Fw: idea!



ho ricevuto per caso questa storia, e' un po' lunga ma i invito a leggerla
per capire meglio in che paese viviamo e quanto di peggio ci aspetta.
Nello
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Cari amici,

Vi prego di leggere con calma e attenzione l¹incredibile avventura che
purtroppo ho vissuto per 25 ore a Roma.

Questa lettera sarà pubblicata su diversi giornali e mercoledì prossimo sarà
sollevata una interrogazione parlamentare sul caso dall¹ On. Walter De
Cesaris e dall¹ On. Vincenzo Siniscalchi. Diffondete la notizia il più
possibile. Che si sensibilizzi l¹opinione pubblica su un caso di
incomprensibile indifferenza, ingiustizia, cattiveria gratuita.

Grazie a tutti per l¹aiuto



La storia.

Mi chiamo Amilcare Astone,

ho 25 anni, napoletano.



Quest¹anno dopo la mia laurea in Giurisprudenza ho intrapreso un viaggio di
tre mesi (zaino in spalla) attraverso gran parte del continente sudamericano
(Ecuador, Perù, Bolivia, Cile e Argentina) che è risultato essere una delle
esperienze più istruttive ed emozionanti da me mai vissute: 15 mila
chilometri di strade e campi che mi hanno portato a conoscere e a vivere con
parte di quel 20% più povero della popolazione mondiale che si nutre di
appena l¹1% delle risorse disponibili (solo in Sudamerica su 416 milioni di
abitanti 216 sono poveri, esseri umani che vivono con un reddito giornaliero
al massimo di 2 dollari al giorno).

In Ecuador conobbi un gruppo di contadini indios che per due dollari
suonavano nei ristoranti della località in cui mi trovavo. Diventammo subito
amici, anche perché  a causa della scarsissima presenza di turisti spesso
suonavano in bar deserti dove io ero l¹unico ospite.

Una sera due fratelli del gruppo mi invitarono a conoscere  il loro pueblo.
Colsi l¹occasione al volo e così ho trascorso dieci giorni come unico ospite
³bianco² in un villaggio di contadini e artigiani indios tra le ande
ecuadoriane. Dieci giorni ³indimenticabili² in mezzo ai ³dimenticati² del
mondo che mi hanno fatto capire per davvero cosa vuol dire la parola
dignità. Ho vissuto insieme a persone che non hanno nulla se non una storia
di miseria e   i n g i u s t i z i e   vergognose, inaccettabili.

Gente che non ha nulla e che lo ha diviso con me.



Tornato qui in Italia ho deciso insieme con la mia famiglia e amici di dare
la possibilità a Juan e Josè (questi i loro nomi) di realizzare un gruzzolo
di soldi per costruirsi una casa diversa dalla baracca senza bagno né
pavimento in cui vivono con il resto della famiglia (la doccia la facevamo
con i secchi d¹acqua fredda all¹aria aperta, in mezzo alla loro terra, e il
papà e la mamma non hanno neanche le scarpe ai piedi). Decidiamo quindi di
farli venire in Italia.



Contatto la Questura di Napoli e nonostante formalmente inutile mi preoccupo
di mandare ai ragazzi e all¹ambasciata ecuadoriana in Italia una carta di
invito con la quale mi assumevo tutte le responsabilità del caso. Tramite
questura sempre mi dicono che i due non hanno problemi e che con il mio
appoggio economico tutto sarebbe andato liscio. Raccolgo gran parte dei
soldi necessari per il biglietto aereo (il resto lo hanno avuto tramite una
colletta a cui tutti ­dico tutti- gli abitanti del villaggio hanno
partecipato) e dunque fisso la data di arrivo dei due.



       Il fatto.

Il 10 aprile 2001 i due ragazzi ecuadoriani dopo circa diciotto ore di
viaggio finalmente arrivano alle 8 e 10 del  mattino a Roma. Io e Eugenio
(un compagno di Napoli) siamo lì ad aspettarli. Il sogno è quasi realtà.

Un¹ ora di attesa e finalmente vedo uscire uno dei due fratelli indios
accompagnato da un poliziotto. Entro dentro con loro e qui c¹è un primo
controllo. Devono compilare una carta, ma poiché hanno difficoltà a capire
scrivo io  per loro. In un clima di felicità glisso alla voce ³Quanti soldi
ha con se?² perché ridendo con loro dico ³ma non hanno capito che li ho io i
soldi per voi adesso?².

