Fw: sui Cinque



 
----- Original Message -----
Sent: Saturday, December 16, 2006 9:56 AM
Subject: sui Cinque

 

Il libro che accompagnò Fernando    

Rosa Miriam Elizalde*   

 

   

Nella primavera del 2003 intervistai Rafael Anglada, l'avvocato portoricano della squadra di difesa dei Cinque, che ritornava da un viaggio molto impegnativo, che lo portò da un estremo all’altro degli Stati Uniti. In sei giorni fece un itinerario a zigzag dalla Carolina del Sud al Texas, da lì al Wisconsin e poi in California, per terminare in Colorado. Basta guardare un momento la mappa di questo paese per rendersi conto che è una traiettoria da vertigine, che deve essere stato ancora più stressante in pieno alterco da guerra. La ragione della premura dell'avvocato era verificare nuovamente lo stato fisico e spirituale dei nostri compagni che avevano appena passato, l'orribile esperienza del “buco” (isolamento in celle di punizione dove non si vede mai la luce del sole) e dove si spoglia l'imputato di tutte le sue appartenenze e gli è reso impossibile, indiscutibilmente, il contatto con altri esseri umani. 

Incominciava l'avventura senza fine dell'Iraq ed i carcerieri di Antonio, Fernando, René, Ramon e Gerardo avevano fatto attenzione per poter aumentare a loro la dose di sofferenza. Proprio a loro, incarcerati in virtù di flagranti violazioni della legge nordamericana, in un paese di insoffribile retorica antiterrorista, che si lanciava in pratiche di terrorismo di Stato e proteggeva la sua covata di Miami, allegramente scapigliata nelle uniche manifestazioni che si sono prodotte nel mondo a beneficio della guerra, con grida “In Iraq ora; Cuba, poi”. 

Anglada fece un diario personale degli incontri coi cinque ragazzi, scrivendo con caratteri piccoli, in un libretto, i messaggi che loro volevano trasmettere ai loro famigliari a Cuba, con chi quasi nessuno aveva potuto comunicarsi nei giorni di quella terribile reclusione. Uno di loro, Fernando Gonzalez Llort, gli raccontò che poco prima che fosse messo nel buco, un carcerato comune gli prestò due libri: il romanzo di Dostoievski, “I fratelli Karamazov”, ed un altro, al quale mancavano alcune pagine. Questi due esemplari, letti prima da non si sa quanti esseri reclusi dietro le sbarre, furono l'unico lusso che permisero al cubano nella fredda cella di punizione di Oxford, nel Wisconsin. Anglada ha scritto nel suo diario che Fernando, grazie a questi due libri, non si sentì né solo né abbattuto: “guarda, come è importante avere dei libri come quelli”, scrisse Anglada il 28 marzo 2003, e benché non lo dica l'avvocato, è facile immaginare che quelle parole erano accompagnate da una nota di allegria. L’altro libro, quello delle pagine strappate, era niente meno che “Lincoln”, la straordinaria biografia scritta da Gore Vidal. 

Probabilmente non avrei ricordato questa storia, se Eugene Luther Vidal non fosse arrivato a Cuba nella notte del sabato, il Gore Vidal che conosciamo e che adottò più di mezzo secolo fa come nome proprio il cognome del suo nonno senatore per Oklahoma. Però arrivò sull'Isola, e allora, mentre continua girando per questa Avana invernale, ha senso ammettere che alla straordinaria opera che accompagna il suo nome e lo trasforma nello scrittore nordamericano più importante di questa epoca, alla sua indeclinabile onestà intellettuale ed al suo coraggio civico, bisognerà aggiungere la gioia che le sue parole provocano nei lettori dei suoi libri, in particolare a lettori dimenticati, a quelli perseguiti, ai ribelli con causa ed agli ingiustamente imprigionati di questo mondo. Come Fernando che in quel vuoto desolato del Wisconsin fu più libero dei suoi carcerieri, andando e venendo dalla mano di Vidal e di Dostoievski. Niente meno. 

*l’articolo è stato pubblicato nel sito www.antiterroristas.com