TUTTOSCUOLA NEWS n. 50



Notizie, commenti e indiscrezioni sul mondo della scuola.
La  newsletter  settimanale  di  Tuttoscuola, la rivista per
insegnanti, genitori e studenti.

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N. 50, 6 maggio 2002


SOMMARIO

1. Un milione di alunni in meno negli ultimi dieci anni
2. I primi maestri laureati
3. Contratto scuola: titoli di studio uguali e stipendi  diversi,  che
fare?
4. I sindacati rappresentativi ammessi alla contrattazione
5. Pinerolo 2: la rivincita della RSU
6. In attesa del bando che non arriva
7. Bottani: impossibile una riforma globale della scuola in Italia
8. Politiche scolastiche: AN alla ricerca di visibilita'
9. La CISL e la formazione professionale: il problema dei "formatori"



1. Un milione di alunni in meno negli ultimi dieci anni

Le scuole italiane pubbliche e private hanno perso insieme piu' di  un
milione    di    alunni    tra    il    1990    e   il   2000   (
http://www.tuttoscuola.com/ts_news_50-1.doc ), con una media di  circa
100 mila unita' in meno all'anno.
Un    calo  vistoso  e  costante  che,  a  fronte  di  una  stabilita'
quantitativa complessiva della  popolazione  italiana  risultante  dai
primi dati del censimento 2001, fa capire come questa  diminuzione  di
giovani a scuola sia la prova indiretta del progressivo invecchiamento
demografico della popolazione.
Nel dettaglio: gli alunni iscritti a scuole pubbliche sono  calati  di
circa 861 mila unita' (-9,7%), mentre quelli iscritti a scuole private
sono diminuiti di quasi 181 mila unita' con una flessione  percentuale
molto piu' consistente (-17,9%).
Nel fenomeno del decremento di popolazione, le  scuole  private  fanno
quindi registrare nel decennio 90-2000 una situazione sfavorevole, che
le vede colpite anche da una piu' bassa domanda di iscrizioni.
Per questa diversa opzione delle famiglie, il rapporto  di  iscrizione
tra pubbliche e private e' andato gradualmente  spostandosi  a  favore
delle prime  (con  l'eccezione  del  92/93),  passando  dall'89,6%  di
iscritti nelle scuole pubbliche del 1990/91 al 90,5% del 1999/2000.
La tendenza e' costante. Sara'  interessante  verificare  tra  qualche
anno se gli  effetti  della  legge  sulla  parita'  scolastica  (legge
62/2000), incidendo sui costi e  sulle  prestazioni,  contribuira'  ad
invertire la tendenza in atto.


2. I primi maestri laureati

Erano circa 7 mila quattro anni fa, escono quest'anno  dalle  Facolta'
di scienze della formazione primaria con una laurea in mano; grazie  a
loro l'Italia, dopo un'attesa durata oltre un  quarto  di  secolo,  e'
finalmente arrivata al livello degli altri Paesi europei in  fatto  di
formazione universitaria di tutti  i  suoi  insegnanti.  Un  traguardo
tuttavia  che,  se  non  verranno  previste  tutele  e  riconoscimenti
particolari, avra' per  questa  avanguardia  di  professionisti  della
docenza il sapore di una beffa.
Un'esagerazione? I fatti sono  questi:  la  loro  non  e'  una  laurea
abilitante, non  da'  diritto  ad  alcuna  iscrizione  in  graduatoria
permanente come previsto per i colleghi delle Ssis (scuola biennale di
specializzazione per insegnanti della secondaria), non  e'  spendibile
sul   mercato  (serve  solo  per  insegnare  nella  scuola  materna  o
elementare), e sara' utile tra un anno solo  per  essere  inseriti  in
graduatoria per supplenze in coda agli altri,  sperando  di  avere  un
lavoro precario che sara' certamente retribuito  meno  di  quello  dei
colleghi laureati della secondaria.
Tra    due   anni,  inoltre,  sempre  con  inclusione  in  graduatoria
nell'ultima fascia dei supplenti,  i  maestri  laureati  potranno  far
valere    il   punteggio  aggiuntivo  di  30  punti,  unico  segno  di
riconoscimento del loro livello formativo.
Questi primi maestri obbligatoriamente laureati, dovranno attendere il
prossimo  concorso  come  tutti  gli  altri,  senza  sconti  o  corsie
preferenziali. Se vinceranno un posto, con le  regole  e  i  contratti
attuali avranno piu' ore di lavoro  e  meno  stipendio  degli  attuali
colleghi laureati della secondaria. Dulcis in fundo,  dietro  di  loro
stanno arrivando altre migliaia di futuri insegnanti di materna  e  di
elementare a laurea obbligatoria,  iscritti  in  numero  contingentato
(circa 7 mila posti all'anno mai interamente coperti).


