Volontariato della Nuova Era





In questi tempi, in cui occorre ripensare così profondamente la nostra vita, non esiste aspetto di essa che possiamo esimerci dal rimettere in discussione. Ecco il perché di questo auspicio per un:




  Volontariato della Nuova Era
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Non esiste atto più nobile
di quello compiuto da chi,
pur non ricevendone un beneficio,
si presta ad esser d'aiuto
laddove immediatamente serva.

Il valore di un'azione
compiuta per personale,
volontaria decisione,
senza ricevuto incarico
e tantomeno promesso premio,
ad esser di supporto
in una situazione contingente,
in un imprevisto caso della vita,
è in vero semplicemente grandioso.

E gran lode sia a coloro che vi si producono.


Tuttavia, in ossequio ad una realtà oltremodo varia che imperiosamente comanda che non esista alcunché ch'abbia valore assoluto, l'odierno fenomeno sociale, che a quell'occasionale atto volontario e disinteressato ma estremamente utile si ispira e per questa ragione viene chiamato volontariato, pur divenuto così diffuso, osannato e perfino istituzionalizzato, è cosa che non brilla tanto per luce propria, per luce dei risultati raggiunti, quanto indebitamente indotta da quel sentimento che spinge naturalmente al soccorso e dall'errata idea che ciò che è gratuito ha sapore sopraffino.

Se l'eccezione è sempre prevista, se pure vi possono essere casi particolari, là dove infatti ci si inserisce in una situazione di perenne, sistemico malvivere e si acconsente a raccogliere i cocci che ne scaturiscono di continuo senza mai andare al punto della situazione che costantemente rompe ed ivi massicciamente intervenire per eliminare i problemi alla fonte, non v'è molto di buono. Non v'è molto di buono là dove, in cambio di una elemosina, ci si allea di fatto con quello stesso sistema che sbaglia, e se ne impipa di sbagliare, e si acconsente a metter cerotti alle immense e profonde piaghe che esso si procura con abitudine perenne senza impegnarsi soprattutto in un radicale cambiamento risolutore.

Ciò significa di fatto avallare l'operato di quel sistema, divenirne fondamentale parte. Significa arrendersi di fronte alle difficoltà del cambiamento e rassegnarsi al peggio. Significa accettare il comportamento superficiale ed inadempiente dei governi, contribuendo a rendere croniche le loro carenze. Significa limitarsi a resistere senza impegnarsi ad attaccare. Significa prodursi nell'ennesima forma di sottomesso adattamento incapaci di un sano moto di creativa e pacifica ribellione.

Del resto: potrebbe mai il volontariato organizzarsi così convintamente e massicciamente come sta facendo ora, con associazioni ed organismi a non finire, riviste, convegni, corsi, seminari che si moltiplicano dappertutto, se non fosse intimamente convinto che la guerra contro il male è definitivamente persa? Se non avesse intenzione di trascorrere immerso tra i problemi non una ma dieci vite? Se non avesse svenduto il suo ideale alla Mafia di Stato? Ed ecco allora che il fatto che ci si contenta di un tozzo di pane per salvare il salvabile non va affatto a nostro vanto bensì qualifica esattamente il valore di ciò che si fa.


Perché non si può istituzionalizzare la sofferenza!
Ché imprevista e rara eccezione essa deve rimanere.


Ben altro atteggiamento, ben altro approccio, ben altro progetto, che quello storicamente originatosi negli ambienti della superstizione di Stato (e che per questa sua irrazionalità di fondo è appunto destinato al continuo fallimento) sarebbe invece da portare avanti. Consapevoli che il sistema è sbagliato, vecchio e corrotto in profondità, occorrerebbe distaccarsene, tirarsene fuori, e da fuori osservare, osservare, osservare fino al punto da capire con precisione dove occorre intervenire per cambiare le cose e lì iniziare a farlo concentratamente, costantemente, massicciamente fino alla radicale rimozione dell'origine dei nostri problemi. In un modo tale che lo stesso volontariato non sia più non solo necessario ma nemmeno immaginato. Al contrario agendo in modo da ottenere infine, assorbita in profondità nel sistema stesso, la sensibilità tipicamente usata da chi oggi con cuore premuroso cerca di porre deboli rimedi.


E' chiaro che chi giovanilmente ignora gli ingannatori meccanismi della vita, che chi appassionatamente scalpita per far la sua parte per migliorare il mondo, tende a percorrere le tradizionali vie conosciute e praticate, frettolosamente vi si insinua ... e lì però si perde. E' pure chiaro che queste tradizionali vie è bene rimangano in parte comunque aperte per le emergenze. Ma ancor più chiaro dovrebbe essere, oggi che la tecnologia ha concesso ad ognuno un empowerment conoscitivo, morale e tecnologico che quasi pareggia le possibilità del misero e del ricco, che occorre individuare nuove vie d'intervento che arrivino fin lì dove in secoli di storia nessun pacioso rivoluzionario si è mai potuto spingere, proprio lì dove i mali della società vengono generati ed appunto lì rimuovano i vecchi e logori meccanismi impiantandone di nuovi.

