se la casa crolla. Le ricadute della crisi in usa



da La Repubblica
02-09-07, pagina 1,

Se la casa crolla

ILVO DIAMANTI

C' è qualcosa di «familiare» - e di inquietante - in questa crisi finanziaria, «esportata» dagli Usa sulle piazze finanziarie di tutto il mondo. Perché il collasso delle borse non è stato prodotto dal crollo di una grande impresa o delle Torri gemelle. Ma dal crollo della «casa». Dalle difficoltà di milioni di americani, incapaci di pagare le rate dei mutui contratti per comprare la loro abitazione. Persone a basso reddito, a cui istituti bancari, assicurativi e altre agenzie hanno concesso «credito», per sostenere il mercato immobiliare, divenuto il principale motore del mercato finanziario, dopo la crisi della new-economy. E perché il rischio era, comunque, diluito, diffuso, polverizzato. Sparso nel mondo, dalle stesse banche, attraverso fondi, bond e altri «prodotti finanziari» derivati. Scaricato, una volta di più, sui risparmiatori, spesso ignari. Così, l' insolvenza degli americani poveri, incapaci di pagare le rate del mutuo, di mese in mese più pesanti, non solo ha privato loro della casa (si calcola che questo rischio coinvolga circa 2 milioni di persone). Ma ha ridotto i prezzi immobiliari, negli Usa. Ha, inoltre, scosso le borse e i mercati di tutto il mondo. E, con esse, ha minacciato i risparmi di molte persone e di molte famiglie. Infine: ha colpito la «casa» stessa come istituzione. Non ne ha solo ridotto il «valore di mercato», ma anche il «valore sociale». L' ha «svalutata». E ha reso evidenti le conseguenze che una globalizzazione senza controlli può avere sulla vita e sulla sicurezza delle persone. Questa considerazione, riteniamo, ha influito in modo determinante sulla decisione di Bush, nei giorni scorsi, di varare misure a favore delle famiglie maggiormente a rischio. Quasi che lo spirito di Keynes fosse tornato a soffiare sugli Usa, dopo anni di ultraliberismo. Più delle possibili conseguenze finanziarie, hanno pesato, a nostro avviso, quelle sociali. E, quindi, politiche. La perdita di consenso, irreparabile, che avrebbe potuto produrre un popolo di «homeless». La questione, ovviamente, vale a maggior ragione per l' Italia. Dove l' importanza della casa assume un ruolo perfino iperbolico. Idealtipico. a) Oltre sette italiani su dieci, infatti, sono proprietari dell' abitazione in cui vivono (Dato ricavato, come i seguenti, dall' Osservatorio sul Capitale sociale di Demos-coop, maggio 2006). Oltre due su dieci ne possiedono almeno un' altra. Il 13% ha in animo di acquistarne una, nel prossimo futuro (ma il dato risale, appunto, a un anno fa). b) La casa, infatti, è considerata non solo in quanto «residenza», ambiente di vita. Ma come «patrimonio» che si mantiene, riproduce e trasferisce, di generazione in generazione. Tanto che oltre il 70% sostiene che, in futuro, lascerà o riceverà un' abitazione in eredità. Ovvio che ogni intervento «fiscale», in questo ambito, produca una reazione generalizzata e trasversale. Dal punto di vista sociale e politico. Lo ha verificato il centrosinistra, al momento del voto nel 2006, quando ha pagato a caro prezzo le affermazioni, incaute, di alcuni leader (in testa Prodi), a proposito delle successioni e di altre tasse sulle abitazioni. c) La casa è motivo di gratificazione e di distinzione. Il 90% degli italiani se ne dice soddisfatto. Il 20% la ritiene una delle principali fonti di «considerazione sociale». d) Al di là degli aspetti che riguardano il patrimonio e la condizione di vita, la «casa» è importante dal punto di vista della sicurezza. E' , infatti, considerata l' estremo confine tra sé e gli altri. Tra sé e il mondo. Il luogo del «privato», in cui ci si sente liberi. A proprio agio. Sicuri. Insieme ai propri cari. In famiglia. «A casa propria», come si è soliti dire. Per questo motivo, la criminalità definita «micro», dalle statistiche e