Re: [latina] Fidel, fallo per noi non ci lasciare



approvo in pieno !

"Un'altra Colombia \"è\" possibile!" <nuovacolombia at yahoo.it> wrote:
Chiami "ironia" questo farneticolante venditore di fumo?
Questa non è ironia, questa è mancanza di rispetto per una Rivoluzione che ha dato al popolo cubano diritti che tutti gli altri popoli del terzo mondo (salvo alcune eccezioni), tutti insieme, non hanno mai avuto.
 
E poi hai il coraggio di dire che  "autorizzi" la sua pubblicazione?
 
Solo un imbecille, o uno che è in mala fede, può sostenere che siano tutte "cazzate" le denunce relative alla minaccia imperialista nei confronti di Cuba.
 
 
 


Lupi <lupi at infol.it> ha scritto:
A proposito della situazione cubana che si è
venuta a creare dopo la malattia di Fidel Castro
e il passaggio dei poteri al fratello Raul,
ricevo questo breve racconto ironico da Alejandro
Torreguitart (L'Avana, 1989) che diffondo nella
sua traduzione italiana. La diffusione del
racconto non ha scopi di lucro. Autorizzo sin da
ora la sua riproduzione e la pubblicazione su
internet e su carta da chiunque fosse interessato.

Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

Fidel, fallo per noi non ci lasciare

All’Avana non si commenta

Grande notizia oggi in Cubavision. Non ci sono i
cartoni animati prima del Noticiero, hanno
sospeso pure il film americano e la telenovela
sui froci, quella che piace tanto a Mariela e che
io ne farei pure a meno di guardarla, preferisco
Sex and City sul satellite, lo vedo da Paco pure
se è proibito, lui ha trovato il modo. Si trova
sempre il modo qui all’Avana, tutto è proibito ma
tutto è permesso, basta dare la mancia alla
persona giusta, tenersi buono il vicino,
allungare qualcosa al rappresentate del partito.
Ma non divaghiamo che oggi c’è la grande notizia.
Tutto il resto non conta. Fidel sta male, deve
operarsi, pare che sarà una cosa lunga, non
riuscirà neppure a festeggiare il compleanno, ma
stai sicuro che lo fa più in qua, magari mette in
piedi una megafesta con la scusa
dell’anniversario della Rivoluzione, che ormai lo
scrivo maiuscolo per abitudine ma questa cosa qui
mica mi viene bene. Fidel ha lasciato il potere
nelle mani del fratello, un ragazzino di
settantacinque anni, uno che quando apriva bocca
lui lo rimbeccava sempre, della serie tu stai
zitto che non capisci niente cosa ne vuoi sapere
della Rivoluzione, occupati dell’esercito, fai la
guerra con i soldatini, pensa alla Cina e al
modello comunista che va verso il mercato, ma
rompi poco le palle. Insomma, ora come ora questo
ragazzino di settantacinque anni che in
televisione lo vedi sempre con la sua bella
divisa verde olivo stirata di fresco, occhiali da
talpa, baffetti radi, statura mingherlina che
pare il figlio scemo di Fidel sarebbe il
depositario della Rivoluzione. Stiamo messi bene.

“Comanda il partito. Raul non conta niente” dice
Paco, uno che suona con me nell’Esperanza. Lui ha
una voce che quando canta leva di sentimento, ma
oggi non ha tanta voglia di cantare.

“Non so cosa è meglio…” sussurra Pablo che ha
messo da parte la chitarra. Pure lui non prova. Non ne ha voglia.

Manuel se ne sta fermo da una parte a guardare la
sua tromba e la rigira tra le mani come in attesa
di qualcosa che non viene. Armando ha posato
maracas e timbales su un tavolo e sorseggia un caffé.

“La batteria serve a poco se voi non collaborate” dico.

Più mercato e meno Rivoluzione, scrivono i
giornali che vengono da fuori, quelli proibiti
che raccontano le cose come stanno o almeno ci
provano. La Rivoluzione è sempre più forte,
recita il Granma, ma su quello c’era da stare più
che sicuri, per il Granma la Rivoluzione è sempre
mas solida y fuerte, la musica non cambia mai.

“Paco, cazzo, adesso leggi pure il Granma?” dico.