Dopo pochi minuti un agente esce e dice che uno dei due fratelli non è
ammissibile in tutto il circuito Scenghen fino al 2003. Perché? Perché nel
1997 suonava per strada in Germania senza autorizzazione. Espulso. Doccia
fredda. ³Non è possibileS, a Napoli mi è stato detto che era tutto ok, che
quella faccenda della Germania -cosa di cui ero già stato avvertito dai
ragazzi- non rappresentava pregiudiziale alcuna² dico stupito.

³Mi dispiace ma io già le ho detto troppo² risponde secco l¹agente. ³Vada
sopra e si rivolga al capoturno. E¹ lui a decidere² e chiude la porta.

Corro sopra per chiedere spiegazioni. Due ore di attesa. Intanto tramite
compagni ed amici parlo con l¹On. Siniscalchi il quale mi dice che avrebbe
contattato il sottosegretario agli interni. Parlo con un primo ispettore
capoturno (quello della mattina), il quale dice che non può nulla: la legge
è legge. Ancora attesa e telefonate.

Alle ore 17 ritorniamo all¹attacco con il secondo ispettore capoturno
(quello del pomeriggio). E¹ meno disponibile del primo.

Intanto mi permettono di vedere gli amici ecuadoriani chiusi in un¹auletta
dell¹aeroporto: hanno gli occhi rossi, non capiscono cosa succede. Sono
sconvolti, mi abbracciano impauriti ³Non ci lasciare qui! Portaci via con
te, vogliamo abbracciare la tua famiglia!²

Sempre tramite compagni ed amici espongo il caso all¹On. Walter de Cesaris,
il quale riesce a parlare con l¹ispettore al telefono.



Alle ore 19 l¹ispettore mi chiama e dice che per il primo non è possibile
fare niente, che per il secondo dovrei firmare un¹assunzione di
responsabilità intimorendomi circa i rischi di una  condanna per
favoreggiamento della immigrazione clandestina eccS

Sma all¹improvvisoS colpo di scena:

Lo stesso ispettore esce dalla saletta del dirigente (il capo) annunciando
seccamente che neanche per il secondo è possibile l¹ammissione. Con il
sangue gelato ne apprendo le motivazioni:

³Perché   n o n  h a  s o l d i   per mantenersi, ha rilasciato una
dichiarazione e la legge parla chiaro: chi non ha soldi non entra!².

³Non è possibile!² rispondo trasalito ³Lui li ha i soldi, gliel¹ ho detto io
di dire che non ha nulla perché volevo che i ragazzi sapessero sin dal primo
momento che potevano disporre dei miei soldi e che non avrebbero mai avuto
bisogno di utilizzare i loro² e insisto ³Allora accendo subito un conto
corrente. Ecco qua, i soldi ci sono² e metto fuori una carta di credito e
alcune banconote da centomila.

³Purtroppo non c¹è più niente da fare² aggiunge asettico l¹ispettore ³La
prima dichiarazione è quella che vale. I suoi amici se ne devono andare!!²

L¹imploro di capire che si tratta di un caso umano.

Il mio interlocutore allora mi suggerisce di fare interferire all¹indomani
la segreteria di un politico ³Può darsi che il capo si ammorbidisce².

³Ma non è giusto! Il ragazzo deve uscire senza che nessuno interferisca per
lui!² ³Non potete trattarli così questi ragazzi, sono persone, non animali.
Sono lì dentro da 12 ore. Dateci il ragazzo, per piacere² incalza Eugenio.

³Ora basta!² urla l¹ispettore ³Mi avete indisposto, andate fuori e non si
discuta più! Fuori!² Alcuni giovani poliziotti intervengono in gruppo e
frapponendosi tra noi e l¹ispettore sentenziano: ³Fuori. Dovete andare
fuori. Via!Via!² ³MaSispettoreS!² ³Ho detto fuori! Fuori!²

Richiamo De Cesaris: ³Siamo alla beffa! Non è possibile!²

Ore 20. L¹ufficio chiude. Accompagno Eugenio alla stazione, lui torna a
Napoli in treno. Io nottata d¹attesa. Morale a picco.

All¹indomani risento l¹On. De Cesaris.