Facendo così che d'allora in poi sia una continua generazione di soluzioni preliminari a problemi successivi che mai quindi avranno occasione di comparire. Perché non solo è possibile ma è anche semplice riuscire ad ottenere una struttura sociale capace di autocorreggersi prima ancora di sbagliare. Essenzialmente la differenza sta nell'introdurre una innovazione all'origine dei processi sociali, non nell'intervenire alla loro fine, alla sorgente della polis non alla foce delle derive umane. Quindi proprio lì dove nascono le direttive, non dove altrimenti sarà appunto costretta ad intervenire, ultimo anello di una rugginosa catena, l'illusa truppa dei volontari con una inevitabilmente limitata ed in gran parte impotente azione.

La nostra infatti è una società che con evidenza s'ingrassa sui problemi: più problemi essa presenta e più gente s'arricchisce o comunque si sistema col suo fasullo intervento riparatore. Dapprima vi sono gli esperti che hanno monopolizzato il processo di facitura delle leggi, così potendosi permettere di farle cattive quanto vogliono. Poi arrivano quelli che traggono giovamento dai problemi causati da queste stesse brutte leggi (spesso coincidono coi primi). Infine arriva la truppa del cinque per mille che cerca invano di raccogliere gli innumerevoli frantumi in cui si è disgregata la società. Tutti comunque, arricchendosi o gratuitamente, rimanendo stabilmente centrati sui problemi, mai osando provare ad immaginare processi diversi da quelli esistenti.


Facciamo allora in modo da ribaltare completamente questa situazione. Togliamo il monopolio delle leggi ai politici, ai legulei, ai mille e mille esperti di Stato, falsi ed opportunisti ormai per la stessa conformazione della organizzazione che hanno creato. Concediamo la possibilità di proporre leggi all'intera popolazione e permettiamo che una sana competizione premi le migliori, le più semplici, le più efficaci, le più risolutive, le più belle proposte d'innovazione sociale. Facciamo anzi in modo che i cittadini siano invogliati a partecipare offrendo loro la possibilità di guadagnare ed arricchirsi, anche molto, producendo nuove buone, buonissime idee. Attiviamo un meccanismo positivo che tolga alimento alla presente nostra malefica organizzazione sociale. Facciamo in modo da arricchirci e prosperare con le soluzioni, mai più rimaniamo a gozzovigliare sui problemi.

Non dimenticando per giunta che la prima legge non fu scritta da un avvocato, la prima moneta non fu scambiata da un banchiere, la prima preghiera non fu recitata da un prete. Le migliori, più potenti e rivoluzionarie idee non potendo mai venire, nè allora nè oggi, dai bassi fondali di una ristretta cerchia di persone convenzionali inneggianti alle tradizioni bensì dalle immense profondità di una intera società di entusiasti partecipanti pronti ad ignorare i limiti posti dalle convenzioni. Gli esperti, i professionisti, gli specialisti possono percorrere solo le limitate vie da loro protocollate ed a loro retribuite. Ma è solo nel carattere infinito della nostra straordinaria realtà, e negli ancora mai percorsi territori della nostra immaginazione, dove invece possono addentrarsi tranquillamente le persone comuni che sono incastonate le più risplendenti gemme dell'inventiva umana.


Chi testardamente vuol rimanere chiuso nel suo ristretto ambiente, non potendo veder altro che vecchiume intorno a sè continui pure per la strada del tradizionale volontariato. La situazione è tragica ed anche se non servirà a cambiare il mondo concederà almeno una momentanea illusione a chi soccorre ed a chi soffre. Io stesso, che pure scrivo queste parole, penso con affetto e gratitudine ad alcune persone che so che con sincera ingenuità stanno impegnandosi oltre misura per il bene comune.

Ma chi sente che il volontariato istituzionalizzato, l'intervento volontario che abbandona il suo occasionale carattere d'emergenza per divenire protesi stabile di un sistema malato, è una strada senza uscita, un percorso che conduce alla morte collettiva perché espressione di rassegnazione e resa al marcio, cerchi più concludenti vie alternative.

Cominciando ad esempio con lo sposare il progetto di una:

http://assemblea-popolare-permanente-premiata.hyperlinker.org

altrimenti detta

http://il-mercato-delle-innovazioni-sociali.hyperlinker.org

Contemporaneamente potendo iniziare a ricercare quelle innovazioni che possano farci avanzare rendendo per sempre inutile ogni ricorso ad un pietoso volontario intervento finale.


Rimaniamo confinati, esclusi e reietti nella tradizionale forma del volontariato e mai vedremo il sole tornare a splendere sulla nostra società, sulla nostra terra. Sposiamo invece la concezione del volontariato della Nuova Era (se davvero vogliamo guarire il mondo dobbiamo in qualche modo distaccarci dal passato), intervenendo quindi creativamente e massicciamente quanto paciosamente alla radice dei problemi, non più sui suoi rami terminali, e mai più avremo motivo di lamentarci.



Danilo D'Antonio

Laboratorio Eudemonia
Piazza del Municipio
64010 Rocca S. M.
TE - Abruzzo

tel. 339 5014947
tel. 328 0472332




VdNE - V_0.9.1 - 30/05/39