flussi di materia e di energia e il disequilibrio ecologico



[ 7 settembre 2009 ] Economia ecologica
 
Flussi di materia e flussi di energia* a volte (!?) ritornano

LIVORNO. Secondo uno studio appena pubblicato dal World Watch Institute, nel 2008 sono state prodotte oltre 1400 milioni di tonnellate di prodotti metallurgici, raddoppiando la quantità sul finire degli anni 70 e ben sette volte la quantità prodotta negli anni cinquanta. Complessivamente dalla metà del secolo scorso ad oggi sono state fuse oltre 40 miliardi di tonnellate di metalli, in particolar modo alluminio, arsenico, cadmio, cromo, piombo, oro, rame, mercurio, nickel ed ovviamente acciaio. Dopo una prima impennata dei livelli produttivi dovuti alla ripresa economica del secondo dopoguerra, con la crisi energetica degli anni 70 per circa un ventennio si è avuto una lieve flessione del tasso di crescita dei quantitativi sfornati dagli altiforni. Ma con la fine degli anni '90 e la Incredibile crescita economica della Cina, si è osservato una ripresa esponenziale degli indici di produzione, anche accompagnati, se pur in maniera notevolmente inferiore, allo sviluppo industriale di paesi come l'India e la Corea del sud.
A livello mondiale la produzione procapite di metalli era di 77 kg nel 1950, per passare ai 165 kg del 1975 ed arrivare ai 213 kg del 2008. Ovviamente queste medie nascondono il fatto che il reale consumo di questi materiale è sempre stato concentrato in pochissimi Paesi, tanto da considerare che solo negli Stati Uniti nel 2008 la domanda era di 380 kg per abitante, nove volte superiore alla domanda del cinesi e ben 15 volte superiore a quella degli indiani.
E' noto che nonostante la varietà di metalli prodotti e richiesti sul mercato, la parte del leone in termini dì peso la fa l'acciaio, che copre il 95% del totale mondiale, seguito molto lontano dall'alluminio, rame e zinco. Tuttavia il peso da solo non dice tutta la verità. Una vasta tipologia di metalli come l'arsenico, cadmio, cromo, mercurio, nickel e l'oro comportano seri impatti ambientali a seguito del loro processo estrattivo e di produzione in comparazione alle loro minuscole quote di mercato. Le principali conseguenze sugli ecosistemi riguardano la produzione di rifiuti (sottoforma di scarti), la dispersione di sostanze tossiche, la distruzione di foreste. Nel 2005 la produzione dei 10 principali metalli (commodities) ha creato oltre 3 miliardi di tonnellate di rifiuti (esclusi, beninteso, i materiali inerti delle escavazioni delle materie prime, come roccia, sabbia, ecc). Cioè per ogni tonnellata di metallo si generano 4 tonnellate di rifiuto e se da una parte le nuove tecnologie estrattive e siderurgiche hanno notevolmente aumentato l'efficacia e l'efficienza, dall'altra si sta assistendo ad un peggioramento della qualità generale dei minerali di provenienza delle materie prime, quindi la proporzione 1a 4 tende a rimanere stabile nel tempo.
Ma le problematiche relative alla produzione di metallo non è solo legata alla produzione di rifiuti, rilascio di
sostanze tossiche e distruzione della vegetazione. Un'ulteriore preoccupazione concerne l'alta intensità energetica del comparto estrattivo-siderurgico, andando ad incidere anche sull'effetto serra: la produzione di una tonnellata di acciaio comporta l'emissione di 1,7 tonnellate di anidride carbonica. Anche se in questo settore si sono fatti notevoli passi avanti nel cercare maggiore efficienza energetica degli impianti (utilizzando combustibili meno impattanti, adottando tecniche di recupero e riciclo energetico, ecc) e si è riusciti a ridurre notevolmente le emissioni di C02 per tonnellata prodotta, gli altoforno sono responsabili del 5-6% delle emissioni di anidride carbonica mondiale (legata ad attività umane) e del 27% delle emissioni del comparto manifatturiero.
L'intensità energetica e delle emissioni variano da paese e paese. Le industrie dell'acciaio in Italia, Germania, Corea del Sud, Giappone sono tra le più efficienti del pianeta, mentre la Russia e l'Ucraina sono invece i paesi con i sistemi tecnologici più obsoleti e quindi più inquinanti. L'impatto ambientale dell'India è legato invece alla pessima qualità del carbone utilizzato come fonte primaria di energia, mentre la Cina pur avendo impianti vecchi ed inefficienti è nello stesso tempo il paese che fa registrare il più alto tasso di modernizzazione delle proprie industrie. La buona notizia, non a caso lasciata alla fine, è che a livello globale la produzione di acciaio sta sempre di più andando verso l'utilizzo e recupero di materiali di scarto. Secondo la IEA (l'Agenzia Intemazionale per l'Energia) il totale di acciaio stoccato (in attesa di essere riutilizzato) è pari a dieci volte la produzione mondiale, la quantità di scarti recuperabile è pari a circa il 35% del totale e che il riciclo di questo metallo consente risparmi energetici cha vanno dal 40 al 75% rispetto alla produzione di acciaio "vergine". In Spagna la produzione di acciaio da materie prime seconde è ormai pari al 88% ed in Turchia pari al 87% del totale della domanda nazionale. In Italia siamo arrivati al 77% e per una volta tanto riusciamo a fare meglio della Germania, ferma al 45%.