3. Contratto scuola: titoli di studio uguali e stipendi  diversi,  che
fare?

Il prossimo rinnovo del contratto della scuola avra'  un  problema  in
piu': come garantire uguale trattamento ai docenti assunti con  uguale
titolo di studio e assegnati a settori diversi.
La   questione  si  porra'  proprio  per  la  presenza,  nel  prossimo
quadriennio di  vigenza  contrattuale,  dei  docenti  neo-laureati  in
scienze della formazione primaria e destinati alla scuola  materna  ed
elementare.
Nella scuola materna ed elementare di docenti laureati ce ne sono gia'
parecchi, ma quel titolo, non richiesto per l'accesso  al  ruolo,  gli
interessati l'hanno acquisito per una propria scelta.
Invece  i  nuovi  maestri  usciti  dalle  facolta'  di  scienze  della
formazione primaria sono laureati per obbligo  di  legge;  buon  senso
vorrebbe che potessero godere dello stesso  trattamento  giuridico  ed
economico dei loro colleghi laureati della secondaria.
Invece, se non interverra' una norma legislativa o, meglio ancora,  un
accordo contrattuale, saranno chiamati ñ  come  gli  altri  insegnanti
della scuola primaria ñ a prestare un orario di lavoro  superiore  del
33 per cento a quello dei colleghi laureati della  scuola  media  e  a
percepire, rispetto a quelli, una  retribuzione  mediamente  inferiore
circa del 12 per cento.
Il   programma  quinquennale  di  attuazione  della  legge  sui  cicli
scolastici (legge 30/2000) prevedeva per i  docenti  della  scuola  di
base unica e unitaria (ex maestri di elementare ed  ex  professori  di
scuola media) una graduale equiparazione  dell'orario  settimanale  di
servizio (18 ore per tutti), al posto degli attuali 22+2 e 18. Era  la
logica premessa ad un trattamento economico omogeneo.
La conferma della separazione degli ordinamenti di scuola elementare e
di scuola  media  ha  allontanato  quell'obiettivo,  pregiudicando  la
parita' di trattamento per i nuovi insegnanti dell'elementare che, una
volta assunti da laureati,  percepirebbero  lo  stesso  stipendio  dei
colleghi diplomati, prestando piu'  servizio  dei  colleghi  anch'essi
laureati ma della secondaria. A meno che, nelle forme e nei modi  piu'
opportuni, non si intervenga diversamente e per tempo.


