acqua azzurra ACQUA CARA



 

ACQUA AZZURRA
ACQUA CARA

LE RETI IDRICHE POTREBBERO FINIRE COMPLETAMENTE IN MANO AI PRIVATI. MA DOVE GIÀ SONO INTERVENUTI, SPESSO SI PAGA DI PIÙ. ANALISI DI UN MERCATO DA 8 MILIARDI DI EURO CHE PESA NON POCO SULLA NOSTRA BOLLETTA

di Elvira Pollina e Alessandro Trevisani
Non siamo noi a chiuderci in un villaggio gallico. Noi ci apriamo al mondo». Parigi, 24 novembre, 11 del mattino. Ce una signora in blazer marrone nell'aula del consiglio comunale. Parla tranquilla e sicura. È Anne Le Strat, assessore alla municipalità: è la donna che ha rimesso l'acqua potabile in mano alla città, dopo anni di gestione mista con i privati. La sua risposta arriva secca ai rappresentanti dell'opposizione: estromettere le imprese dal ciclo dell'acqua non è una cosa da Asterix contro l'impero. Anzi. «Gli Stati Uniti sono gelosi della loro acqua, perciò scelgono il pubblico», dice Le Strat. I partner privati erano Veolia e Suez: dal 2010 dovranno uscire dall'affare, e il comune conta di risparmiare 30 milioni di euro l'anno.
NON C'È CRISI CHE TENGA
Quella di Parigi è una storia esemplare. Perché l'acqua è cara, e l'affare fa gola. Il prezzo del petrolio è in picchiata, quello dell'oro blu sale e non c'è crisi che tenga: per lavarsi, cucinare, fare il bucato gli italiani pagano sempre di più. In sei anni le nostre bollette sono cresciute del 32%. E da noi il mercato dell'acqua potabile vale 8 miliardi di euro. I privati ci si sono tuffati da tempo: guadagni sicuri, rischio d'impresa inesistente. Sarà per questo che la tariffa sale? «La differenza tra una gestione pubblica e quella privata è che la prima non ha bisogno di fare utili», taglia corto Luca Martinelli, autore di Piccola
guida al consumo critico dell'acqua (Terre di mezzo editore). La realtà italiana è complessa. Ci sono comuni che hanno una falda enorme sotto casa e paesi che vanno a prendere l'acqua lontano chilometri. Ma al di là della geologia l'oro blu è più caro dove c'è lo zampino di un privato: succede ad Arezzo, Firenze, Livorno e Rovigo. E i capoluoghi dove la spesa è più bassa hanno lasciato tutto al pubblico: Milano, Isernia, Benevento, Lecco e Pordenone. Ma il governo crede nella privatizzazione: un articolo della legge 133, obbliga i comuni a mettere sul mercato la gestione delle reti idriche entro il 2010.
CHI PAGA DI PIÙ
La stessa logica che vigeva nel 1994 quando, con la legge Galli, si consentirono i primi ingressi di privati nel mercato idrico. Il concetto era: facciamo entrare le imprese per dare più efficienza con costi minori. Ma spesso i gestori scelti dagli enti locali fanno tutt'altro. Ad Aprilia mezza cittadinanza si è ribellata a rincari del 250%. Così si sono messi a rifare i conti con la vecchia tariffa e hanno continuato a pagare al comune. Per tutta risposta Acea, l'impre-
sa privata, come ha raccontato // manifesto, ha provveduto a inviare vigilantes per togliere pressione alle condotte dei ribelli. Realtà che altrove sono inimmaginabili. Facciamo un salto a Londra. Due anni fa l'ex sindaco Ken Livingstone aveva invitato i suoi concittadini a
non tirare lo sciacquone dopo aver fatto pipì. Qui l'acqua costa, certo: una famiglia paga 565 euro l'anno, e come in tutta l'Inghilterra il servizio è privatizzato al 100%. Ma gli inglesi hanno un'authority che ha messo un tetto ai profitti, e controlla che una parte degli utili sia reinvestita nel servizio.
SODDISFATTI 0 RIMBORSATI
Fioccano le multe: in aprile la Water Thames, che rifornisce Londra, ha pagato 10 milioni di sterline per risarcire i bassi livelli di servizio. Situazioni che in Italia appaiono utopia. A Frosinone, per esempio, Acea gestisce l'acqua potabile al 100%. Un utente racconta: «Alla prima fattura ci è toccato un rincaro del 60%. E abbiamo pagato aumenti sulle bollette già pagate». Tariffe che il Consiglio di Stato ha invalidato in ottobre. Poi c'è Livorno: qui si pagano 349 euro l'anno, la quarta bolletta più cara d'Italia. «Ma la rete idrica rimane logora, vecchia e usurata», spiega Francesco Lovascio, del Forum italiano dei movimenti per l'acqua. «L'ingresso dei privati, quattro anni fa, serviva a finanziare il riassesto delle tubature. Che
LA RETROMARCIA PARIGINA
TORNA IL PUBBLICO, DOPO 25 ANNI
Venticinque anni di gestione privata dell'acqua. Una tradizione che dipendeva da una scelta di Jacques Chirac. Ora Parigi cambia. Un solo canale pubblico garantirà dal 2010 tutto il ciclo dell'acqua, dalla produzione alla distribuzione. Come a New York, Amsterdam, Bruxelles. Così ha voluto il sindaco socialista Bertrand Delanoe. «È solo una scelta ideologica, nulla garantisce che pagheremo di meno», tuona Jean-Francois La-mour. dall'opposizione. A Parigi l'acqua costa quasi 3 euro al metro cubo, comunque sotto la media nazionale. Ma i privati quanto ci hanno guadagnato? Difficile da capire. «Il margine netto oscilla tra 26 e 42%». dicono le
associazioni dei consumatori. «Non più dél7%». garantiscono Veolià e Suez, che mettono avanti la qualità del servizio. Suez, del resto, serve 1T0 milioni di cittadini in tutto il mondo: copre Atlanta. Manaus. Buenos Aires. Casablanca. Manila e Sydney, dove il prezzo dell'acqua in 5 anni è aumentato dell'80%. Suez è anche nel comune di Bordeaux, che nel 2006 si è fatto rendere 233 milioni, calcolati come "super-profitti" guadagnati dalla multinazionale: li hanno spesi per migliorare la rete idrica. Anche a Parigi ne avevano abbastanza: invece di spargere dividendi, gli utili saranno reinvestiti nell'acquedotto.
A.T.
 
