Fw: [PckNews] A otto anni dal golpe militare in Venezuela



 
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Sent: Monday, April 12, 2010 9:51 AM
Subject: [PckNews] A otto anni dal golpe militare in Venezuela

A otto anni dal golpe militare in Venezuela

Lunedì 12 Aprile 2010
L’11 aprile 2002, la confindustria locale, i vertici della chiesa cattolica, le televisioni, l’esercito venezuelano con l’appoggio materiale e l’indirizzo politico del governo degli Stati Uniti di George Bush, della Spagna di José María Aznar e del Fondo Monetario Internazionale realizzavano un sanguinoso colpo di stato a Caracas ponendo a capo della dittatura il capo della Confindustria Pedro Carmona Estanga e mettendo, secondo loro, fine all’esperienza bolivariana. Il golpe doveva restaurare il dominio del fondomonetarismo in America latina e mantenere col sangue il cosiddetto “Consenso di Washington” neoliberale.
Non avevano fatto i conti con il popolo venezuelano. Questo si mobilitò a milioni, passandosi la parola di bocca in bocca e di casa in casa, scese in piazza, affrontò le pallottole dei sicari e degli squadroni della morte, pagando spesso con il sangue il proprio diritto a vivere in pace finché il 13 aprile riportò a Miraflores il presidente legittimo Hugo Chávez Frías.
Chávez è inizialmente sconfitto dal golpe. Il palazzo di Miraflores, sede del governo a Caracas, viene preso, iniziano i rastrellamenti e le violazioni di diritti umani. Ma è il terrore della restaurazione del neoliberismo più crudele che 13 anni prima aveva portato al Caracazo, le stragi ordinate dal presidente Carlos Andrés Pérez (del quale fu complice come Ministro del Fomento l’oggi grande editorialista del Sole24Ore e dell’Espresso Moisés Naím) a mobilitare le masse.
I bolivariani, oltre il golpe, vedono il vuoto assoluto. Niente più scuole né ospedali. I quasi trent'anni che separano l’11 aprile venezuelano dall’11 settembre cileno hanno distrutto la fiducia di classe nelle strutture organizzate, di derivazione europea, liquefatte dal neoliberismo. In Venezuela il ruolo di partiti e sindacati è marginale; sono i movimenti sociali e le unità di base a contare, riprendersi dallo sbandamento, autoconvocarsi e sconfiggere il golpismo. È la reazione popolare ad animare parte dell’esercito a difendere la Costituzione bolivariana.
Tutto quello che viene dopo, compreso Hugo Chávez, che è figlio della ribellione e non uomo della provvidenza, è possibile perché quel golpe fu sconfitto dal basso. Il popolo venezuelano può offrire, alla prova del golpe, il meglio di sé sulla base di una partecipazione popolare che è altra rispetto al Novecento europeo dei partiti. Il governo e la stessa Costituzione fungono da strumenti delle organizzazioni sociali. La bassa società civile, (1) si autoconvoca per difendere entrambi e, senza la mediazione di quadri tanto indecisi come quelli allendisti del 1973, cambia la storia.
Quel golpe, ma soprattutto la sconfitta dello stesso, fu fondamentale perché il già florido movimento popolare latinoamericano del XXI secolo acquisisse la coscienza di poter prendere nelle mani il proprio destino. Da allora verranno molte vittorie, servizi pubblici essenziali privatizzati durante la notte neoliberale sono tornati pubblici e l’abominio dell’ALCA, il mercato comune delle Americhe che doveva consegnare centinaia di milioni di lavoratori a una condizione semischiava per alimentare la competizione portata dagli Stati Uniti alla Cina, è stato sconfitto e l’America latina cammina sicura verso un cammino d’integrazione e di riduzione in pace e democrazia delle terribili disuguaglianze moltiplicate dal neoliberismo. Per tutto ciò oggi i media mainstream tergiversano l’importanza dei fatti di Caracas dell’aprile 2002 fino addirittura a negarne l’esistenza. Noi invece pensiamo sia indispensabile ricordarlo.
 
 
 (1)  L’opposizione a Chávez si autodefinisce, senza un filo d’ironia, “alta società civile”. Nelle televisioni commerciali compromesse con il golpismo, i democratici sono sprezzantemente definiti “lumpen” o direttamente “negros”. L’elemento razzista creolo è parte integrante di un classismo arcaico che ritroviamo sia in Cile che in Argentina, dove i peronisti di origine non europea sono chiamati cabecitas negras, testoline negre.

Perché per la stampa un leader del nord del mondo è un leader mentre un leader del sud del mondo è un caudillo?

Silvio Rodríguez

Giornalismo partecipativo



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