INTERVISTA A STEDILE SU MST, QUESTIONE AGRARIA, GOVERNO LULA, ELEZIONI



Title: INTERVISTA A STEDILE SU MST, QUESTIONE AGRARIA, GOVERNO LULA, ELEZIONI
INTERVISTA A STEDILE –20 AGOSTO 2008: LATIFONDISTA O SENZA TERRA, UNO DEI DUE DEVE PERDERE
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Stedile parla tra l’altro delle esperienze del MST nei suoi 25 anni di vita, dell’agroecologia, dell’agrobusiness e della questione agraria in Brasile, dei governi di Lula, delle elezioni del 2010 (Dilma, Heloisa, Marina)  e dei progetti politici presenti nel paese.
 
D – Dal punto di vista dei Sem Terra, la situazione agraria in Brasile è cambiata o è la stessa del 1996, quando c’è stato il massacro di  Eldorado dos Carajás e il MST è diventato famoso?
 
STEDILE: Ci sono aspetti che sono migliorati molto, per esempio, la creazione del programma Luce per Tutti che ha reso disponibile per tutti l’accesso all’energia elettrica. Ci sono altri aspetti che sono peggiorati, come le condizioni di lavoro, le relazioni di lavoro e l’esistenza del lavoro schiavo. E’ migliorato il livello di violenza dei conflitti. In passato c’erano molti più omicidi, i latifondisti erano più prepotenti, volevano risolvere tutto con le armi. Questo non significa che la repressione sia cessata, ma ora è prevalentemente giudiziaria. E’ più una persecuzione politica al MST e ai suoi dirigenti. Dal punto di vista dell’organizzazione della produzione, penso che la situazione sia peggiorata. Siamo ancora ostaggio di 15 anni di neoliberismo, che è riuscito a imporre al Brasile il modello dell’agrobusiness. Questo modello è disastroso per le nostre risorse naturali, per l’ambiente, per la produzione di alimenti. Recentemente l’Agenzia Nazionale di Vigilanza Sanitaria (Anvisa) ha diffuso i risultati di una ricerca sconsigliando il consumo di 20 prodotti e non è successo niente. Se fossimo una società più organizzata, il consumo di questi prodotti sarebbe stato proibito. Ma dobbiamo creare le condizioni per produrre alimenti sani. E questo sarà possibile solo con un diverso modello agricolo, basato sull’agroecologia, sulla pluricoltura. Oggi, la piccola agricoltura ha perso spazio e le imprese transnazionali se ne sono impadronite. In ogni segmento della produzione agricola, la produzione si è concentrata ad un punto tale che ci sono 4 o 5 imprese transnazionali che controllano tutto. Siamo tornati indietro dal punto di vista della sovranità alimentare e del controllo della nostra agricoltura.
 
 
 D – In 25 anni di vita, in che cosa il MST è andato avanti, in cosa è tornato indietro, cosa va cambiato, quali sono le maggiori difficoltà e quali le sfide?
 
 STEDILE: Siamo cresciuti in molti aspetti interni al movimento. In convenzione con il Programma Nazionale di Educazione nella Riforma Agraria (PRONERA) abbiamo formato più di 3000 figli di contadini in corsi superiori. Abbiamo oggi 3.500 persone che frequentano l’Università e più di 300 compagni che fanno corsi di specializzazione, maestrado e dottorato. Questo è un passo avanti per la nostra organizzazione perché ci siamo resi conto che la conoscenza è fondamentale per costruire una società democratica e soprattutto per risolvere i problemi concreti. Il MST ha investito molto nell’educazione dei suoi militanti e della sua base. E questa è una novità, perché non c’era questa tradizione nei movimenti contadini né in Brasile, né nel resto del mondo. Siamo andati molto avanti e dico questo anche come una forma di autocritica perché 10 anni fa non ci interessavamo tanto di agroecologia, ritenevamo fosse un argomento da ambientalisti. Quando abbiamo cominciato a capire quali siano le conseguenze dell’uso di pesticidi, della monocultura, abbiamo fatto un’autocritica e abbiamo adottato l’agroecologia. Siamo andati avanti anche nella valorizzazione della cultura contadina. Il MST ha oggi molti luoghi di cultura, abbiamo stimolato il teatro, abbiamo fatto convenzioni con il Teatro dell’Oppresso di Boal, con il Ministero della Cultura, proiettiamo film….
 