“Che cosa devo fare? Dovrò informarmi in qualche modo…”

“Se t’informi con il Granma sei a posto…”

No, le palle del Granma proprio no, quelle me le
risparmio e se oggi non è giornata e non si prova
finisce che me ne torno a casa e mi metto a
studiare che c’ho un esame di letteratura cubana
tra poco e mica sono preparato. Un amico mio che
viene dalla Spagna m’ha portato l’opera completa
di Cabrera Infante e io me la sono letta quasi
tutta, pure se lo so che nell’esame di
letteratura mica ce la trovo, non serve a niente.
Magari dovrei studiare Abel Prieto e la narrativa
contemporanea, quella che piace tanto al partito
perché sta dentro alla Rivoluzione, come ha detto
Fidel. Dentro la Rivoluzione tutto, fuori dalla
Rivoluzione niente. Preferisco fuori, comunque,
anche perché non riesco mica più tanto a capire
che cosa sarebbe questa Rivoluzione, vorrei
essere così sicuro di difenderla come chi non la
deve subire, ché loro ci riescono bene, non hanno
la tessera, non devono fare i conti con il riso
che manca dopo sette giorni e con i fagioli da
risparmiare. Sarei rivoluzionario pure io se
mangiassi bistecche ogni giorno, guarda, sarei un
compagno perfetto, crederei a tutto quello che
dicono, al pericolo che viene dagli Stati Uniti,
alla prossima invasione, alla minaccia americana,
all’embargo che è la sola causa dei nostri
problemi. Credo a tutto, Raul. Te lo giuro. Però
dammi da mangiare un po’ di carne, magari già che
ci sei trovami pure un vestito nuovo, ché questa
camicia bianca e i pantaloni sono consumati, più
li lavo più si strappano, magari dammi anche un
paio di scarpe nuove che queste sono tutte
rattoppate, magari vedi se m’insegni come fare
per arrivare alla fine del mese con cinque
dollari in tasca. Magari è meglio se me ne sto zitto. Magari.

E insomma, gira picchia e mena, me ne torno a
casa che le prove non le ho fatte, il concerto
chissà se lo faremo, forse i turisti che c’hanno
chiamato si faranno vivi e noi improvviseremo
Hasta siempre comandante, tanto si sa che
vogliono quella, specie se sono italiani, e a me
viene sempre la voglia di fare il rap di Rey el
vikingo, quello che dice Hasta cuando comandante,
sarebbe più in tema, ma tanto per cambiare è
proibito, mica si può. Torno a casa e penso
ancora alla notizia del giorno, quella che tutti
si sussurra e nessuno c’ha il coraggio di
affrontare. Mica sarà morto davvero, penso. Mica
ci lascerà nelle mani del partito comunista? Mica
ci farà governare dal fratello che pare un
cartone animato e quando ride sembra Speedy
Gonzales? Non lo so cosa succederà ancora. Non lo
so proprio. Forse niente come al solito e lui
ritornerà come prima, magari malato, stanco, lo
sentiremo dire le solite cazzate di sempre, la
minaccia americana, l’embargo, la Rivoluzione mas
solida y fuerte, il coraggio di Cuba. Sì, lo so
che sono tutte balle, ma dette da lui hanno un
altro sapore e magari si sopportano meglio.

Fidel, fallo per noi. Non ci lasciare.


Alejandro Torreguitart - L’Avana, 7 agosto 2006

Traduzione Gordiano Lupi - diritti riservati

Alejandro Torreguitart Ruiz (L’Avana, 1979). Ha
esordito in Italia con Machi di carta -
confessioni di un omosessuale (Stampa
Alternativa, 2003) che ha avuto un buon successo
di critica e di pubblico. A gennaio 2004 ha
pubblicato il romanzo breve La Marina del mio
passato (Edizioni Nonsoloparole - Napoli) e a
maggio 2005 il romanzo di ampio respiro Vita da
jinetera (Il Foglio - Piombino) sul mondo della
prostituzione. Sono in attesa di pubblicazione:
Bozzetti avaneri, una raccolta di racconti che
non sono racconti e La casa del piacere - notti
di sesso all’Avana, storia di vita quotidiana
nella Cuba del periodo speciale tra jineterismo e
arte di arrangiarsi. Alcuni suoi racconti di
impronta politico-esistenziale sono stati
pubblicati da quotidiani e riviste. Gordiano Lupi
è il traduttore e il titolare per lo sfruttamento
dei diritti sulle sue opere in Italia e per l’Europa.


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