diritti violati in Argentina



Argentina, il nobel Pérez Equivel contro Benetton i conquistadores

Benetton, con i suoi annunci pubblicitari, ha sempre dato l'idea che
comprare uno dei suoi maglioni avrebbe in qualche modo contribuito alla
comprensione tra culture diverse e al benessere dell'umanità. Probabilmente
non vi è società al mondo più sensibile all'accusa di voler anteporre il
profitto al rispetto umano e di voler calpestare i diritti dei popoli
indigeni. Però il suo presidente ieri è stato costretto a difendersi da
queste e peggiori accuse lanciategli da una delle figure più autorevoli del
Sud del mondo, il premio nobel argentino Adolfo Pérez Equivel. In una
lettera aperta pubblicata in Argentina lo scorso fine settimana il premio
nobel per la pace del 1980 ha duramente attaccato il presidente della
Benetton, Luciano Benetton, per lo sfratto di una famiglia di indiani
Mapuche dalla terra di loro proprietà in Argentina. Pérez Equivel lo ha
accusato di agire «in base alla stessa mentalità dei conquistadores» e ha
aggiunto: «non bisogna per forza usare le armi per raggiungere determinati
obiettivi. Si può uccidere allo stesso modo anche usando il denaro».
Questa sortita ieri ha provocato una seconda lettera aperta da parte di
Benetton pubblicata da "la Repubblica". In questa lettera Benetton
ringrazia Pérez Equivel per il suo messaggio «franco e diretto», ha accolto
il suo invito ad incontrarlo, ma ha rifiutato di rivedere le proprie
posizioni.  «Non abbiamo fatto che seguire le regole economiche in qui
crediamo», ha detto Benetton la cui famiglia, secondo Forbes, è al
centesimo posto della classifica dei più ricchi del mondo. All'origine di
questa disputa con conseguenze potenzialmente enormi è un lotto di terra
nella splendida regione della Patagonia che copre appena 385 ettari dei
900mila di proprietà Benetton in Argentina. L'impresa di proprietà della
famiglia italiana ha acquisito vasti possedimenti nel '91 nel momento in
cui molti stranieri venivano attratti in Patagonia dal regime economico di
liberalizzazioni e dai prezzi stracciati della terra. Molta della materia
prima con cui Benetton confeziona i suoi maglioni trae origine dal vello
degli ovini allevati nei possedimenti di famiglia della Patagonia. Nel
2002, una coppia Mapuche, Atilio Curinanco e Rosa Naheulquir e i loro
quattro figli si sono trasferiti su un appezzamento che si trova in una
delle cinque tenute dei Benetton. Curinanco e la moglie sostengono di aver
ricevuto, dopo aver atteso sei mesi una risposta ufficiale alla loro
richiesta dei diritti di insediamento, ricevuto un via libera verbale da
funzionari governativi. Secondo quanto riportato dai media argentini la
coppia ha lavorato la terra, ha ripulito i confini e si è costruita una
casa di residenza. Ma trentotto giorni dopo è arrivata la polizia a
sfrattarli. [.] Pérez Equivel chiede a Benetton: «Chi è che ha comprato la
terra da Dio? La popolazione locale chiama il tuo ranch "la Gabbia". Con il
filo spinato ha intrappolato il vento, le nuvole, le stelle, il sole e la
luna. E' scomparsa la vita perché tutto si riduce al suo valore economico».
Ma nella sua risposta di ieri il presidente della Benetton controbatte: «In
questo mondo terreno e ora globalizzato, la proprietà fisica come la
proprietà intellettuale, appartiene a chiunque possa costruirla con abilità
e industriosità, favorendo così la crescita e lo sviluppo degli altri».
Nella sua intervista a "la Repubblica" Pérez Equivel sostiene che il suo
vero nemico non è Benetton, ma lo Stato argentino che ha ceduto la terra
che apparteneva in primo luogo ai Mapuche. Comunque aggiunge: «Luciano
Benetton deve capire che ha commesso un'ingiustizia e che una sentenza di
Tribunale non mette fine alla disputa. L'intera comunità Mapuche è pronta a
dare battaglia. Porteremo il caso alla Corte di giustizia inter-americana e
presso tutti gli organismi internazionali che salvaguardano i diritti umani.

John Hooper da "The Guardian" del 14 luglio 2004