D – E le sfide?
 
STEDILE: Le sfide sono ancora enormi. Oggi non si tratta di scoprire qual è il latifondista arretrato e occupare la sua fazenda. Il latifondo si è modernizzato perché si è legato alle imprese multinazionali e ha adottato l’agrobusiness. Prendiamo l’esempio della Banca Opportunity. Daniel Dantas ha comprato 600.000 ettari in Para, 52 fazendas, dove alleva più di 450.000 mucche. Perché una Banca ha bisogno di terra? Quando abbiamo cominciato a occupare queste fazende, noi abbiamo affrontato una banca che, secondo la relazione della Polizia Federale, è prestanome di Citigroup. Quindi, quando si occupa una fazenda di Dantas, non si colpisce solo un latifondista arretrato del Para. Ci si scontra con il capitale finanziario insediato nell’Avenida Paulista (a São Paulo). E questa gente ha tentacoli nei mezzi di comunicazione come per esempio “Isto E’” (un settimanale molto diffuso), che è di Dantas, della Banca Opportunity. E quindi quella rivista, nella settimana successiva all’occupazione, in copertina, ci chiama banditi, terroristi ecc. (1). Nello stato di São Paulo, in passato occupavamo un’area di allevamento estensivo, nella zona del Pontal [do Paranapanema]. Oggi, le migliori aree produttive si trasformano in monocolture di canna. E di chi è la fazenda più grande di canna (100.000 ettari), qui a São Paulo? Di un’impresa acquistata dalla Cargill. Quindi, quando noi andiamo lì a manifestare contro la monocultura della canna stiamo scontrandosi con la Cargill, che è il maggior gruppo mondiale di cereali. Questo è il cambiamento nel rapporto di forze che ha molto danneggiato i contadini. E da questo deriva la necessità di fare una Riforma Agraria non solo occupando la terra, ma cambiando il modello economico.
 
D – Vorrei che commentasse la politica agraria degli ultimi due governi dello Stato di São Paulo, quelli di José Serra e Geraldo Alckmin (entrambi del PSDB)?
 
STEDILE – Il mio lavoro è a livello nazionale. Anche se vivo qui non mi occupo delle questioni locali. (…) Per quanto ne so, i due governi hanno appoggiato il processo di espansione dell’agrobusiness, soprattutto dell’espansione della monocultura della canna, il che è molto negativo. Noi aspettiamo che si rendano conto, prima o poi, che è urgente cambiare il modello agricolo, anche perché il modello della monocultura della canna porta gravi conseguenze sull’equilibrio climatico e colpisce le popolazioni delle città. Nella regione di Ribeirão Preto, che è già diventata monopolio della canna, ci sono ricerche dell’Università di São Paulo che mostrano come negli ultimi 20 anni la temperatura sia aumentata di 2°C in media. Il comune di Ribeirão ha già problemi di approvvigionamento dell’acqua (la ricava dalla falda freatica del bacino del Guarani). Ogni anno devono scendere più in profondità perché la monocoltura della canna assorbe molta acqua. Quindi, ci sono problemi di approvvigionamento di acqua per la popolazione a causa del modello agricolo. Questo riguarda il governo dello stato. Faccio una specie di appello perché il governo di SP sia più attento alle conseguenze dell’attuale modello agricolo sulla popolazione in genere.
 
D – Cosa pensa della crisi del Senato?  
 
STEDILE: La crisi del Senato è lo specchio più realistico della forma in cui la classe dominante brasiliana tratta i beni pubblici e la democrazia. Tratta i beni pubblici come se fossero proprietà privata e tratta l’opinione pubblica con disprezzo. Per questo io penso che la migliore soluzione per il senato sia quella proposta dall’Ordine degli Avvocati del Brasile, che nella prossima Costituente il Senato sia eliminato. Non c’è bisogno del Senato, basta la Camera dei Deputati, più rappresentativa, con mille deputati invece di 500 e con una proporzionalità più corretta. Il voto di chi abita nell’Acre o in Amazzonia vale 20 volte quello di chi vive a São Paulo. Questo porta a una distorsione della democrazia nella quale a ogni persona deve corrispondere un voto. E le questioni che riguardano la federazione degli Stati potrebbero essere risolte con un consiglio della Repubblica che non richiedesse tanto denaro. Come è possibile che il Senato ci costi oggi 2 miliardi all’anno? Non serve, è invece necessario rafforzare altri meccanismi della democrazia brasiliana.
 
