attenti alla pillola pirata



da espresso gennaio 2007


Attenti alla pillola pirata
di Riccardo Staglianò
Viagra, ansiolitici, sciroppi. Farmaci contraffatti che arrivano da Russia e Cina, dove uccidono centinaia di persone al giorno. E hanno già invaso l'Europa
Ci sono numeri pesanti come il piombo che scivolano via leggeri come piume. Centonovantaduemila è uno di questi. Corrisponde ai morti per farmaci contraffatti, in Cina, nel solo 2001; e la cifra è di fonte governativa. Spezzettata vuol dire 526 morti al giorno. Medicine d'ogni genere. Allegre come il Viagra e tristi come lo Xanax, banali come gli sciroppi per la tosse e i sonniferi o complicati come gli antitumorali e i cocktail per l'Aids, fino al latte artificiale per i neonati. E tuttavia lo spaventoso bollettino è passato da noi quasi sotto silenzio. Disinnescato dalla convinzione che la Cina non sia vicina, nonostante che arrivino da lì quasi 7 milioni di container all'anno. Ridimensionato dalla presunzione che il nostro sistema farmaceutico sia migliore di tutti gli altri, come se nelle farmacie inglesi non fossero state ritirate due estati fa 120 mila confezioni di pillole anti-colesterolo non autentiche. Sedato infine dall'idea che il sistema sanitario nazionale, con i suoi rimborsi statali, disincentivi i falsari: vero, se non fosse che, come ricorda uno dei principali esperti mondiali (l'intervista è a pag. 40), quando un farmacista disonesto compra a un quarto del prezzo e gli viene restituito l'intero guadagna ancora di più. E basta un grossista, in tutta la catena, per mettere in circolo migliaia di scatole taroccate. Come dimostrano i 93 sequestri in Russia, i 42 negli Stati Uniti, i 39 in Gran Bretagna e i 25 in Germania e Israele, solo per citare dalla top-ten 2005 del Pharmaceutical Security Institute (Psi). Su un totale di 89 nazioni non rese pubbliche tra cui, come si constata, ve ne sono di decisamente avanzate. Italia inclusa.

È un'emergenza che non risparmia nessuno, e dalle dimensioni incerte: si va dai 3,5 miliardi di dollari stimati dalla Food and Drug Administration americana ai 35 dell'Organizzazione mondiale della sanità (per la quale la media mondiale è di una pillola falsa su dieci, che scende a una su 100 nei paesi industrializzati). Una cifra rivista al rialzo dal Center for Medicines in the Public Interest che prevede, per il 2010, un fatturato di 75 miliardi. Si tratta di stime, poiché si tratta di economie illegali: per alcuni, la più redditizia. "Su mille dollari investiti dalle organizzazioni criminali l'eroina ne rende quasi 20 mila, mentre i farmaci per disfunzioni erettili sino a 500 mila", spiegava Mike Chan, della multinazionale Eli Lilly, in un convegno a Shenzen. Un business reso ancora più appetitoso da rischi penali al confronto insignificanti. Trent'anni di galera per un chilo di droga da una parte, il sequestro del carico e una bacchettata sulle mani dall'altra.
Partiamo quindi dalla fine e facciamo il percorso a ritroso. È il 3 aprile quando scatta l'Operazione farmacista fai-da-te. I nuclei frodi telematiche (Gat) della Finanza sequestrano oltre 1500 pasticche di Stamina-Rx, pastiglie dalle promesse virtù di incremento della potenza sessuale e fisica che presentano serie controindicazioni. A volte anche importanti: come il rischio di sbalzi cardiovascolari.
"Alcune confezioni", spiega il colonnello del Gat Umberto Rapetto, "avevano prezzi inferiori e si presume che fossero false". I test chimici dell'Università di Salerno lo diranno con certezza nei prossimi giorni. Gli originali invece sono il prodotto di punta della Hi-tech Pharmaceuticals di Jared R. Wheat. Il trentaquattrenne che attende nel carcere di Atlanta un processo con 45 capi di imputazione. Perché, oltre al discusso bestseller, produceva illegalmente anche la statina Lipitor, che abbassa il colesterolo cattivo, l'ipnotico Ambien e l'antidepressivo Xanax. Importava gli ingredienti dalla Cina attraverso un broker del New Jersey e li faceva spedire in Belize dove i suoi dipendenti, in ciabatte e bermuda, impastavano il tutto in betoniere da cemento.
La distribuzione avveniva via Web, la Mecca dei falsari dove prosperano decine di migliaia di farmacie on line. E il National Center on Addiction and Substance Abuse della Columbia University, dopo averne censite 185, denuncia: l'89 per cento non chiede mai alcuna ricetta. Aggiungete che circa un quarto dello spam, ovvero 15 miliardi di messaggi elettronici al giorno, pubblicizzano farmaci e capirete di quale Far West stiamo parlando. Basta digitare 'lipitor' nel motore di ricerca di Alibaba, una sorta di eBay cinese per grossisti di ogni sorta, per ottenere una pagina di risultati. Si può scegliere tra la turca N.O.S. di Orkun Tasci, che lo ha disponibile in tre dosaggi ("È la marca Pfizer originale", specifica una didascalia), oppure la canadese Adv-Care Pharmacy di Hai Zhang, o ancora l'indonesiana Indofarma. 

