come liberare i comuni dalla spinta a facilitare gli interessi immobiliari per sopravvivere



da Eddyburg
Data di pubblicazione: 05.12.2007

Servono strumenti per liberare i comuni dalla spinta a facilitare gli interessi immobiliari per sopravvivere. Le proposte della Rete del nuovo municipio

I Comuni, istituzioni originarie della potestà dei cittadini a governare il proprio rìterritorio, luoghi primordiali della partecipazione del popolo (demos) alla res publica, ambiti nei quali per prima si è praticata in Italia la pianificazione del territorio, sono generalmente ridotti a ben altro. La crisi della democrazia e degli strumenti della sua dialettica (i partiti), la forza dominante di poteri sempre più lontani dalla res publica e dagli interessi quotidiani dei cittadini (le corporations) stanno trasformando i comuni d’Italia in complici di una catena di comando manovrata da lontano, oppure in ammortizzatori dei disagi sociali da essa provocata.

L’utilizzazione della distribuzione delle risorse e delle responsabilità tra l’alto e il basso della piramide dei poteri formali è uno degli strumenti più spesso utilizzati per impoverire il ruolo dei comuni e per ridurlo a strumento di politiche decise altrove. I comuni sono sovraccaricati di compiti e alleggeriti di risorse. Ecco che sono convinti o costretti, sempre più spesso, a tradire il loro ruolo di parsimoniosi custodi del territorio nell’interesse dei cittadini di oggi e di domani, e a diventare promotori, facilitatori o passivi asseveratori di attività immobiliari che trasformano pesantemente il territorio, contribuendo al suo degrado. Le cronache dei giornali e il passaparola di chi osserva il territorio con sguardo pulito rende nota una grande quantità di episodi di questo genere, di cui su eddyburg ospitiamo solo una piccola parte: la punta di un iceberg.

Ma ci sono comuni che resistono, che remano coraggiosamente controcorrente, che sperimentano iniziative di governo responsabile del territorio che a loro è stato affidato. Le varie forme di partecipazione (nella formazione dei bilanci, nella predisposizione degli strumenti urbanistici, nella scelta progettuale su trasformazioni puntuali del territorio) sono in questi comuni un modo per rafforzare il potere delle istituzioni democratiche e per allargare il consenso sulle decisioni giuste, oneste, ispirate a una visione lungimirante del bene comune. È questo che anima soprattutto la rete che collega i comuni interessati alla costruzione e sperimentazione di un “Nuovo Municipio”, e la sua Associazione (Associazione Rete del Nuovo Municipio, ARNM).

La recente assemblea nazionale dell’ARNM (Roma, 22-24 novembre 2007) ha diffuso un documento che registra la gravità della situazione attuale e avanza alcune proposte strutturali: capaci cioè di riformare il modo in cui i comuni operano modificando l’assetto della ripartizione dei cespiti finanziari tra le diverse istituzioni della Repubblica.

Il documento (inseriamo in calce il link al testo integrale) rileva innanzitutto come la crescita culturale e politica dei Nuovi municipi e l'estensione delle pratiche partecipative “si scontrino sempre più spesso con il consolidarsi di intrecci lobbystici tra interessi economico/finanziari e rappresentanze politiche, anche locali, di pari passo con la crisi della rappresentanza che ha colpito in misura crescente le diverse parti della società”.

L’ARNM denuncia la ridotta autonomia finanziaria che “rende i Comuni di fatto ostaggi della dipendenza da ICI e oneri di urbanizzazione, basi delle quote disponibili dei bilanci comunali, project financing, e strumenti analoghi. Questo stato di cose – prosegue il documento - combinato con i tradizionali interessi della rendita fondiaria e immobiliare e con i nuovi appetiti finanziari, ha finito per necessità con l'alimentare un meccanismo perverso che produce l'urbanizzazione e l'edificazione di nuove aree agricole, con conseguente consumo di suolo, devastazione del paesaggio, perdita di identità sociali, rischi ambientali, crescente insicurezza per la sempre maggiore estensione e monofunzionalità delle aree urbanizzate”.

Il documento si conclude con una serie di proposte concrete, non solo di ordine fiscale e finanziario, sulle quali sia l’iniziativa politica che la discussione sono aperte. Anche su questo sito. 