D – E’ possibile pensare a un progetto di sinistra per il Brasile, o prevedere una società più giusta ed egualitaria attraverso le istituzioni democratiche di cui disponiamo oggi?  
 
STEDILE: Certo, c’è un dibattito nella società che può essere suddiviso in quattro orientamenti. Alcuni settori delle elite, delle classi dominanti, sostengono la subordinazione totale del Brasile al capitale internazionale. Di questi settori fanno parte il 5% della popolazione (i più ricchi), le imprese transnazionali, le banche, che sono quelle che sostengono le politiche neoliberiste e che, nei partiti, hanno la loro espressione soprattutto tra i tucani (PSDB)  e il DEM (ex PFL). C’è poi un settore nazionalista, che è presente in tutti i partiti, che sostiene un progetto neo-keynesiano per il Brasile, con alcune politiche di distribuzione del reddito, riduzione del tasso d’interesse e rafforzamento del mercato interno. Ci sono altri settori della sinistra, più radicali, come correnti del PSOL e dello PSTU, che sostengono il “socialismo subito”. Credono che il capitalismo sia già arrivato qui in Brasile alla sua maturità e che non ci sono altre vie d’uscita se non il socialismo. Solo che la parola socialismo è molto forte. Significa socializzazione della proprietà dei mezzi di produzione. Non si tratta di essere socialisti esclusivamente in un senso umanitario, essere socialista nel senso di volere una società più giusta. Noi, dei movimenti sociali, sosteniamo un quarto progetto, che chiamiamo progetto popolare, che vuol dire, nei limiti della nostra società, rafforzare di fatto lo Stato perché adotti una politica economica che porti allo sviluppo del paese a beneficio del popolo. Quali sono i problemi fondamentali del popolo in Brasile? Alta disoccupazione, mancanza di case, necessità della Riforma Agraria e mancanza di educazione. Quindi noi sosteniamo un programma per la società che utilizzi il denaro pubblico per risolvere prima di tutto i problemi del popolo. Ma non basta scrivere “questo è il nostro progetto”, bisogna costruire, accumulare forze popolari che lavorino per la realizzazione di questo progetto.
 
D – Questo progetto popolare porta verso una società socialista?  
 
STEDILE: E’ fondamentale, sarebbe una forma di transizione per costruire una società più egualitaria. Prima dobbiamo risolvere i problemi fondamentali della popolazione, cioè cibo, lavoro, casa e educazione. Poi possiamo andare avanti verso la socializzazione degli altri mezzi di produzione della nostra società.  
 
 
D – Qual è il modello di Riforma Agraria sostenuto oggi dal MST?
 
STEDILE: Nella storia delle riforme agraria, ci sono due tipi classici. Prima di tutto la riforma agraria capitalista, che tutti i paesi dell’emisfero nord hanno fatto tra la metà del secolo 19 e durante il secolo 20 fino alla seconda guerra mondiale: sono state riforme agrarie classiche con distribuzione della proprietà della terra per rafforzare il mercato interno e sviluppare l’industria nazionale. Poi c’è stata un’altra riforma agraria classica realizzata all’interno delle rivoluzioni socialiste, o delle rivoluzioni popolari come in Vietnam, Cina, Russia, Nicaragua e Cuba. Qual è la realtà oggi in Brasile? Noi abbiamo tentato dall’inizio del movimento di sostenere una riforma agraria classica capitalista ma non ci sono forze accumulate borghesi che vogliano questa riforma. Per questo il governo non fa la riforma agraria. Chi ha fatto le riforme agrarie capitaliste? Sono state le borghesie industriali che volevano sviluppare il mercato interno e l’industria. Sarebbe un’illusione pensare che la soluzione può essere una riforma agraria socialista perché questo tipo di riforma avviene solo dopo una rivoluzione. Si sposa a un processo rivoluzionario che non è quel che abbiamo oggi in Brasile. Quello che proponiamo è una riforma agraria popolare, che si differenzia dalle altre due. In questo tipo di riforma non basta distribuire le terre come nella riforma capitalista, è necessario anche far sviluppare agroindustrie in forma cooperativa, creare piccole agroindustrie negli insediamenti. Così, l’agricoltore può uscire più rapidamente dalla povertà, perché non produce solo materia prima, ma si può appropriare anche del valore aggregato dei prodotti ed è un modo per creare occupazione nelle campagne.
 