LE TARIFFE COMMERCIALI, DA BERLINO A NEW YORK
In Italia il costo medio dell'acqua per forniture a uso commerciale è di un euro per metro cubo. Sopra i dati relativi ad altri Paesi. Il confronto è basato sui prezzi in vigore al 1°
luglio 2008. Tutti i prezzi sono espressi in centesimi di euro per me, Iva esclusa. Nel caso vi sia più di un fornitore è stata usata una media non ponderata dei prezzi disponibili
invece continuano a scoppiare». Stessa storia capita ai fiorentini, che pagano 352 euro l'anno per un depuratore che non c'è. Anche qui opera Acea Spa, il soggetto più importante nella quota privata (40%) del gestore Publiacqua. «Siamo in 160 mila a mandare gli scarichi in Arno, ma i lavori per il depuratore non partono mai. Dovevano finire nel 2006», spiega Luciano D'Antonio, sindacalista, che lavora proprio in Acea. Certo da noi l'acqua non ha ancora i costi di altri Paesi. A Berlino, dove opera un privato, il costo annuo per famiglia supera i 500 euro. I tedeschi però non si lamentano: ir sistema idrico è giudicato efficiente e la qualità dell'acqua ottima. La rete nella maggior pane della Germania è in mano al pubblico e nessuno vede il motivo di cambiare.
CONTROLLORI E CONTROLLATI
Intanto, da noi, non si contano i casi di conflitto di interesse. Ci sono sindaci che siedono nel consiglio di amministrazione delle società affidatane: così il controllore controlla se stesso. Succede in provincia di Agrigento, dove Girgenti Acque ha ottenuto l'incarico su decisione di un commissario straordinario, in mancanza di un accordo tra gli amministratori locali. Qui l'acqua arriva a singhiozzo, per poche ore alla settimana. «Non sapevamo neppure a chi rivolgerci^ visto che Girgenti Acque non aveva ancora aperto i propri uffici», ricorda Rosario Gallo, primo cittadino di Palma di Montechiaro. Qui, dove l'esercito fa la guardia agli acquedotti, si paga l'acqua più cara d'Italia: 445 euro l'anno. Davanti a questo far west il governo ha detto stop per 12 mesi a ogni tipo di affidamento diretto, privato o pubblico. Con la 133 tutto deve andare a gara. «Manca una visione complessiva.
Le Regioni si fanno la guerra: Veneto e Lombardia si contendono il Garda, la Basilicata non ne può più di dare l'acqua alla Puglia», dice Rosario Lembo, segretario nazionale del Contratto mondiale sull'acqua. E nel Salerno la spesa è di 299 euro l'anno, seconda regione più cara dopo la Toscana. Mediamente le perdite delle condotte continuano a essere enormi. «Sotto al 15% sono fisiologiche», dice Giancarlo Peterlongo, direttore del Gap, il gestore della provincia di Milano. Ma in Italia va disperso il 40% dell'acqua prelevata. E continuano a mancare gli investimenti nella rete. Quelli realizzati sono circa un 10% di quelli previsti: la tariffa è cara, ma non si investe il guadagno. Commenta Lembo: «Lo Stato deve fare di più e non è impossibile. In Irlanda la bolletta non esiste,
l'acqua si paga con le finanze pubbliche». Qualcosa di simile vorrebbero i promotori della legge d'iniziativa popolare "Acqua bene comune", che hanno raccolto 400 mila firme.
NEW YORK RICICLA
E che l'acqua sia un bene prezioso lo sanno bene a New York, dove una famiglia paga 700 dollari l'anno: l'aumento è del 14%. La fornitura la fa una controllata del comune: molti non pagano, il comune fatica per incassare il denaro allora aumenta la bolletta, penalizzando anche chi è in regola. Almeno l'acqua è di ottima qualità e i newyorkesi cercano di non sprecarla: molti installano impianti per riutilizzare l'acqua "grigia", quella di doccia e lavatrice. In Francia, poi, tre quarti della gestione delle acque è in mano ai privati. Parigi che si era affidata alle multinazionali era arrivata a spendere 2,81 euro per un metro cubo. E la bolletta, da 595 euro era fra le più care d'Europa. Adesso però è arrivata Anne Le Strat, in blazer marrone.