Le religioni e la Pace



 

Cercherò di mostrare la possibilità di realizzare un’etica di pace attraverso la collaborazione delle religioni esistenti nel mondo. L’Articolo di Marescotti sulle guerre sante mi è stato di stimolo nell’impiantare questa riflessione.

Sarà mia cura non appena possibile inviarvi un dossier su quanto è stato fatto a livello mondiale in merito alla pace dai capi religiosi negli ultimi vent’anni. Rifletterò soprattutto su quei bellissimi documenti quali “Dichiarazione per un’etica mondiale”, “Appello alle istituzioni”.

 

Per adesso mi limito ad esporre la secolare tradizione cristiana e non, in sintesi, su guerra e pace.

 

In effetti la tensione tra le cosiddette tradizioni che appoggiano la “guerra giusta” e quelle “pacifiste”, all’interno non solo del cristianesimo ma di tante altre religioni, è sempre viva. Cominciamo dalla tradizione cristiana.

 

La tradizione cristiana

La “guerra giusta”

Queste norme che andrò ad esporre risalgono al periodo della Chiesa di Stato Costantiniana laddove distinguiamo uno jus ad bellum ed uno jus in bellum. Rispettivamente: quando bisogna entrare in guerra? E come comportarsi in guerra? È un vero e proprio codice normativo che ci è stato tramandato fino ai nostri giorni sotto certi aspetti.

 

Per quanto riguarda lo jus ad bellum:

  1. deve sussistere una giusta causa che non sia di ritorsione o vendetta
  2. deve essere dichiarata da un’autorità pubblica o legittima
  3. entrambe le parti in conflitto debbono dichiarare se è ammissibile il sacrificio di vite umane vista la situazione
  4. non deve essere contemplata una distruzione del nemico e soprattutto una repressione dell’innocente
  5. i costi devono essere proporzionati al bene che si spera di ottenere
  6. devono esserci condizioni di un probabile successo
  7. deve essere l’ultima ratio

 

Per quanto riguarda lo jus in bellum:

  1. quali tattiche? Quali vantaggi?
  2. non attacchi contro obiettivi civili

 

Ma questa dottrina della guerra è più che altro sintomo dell’esigenza da parte della Chiesa di adattarsi all’ambiente circostante, ma soprattutto al suo essere uno “stato”.

Nell’XI sec. Diverse tradizioni ed istituti cercarono di limitare i conflitti armati (la Tregua di Dio e la Pace di Dio). Sono vere e proprie indicazioni pastorali, discusse anche in alcuni sinodi, che erano espressone del fermento di pace che promana dall’evangelo. La tradizione francescana si farà portavoce illustre di questo fermento. Nonché altri movimenti ereticali saranno estremisti nel condurre la loro propaganda pacifista.

 

 

 

La tradizione pacifista

La espongo quale è stata formulata dal FELLOWSHIP OF RECONCILIATION, organizzazione ecumenica per la pace fondata negli Stati Uniti nel 1915 .

L’amore e il bene vincono il male. No alla guerra. No al male come risposta al male.

Nella più ampia tradizione storica cristiana, i più pacifisti sono il movimento dei Quaccheri. Ma soprattutto negli ultimi cinquant’anni, in numerosi documenti magisteriali ed encicliche si è ponderata molto attentamente l’eventualità di una “guerra giusta” fino quasi ad escluderla del tutto. Lo stesso Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes) ha ripreso il concetto ma ha ammonito sui probabili disastri che potrebbe arrecare una guerra nucleare. Ricordo anche la “Pacem in Terris” di Giovanni XXIII, enciclica testamento del suo pontificato. La pace viene ivi descritta non solo come assenza di guerra e di combattimento ma come “giustizia di Dio” da realizzarsi su questa terra e primo dono del Risorto ai credenti e agli uomini di buona volontà.

Paolo VI, ereditò la profezia di Giovanni XXIII e intese la pace come il nucleo di tutto il vangelo che risulta essere “vangelo di pace”.