Craig Schmidt, venditore di materie plastiche di Chicago, sa sin troppo bene come funziona. Lunghe giornate al volante, mal di schiena da impazzire e un umore sulle montagne russe, ha 30 anni nell'aprile 2004. E clicca su un'offerta e-mail che promette l'ansiolitico Xanax e l'antidolorifico Ultram a prezzi scontati. Quando arrivano per posta fa appena in tempo a ingoiarne due e mettersi in auto verso il ferramenta. Si sveglierà tre settimane dopo all'ospedale. Nelle pillole c'era una dose quadrupla del principio attivo, lui era collassato al volante ed era uscito di strada. Infarto, coma e danni cerebrali.

Ci vuole dell'incoscienza a comprare farmaci da prescrizione in Rete. Ma sempre più persone lo fanno, come dimostra un giro d'affari che passerà dai 3,2 miliardi di dollari del 2003 ai 13,8 del 2007, stando ai calcoli di Jupitermedia. Tanto più se l'assicurazione sanitaria non li copre o il servizio sanitario nazionale non li passa. In ogni caso non si possono accusare d'imprudenza le decine di persone che, in Europa, sono state avvelenate da pillole prese in farmacia. E dove sta l'avventurismo dei 2.500 bambini nigerini morti nel 1995 per un finto vaccino contro la meningite? Oppure degli oltre 500 tra India, Haiti, Bangladesh e Argentina, uccisi da una tossina adoperata in un falso sciroppo di paracetamolo? Niente Internet a cui dare la colpa qui, ma canali tradizionali dirottati da spacciatori criminali. In Nigeria sino a pochi anni fa le medicine taroccate erano otto su dieci. Poi è arrivata Dora Akunyili e le cose sono migliorate. Il capo dell'autorità sanitaria preposta in Nigeria al controllo dei farmaci ha perso una sorella per una dose di finta insulina, e per questo non si ferma neppure davanti alle pallottole che l'hanno colpita in testa. Ospite di riguardo di un recente convegno romano, ha spiegato: "Questa contraffazione è una delle più grandi atrocità del nostro tempo, provoca uno sterminio ed è terrorismo contro la salute pubblica". Stessa franchezza riservata alle grandi compagnie farmaceutiche: "Se, sapendo di partite false, tacciono per paura di danneggiare i loro affari, si rendono complici di omicidio di massa".

Non è solo un caso di scuola. Dora Akunyili pensa al '92, quando al suo collega del Ghana Emmanuel Agyarko venne segnalata la presenza sul mercato di flaconi di antimalarico Halfan diluito. L'ufficiale stava per diramare un allarme pubblico, quando, a suo dire, la britannica GlaxoSmithKline lo ha pregato di aspettare che fossero i suoi detective a togliere i flaconi fasulli dalla circolazione, discretamente. Il funzionario afferma di essersi, in un primo momento, fidato, ma poi pentito. Al punto da denunciare tutto davanti a una platea internazionale. In reazione alle accuse, l'allora portavoce di Gsk, Louise Sibley, dichiarava ad 'American Prospect': "Emanare warning pubblici non è il nostro mestiere: non siamo noi a fare i falsi".

Già, ma non pare neppure che le aziende farmaceutiche siano tenute a collaborare con chi vuole scoprirli prima che facciano stragi, a giudicare da come funziona la banca dati Psi a Vienna, in Virginia. Qui confluiscono le segnalazioni degli investigatori privati che lavorano per le 21 principali industrie del farmaco, ma i dati tardano. Come spiega Chris Jenkins, già membro fondatore del Psi e oggi analista per l'agenzia Pinkerton: "Se si sapesse di un paziente che subisce un danno come risultato di un prodotto contraffatto, la buona reputazione della compagnia rischierebbe di scomparire. E il pericolo più immediato sarebbe che un prodotto rivale venga preferito sul mercato". Meglio che nel frattempo i consumatori corrano gravi rischi o che le azioni di una Big Pharma subiscano un brutto colpo?