Comincia quindi un giro di estenuanti telefonate tra me,l¹On De Cesaris, mia
madre implorante e il posto di frontiera di Fiumicino. L¹On. chiama e
richiama ma loro (i poliziotti in servizio) non rispondono. Il tempo passa.
De Cesaris riesce a parlare.

Una poliziotta esce dalla saletta dei bottoni e dice ai colleghi ³Chi sono
questi Masaquiza?²  ³Ah si², fa uno di loro ³sono già partiti² ³Ah cazzo, e
mo¹ che dico all¹ Onorevole? Io gli ho detto che sono ancora qui!²  ³Digli
cheS niente, che te frega dell¹Onorevole!²

Io sento tutto, sconvolto.

³C¹è un errore!² urlo disperato. ³Uno dei due non deve partire² ³C¹è un
errore!²

³Ma chi è questo?² fa uno di loro appena arrivato rivolgendosi verso me
³Aoh, ma chi sei tu che decidi? Stai zitto e facce lavorà. Vai fuori!²



Dopo 25 ore di attesa apprendo incredulo, con il volto rigato dalle lacrime,
che i due amici indios sono stati rispediti al loro paese. A casa. Respinti.

Ultima telefonata a De Cesaris ³Ci hanno preso in giro, avevano già deciso
tutto!²

Ultima telefonata a Siniscalchi ³Non finisce qua!²

Ultima telefonata a casa ³Vieni a casa amore, non ti sentire in colpa, ce
l¹hai messa tutta².

E¹ finita.

Mi metto in macchina e torno a Napoli da solo.

Preso in giro. Distrutto. Sconfitto.





Breve riflessione.

Le nostre speranze e soprattutto le loro, quelle di due contadini musicisti,
miei fraterni amici si sono infrante.

Nel momento in cui scrivo sono passate altre 24 ore dalla loro partenza. La
mia mente non riesce a staccarsi dall¹immagine di quei due ragazzi dagli
occhi di cervo, buttati là in un¹auletta come due animali braccati. Il mio
pensiero va anche a quella povera gente del loro villaggio che ha rinunciato
forse all¹unico umile pasto per aiutarli e a tutte le persone che come loro
vedono infranto il sogno di una vita migliore solo perché sono nati lì
(certo non per scelta), nel mondo degli spogliati della vita.



Questi sentimenti di struggente dolcezza si tramutano in rabbia quando penso
a quei poliziotti che sembravano quasi divertirsi di fronte a quel dramma,
alle loro frasi che ne dimostravano l¹insensibilità, la totale indifferenza:
³Ma perché non se ne stanno al loro paese questi ecuadoriani?²

E poi ancora ³Mi tolga una curiosità: ma che ve frega a voi di sti
ecuadoriani? Sta gente è meglio rimandarla a casa, se no si piazzano qua e
non se ne vanno più².



Il senso di disfatta che si è impadronito di me in seguito alle vicende
suesposte non mi impedisce di continuare a lottare: non posso ora più che
mai abbandonare i miei amici.



CHIEDO PERTANTO

Che la società civile si unisca a me e alla mia famiglia in questa lotta a
favore dei diritti delle minoranze.

Che giustizia venga assicurata affinché:

1) per Juan Masaquiza possa essere cancellata l¹inammissibilità Scenghen
data l¹assoluta irrilevanza della motivazione (suonava per strada senza
autorizzazione)

2) Josè Masaquiza possa essere libero di venire in Italia ospite presso
quelle persone che si sono mostrate nei fatti disposte ad accoglierlo e ad
aiutarlo.



Resto in attesa di un riscontro e mi dichiaro pronto a compiere ogni passo
necessario ad un epilogo positivo di questa che rischia altrimenti di
restare una pagina di grande sconfitta e indifferenza per una qualsiasi
società che si voglia dichiarare civile, multietnica, solidale con i più
deboli.



Appoggiatemi in questa battaglia (magari suggerendomi qualche forma di lotta
che non siano quelle già intraprese)

Che la mia lotta sia la lotta di tutti!

Che il sogno di questi ragazzi (e -permettetemi- di tutti i poveri del
mondo) sia il sogno di tutti!

CHE LA GIUSTIZIA PREVALGA!!



Grazie per l¹attenzione prestata
Amilcare Astone


Per info e suggerimenti scrivetemi a:

amilcareastone at libero.it