miele propoli e veleni uno scandalo silenzioso



da ilsalvagente.it
giovedi 18 febbraio 2010
  
Miele, propoli e veleni: uno scandalo silenzioso
L'inchiesta de Il Salvagente in edicola domani. Il Codacons valuta la class action.
Enrico Cinotti

Propoli al pesticida.
La notizia è di quelle che fa raggelare molti di noi: uno degli integratori alimentari naturali più utilizzati per combattere i mali di stagione è stato contaminato da acaricidi, sostanze vietate perché ritenute neurotossiche per l’uomo. La copertina del nostro settimanale (Il Salvagente numero 7, di seguito l'immagine) in edicola domani è dedicata al miele e ai veleni. Un’inchiesta che già registra le prime reazioni.


Il Codacons: ennesimo scandalo, pensiamo a una class action
“Ennesimo scandalo alimentare in Italia, stavolta avvenuto nel silenzio più totale dei mass media”: così interviene il Codacons sul propoli contaminato.
 “E' necessario”, dichiara il presidente dell’associazione Carlo Rienzi, “che siano resi pubblici non solo i nomi delle aziende coinvolte, ma anche quelli degli apicoltori che hanno utilizzato sostanze illegali”.
Questo perché, prosegue Rienzi, “stiamo valutando la possibilità di avviare una class action in favore dei cittadini che hanno acquistato e consumato propoli contaminato, attraverso la quale chiedere il risarcimento per i rischi alla salute corsi relativamente al consumo di alimenti inquinati da pesticidi nocivi”.


L’allerta alimentare: l'anticipazione della nostra inchiesta
Nel silenzio dei grandi organi di informazione, l’8 febbraio scorso il ministero della Salute è stato costretto a lanciare un’allerta alimentare e a notificare alla Ue il ritiro dal mercato italiano dei prodotti incriminati.
La misura è stata adottata dopo la scoperta dal corpo forestale dello Stato di 11mila confezioni contenenti 450mila pastiglie al propoli contaminato in provincia di Torino. L’operazione ha fatto seguito a quella del 14 gennaio scorso quando furono sequestrati dai militari 2mila confezioni di propoli in provincia di Forlì.
L’indagine diretta dalla Procura di Ascoli Piceno è partita dalle investigazioni del comando della forestale di Comunanza, alle dipendenze del comando provinciale di Ascoli Piceno, lo stesso che portò alla luce lo scandalo del latte all’Itx e del peperoncino inquinato con un potente insetticida. E ora promette nuovi inquietanti sviluppi che riguardano il miele biologico e la stessa cera prodotta negli alveari.


Le aziende ritirano
Spiega Ernesto Corradetti, del laboratorio chimico dell’Arpam, l’Agenzia per l’ambiente delle Marche: “Analizzando per conto del corpo forestale diversi campioni di miele ci siamo resi conto che quasi tutti riportavano la presenza di due principi attivi di pesticidi, impiegati per combattere la Varroa, un pericoloso acaro delle api, non consentiti in apicoltura”. Se però nel miele le quantità rintracciate sono risultate nei limiti di rilevabilità, le analisi specifiche condotte sui prodotti dell’alveare, cera e propoli, hanno invece accertato livelli di concentrazione abbondantemente superiori al consentito.
Da qui è scattata l’operazione in due fasi da parte del corpo forestale e due aziende, la Equilibra di Orbassano (Torino) e la Apicoltura Primitivo di Bagno di Romagna (Forlì), sono state costrette al ritiro delle loro confezioni di perle a base di propoli. Parallelamente è scattato l’allarme che il ministero della Salute ha notificato alla Ue attraverso il Rasff, il sistema di allerta rapido per i prodotti alimentari non conformi, oltre all’immediato ritiro dal mercato dei prodotti contaminati.