D – Il 12 agosto c’è stata una riunione tra rappresentanti del MST e dei Ministeri, durante la quale il governo ha affermato di non conoscere le rivendicazioni del MST, molte delle quali erano già state presentate a Lula nel 2005. Lei pensa che il governo Lula sia effettivamente migliore per i Senza Terra o è solo apparenza?
 
STEDILE: All’incontro hanno partecipato cinque ministeri. E’ chiaro che né il Planalto e ancora meno il ministro della Riforma Agraria (Guilherme Cassel, ministro dello Sviluppo Agrario) hanno detto che non conoscevano le rivendicazioni. Chi non le conosceva era il ministero dell’economia e della programmazione. Ora il punto più negativo della discussione non è stato questo. La cosa più negativa è che il Ministero dell’economia ha esordito dicendo che la crisi è grave, che la raccolta di imposte è diminuita dal 30 al 50% in questo primo semestre e che il governo ha difficoltà a rifinanziare il bilancio dell’Incra, visto che hanno dimezzato il bilancio di 958 milioni di reais destinato all’acquisizione di terre. Quindi, la nostra principale rivendicazione ora è che il governo, nel suo insieme, stabilisca che il Ministero dell’Economia deve reintegrare il bilancio dell’Incra. Ho sentito personalmente il ministro  Paulo Bernardo (Programmazione) che si impegnava sul fatto che non ci sarebbero stati tagli nei bilanci relativi alla piccola agricoltura. Quindi, abbiamo l’impegno suo e del presidente Lula che non ci saranno tagli alle spese sociali. Per questo inisistiamo che Lula dia indicazioni al Ministero dell’Economia affinchè reintegri il bilancio dell’Incra inserito, tra l’altro, nella legge di bilancio approvata dal Congresso. Non stiamo chiedendo niente più che l’attuazione della legge e non crediamo che il Ministero dell’Economia non abbia soldi. Perché, per altri settori della società, come l’industria automobilistica, hanno tolto l’IPI (Imposta sui prodotti industriali) – provvedimento che ha rappresentato un costo di circa 20 miliardi – hanno liberato dalle imposte il deposito a vista delle banche, il che ha rappresentato 80 miliardi di reais in più nelle casse delle banche. Pertanto, noi non siamo convinti che il governo non abbia soldi. Quel che non ha è il denaro per la riforma agraria e per la piccola agricoltura.
 
 D – Che bilancio fa dei due mandati di Lula in relazione alle questioni sociale e agraria?
 
 STEDILE: Il governo Lula, come lui stesso ama dire, è molto simile a quello di Getúlio Vargas. É un governo di composizione di classi. Durante questi sette anni, ha adottato una politica che è piaciuta a greci e troiani. Ossia, con la sua politica economica ha favorito i banchieri e i grandi gruppi transnazionali, ma, allo stesso tempo, ha fatto politiche di assistenza sociale come la Borsa Famiglia, ha promosso la rivalutazione del salario minimo, ha aumentato risorse per il PRONAF, per occuparsi della parte più povera della società brasiliana. Ora, in relazione alla riforma agraria e alla piccola agricoltura, il governo Lula è in debito. Perché nella riforma agraria non c’è modo di mettere insieme gli interessi del latifondista e del senza terra: Uno dei due deve perdere. E, purtroppo, il numero di espropri di fazende, specialmente nella regione Nordest e nelle regioni Sudest e Sud, che sono le regioni più agricole è stato più basso che durante il governo Cardoso. L’attuale governo ha imitato la tattica che usava Jungmann (ministro straordinario per la Riforma Agraria durante il governo Cardoso), per poter offrire numeri elevati hanno fatto progetti di colonizzazione in Amazzonia. Hanno preso terre pubbliche e le hanno distribuite. Ma in realtà, quel che sta succedendo in Brasile negli ultimi 10 anni è che c’è un violento processo di concentrazione della proprietà della terra. Ossia un movimento contrario alla riforma agraria: Invece di democratizzare la proprietà della terra, dando accesso a più persone e creando più possibilità di lavoro perché le persone non vengano nelle città, in questi ultimi anni abbiamo subito un processo di concentrazione, proprio per questa incapacità del governo Lula di espropriare fazende nelle regioni Nordest, Sudest e Sud.
 