dagli esperti, per le persone è, invece, «macro». Suscita il massimo grado di inquietudine. Perché colpisce soprattutto le abitazioni. Viola i confini del nostro privato. I limiti della nostra incolumità. e) Negli ultimi anni, peraltro, l' importanza della casa è cresciuta. Per reagire all' insicurezza e alle paure, Le persone si sono asserragliate fra le mura domestiche. Hanno eretto barriere sempre più alte per difendere se stesse e la propria famiglia dal mondo esterno. Recinzioni sorvegliate da sistemi di sicurezza e d' allarme sempre più sofisticati, cani mostruosi, videocamere, porte e finestre blindate. Ci siamo costruiti da soli la nostra sing-sing quotidiana. Tuttavia, nessun confine e nessuna barriera può fermare la globalizzazione; può tenere il mondo fuori dalla nostra casa. Dal punto di vista cognitivo, soprattutto. Attraverso i media, che portano il mondo a casa nostra. E ci trasmettono l' angoscia di avvenimenti drammatici che si ripetono dovunque, nei luoghi più impensati. Senza soluzione di continuità. Peraltro, le tecnologie comunicative ci permettono di tenerci in contatto continuo con persone lontane, nello spazio. Ma ci rendono contattabili e controllabili, a nostra volta. La nostra casa, cioè, riesce sempre più a fatica a «difenderci» dagli altri e dal mondo. Il problema ulteriore, esploso in questi giorni, è che la casa stessa sta perdendo il tradizionale significato di «rifugio». Da spazio privato e familiare si sta riducendo in un «prodotto». Usato non tanto per trasferire il patrimonio, in famiglia. Di genitore in figlio. Ma per fini speculativi. Il tempo in cui, per costruire la propria casa, le famiglie si affidavano a un' impresa oppure se le facevano da soli, sfruttando i fine settimana e le ferie, appartengono a un altro millennio. Oggi le case le costruiscono solo grandi imprese immobiliari, sostenute da istituti assicurativi e finanziari. Erigono palazzi, grandi centri residenziali, interi quartieri. A prescindere dalla domanda «effettiva». Non a caso, le nostre città sono divenute irriconoscibili. Il nostro territorio: incomprensibile. Gli immobiliaristi e i grandi costruttori, da parte loro, hanno conquistato non solo ricchezze, ma un potere inimmaginabile fino a pochi anni fa. Li trovi dovunque. Controllano giornali. Incrociano la politica e la finanza. Il calcio. Condizionano le politiche locali: i piani regolatori e i progetti territoriali. Riempiono perfino le cronache rosa. Esibiscono una visibilità sfacciata. Oggi, la crisi che ha colpito i fondi legati ai mutui immobiliari maggiormente a rischio marca un passo ulteriore. Agli occhi delle persone, trasforma definitivamente la «casa» in un' entità fantasmatica. Una «attività finanziaria», che appartiene alla categoria «subprime». Ad alto rischio. Può produrre alti rendimenti e, per lo stesso motivo, provocare alti costi. Che si scaricano sui proprietari delle case acquistate «a credito». Ma anche su risparmiatori di tutto il mondo. Inconsapevoli (come noi, fino a ieri) di cosa siano i subprime. Incapaci, a maggior ragione, di capire perché il loro reddito sia minacciato, eroso, dall' insolvenza degli americani poveri, non più in grado di pagare il mutuo. Perché, se le case perdono valore negli Usa, ci dobbiamo perdere noi. In Italia. Anche se, magari, non abbiamo mutui e neppure case, ad esclusione di quella in cui viviamo. E' un cortocircuito cognitivo, che trasforma un bene «rifugio» (in ogni senso) in un male oscuro, prodotto dalla globalizzazione. Pericoloso. Perché sgretola una certezza, un' istituzione sociale. La casa come garanzia per il reddito, ma anche per la condizione personale e familiare. Ma soprattutto, la casa come riferimento della stabilità e dell' integrazione sociale. Rischia di crollare. Di lasciare gli individui soli e vulnerabili ad affrontare il mondo. Senza pareti e senza tetti. Senza muri e senza porte. Senza casa.