Propoli al pesticida
A inquinare il propoli, il rimedio antibiotico naturale, una resina esterna delle piante che le api raccolgono e utilizzano per isolare e proteggere l’alveare, sono due pesticidi: il chlorfenvinphos, bandito dalla Ue dal 2003, e il coumaphos, il cui utilizzo in apicoltura è vietato.
Entrambe le sostanze chimiche sono impiegate illegalmente per combattere la Varroa, un acaro che si attacca alle api e le debilita fino a provocarne la morte. Il chlorfenvinphos, in particolare, è riconosciuto dall’Oms come una sostanza tossica per il sistema nervoso dell’uomo. Per questo, con un decreto del giugno 2003, l’Italia, recependo un regolamento europeo, ne ha vietato l’utilizzo, la circolazione sul territorio nazionale e ha imposto la distruzione di tutte le scorte presenti.


Livelli 10 volte sopra il consentito
Proprio perché l’utilizzo dei due acaricidi è vietato, non si può ammettere, nel miele come nella propoli, nient’altro che il limite rilevabile dagli strumenti di analisi: 0,01 milligrammi per chilo nel caso del chlorfenvinphos e 0,1 milligrammi per chilo per il coumaphos. “Dalle nostre analisi - spiega Corradetti - nelle propoli contaminate il primo pesticida riportava livelli 10 volte superiori e il secondo tra le 5 e le 8 volte”.


Cera contaminata per risparmiare
Ma perchè, nostante i divieti e le prove di pericolosità, si utilizzano questi due pesticidi? Per contrastare la Varroa, in realtà, sono ammesse solo tre sostanze: il timolo, l’acido ossalico e il fluvalinate. Il trattamento di disinfestazione dura un mese e ogni settimana l’apicoltore deve sostituire una pasticca in ogni arnia. Emanando un certo odore, l’acaro si stacca dall’ape e cade in trappola. Costo previsto: 6-7 euro a trattamento per ciascun alveare.
Meno macchinoso e più economico invece è il metodo illegale. Si prende una tavoletta di sughero, la si imbeve con i due pesticidi vietati e si sistema nell’arnia. A fine mese il risultato è garantito come anche il risparmio per l’apicoltore: il trattamento illegale ha un costo tra i 50 centesimi e un euro. Ma le controindicazioni sono terribili.
“Questi acaricidi - aggiunge l’esperto dell’Arpam - sono liposolubili (si sciolgono nei grassi, ndr) e dunque si ‘attaccano’ alla cera e al propoli. Per questo motivo il miele da noi analizzato è risultato sì contaminato ma nei limiti di rilevabilità tecnica mentre gli altri prodotti erano fuori norma”.


Il meccanismo
Il meccanismo è semplice. La cera fa da scudo, ovvero assorbe tutte le sostanze e impedisce così che nel miele vengano trasferite le sostanze incriminate. Un problema da non sottovalutare. Perché, se è vero che la cera non si mangia, esistono molti prodotti cosmetici a base di cera di api.
Di più: la cera si ricicla per allestire l’alveare. Ogni anno, asportato il miele dall’alveare, l’apicoltore prende la cera e la conferisce presso i consorzi apistici o la consegna ad aziende preposte alla sua purificazione. In questi centri tutta la cera viene pastorizzata per poi essere trasformata in “telaini” o fogli cerei. Fogli di cera che saranno di nuovo acquistati dall’apicoltore per allestire l’alveare. E proprio su quella cera le api cominceranno a produrre il loro fluido dorato.


Contaminazione a catena
Ma se un apicoltore impiega sostanze illegali, la cera “contaminata”, una volta mescolata e rigenerata in altrettanti fogli cerei, è in grado di contaminare altri ignari produttori attraverso gli stessi fogli di cera. “C’è una contaminazione a catena”, spiegano fonti vicine all’inchiesta. “L’uso di questi acaricidi chimici - proseguono - purtroppo è molto diffuso specie nel Nord Italia”.
Talmente diffuso che, prelevando l’anno scorso dei fogli cerei presso la più grande fiera italiana del settore, la Apimel di Piacenza, gli inquirenti hanno trovato nella cera livelli di contaminazione elevatissimi. Con un pericolo in più, oltre a quello della tossicità: l’acaro che nasce su un foglio cera contaminato, infatti, acquisisce una bio-resistenza agli stessi pesticidi. Risultato: l’acaro sopravvive al veleno e sui prodotti dell’alveare l’allerta resta alta.