4. I sindacati rappresentativi ammessi alla contrattazione

L'Aran ha comunicato i nomi  delle  organizzazioni  sindacali  ammesse
alla prossima contrattazione per il rinnovo del contratto del comparto
scuola    (docenti    e    personale   Ata).   Sono,  in  ordine  di
rappresentativita',    la   Cisl-scuola,  la  Cgil-scuola,  lo  Snals,
l'Uil-scuola e la Gilda-Unams. Cobas e Unicobas non hanno raggiunto il
limite minimo di rappresentativita' fissato. C'e' da  notare  come  la
Cgil-scuola    abbia  sopravanzato  lo  Snals  nella  graduatoria  dei
sindacati piu' rappresentativi.
Per il rinnovo del contratto dei dirigenti scolastici hanno  raggiunto
la  soglia  minima  richiesta  per  l'ammissione  alla  contrattazione
nazionale, in ordine di maggiore rappresentativita', la  Cida-Anp,  la
Cisl-scuola, la Cgil-scuola e la Confsal-Snals. La Uil-scuola  non  e'
stata ammessa alla contrattazione per i dirigenti.
Per l'ammissione alla contrattazione un sindacato deve disporre del  5
per cento di tasso di rappresentativita', che e' la media tra il tasso
associativo  (percentuale  di  iscritti  per  delega  sul  totale  del
personale sindacalizzato) e il tasso elettorale (percentuale  ottenuta
nelle    elezioni   delle   RSU  del  2000).  In  base  al  tasso  di
rappresentativita', i sindacati hanno anche il diritto  di  ripartirsi
gli 877 distacchi a favore dei propri dirigenti e delle confederazioni
di appartenenza (retribuiti a carico dello Stato).
Mancano tuttavia da conoscere i risultati elettorali definitivi per le
RSU nella scuola del 2000 e le quantita' aggiornate degli iscritti  ai
diversi sindacati (e i tassi finali di rappresentativita' conseguiti).
Certamente i sindacati  conoscono  quei  dati,  avrebbero  diritto  di
conoscerli anche le  migliaia  di  persone  che  con  il  voto  o  con
l'iscrizione sindacale hanno contribuito a determinare quei valori  di
rappresentativita'.


5. Pinerolo 2: la rivincita della RSU

Sembra una partita di ping-pong: una sentenza a favore,  una  sentenza
contro, una sentenza a favore...
E    potrebbe   continuare  all'infinito  se  questo  fosse  un  gioco
divertente, ma invece  e'  uno  scontro  tra  dirigenti  scolastici  e
sindacati sulla legittimita' di convocazione dell'assemblea d'istituto
da parte di un singolo componente di RSU. L'ultima sentenza e' stata a
favore.
Ricapitoliamo. I pretori del lavoro di  Civitavecchia  e  di  Pinerolo
avevano sentenziato il diritto del singolo di convocare l'assemblea di
istituto; il pretore di Lucca ne aveva negato il diritto.
Aran,    sindacati   firmatari   del  contratto  scuola  e  ministero
dell'Istruzione  hanno  sostenuto  l'interpretazione  secondo  cui  il
potere di convocazione e' della RSU al completo, mentre la CUB  scuola
e gli altri sindacati di base hanno sostenuto e difeso le  sentenze  a
favore del diritto del singolo alla convocazione  (v.  TuttoscuolaNEWS
n. 39 e 40 del 25 febbraio e del 4 marzo).
Il Miur ha deciso di affidare all'Avvocatura di Stato la questione per
sanzionare definitivamente la collegialita' di esercizio del potere di
convocazione    dell'assemblea,   procedendo  all'impugnazione  della
sentenza del giudice del lavoro.
Ma  il  2  maggio  il  giudice  di  Pinerolo,  sentite  le  parti,  ha
sentenziato ancora una volta che il singolo componente della RSU  puo'
convocare l'assemblea del personale dell'istituto, dando  cosi'  torto
al MIUR e ai sindacati firmatari del contratto  scuola  che  si  erano
schierati a sostegno dei dirigenti scolastici  che  avevano  rifiutato
l'autorizzazione all'assemblea.
Prima di arrivare ad una  nuova  sentenza  di  segno  contrario  sara'
opportuno che finalmente sulla materia delle relazioni  sindacali  nel
comparto scuola venga definito quel contratto integrativo, sollecitato
dalla stessa Aran, che potrebbe meglio  regolamentare  situazioni  non
ben definite, come  questa  del  diritto  di  assemblea  e  altre  che
affliggono i rapporti tra RSU e dirigenti scolastici.


