Siamo tutti precari!






       S I A M O   T U T T I   P R E C A R I
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 Lettera ai Precari della PA e del settore privato




In questi giorni sto ricevendo diversi comunicati dei precari della Pubblica Amministrazione, in particolare della scuola. Sono rivendicazioni che emotivamente non possono che coinvolgere, perché la condizione descritta, della totale incertezza sulla quale si è costretti ad impostare la propria vita, non è per nulla gradevole per le persone nè accettabile in una società che si trova ad attraversare un'epoca per altri versi inequivocabilmente evoluta.

Personalmente comprendo bene ciò che esprimono i precari. Io stesso lo sono, per scelta di vita, avendo fatto i classici mille mestieri ed essendo in verità pure deciso a continuare a farli. Tra breve infatti metterò da parte l'attività di ricerca sociopolitica che mi ha tenuto entusiasticamente avvinto a tempo pieno per più di una dozzina d'anni. Lo farò per tornare ad un lavoro dal quale possa trarre di che vivere.

E proprio perché anch'io sono precario, sempre, mi permetto di dire che, a fronte di un lato umano che non può non incontrare una piena solidarietà, la teoria che traspare dalle richieste presentate dai precari della PA non mi trova affatto concorde. Non mi riferisco qui a cose come la riforma della scuola e persone come la signora Gelmini, od al signor Brunetta ed alle sue iniziative. Sto parlando di come si è generalmente inteso finora e si intende ancora affrontare il problema del lavoro per uscire dalla precarietà.


Personalmente sono del parere, irrilevante forse ma meditato, che innanzitutto occorra decidere che bisogna uscire TUTTI dalla precarietà. Non solo alcuni bensì TUTTI e definitivamente. E ritengo pure che non si possa continuare a farlo col tradizionale uso, cui molti sono ricorsi finora, di farsi assumere a vita come dipendenti pubblici. Vengo da una famiglia di quattro persone di cui tre erano dipendenti pubblici a vita. Io mi sono rifiutato di percorrere questa strada. Ho sempre scelto l'incertezza piuttosto che la certezza che stavo accaparrandomi qualcosa di cui non potevo, non dovevo, non avevo il diritto di impossessarmi. Anche perché, appropriandomene, sarebbe divenuta la mia grigia e stretta gabbia per tutta la vita.


E' abbastanza recente l'impegno che molti, tra coloro che anelano il progresso, hanno assunto nella specifica difesa dei Beni Comuni. Ebbene, ringraziando di vero cuore coloro che se ne stanno facendo intenso carico, cortesemente chiamo anche loro qui in causa e chiedo di considerare insieme il fatto che, tra tali beni comuni, tra queste cose pubbliche, non possiamo non annoverare anche le risorse, i ruoli, i redditi, i poteri tutti della Pubblica Amministrazione. Perché effettivamente essa è qualcosa che per sua stessa definizione pertiene TUTTI gli italiani e pertanto non può non essere resa effettivamente PUBBLICA.

Cortesissimamente chiedo si prenda insieme tutti coscienza che l'ordinamento che assegna a vita risorse, ruoli, redditi e poteri della PA risale ad epoca pre-repubblicana. Per questa ragione di arretratezza concettuale e strutturale, la nostra PA non può minimamente essere considerata una organizzazione democratica. Tale vetusto ordinamento non considera infatti per nulla la necessità, in una democrazia, che alla amministrazione della Cosa Pubblica, della Res Publica, partecipi potenzialmente l'intera cittadinanza.

Il sistema dei concorsi non è assolutamente in grado di determinare i migliori esecutori ed amministratori pubblici. I migliori, anzi, nella società, si son sempre tenuti ben alla larga da tale apparato, in cui la burocrazia s'afferma e si replica fin dal momento della selezione del personale. Con i concorsi vengono selezionati coloro che più son disposti a conformarsi al becero modo d'essere di uno Stato che, così facendo, con una PA a vita, con la complicità dei tanti ex precari comprati con, e divenuti possessori a vita di, un sacro Bene Comune, diventa indiscusso quanto iniquo Padrone!

In realtà sono in molti, sono e siamo una moltitudine di persone, ad essere in grado di compiere quei mestieri e quelle professioni molto meglio dei correntemente selezionati, di chi s'è posto prono nel migliore dei casi soltanto davanti alle commissioni esaminatrici, piuttosto che affermare un genunino se stesso ed un retto modo d'essere innanzitutto umano e poi statale.