Richiamo ora alcuni documenti magisteriali ed Encicliche sulla pace:

  • Populorum Progressio (1967): il nuovo nome della “pace” è lo sviluppo dei popoli
  • La S. Sede e il disarmo (1976 e 1978) presentati all’ONU
  • Discorso all’ONU del 4 ottobre 1965
  • Messaggi per la giornata nazionale della Pace

 

Il magistero di Giovanni Paolo II sotto questo punto di vista è straordinariamente ricco. Chi avesse bisogno di informazioni mi può contattare. Richiamo solo alcuni echi che tale magistero ha avuto ad esempio tra i vescovi USA o tedeschi di cui abbiamo:

·        La sfida della pace (Usa)

·        Effetto della giustizia sarà la pace (Germania)

 

Punti fermi sono:

 Il valore positivo della pace (che non è solo assenza di guerra) come un dono grandissimo per un popolo o per la terra intera. Una visione biblica della pace, insomma. -  Stretto collegamento tra azioni di pace ed educazione alla pace. -  Analisi della violenza: cosa conduce alla violenza? Come fermarla?  - Stop alla corsa agli armamenti.  - Elaborazione di nuovi principi etici in merito alla “legittima difesa”.

Punti su cui vi è da discutere ancora: la deterrenza nucleare

 

La tradizione non cristiana

(mi scuso per il semplicismo con cui andrò ad esporre certe realtà)

  • Il Buddha è stato un tenace sostenitore della forza e della violenza…ma solo se c’è una giusta causa. Ma anche nel Buddismo come nel cristianesimo è da privilegiare l’uso della non-violenza: un ‘autorità deve essere capace di recare pace al suo popolo per via della sua statura morale e non per imposizione della forza.

 

  • Anche per il Confucianesimo la forza e la violenza debbono essere subordinate al principio della giustizia. La pace nasce dall’impegno civile di ogni persona nello sforzo di conseguire la giustizia. Ricordo che il Confucianesimo è più assimilabile ad una filosofia che ad una religione

 

  • Nel Taoismo vige la logico della sottomissione e dell’umiltà. Ogni sovrano deve essere umile e per questo la forza sarà la sua ultima ratio. Non deve autoaffermarsi, non deve avere volontà di dominio.

 

  • La Shalom Ebraica racchiude la concezione buddista e quella taoista (non violenza e non autoaffermazione). Vige anche la possibilità della obiezione di coscienza. È ammessa infatti la guerra quando è mossa per autodifesa da parte di Israele. Le guerre difensive (come quelle del re Davide) sono combattute per difendere Israele. Tuttavia la storia di Israele ha conosciuto anche guerre offensive come quelle poste nei confronti dei Cananei e che sarebbero state comandate da Dio. Nel caso di una guerra giusta: questa viene combattuta perché possa essere raggiunta la Shalom (l’era messianica di giustizia e di pace).

 

  • Lo jihad islamico è un concetto molto complesso. Paragonato ultimamente alle guerre sante o alle crociate non ha nulla a che vedere con quelle. Jihad è un termine che sta ad indicare un “combattimento spirituale” sia interiore all’uomo che esteriore contro l’infedeltà nei confronti dell’Islam e alla parola di Allah. Ancor meglio è la lotta tra l’impero del male e l’Islam. Data la complessità del termine, oggi viene vista come possibilità di difendere la comunità islamica dall’occidentalizzazione. Ma la jihad rimane propriamente una lotta interiore perché prevalga la pace spirituale. Bisogna di certo intendersi su cosa significhi Islam.  E comunque la tradizione Islamica assomiglia nel suo jus (normative sulla guerra e sulle sue motivazioni) alla tradizione cristiana della “guerra giusta”. Lo jihad infatti, come concetto spirituale, è simile a quello biblico di “giustizia” o “sedaka” (la giustizia di Dio) da riporatare nel mondo.

DANIELE D’ELIA

 

[continua]

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