D – Il MST è criticato da settori della sinistra e dell’opione pubblica per un supposto ammorbidimento delle azioni e dell’atteggiamento durante il governo Lula. Che ne pensa?
 
STEDILE: Si tratta di manipolazione ideologica. Tanto da parte della destra che della sinistra. Perché se guardiamo le statistiche, non abbiamo mai fatto tante occupazioni quante adesso, e tuttavia, settori della sinistra come Conlutas (coordinamento nazionale delle lotte, una organizzazione sindacale) e il PSTU (Partito Socialista dei Lavoratori Unificato) dicono che siamo pagati dal governo e l’editoriale dello Estadão dice che, con il governo Lula, siamo diventati dei senza-legge. Quindi, è chiaro, ciascuno interpreta le cose a modo suo, ma noi siamo con la coscienza tranquilla, il nostro ruolo è essere un movimento che fa lotta sociale e la lotta sociale l’abbiamo accresciuta e allo tesso tempo siamo autonomi dal governo. Sfido chiunque a dire che il MST segue le direttive del PT, del PCdoB, o di qualsiasi altro partito come il PSOL, sfido chiunque a dimostrare che il MST è ostaggio delle misure del governo. Tanto che, durante questa settimana, abbiamo occupato il Ministero dell’Economia e in questo momento abbiamo in piedi proteste in 12 stati, varie sedi dell’Incra occupate, perché noi vogliamo che siano risolti i problemi concreti del popolo. Se il nostro obiettivo fosse soltanto avere alti indici di popolarità nell’opinione pubblica avremmo fondato una banda rock.
 
D – Recentemente lei ha affermato che Dilma Rousseff é ignorante sulle questioni agrarie. Perché?
 
STEDILE: La sua formazione tecnica è nel settore energetico. E’ un’economista tipicamente urbana. Penso che sia preparata sulle questioni più generali. Quando ho detto quelle parole partecipavo a un dibattito all’Incra proprio nel giorno in cui il governo ha tagliato del 48% il bilancio per la riforma agraria. E io ho detto, come reazione spontanea, che, durante una crisi di questa tipo, un governo che prende la decisione di tagliare il 48% dei fondi per la riforma agraria, è un governo ignorante, che non sa che la riforma agraria potrebbe essere uno dei principali strumenti, e di quelli più economici, per contenere la crisi nelle campagne. Questa crisi, che ha colpito la produzione di soia, cotone e mais, ha diminuito il prezzo delle commodities e il tasso di profitto dei latifondisti. Chi ha pagato il conto sono stati i salariati rurali. Circa 300.000 hanno perso il lavoro. Dove sono andati? In città. Alcuni già vivevano nelle periferie. Ora se il governo vuole attutire le conseguenze della crisi in ambito rurale potrebbe subito aumentare il bilancio della riforma agraria per dare terra a questi 300.000 lavoratori rimasti senza lavoro.
 
D – In questo periodo, secondo notizie dei giornali, sia la Casa Civile che il Planalto avrebbero cercato di avvicinarsi ai movimenti sociali in vista di una possibile candidatura di Dilma. Siete stati avvicinati?
 
STEDILE: Ci siamo accorti che il PT (a cui Dilma è iscritta) ha moltiplicato riunioni di consultazione dei movimenti, in quanto partito, non in relazione alla candidatura. Così come altri partiti. Noi che siamo un movimento che rivendica la propria autonomia rispetto al governo, agli stati, ai partiti e alla religione, conversiamo volentieri con tutti. Con il PDT, per esempio – io sono molto amico del senatore Cristovam Buarque (PDT-DF) -, con il PCB, PCdoB o PMDB. Abbiamo ottimi rapporti con il governatore del Parana Roberto Requião. Conversare, avere un dialogo, fa parte della democrazia. Non significa essere subordinati. E questa è la politica del MST che adotteranno in generale i movimenti sociali. Dialogo, scambi di opinioni senza subordinazione.  
 
D – tra Dilma e Lula chi cerca più dialogo con i movimenti e quale dei due è più allineato all’agrobusiness?   
 