Ed allora, se la precarietà è il nostro cruccio, ed in verità è un grave cruccio, ciònonostante essa non ci deve sovrastare al punto da farci dimenticare i doveri che un essere umano ha di fronte alla collettività, oltre che a se stesso. Esattamente il dovere di essere equo e giusto.


PUBBLICO IMPIEGO A ROTAZIONE
COMPRENDENTE ATTIVITÀ ECONOMICHE
PER UNA METÀ DELL'INTERO.


Questa è la proposta che il sottoscritto, in tutti questi anni, invece di pensare solo a se stesso, piuttosto che accomodarsi stabilmente in un ruolo pubblico e di assicurarsi certezze, ha messo a punto al fine che nessuno possa più patire una condizione di precarietà tale da fargli dimenticare rettitudine e giustizia. Conducendo in questa era, in questa moderna epoca storica, il vetusto ordinamento della PA a vita e trasformandolo in una PA democraticamene partecipativa, scompare definitivamente lo Stato/Padrone (i cattivi governanti non possono fare più ciò che vogliono) e compare lo Stato Comunità: in cui ognuno si sente, perché effettivamente lo è, parte del tutto, e nel caso di cattivo governo interviene come necessario!

La PA a vita ha fatto sì che molti giungessero ad odiare lo Stato.
La PA a rotazione potrà coinvolgere tutti i cittadini all'interno dello Stato.
E questo, da ingiusto, da nemico, da ostacolo, diverrà giusto, un amico, un aiuto.
Perché non si tratterà più di oligarchia, bensì saremo noi tutti a PARTECIPARVI!

Con la PA a rotazione non solo sparisce definitivamente lo Stato/Padrone, perché le persone non sono ricattate a fare quello che non devono per paura di perdere il posto o non fare carriera, ma sparisce pure la burocrazia! Infatti questa nasce da due precisi motivi: il carattere d'immutevole staticità dell'organizzazione, che cozza col mutamento continuo di una realtà dinamica, e la dipendenza che gli assunti a vita vogliono creare, in modo da giustificare la propria eterna presenza.


E così, con la PA a rotazione, sparendo ingiustizia e burocrazia, diviene non solo accettabile ma pure del tutto desiderabile il riassorbimento di attività economiche fino a che settore pubblico e privato non raggiungano un pari peso finanziario e di potere. In questo modo si costituisce un serbatoio di redditi e ruoli pubblici tale da poter garantire ad ognuno un TEMPO di LAVORO MINIMO, istituto a sua volta assistito dal REDDITO da CITTADINANZA tra una assegnazione d'incarico e l'altra. Ed il maggior peso e potere di un costantemente rinnovato settore pubblico permetterà a questo di svolgere meglio anche il ruolo di guida sociale davanti ad un inevitabilmente meno socialmente responsabile settore privato.


In somma, gentilissimi Presenti, carissimi Difensori dei Beni Comuni, carissimi Precari della PA e del settore privato, augurandomi vorrete essere coerenti con i vostri stessi ideali di equità e giustizia sociale, spero vorrete considerare quanto qui espresso e contribuire a svilupparlo.

Anche perché in verità siamo tutti precari. Chiunque lo è. L'Universo intero vive uno stato di precarietà. Solo i pubblici dipendenti assunti a vita, solo i bellimbusti della RAI, solo i dipendenti ASL, dei comuni, delle province, regioni, del catasto, delle forze dell'Ordine, e degli innumerevoli altri Enti dello Stato, sono incaricati a vita, contro la natura stessa di questa vita.

Per la qual cosa, gentili Signore e Signori Precari della PA, vi prego: non fate che vi si possa considerare come un ostacolo alla democrazia. Cogliamo questa occasione di generale necessità ed uniamoci in riflessione ed azione al fine di risolvere non un solo problema alla volta bensì tutti insieme in una volta sola!


Danilo D'Antonio

Laboratorio Eudemonia
Piazza del Municipio
64010 Rocca S. M.
TE - Abruzzo

tel. 339 5014947
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STP_1.2_14/01/40

[dedicato ed in ricordo di ariberto e gino]