Fw: Evo + forte




 
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Vince il progetto di cambiamento della Bolivia


Tito Pulsinelli

Evo Morales ha parlato alla folla festosa convenuta nella Piazza Murillo di La Paz, annunciando il trionfo dell'unità della Bolivia. Si approfondisce il processo di cambio sociale nella nazione che è il cuore amerindio del continente latinoamericano.
La partecipazione di massa al referendum revocatorio ha consolidato il progetto sociale di Evo Morales ed ha sbarrato la strada alle forze più oscure e feudali dell'oligarchia continentale.

Evo è stato riconfermato con un sostegno popolare che sfiora il 64%, ed ha così consolidato la base sociale d'appoggio che lo elesse due anni fa con un consenso del 54%. Di fronte all'entusiasmo incontenibile della gente che ritmava in coro "Evo sicuro, dagli duro", ha sottolineato che questa è una vittoria della Bolivia profonda, ma non solo.
E' un contributo per il Venezuela, Nicaragua, Ecuador, Paraguay e i Paesi che cercano di percorrere nuovi sentieri di maggiore giustizia. E' la consapevolezza che la globalizzazione -senza uno Stato forte e sovrano- è solo una forma di nuova colonizzazione.

Nell'ipotesi di una sconfitta, non è difficile immaginare quale sarebbe ora il trionfalismo mortifero delle oligarchie e dei paggi neoliberisti, già palesato in Argentina dopo la bocciatura della legge sulle imposte agricole.
Le vie di fatto, le congiure di palazzo, i golpes sono armi spuntate che non risolvono più i problemi. Alla Casa Bianca dovrebbero finalmente capire che non basta un ambasciatore trasferito dal Kosovo, nè generosi finanziamenti illegali a sedicenti "ONG". E la megamacchina mediatica non garantisce sempre ed automaticamente i miracoli: la volonta dei potenti non sempre soggioga la volontà collettiva.

Evo ha ribadito che la sovranità boliviana sarà possibile solo se si rafforzerà il controllo sulle viscere della terra: acqua, gas, minerali, ecc. Verranno nuove nazionalizzazioni e continuerà la riforma agraria.
Oggi hanno perso le elites, le forze dell'egoismo illimitato, quelle che da secoli erano abituate ad imporre sempre la propria volontà, perfino i loro desideri più capricciosi e razzisti. Hanno perso i paladini della ricchezza insolente che si fonda sulla povertà umiliante.

Evo Morales ha accumulato più forza, più prestigio ed avrà una superiore capacità di manovra, perchè due prefetti di destra sono stati sconfitti a Cochabamba e La Paz. Si è imposto il "partito nazionale" che difende la sovranità, le risorse e l'integrità della nazione, contro il "partito imperiale" imbarcato nella balcanizzazione.

Gli elettori hanno parlato con chiarezza, ma la partita con le elites feudali purtroppo non si risolverà solo con i voti e la legittimità democratica. I voti sono indispensabili, come un primo gradino di un processo che è più lungo di un ciclo elettorale, che deve portare ad una nuova egemonia sociale capace di dare corpo al progetto della nuova Bolivia. I tempi sono maturi ed oggi si è fatto un gran balzo in avanti.

Mentre esplode la guerra nel Caucaso, che riattualizza il ballo in maschera dei separatismi buoni e cattivi -e l'infinita ipocrisia "occidentale"- la Bolivia ha dato una bacchettata sonora sulle mani dei locali separatisti -foraggiati dagli Stati Uniti- che vorrebbero fare man bassa dei giacimenti situati -guarda caso- nelle loro regioni.
Per Washington è buono il separatismo del Kosovo e della "Mezzaluna", ma è immorale quello della Ossetia e dell'Abkazia.

Nella neolingua tumefatta delle democrazie sempre-meno-rappresentative, c'è una commistione frequente tra "diritti umani" e separatismo.
Dove quest'ultimo è semplicemente un sinonimo di pozzi, giacimenti o aree geografiche per gli oleodotti. I boliviani hanno ribadito che non vogliono ballare al suono di una musica eseguita da orchestre imperiali. Dopo lo stagno non vogliono essere depredati del gas.



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