Venezia - Liberalaparola



Venezia - Liberalaparola: una scuola particolare
tratto da Terra a Nordest

A Marghera, nei locali del Centro sociale Rivolta, studenti di tutto il mondo possono imparare l'italiano. Senza che nessuno chieda documenti. Perché apprendere la nostra lingua è considerato un diritto che non può avere restrizioni
Muzno e Sumon vengono dal Bangladesh, come la maggior parte degli studenti che frequentano la scuola di italiano Liberalaparola, al numero civico 45 di Via Fratelli Bandiera, a Marghera, nei locali del Centro Sociale Rivolta. Quella del Bangladesh, del resto, è una delle comunità più numerose dell'intera provincia di Venezia. Muzno e Sumon sono stati i primi due studenti ad arrivare, nell'autunno del 2008, dopo aver letto i volantini lasciati sui banconi degli internet point o appesi nei vari negozi "etnici" della terraferma veneziana: «Scuola di italiano per tutti e tutte. Gratis. Non serve il permesso di soggiorno». «Li distribuivamo anche sugli autobus o nei mercati - ricorda Anna, una delle prime insegnanti - è bello avere un motivo del genere per fermare le persone per strada. Offrirgli qualcosa senza chiedere nulla in cambio. In un periodo come quello che stiamo vivendo è un vero atto politico.

La gente intorno ti guarda male per il solo fatto che parli con un 'immigrato'. E tu allora lo fai ancora più volentieri, perché capisci che proprio da gesti piccoli come questo puoi davvero cambiare le cose». All'inizio la scuola ha cominciato a funzionare timidamente, un esperimento dagli esiti incerti: nel Comune del welfare per eccellenza, quello di Venezia, era in qualche modo rischioso aprire un altro servizio di insegnamento della lingua italiana. Fin da subito, invece, Liberalaparola è diventata una realtà irrinunciabile, per i "maestri" che l'hanno costruita e per gli "studenti" che hanno iniziato a viverla. Nell'autunno appena trascorso, i volantini sono stati distribuiti solo durante la prima settimana. Dopo pochi giorni gli studenti sono diventati addirittura troppi e gli insegnanti, da quattro dei primi mesi, hanno superato la quindicina e il loro numero continua a crescere. Chi entra dentro il Centro Sociale Rivolta, per uno dei concerti o delle tante iniziative che lo spazio offre, incontra infatti quasi subito un grande pannello che spiega: "qui c'è una scuola di italiano e noi cerchiamo sempre insegnanti. Non serve avere esperienza: si impara!".

È vero, ci sono altri luoghi a Marghera e a Mestre dove persone di origine straniera possono imparare la lingua italiana. Ma nessun posto ha le caratteristiche della scuola ospitata al Rivolta. Liberalaparola non è finanziata da alcun ente, ma neppure è un'esperienza segnata da atteggiamenti caritatevoli o assistenziali. Si tratta di un luogo di condivisione reale, dove le cose funzionano perché alla loro base esiste una collaborazione concreta. "È la nostra scuola", dicono gli studenti che tre volte alla settimana, con qualunque condizione atmosferica, arrivano a sedersi ai banchi delle due piccole stanze sempre stracolme. Il fatto che, dall'autunno del 2009, il loro numero sia incredibilmente aumentato ha certamente molteplici cause. Moltissime persone che fino a qualche mese fa avevano un posto di lavoro come operai, camerieri, muratori, lo hanno perduto e adesso hanno molto più tempo forzatamente libero. La scuola di italiano, per molti di loro, è rimasta l'unico investimento possibile su un futuro che appare sempre più lontano.

L'altra ragione, probabilmente, è che da quando le nuove norme del "pacchetto sicurezza" targato Maroni sono entrate in vigore, per i tutti i migranti la quotidianità è diventata sempre più dura. Il clima di restrizione che si respira ovunque ha portato a un aumento dei controlli da parte di molti degli enti che si trovano ad erogare servizi sociali, e trovare luoghi dove potersi sentire veramente liberi, senza bisogno di consegnare i propri dati o di riempire schede identificative è sempre più raro. Al Rivolta, evidentemente, nessuno chiede i documenti a nessuno. Imparare la lingua italiana viene semplicemente considerato un diritto indiscutibile che non può avere restrizioni. Basta arrivare e sedersi. Non sempre ci sono i soldi perché a tutti venga consegnato un quaderno o un libro da portarsi a casa - ci si arrangia come si può - eppure è raro che qualcuna delle persone arrivate per imparare, una volta entrata, non torni anche la volta successiva.