6. In attesa del bando che non arriva

Primo corso-concorso per  3.500  dirigenti  scolastici:  l'unica  cosa
certa sembra soltanto la mancanza del bando, per il resto tanti  punti
interrogativi, a cominciare dalle richieste dei sindacati  di  settore
che vogliono sapere per quale ragione non vengono pubblicati  i  bandi
di concorso per il  reclutamento  dei  dirigenti  scolastici.  Perche'
tanti impegni, tante rassicurazioni per poi  registrare  un  nulla  di
fatto? Proviamo a fare il punto della situazione.
Sulle ragioni del ministero dell'Economia  che  non  ha  dato  il  via
libera  al  primo  corso-concorso  per  assumere  almeno  3.500  nuovi
dirigenti    scolastici  noi  abbiamo  avanzato  l'ipotesi,  tutta  da
discutere, che ci possa essere l'intenzione di ridurre il numero delle
istituzioni scolastiche autonome prima di  procedere  alle  assunzioni
(v. TuttoscuolaNEWS n. 49 del 29 aprile 2002).
Alcuni lettori ci hanno scritto avanzando altre  ipotesi,  ad  esempio
quella che i  bandi  verrebbero  ritardati  per  consentire  ad  altri
presidi incaricati di maturare il triennio utile per  l'ammissione  al
riservato con incarico su direzioni  didattiche  da  cui  sono  invece
stati esclusi i maestri laureati.
Forse la sospensione del bando potrebbe avere invece  una  causa  piu'
semplice e meno nobile.
Nella Finanziaria 2002 dove e' stata regolamentata  la  procedura  del
primo corso-concorso non si parla affatto di copertura finanziaria per
il  suo  espletamento  (pagamento  delle  commissioni  esaminatrici  e
organizzazione dei corsi di formazione dei  candidati  ammessi).  Vuoi
vedere che qualcuno si e' dimenticato di  prevedere  la  copertura  di
quella spesa?


7. Bottani: impossibile una riforma globale della scuola in Italia

ìPer il momento non ci sono le premesse per una riforma globale  della
scuola in Italia. Non ci sono dati a sufficienza  per  cui  si  lavora
senza rete di sicurezza; non ci sono sperimentazioni rigorose; non  ci
sono ipotesi alternative; non ci  sono  simulazioni  attendibili;  non
c'e' una ricerca scientifica sulla scuola; la valutazione sistemica e'
poco piu' che  balbuziente  e  il  ministero  non  e'  attrezzato  per
concepire,   programmare  e  condurre  una  riforma.  Al  posto  delle
maxi-riforme lasciamo piuttosto spazio alle cosiddette sperimentazioni
o alle mini-riforme che hanno fin  qui  avuto  il  pregio  di  evitare
l'artrosi del sistema scolastico italianoî.
Sono crude le affermazioni di Norberto Bottani, uno dei componenti del
Gruppo ristretto di lavoro coordinato dal prof. Bertagna per preparare
gli Stati generali dello scorso dicembre per la  riforma  del  sistema
scolastico, che chiede a tutte le parti in campo di  operare  per  una
scelta condivisa di grande respiro. Una riforma globale  del  sistema,
appunto, per la cui preparazione Bottani auspica una  moratoria  sulle
riforme e uno sforzo comune per una soluzione bipartisan.
ìCi  vorranno  dieci-quindici  anni  per  trasformare  la  scuola.  Il
progetto quindi non potra' essere che bipartisanÖ perche'  nessuno  ha
la certezza che una stessa maggioranza possa governare cosi' a  lungo.
Per questa ragione, l'influsso principale lo esercitera' il gruppo che
sapra' prepararsi meglio. Inviterei quindi chi crede ancora che  valga
la pena fare qualcosa per migliorare la scuola a riunirsi, a  chiedere
una moratoria  sulle  riforme,  ed  a  ritirarsi  su  qualche  collina
romagnola per lavorare alla preparazione della scuola del 2015  o  del
2020. Ci vuole molto tempo e molta perseveranza per  farlo.  Forse  ci
vogliono anche soldi. E' una sfida, ma chi  ha  fede  ñ  quella  laica
nella razionalita' pragmatica ñ potrebbe anche vincerlaî.