Associazione Rete del Nuovo Municipio
QUINTA ASSEMBLEA NAZIONALE DEGLI ENTI LOCALI CHE
SPERIMENTANO PRATICHE PARTECIPATIVE
Roma, 23-25 Novembre 2007
Documento conclusivo
A quattro anni dalla sua fondazione l'Associazione Rete del Nuovo Municipio rileva come
la crescita culturale e politica dei Nuovi Municipi, secondo le indicazioni originarie della
Carta del Nuovo Municipio, e l'estensione delle pratiche partecipative, si scontrino sempre
più spesso con il consolidarsi di intrecci lobbystici tra interessi economico/finanziari e
rappresentanze politiche, anche locali, di pari passo con la crisi della rappresentanza che
ha colpito in misura crescente le diverse parti della società.
Il bisogno d'un nuovo protagonismo sociale e la possibilità di incidere realmente sulle
scelte del governo locale riferite ai diversi beni comuni (territorio, servizi pubblici,
ambiente e paesaggio, economia locale, ecc.) diventa oggi un urgente terreno di lavoro, che
se trascurato non può che rafforzare le emergenti richieste - provenienti anche dalla base -
di neocentralismo. A questa istanza neocentralista non si può che rispondere rilanciando
la pratica dei municipi come istituzioni effettivamente partecipate dalle cittadine e dai
cittadini.
Uno dei principali ostacoli alla pratica effettiva dei municipi quali istituzioni partecipate è
oggi la ridotta autonomia finanziaria dei Comuni anche nell'utilizzo delle risorse proprie,
vincolate dai provvedimenti annuali dello Stato. Ciò rende i Comuni di fatto ostaggi della
dipendenza da ICI e oneri di urbanizzazione, basi delle quote disponibili dei bilanci
comunali, project financing, e strumenti analoghi. Questo stato di cose, combinato con i
tradizionali interessi della rendita fondiaria e immobiliare e con i nuovi appetiti finanziari,
ha finito per necessità con l'alimentare un meccanismo perverso che produce
l'urbanizzazione e l'edificazione di nuove aree agricole, con conseguente consumo di
suolo, devastazione del paesaggio, perdita di identità sociali, rischi ambientali, crescente
insicurezza per la sempre maggiore estensione e monofunzionalità delle aree urbanizzate.
Rispetto a queste tendenze in atto, quella della RNM è invece una prospettiva di
promuovere una nuova fiscalità come condizione per l'empowerment delle comunità
locali, verso una nuova democrazia municipalista e di federalismo solidale, secondo
logiche relazionali e orizzontali, non gerarchiche o sovraordinate, vincolando quindi
l'autonomia finanziaria all'attivazione di politiche partecipative come forma ordinaria di
governo.
L'Associazione Rete del Nuovo Municipio chiede pertanto al Governo e al Parlamento
nazionale, alle Giunte e ai Consigli regionali, di aprire una nuova fase nelle politiche
istituzionali e finanziarie verso gli enti locali e in particolare i municipi, attraverso:
1. il sostegno anche finanziario a iniziative che favoriscano la diffusione di pratiche
partecipative negli enti territoriali locali;
2. la promozione di una effettiva compartecipazione dinamica dei Comuni al gettito
IRPEF, individuando un'area impositiva (patrimonio privato) di esclusiva competenza
degli enti locali, superando la logica delle addizionali e prevedendo adeguati
meccanismi di perequazione;
3. l'attivazione di linee di finanziamento per i servizi d'interesse collettivo (scuole, servizi
sociali ecc.) che consentano di evitare il ricorso dei Comuni all'urbanistica contrattata
per garantirne la fornitura;
4. l'utilizzo del gettito ICI esclusivamente per investimenti compensatori dell'attività
edilizia, anche a livello intercomunale;
5. la priorità, nell'utilizzo dei finanziamenti pubblici per l'edilizia e le opere di interesse
collettivo quali scuole ecc., al riuso del patrimonio edilizio esistente e nelle aree già
urbanizzate, arricchendo il mix funzionale degli insediamenti esistenti anziché
consumare nuovi suoli agricoli;
6. lo studio di più avanzate soluzioni normative e finanziarie nazionali e/o regionali cui
gli enti possano ricorrere per stralciare dai propri strumenti urbanistici vigenti di cui
sia emerso, con chiarezza e attraverso pratiche partecipative, il danno alle risorse
naturali, del paesaggio o di altri interessi collettivi, fino alla previsione di un fondo
compensativo (similmente a quanto avviene per le calamità naturali) per la recessione
da opere e/o progetti già convenzionati o autorizzati.