STEDILE: Si tratta di questioni più legate alle persone. E’ chiaro che Lula ha una storia più intrecciata con i movimenti sociali. E’ frutto della ripresa del movimento di massa tra il 1978 e il 1990. E per questo intorno alla sua persona c’è un grande carisma, che manca a Dilma. E’ chiaro che lui ha maggiore presa tra i movimenti sociali e i poveri delle campagne. Ora la relazione del governo con l’agrobusiness non dipende dal carisma personale, dal comportamento personale, né dalle conoscenze. La relazione con l’agrobusiness dipende da come evolve la lotta di classe in Brasile. Io credo che nei prossimi anni noi abbiamo bisogno e avremo una grande discussione nella società su un nuovo modello di produzione di alimenti e di agricoltura. Perché il modello dell’agrobusiness è fallito. E’ un modello che giova solo alle imprese transnazionali e alle esportazioni. E richiede come prezzo al popolo brasiliano un forte degrado ambientale. Non è per caso che il Brasile è diventato il maggior consumatore mondiale di pesticidi. Nell’ultimo raccolto, abbiamo versato 713 milioni di tonnellate di veleno sul nostro suolo, la nostra acqua e i nostri alimenti. L’agrobusiness è il modello di produzione che espelle manodopera perché adotta la meccanizzazione intensiva. Quindi non c’è spazio per i contadini e per i poveri in questo modello. Il risultato di tutto questo è che può anche accrescere le esportazioni, ma, per il mercato interno, accresce sempre più la produzione di alimenti contaminati. Quindi io credo che la popolazione della città, che è quella che sta mangiando questi alimenti contaminati, che sta subendo l’aumento del cancro e sta soffrendo per le conseguenze di questo processo, così come gli ambientalisti, saranno alleati del MST per cambiare il modello agricolo e rafforzare un altro modello basato sulla riforma agraria e sull’agricoltura familiare.
 
D – Lei ha parlato di ambientalisti, la senatrice Marina Silva potrebbe uscire dal PT e concorrere alla presidenza con il PV. Cosa pensa di questo?
 
STEDILE: Posso dare solo un’opinione personale perché il fatto è molto recente e non ne abbiamo ancora parlato negli organismi del MST. Personalmente vedo di buon occhio e con molta simpatia questa possibilità. Perché viviamo in una società democratica e più candidati alla presidenza ci sono meglio è. Perché questo genera discussione nella società. E uno dei problemi che abbiamo da qui al 2010 è la necessità di discutere progetti per la società. Non basta solo discutere candidature di partiti.  E lo scenario peggiore che ci possa essere per la democrazia brasiliana e per il progetto di società sarebbe arrivare a una congiuntura elettorale in cui la decisione si definisca soltanto tra Dilma e Serra, al primo turno. Per questo, pur essendo iscritto al PT, vedo con molta simpatia altre candidature perché questo da’ ossigeno alla politica brasiliana e obbliga a fare una discussione non sui nomi ma sui progetti. Quindi, una candidatura di Marina porta nel dibattito il progetto che lei sostiene con una centralità molto accentuata sulla sostenibilità ambientale, la produzione di alimenti sani, la conservazione dell’Amazzonia che è la sua regione. E’ questo che è importante discutere. Il numero di voti lo è meno.
 
D – C’è la possibilità di avere tre donne che partecipano alle elezioni, con possibilità di raggiungere il grande elettorato: Heloísa Helena per il PSOL, Dilma per il PT, e forse  Marina Silva per il  PV. Considerando la storia di ciascuna di loro, quale delle tre appoggerebbe nelle elezioni?
 
STEDILE: Io credo che il problema non sia per chi votare. Io credo che noi come movimento sociale e come militanti, dobbiamo sempre stimolare il dibattito politico. La discussione dei progetti. Quindi aspettiamo. Non si possono giudicare solo le persone e le loro biografie. Se noi dovessimo giudicare la biografia dei parlamentari, il 70% di loro non dovrebbe stare in parlamento. Tuttavia il popolo li vota. Quindi io preferisco sostenere l’idea che ci siano più candidati e candidate e che noi approfitteremo di questa pluralità di idee per dedicarci, da qui all’ottobre del 2010, a discutere i progetti.  
 
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Nel 2007, fu data la notizia che il gruppo di Dantas avrebbe acquisito il 51% del capitale della Editrice Três, proprietaria della rivista “Isto È”, ma il negoziato non è andato a buon fine per desistenza dell’editore. Uol Notizie ha cercato l’impresa che, attraverso la sua segreteria giuridica, ha affermato che il gruppo di Dantas non possiede nessuna partecipazione nel capitale della Editrice e ha contestato il riferimento di Stedile al banchiere