8. Politiche scolastiche: AN alla ricerca di visibilita'

Da qualche  tempo  a  questa  parte  si  registra  un  certo  maggiore
dinamismo di AN, all'interno della coalizione  di  governo,  sui  temi
della politica scolastica. Non sempre il responsabile scuola di questo
partito, il sen. Valditara, e' apparso allineato sulle  posizioni  del
ministro Moratti, soprattutto in materia di riforma degli ordinamenti.
Un esempio per tutti e' la questione della riduzione  a  quattro  anni
della durata del liceo, alla quale AN si  e'  opposta  fin  dal  primo
momento. Il sottosegretario  Siliquini,  a  sua  volta,  manifesta  un
notevole attivismo nei settori che le sono stati affidati  per  delega
del ministro, e in particolare in quello del rapporto tra formazione e
lavoro    (alternanza,    individuazione   e   riconoscimento  anche
transnazionale delle qualifiche,  sviluppo  della  formazione  tecnica
superiore).
AN sembra dunque  voler  svolgere  un  ruolo  attivo  su  questo  tema
strategico, che coinvolge a vario titolo altri ministeri, le  Regioni,
le parti sociali, e che peraltro e' stato oggetto anche in passato  di
diverse proposte  di  legge  dell'ex  MSI.  In  questa  prospettiva  i
sottosegretari   Siliquini  (MIUR)  e  Viespoli  (Lavoro  e  Politiche
Sociali),    entrambi    di   AN,   terranno  anche  una  conferenza
sull'istruzione tecnica  superiore,  nella  sede  del  MIUR  di  viale
Trastevere, martedi' 7 maggio.


9. La CISL e la formazione professionale: il problema dei ìformatoriî

Tra le tre grandi confederazioni sindacali la CISL e'  quella  che  da
sempre registra la maggiore presenza  organizzata  nel  settore  della
formazione professionale di competenza  regionale.  Anche  per  questo
l'organizzazione  di  Pezzotta  e'  particolarmente  interessata  alle
novita' costituzionali (revisione del titolo V della  Costituzione)  e
legislative (disegno di legge Moratti) che cambieranno il  sistema  di
istruzione e formazione professionale italiano.  Il  sindacato  appare
tuttavia diviso tra  la  preoccupazione  di  salvaguardare  i  livelli
occupazionali  degli  addetti  alla  tradizionale  f.p.  regionale  (i
cosiddetti ìformatoriî, molti dei quali non sono in possesso di laurea
ne' di abilitazione all'insegnamento) e quella di sfruttare la  meglio
l'opportunita' offerta dal ddl Moratti, che prevede il varo, accanto a
quello scolastico, di un canale di formazione professionale  utile  ai
fini dell'assolvimento dell'obbligo formativo fino a 18 anni.
Il fatto e' che il probabile trasferimento alle Regioni degli  attuali
istituti professionali di Stato, e  di  un  buon  numero  di  istituti
tecnici,    ridurrebbe   ulteriormente  lo  spazio  della  formazione
professionale  ex  regionale,  soprattutto  se  venissero  adottate  a
livello nazionale tipologie di percorso e standard di  risultati  poco
compatibili   con  le  esperienze  finora  realizzate  dai  Centri  di
formazione    professionale.    Sugli   ìscenari   possibiliî  della
realizzazione di un  sistema  di  formazione  professionale  ìdiffuso,
accessibile, riconoscibileî  la  CISL  scuola  (  www.cislscuola.it  )
organizza    a   Roma  per  martedi'  7  maggio  2002,  alle  ore  10,
nell'auditorium di via Rieti 11, un convegno.
Ai lavori parteciperanno, tra  gli  altri,  Pasquale  Capo,  capo  del
Dipartimento Istruzione  del  MIUR,  Claudio  Gentili,  dirigente  del
settore scuola della Confindustria, e Gian  Carlo  Zuccon,  presidente
dell'IIET  (Istituto  Internazionale  per  l'Educazione  Tecnologica),
quest'ultimo uno dei piu' autorevoli sostenitori della creazione di un
ìsecondo canaleî parallelo  e  di  pari  dignita'  rispetto  a  quello
scolastico. Facile prevedere il tema del dibattito:  la  Confindustria
si e' sempre detta  contraria  al  trasferimento  alle  Regioni  degli
istituti    tecnici,    ipotizzando   percorsi   liceali  anche  per
professionalita'   settoriali  (per  esempio,  il  ìliceo  tecnologico
tessileî). Una posizione che fa discutere perche' senza  gli  istituti
tecnici il canale professionale  rischia  di  nascere  debole  e  poco
competitivo.

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