i cattivi fiumi d'italia. solo 4 non inquinati



Ambiente II Wwf ha presentato il censimento sui corsi d'acqua, drammatica mappa dell'impatto umano sui tratti fluviali. A discariche e dissesto idrogeologico si risponde con le buone pratiche

I cattivi fiumi d'Italia Solo 4 in buona salute
Diego C armigli ani
Dalla Basilicata, nel cuore del Parco dell'Appennino lucano, arriva una buona notìzia: sono state avvistate tre rarissime lontre sguazzare in un laghetto a poche centinaia di metri dal fiume Agri, tra i corsi d'acqua più maltrattati del Paese, con 51 depositi abusivi di rifiuti mappati e 91 tra sbarramenti e traverse che ne interrompono la continuità. Si tratta di uno dei pochi segnali incoraggianti emersi dal dossier "Liberate i fiumi", presentato ieri e facente parte della campagna avviata dal Wwf lo scorso maggio, nell'anno mondiale della biodiversità, con l'intenzione di sensibilizzare alla tutela, alla rinaturazione e alla valorizzazione dei nostri corsi, considerando la situazione italiana nel contesto più ampio del pianeta, poiché, come si ricorda nel report, circa l'SO per cento della popolazione terrestre (5 miliardi di persone) vive sulle sponde fluviali, habitat dunque vitali, preziosi e da salvaguardare a tutti i costi. E se lo Stivale fosse la cartina di tornasole di quanto accade nel resto dei
continenti, sarebbe da considerare l'attuale scenario come minimo apocalittico. Dei trenta fiumi censiti dai 600 volontari del Wwf impegnati in questi mesi, se ne salvano solamente quattro, per una "classifica" che andiamo debitamente a riep'ùogaie: Melfa, Tagliamento, Angitola e Ciane sono quelli in stato migliore. A metà graduatoria, in ordine de-
crescente di salute, figurano torrente Arzino, Taro, Simeto, Bi-femo. Sangro. Piave, Ippari, Magra, Adda, Ofanto, Oreto e Savio. Chiudono la lista nera Volturno, Sagjttario-Atemo, Amo, Amene, Agri, Tevere, Po di Prima-ro e Chiascio. Sul sito dell'associazione ambientalista è disponibile tutto l'esaustivo materiale dell'indagine, con tanto di fo-
to, grafici e video relativi ad ogni specifica area del Paese scandagliata. Per brevità, sintetizziamo qui i catastrofici punti critici che accomunano i fiumi italiani e le buona pratiche esistenti che vanno imitate per salvare ecosistemi a fortissimo rischio. Innumerevoli i mali comportati dall'invasivi tà umana individuati: dalla canalizzazione e in-
frastrutturazione della rete idrografica, al consumo e all'impermeabilizzazione dei suoli, dalla distruzione della vegetazione naturale ai progetti di navigazione come ultima scusa per cavare sabbia e ghiaia dal letto dei fiumi, fino all'impatto ambentale di agricoltura, florovivaìstica e zootecnia. Ancora: l'aumento delle specie alloctone, cioè originarie eli altre parti del mondo (se ne contano almeno ] 12), di animali e piante che stanno alterando la biodiversità originaria e gli habitat e eliminando numerosi pesci nostrani. Un intero capitolo del dossier "Liberafiumi" è poi dedicato alle discariche abusive di rifiuti lungo tutti i tratti censiti. Oltre al già citato caso Agri solo sul Volturno ne sono stati rilevate 65,25 sul Sangro e 24 sull'Ofanto. Inoltre ben dodici corsi sono interessati da depositi o presenza di eternit: nel Volturno, per fare l'esempio più eclatante, la metà delle discariche contiene amianto. A monte, c'è da puntare il dito contro ritardi politici, istituzionali e culturali nella gestione della rete fluviale, insieme all'incapacità di affrontare per tempo e responsabilmente i problemi ambientali. Le ricette però esistono e vanno "clonate". Vedi la Provincia di Mantova, dove, dal 2007, è stata attivata la forestazione a scopo ecologico e naturalistico delle zone di demanio idrico nelle golene del Po, o la riserva Ripa Bianca, nelle Marche, caratterizzata da un progetto di gestione che prevede di trasformare i terreni agricoli soggetti a ripetute esondazioni in un'area dove il fiume possa scorrere liberamente, ritrovando i suo: spazi naturali. ¦