una vita da criceti



da carta.org   
[05.10.2006]

Una vita da criceti
Maurizio Pallante, Carta 35/2006

Fino all'età di quattordici anni sono vissuto in una casa senza frigorifero. Eppure, nonostante possa sembrare incredibile, il mio sviluppo psico-fisico non ne ha risentito.
Erano gli anni Cinquanta e abitavamo in città. Nonostante ciò, non ricordo che ce ne derivassero particolari disagi, anche se eravamo in quattro bambini da crescere. E la nostra famiglia non era un'eccezione. Tra quelle che frequentavamo non c'era nessuna che avesse questo elettrodomestico. All'inizio degli anni Sessanta, improvvisamente e in perfetta sincronia con i nostri conoscenti, abbiamo scoperto di sentirne la mancanza. Come in una sorta di disvelamento collettivo ci siamo resi conto che non potevamo più farne a meno per vivere dignitosamente. Da allora, chiunque mette su casa, lo considera uno dei pochi oggetti dal quale non si può prescindere, oltre al letto, la cucina, il tavolo, un armadio e la televisione.
Ma qual è l'utilità del frigorifero? Beh, ti consente di conservare più a lungo i cibi deperibili, per cui puoi andarli a comprare una volta alla settimana e non ogni giorno. Tutti in fila con i carrelli davanti alle casse dei supermercati. Senza dubbio una bella comodità. Si risparmia un sacco di tempo. E di tempo ne hai sempre così poco. Sì, ma perché ne hai poco? Perché lavori tutto il giorno e in più ti ci vuole un'ora per andare e un'ora per tornare. Nel poco che ti resta, c'è il bambino da portare a nuoto, le commissioni, la casa da tenere in ordine. Sì, ma perché devi lavorare tutto il giorno? Per avere i soldi necessari a pagare il frigorifero che ti fa risparmiare tempo a fare la spesa, tutti gli altri elettrodomestici che ti fanno risparmiare altro tempo e le bollette dell'energia elettrica che consumi per farli funzionare.
Li guardi, chiusi nelle loro automobili con lo sguardo perso nel vuoto, mentre affiancano la tua automobile ogni mattina negli interminabili intasamenti sulle tangenziali e sulle vie cittadine? Li rivedi ogni sera al ritorno, chiusi nelle lo automobili con lo sguardo spento, negli interminabili intasamenti sulle tangenziali e sulle vie cittadine?
Se provassi a chiedere perché sono lì, a respirare fiotti di gas di scarico, ti direbbero che farebbero volentieri a meno di usare la loro automobile tutti i giorni sul tragitto casa-lavoro-casa, ma sono costretti a farlo. Non si rendono nemmeno conto che vanno a lavorare per avere i soldi necessari a comprare l'automobile di cui hanno bisogno per andare a lavorare. Se sommassero la svalutazione del capitale con i costi di gestione e manutenzione ordinaria, si accorgerebbero che assorbono cinque stipendi ogni anno. Se non hanno incidenti. E se non tengono conto di quella parte di tasse che vengono usate per costruire e manutenere le infrastrutture necessarie a far circolare le automobili, nonché per pagare le spese ospedaliere degli incidenti automobilistici: 250.000 ogni anno, con una mortalità di 8.000 persone.
Lavorare per la crescita del Pil? Per produrre sempre più cose sempre meno utili e sempre più dannose? Per avere i soldi necessari a comprarle? Hai presenti i criceti che corrono dentro la ruota? Con l'aggravante che questo fare fine a se stesso, oltre a distruggerti la vita, comporta una progressiva devastazione del territorio, un aumento crescente dell'inquinamento, un progressivo esaurimento delle risorse, una sottrazione di ciò che è necessario a quattro quinti dell'umanità per seppellire sotto quantità crescenti di rifiuti il restante quinto di cui fai parte.
Vale la pena rileggere un passo del "Piccolo principe" di Antoine De Saint-Exupéry. "Buongiorno", disse il piccolo principe. "Buongiorno", disse il mercante. Era un mercante di pillole perfezionate che tolgono la sete. Se ne inghiotte una a settimana e non si prova più il bisogno di bere. "Perché le vendi?", disse il piccolo principe. "È una grande economia di tempo", disse il mercante. Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatre minuti alla settimana. "E cosa si può fare in questi cinquantatre minuti?". "Si fa ciò che si vuole…". "Io - disse il piccolo principe - se avessi 53 minuti a disposizione, camminerei lentamente verso una fontana…".