C'è tanta improvvisazione, certo. In una scuola del genere è praticamente impossibile precostituire classi rigide che portino avanti un programma prestabilito. Qualcuno trova lavoro per una settimana, e allora quella successiva avrà bisogno di recuperare, qualcun altro torna nel paese d'origine per un mese, altri ancora, vista la pesante crisi economica, per sempre. E allora, ad ogni lezione, occorre riorganizzare i gruppi: se ne creano anche cinque, sei, sette contemporaneamente, perché i livelli sono ogni volta diversi e c'è chi è analfabeta anche nella propria lingua e chi invece vuole ormai studiare gli articoli della Costituzione italiana. La scuola è gratuita, ma questo non significa che ciascuno non dia il proprio contributo, come può. Chi trova un lavoro a volte compra dei quaderni per gli altri, o dà qualche soldo da mettere nella cassa comune. Tutti, indistintamente, partecipano alle iniziative necessarie all'autofinanziamento.

L'ultima è stata la cena del 12 dicembre scorso, quando l'Osteria del Rivolta si è riempita dei profumi di pietanze afgane, bengalesi, senegalesi. In trenta, per ore dentro una cucina, a preparare i piatti al ritmo di una musica suonata con i coperchi delle pentole, tutti insieme per la loro scuola, dentro un progetto comune. Anche le età sono le più varie: Samir ha 18 anni appena compiuti, e quando è arrivato a scuola era appena minorenne. Le prime settimane riusciva a stento a salutare in italiano, adesso mette in difficoltà gli insegnanti con domande di grammatica avanzata sui periodi ipotetici. La scuola Liberalaparola, però, è innanzitutto una scuola a bassa soglia, dove chi non ha nessuno strumento per orientarsi in Italia può trovarne qualcuno: salutare, chiedere l'ora, ma soprattutto sapere dove si trova la questura, o cosa c'è scritto su un permesso di soggiorno, ma anche come funzionano le leggi sull'immigrazione e sull'asilo.

Roton è arrivato l'anno scorso, dopo un lungo girovagare. All'inizio non aveva in mano nulla tranne il suo passaporto e i documenti che attestavano le sue due lauree. Fuggito dal suo paese con un biglietto aereo per la prima destinazione possibile pur di salvarsi la vita, ci ha messo settimane prima di raccontare la sua storia. Sono state le insegnati di italiano di Liberalaparola a capire che lui aveva ogni diritto di chiedere e ottenere asilo politico, ad accompagnarlo in Questura, a trovargli un posto in un centro di accoglienza. La scuola di italiano non è uno sportello rivolto a qualunque migrante in cerca di una mano, ma è normale che, all'interno di una simile esperienza, si innestino dinamiche profondamente umane, di sostegno e fiducia reciproca. Più di qualcuno tra gli studenti, del resto, dalle parole dei suoi insegnanti ha acquisito maggiore coscienza dei propri diritti o di alcuni soprusi subiti e, soprattutto, della possibilità, a volte, di ribellarsi alle ingiustizie o agli episodi di razzismo.

Troppo basso resta ancora il numero delle donne che vengono per imparare, segno del fatto che molte barriere siano ancora da superare e che questa scuola ha ancora un lungo percorso da compiere. Più di un pregiudizio reciproco, però, è stato già abbattuto dentro quelle pareti: avere delle maestre di italiano donne, ad esempio, per una popolazione studentesca in maggior numero composta da uomini musulmani, ha contribuito a reimpostare alcuni rapporti di genere e a forzare delle rigidità, magari scherzando sopra, con delicatezza, a quelli che fino a un attimo prima erano dei tabù.

Laicità, collaborazione, socialità fatta di condivisione, ma anche regole comuni e rispettate per far sì che un'esperienza così particolare possa vivere e strutturarsi. In una fase storica in cui anche la solidarietà è diventata un crimine, quando leggi dello Stato istigano alla reciproca diffidenza e alla delazione diffusa, azioni che fino a qualche anno fa venivano considerate segno della più elementare umanità appaiono adesso gesti di opposizione e disobbedienza: è così che una scuola di italiano, aperta a chiunque abbia voglia di attraversarla, per un giorno o per mesi, può diventare realmente un'esperienza di frontiera, da cui si diramano nuovi percorsi liberati dalle paure indotte e dai ripiegamenti identitari. Liberalaparola, non a caso, è dentro la mappa della Venezia Libera, in cui sono segnati tutti i luoghi in cui il razzismo e la paura non trovano spazio, e quelli che li propagano sono i soli a non avere diritto di cittadinanza.
La scuola di italiano Liberalaparola è aperta tutti i martedì dalle 19:30 alle 21 e i giovedì dalle 10:30 alle 12 e dalle 19:30 alle 21.

Per informazioni:
razzismostop_ve@ globalproject.info

di Alessandra Sciurba