. Stavo vivendo la storia”. Oggi, Margiotta vede nel golpe de Abril un grande momento di cambiamento. “Da quel momento in poi Chávez si copre molto le spalle ma non credo che in Venezuela un evento simile possa ripetersi. La gente studia, si è ‘civilizzata’ e non è più d’accordo con questo tipo di azioni violente. Se qualcuno volesse tentare un altro 11A non avrebbe seguito tra la popolazione perchè ora c’è la coscienza della vita”.

L’avvocato Tina Di Battista, interrogata sugli eventi di aprile, ricorda la marcia dell’opposizione che ha dato il via alla tragedia di Puente Llaguno. “La marcia che ci fu quel giorno fu espressione di civiltà e patriottismo. Mi sento orgogliosa di quello che abbiamo dimostrato con quella manifestazione pacifica, ordinata e democratica. Purtroppo, gli eventi successivi si sono tinti dei colori dei partiti e sono caduti nella voracità di appettiti e interessi lontani dai sentimenti e dalle necessità vere del paese. Lo condanno e come professionista del diritto non mi è stato difficile pronosticare molte conseguenze nefaste che oggi ci tocca vivere”.

 

Pubblicato da Monica Vistali a 4/13/2011 04:53:00 P