Dalle statistiche doganali della Ue di novembre si apprende che tra i falsi bloccati alle frontiere europee più di 500 mila erano confezioni di medicinali. Pillole anticoncezionali, retrovirali contro l'Hiv, Tamiflu cinese contro l'influenza aviaria: elenca il commissario al commercio Peter Mandelson. E i casi di contraffazione scoperti, stando al poco che si sa del rapporto Psi, sono passati in un anno da 43 a 130. Per questo, il mese scorso è nata a Bonn la Impact, una task force multinazionale che già raggruppa 20 paesi. Per armonizzare la risposta verso il più globalizzato dei nemici. "Dobbiamo agire su cinque piani", dice il neo coordinatore Valerio Reggi: "Legale, di polizia, regolamentare, tecnologico e di comunicazione". L'espansione europea a Est, da questo punto di vista, non aiuta. La Russia ha superato per la prima volta la Cina per numero di confische di pasticche adulterate. E l'Unione, aumentato il numero di paesi che vi confinano, diventa più vulnerabile. Una volta entrate dalla Lituania, per esempio, anche la via per Parigi, Madrid o Roma diventa assai più agevole. Solo pochi mesi fa l'ex sottosegretario Gianni Letta, pur rassicurando che i canali istituzionali in Italia sono al sicuro da quello che ha definito il "moderno flagello", invitava ad "abbattere assolutamente l'ostacolo delle differenze normative tra paesi". 
 
Il decano dei farmacologi, Silvio Garattini, invita alla calma: "La sanità pubblica riduce i margini di guadagno per i malintenzionati". E lo stesso pensa Reggi: "C'è tendenzialmente da stare tranquilli". Anche se, ammette, un modo per aggirare i controlli esiste: ci sono distributori che ricevono i farmaci dalle aziende e devono solo reimpacchettarli, traducendo le scatole nella lingua del paese dove il farmaco viene distribuito. "La licenza è facile da ottenere perché non dovrebbero toccare il contenuto. Ma poi possono infilarci quel che vogliono," è il dubbio di Reggi. Ma i Nuclei antisofisticazione e sanità dei carabinieri non credono che questo sia un varco possibile: il sistema è chiuso perché prevede che il farmaco sia etichettato con speciali bollini. E, insiste Domenico Di Giorgio, dirigente chimico dell'Agenzia del farmaco: "Falsificarli è tanto difficile come falsificare gli euro. E poi bisognerebbe trovare una rete di distribuzione compiacente. Non è facile".
Eppure le ispezioni antifalsi dei Nas sono in crescita esponenziale. "È uno dei rischi più insidiosi per la salute dei cittadini", ha ammesso il comandante generale dei carabinieri Luciano Gottardo. La conferma viene dal quartier generale Psi: "Un incidente di contraffazione è stato riscontrato in Italia l'11 aprile 2005", certifica il direttore, l'ex funzionario della Fbi Thomas Kubic, che però non fornisce ulteriori dettagli. La lista è segreta. Qualche azienda, senza rendere nota la cosa, ha denunciato il caso. E l'opinione pubblica non ne ha saputo niente. Neppure il nostro Paese è inespugnabile, allora. E i rischi aumenteranno man mano che i farmaci generici s'imporranno: i loro falsi sono assai più facili da realizzare perché gli originali sono senza marchio riconoscibile. In Cina, India e Russia l'hanno capito benissimo, e li spediscono già nel resto del mondo. Basta aspettare. Arriveranno.
Il simil-botulino costa un quarto
di Agnese Ferrara

È guerra senza esclusione di colpi tra le aziende produttrici di botulino, l'antietà più conosciuto al mondo. Ma mentre l'americana Allergan, l'inglese Ipsen e la tedesca Merz si combattono alla luce del sole, fiorisce il mercato nero dei falsi Botox.
In Italia "il reale concorrente ufficiale del Vistabex (il botox antirughe) sono le tossine cinesi a quelle provenienti dalla Grecia, dall'Europa dell'Est e dalla Russia", denunciano i dirigenti dell'Allergan Italia: "Con costi che scendono clamorosamente. L'originale è venduto ai medici a 200 euro per fiala da 50 unità, contro boccette clandestine da 100 unità vendute a circa 100 euro".
Oggi sono botulini clandestini, ma la rissa tra Allergan e le autorità giudiziarie britanniche potrebbe aprire la porta a preparati senza marchio. L'Alta Corte inglese ha revocato infatti la paternità del brevetto all'Allergan nei confini inglesi concedendo alla concorrente tedesca Merz, già produttrice del botulino in Germania, di estendersi al mercato inglese. "Il magistrato ha ritenuto che l'impiego della tossina botulinica a scopo terapeutico fosse già noto molto prima della registrazione del farmaco da parte dell'Allergan, avvenuta nel 1993", commenta Alberto Aleotti, vicepresidente Farmindustria con delega per le politiche di brevetto e legali: "Il magistrato però ha agito anche con prudenza sospendendo il giudizio fino alla prossima decisione della Corte d'Appello, invitando l'Allergan a fare ricorso. Il provvedimento potrà comunque suggerire ad altri competitor di provare e percorrere la stessa strada altrove".