La Legge obiettivo non ha rivoluzionato le infrastrutture italiane



ecco un esempio perfetto di analisi in cui si guarda al dito e non alla luna
nessun accenno alla ipertrofia delle grandi opere, ma soprattutto nessun dato sulle opere necessarie (non molte e non costose) non realizzate, per concentrare tutto in opere folli, faraoniche, capaci solo  di prelevare ricchezza comune per destinarla a finanziare un sistema politico-economico-mafioso parassitario.
Nessun accenno al fatto che l'allargamento delle maglie della legge obiettivo garantisce la fattibilità di opere demenziali come il ponte di Messina, la TAV Kiev Lisbona.
Vorrei ricordare, e non sono scherzi, che si sono finanziati progetti di fattibilità di opere del tipo "ponte tra Otranto e Valona" o "tunnel Mazara del Vallo-Tripoli".
Eh, Legambiente...
Saluti da Firenze
TC

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La Legge obiettivo non ha rivoluzionato le infrastrutture italiane
È quanto evidenzia un'analisi di Legambiente a dieci anni dal varo della norma. La nuova Via, in vigore dal 2007, ha però semplificato gli iter autorizzativi
28 Febbraio 2011
Dieci anni di interventi prioritari non sono riusciti a migliorare sostanzialmente lo stato delle infrastrutture di trasporto italiane, ancora lontane per efficienza, numerosità e lunghezza rispetto a quelle degli altri paesi europei e in buona parte distanti dal completamento per cronica mancanza i fondi. È questa la conclusione principale del rapporto “Dieci anni di Legge Obiettivo”, elaborato dall'associazione ambientalista Legambiente. È infatti trascorso ormai un decennio dal varo della legge n. 443 del 21 dicembre 2001, voluta dal secondo Governo Berlusconi per individuare le infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti strategici di interesse nazionale, ma secondo i dati riportati da Legambiente i problemi di fondo non sono granché cambiati: l'Italia nel 2010 rimane al di sotto della media infrastrutturale rispetto al resto d'Europa. Ad esempio il nostro paese può contare soltanto su 6.661 km di autostrade contro gli oltre 14.000 della Spagna, i 12.600 della Germania e i quasi 11.000 della Francia. Sconfortanti anche i dati sulle linee metropolitane, con soli 162 km di rete in Italia rispetto ai 606 km tedeschi, i 570 spagnoli e i 503 km in Gran Bretagna. L'unico miglioramento sensibile degli ultimi anni, riconosce l'associazione ambientalista, è stato quello relativo alla rete ferroviaria ad alta velocità che ha raggiunto i 977 km di lunghezza.

Il boom dei costi
Eppure negli ultimi dieci anni l'elenco dei progetti è andato progressivamente lievitando, tanto che attualmente le opere “strategiche” della Legge Obiettivo sono diventate 348, mentre erano 196 nel primo elenco presentato. La crescita non è stata determinata soltanto dall'inserimento di nuove opere ma anche da articolazioni e spezzettamenti di progetti già presenti nell'elenco iniziale. Oltre al numero, sono aumentati anche i costi totali delle opere elencate nella Legge Obiettivo, cresciuti oltre il 190% rispetto al 2001. In particolare riguardo alle infrastrutture di trasporto (189 progetti) contenute nell'elenco, la spesa prevista è di ben 341,7 miliardi di euro, di cui al momento mancano ancora da reperire ben 262 miliardi. I calcoli dei costi di Legambiente sono probabilmente sottostimati, considerando che il 51% dei progetti è ancora allo stadio preliminare o di studio di fattibilità.

Poche risorse private
Di sicuro molto rimane ancora da fare: soltanto il 21,1% delle opere è stato realizzato (pari all'8,6% dei costi complessivi), l'11,1% è in cantiere o in gara (pari al 9,8% della spesa), il 16,9% delle opere ha superato la fase di progettazione definitiva, mentre il restante 50,9% è ancora fermo alla progettazione preliminare o allo studio di fattibilità. Tra i dati spicca quello relativo alla geografia degli interventi: nonostante il gran parlare della necessità di miglioramenti infrastrutturali nel Mezzogiorno d'Italia, in realtà le opere di trasporto previste dalla Legge obiettivo sono in buona parte localizzate al Nord (74 e 48,5% dei costi totali). Inoltre al Settentrione sono destinati 15 miliardi di euro di risorse pubbliche in più rispetto al Mezzogiorno. Il contributo dei privati, su cui molto si discute tra gli addetti ai lavori, appare allo stato attuale ancora minoritario e comunque insufficiente a coprire l'immenso budget delle opere prioritarie nazionali: complessivamente il contributo delle risorse private rispetto al programma di opere di trasporto è pari al 34% delle risorse disponibili e all'8% dei costi totali.

La velocizzazione dell'iter
Anche l'analisi di Legambiente evidenzia però che il decennio non è andato sprecato, in particolare da un punto di vista della semplificazione normativa: la stessa associazione ambientalista definisce infatti “ impressionante” la semplificazione apportata in questi anni nelle procedure di approvazione delle opere, con interventi che hanno ridefinito tempi di approvazione e responsabilità di Cipe, Regioni e Enti Locali. A partire dal 2007 sono state ottantadue le opere vagliate con la nuova procedura di valutazione ambientale semplificata (43,2 miliardi di euro di costi), di cui il 91,6% ha superato la valutazione. Grazie a questa velocizzazione dell'iter, ad oggi sono state realizzate in maniera definitiva 40 opere, un numero non enorme ma neanche disprezzabile. Tra le principali il corridoio ferroviario Bologna-Verona, l'interporto di Nola, l'adeguamento del Gra di Roma, il Passante di Mestre, la SS 156 dei Monti Lepini, l'Alta Velocità Torino-Salerno, parte del progetto metropolitano regionale in Campania e alcune autostrade in Sicilia.

Un elenco da rivedere
Ma, nel complesso, l'associazione ambientalista non risparmia critiche alla programmazione infrastrutturale del Governo, accusata di tralasciare la vera emergenza del Sistema paese, ovvero i sistemi urbani, i nodi ferroviari, le linee metropolitane e tranviarie. Le opere che riguardano i sistemi urbani inserite nell'elenco sono infatti appena 41, il 21,7% del totale, di cui 22 riguardano metropolitane, ferrovie locali e nodi ferroviari. Per questo motivo, conclude l'analisi di Legambiente, «occorre, avere il coraggio di rimettere mano all'elenco della Legge Obiettivo, intervenire rispetto alle priorità e alle regole di intervento. Per tornare finalmente a ragionare di trasporti prima che di infrastrutture, di problemi prima che di progetti. Perché in molte città mancano i treni e gli autobus, più che i binari, magari servono interventi di manutenzione e, a volte, investimenti in innovazione tecnologica. Occorre uscire da un dibattito incentrato sul numero di opere o di cantieri, di miliardi di euro mobilitati per lanciare sfide nuove e differenti, comprensibili dai cittadini. Come quella di puntare a far crescere il trasporto ferroviario pendolare in modo da arrivare a 5 milioni di cittadini trasportati nel 2020 (dagli attuali 2,7 milioni). O di ridurre del 20% la quota di trasporto merci che viaggia su gomma, investendo seriamente nella logistica e nell'offerta di servizi efficienti, concorrenziali, integrati su treno e nave».