energia, centrali a carbone, si ricomincia



 da il manifesto
13 Maggio 2006
 

No coke Civitavecchia, si ricomincia

Oggi riparte la lotta. Con Latouche, Masullo, Cacciari
Un giorno speciale. Dapprima un dibattito in Comune. Gli studenti in strada per conto loro. Poi pranzo in pubblico e corteo. E il28 maggio si vota
Ismaele De Crescenzo

Civitavecchia
Riparte la mobilitazione no coke. A Civitavecchia la prima mossa.
La battaglia contro la riconversione a carbone di Torre Valdaliga nord, è arrivata decisamente ad un bivio. Civitavecchia, cittadina sul litorale laziale, negli anni cinquanta conosciuta in Italia col nome di «piccola Stalingrado», ha subito negli ultimi 40 anni una vera e propria colonizzazione da parte dell'Enel. L'ente nazionale elettrico ha sempre avuto un ruolo determinante nelle scelte politiche cittadine e del comprensorio; i vari sindaci che negli anni si sono susseguiti hanno sempre dovuto(e voluto) rapportarsi supinamente ai diktat Enel.
Tutto ciò ha creato un'atrofizzazione della democrazia in una città che fino agli inizi degli anni novanta ha venerato l'attuale Spa elettrica, non mettendone mai in discussione la presenza, nonostante l'evidente e drammatico aumento di morti per tumore ai polmoni e alle vie respiratorie e lo sconcertante numero di bambini con asme croniche.
Oggi l'Enel propone il carbone. E lo fa con l'arroganza di chi è conscio della propria potenza e della trasversale influenza che ha nella sfera politica ed istituzionale.
Negli ultimi anni è cresciuta una grande consapevolezza nel popolo inquinato. Una coscienza ed una determinazione che hanno portato ad alti livelli di lotta che sono culminati con una settimana di occupazione del palazzo comunale, l'invasione pacifica dei binari, cortei notturni, assemblee nei quartieri, blocchi stradali e un referendum consultivo dove 13 mila persone si sono espresse contro il carbone, fino alla recente occupazione della via Aurelia con una mobilitazione straordinaria anche degli agricoltori del comprensorio, ai quali l'Enel, a riconversione avvenuta, ha consigliato di coltivare i propri campi a fiori.
Le mobilitazioni costanti e di massa hanno portato ad un riconoscimento del Movimento no coke ed hanno costretto i partiti del centrosinistra (all'opposizione in città) a farsi promotori istituzionali delle istanze del movimento; e sicuramente questa scelta ha pagato in termini di consensi elettorali, visto che tutte le elezioni, da quelle provinciali a quelle europee, fino alle regionali, hanno visto la schiacciante vittoria di chi si è sempre dichiarato contrario al carbone.
Il 28 Maggio ci saranno le elezioni amministrative anche a Civitavecchia e la composizione delle liste e dei candidati sindaci è un tripudio di «carbonari».
Il centrosinistra concorre diviso e il candidato sindaco appoggiato da ds, margherita, socialisti, verdi e Italia dei valori ha riempito la sua coalizione di transfughi del centrodestra che votarono per la riconversione e persino di dirigenti di quello che è il comitato «sì al carbone», direttamente finanziato dall'Enel. Il «loro» sindaco e probabile vincitore alle elezioni è un medico, Gino Saladini, anche se l'uomo forte della coalizione è l'ex deputato Pietro Tidei, cui qualcuno profetizza un futuro da sottosegreatario. Vi è poi un'altra lista a sinistra, che raccoglie i nocoke. Essa comprende tra gli altri Rifondazione comunista, alcuni rappresentanti della cosiddetta area Mussi, Ambiente e lavoro e i comunisti italiani. Da una parte quindi la situazione locale, dove il «partito trasversale dell'Enel» si è ben insinuato nelle maglie del centrosinistra e dall' altra parte, a livello nazionale, Romano Prodi si dichiara favorevole al carbone ed Enrico Letta osa ancora di più, dichiarando tale riconversione «fondamentale per le strategie energetiche del paese».
Il Movimento si sente di fatto «scaricato» e trova nel presidente della regione Lazio Piero Marrazzo e nell'assessore Angelo Bonelli, gli unici referenti istituzionali ancora in grado di sostenere la legittimità politica della lotta dei cittadini contro il carbone. Il bivio a cui si faceva riferimento all'inizio, dopo queste considerazioni, sta nella capacità del movimento di trovare gli stimoli e la forza necessaria per poter costruire dei percorsi di lotta autonomi che impongano ai governanti tutti il volere sovrano della cittadinanza che è quello di autodeterminare le proprie scelte, che è quello che urla no al carbone, ne qui ne altrove, perché non siamo nell'ottocento e perché stiamo morendo, uno ad uno. Morendo di inquinamento e di potere.
Ma non lottiamo da soli. Da tutta l'area che circonda Civitavecchia, da Tarquinia, dal lago di Bracciano, da Tolfa, i comitati contro il carbone si faranno sentire e saranno presenti oggi, nella giornata di lotta e di passione civile. Verranno i nostri compagni di Porto Tolle, anch'essi minacciati da una riconversione a carbone della loro centrale termoelettrica Enel. Arriverà in pullman, da Livorno , una rappresentanza di collettivi in lotta contro il rigassificatore che minaccia quell'area. Arriveranno altre delegazioni dalla provincia di Viterbo.
Molte le associazioni che hanno aderito: Legambiente, Wwf, Action; poi, tra i sindacalisti, sparsi confederali e invece una presenza ufficiale dei Cobas; molti centri sociali. Le istituzioni sono rappresentate dall'assessore Angelo Bonelli della Regione e dalla vicepresidente della provincia di Roma, Rosi Rinaldi.

Il triplo fumo del carbone
Guglielmo Ragozzino

A Civitavecchia intorno alla centrale di Torre Valdaliga Nord che l'Enel intende riconvertire a carbone, si riapre oggi la nuova stagione dell'ambientalismo italiano. Bisogna essere sinceri con noi stessi. Il nuovo governo in arrivo è in buona misura favorevole alle centrali, come anche alla Tav, al Mose e a tutto il resto: delle autostrade e delle costruzioni. Non per cattiveria. Il suo è un modello keynesiano, fare tante opere, tanti buchi per terra, per rilanciare l'economia, ma è trattenuto dalle esigenze di bilancio. L'unico che al governo avrebbe potuto rappresentare un'idea diversa ed essere ascoltato, si è chiamato fuori.
Tocca a noi, quindi. Alcune questioni le possiamo portare avanti. il lato migliore di Romano Prodi è di non intestardirsi sulle idee sbagliate, di saper rimandare quello di cui non è troppo convinto, di prendere tempo.
Il fatto è che il tempo non va sprecato. Da questo punto di vista il caso di Civitavecchia e della sua centrale è molto importante. Vi si legano infatti una questione industriale, un'altra ambientale e la più importante di tutte, un fatto di democrazia.
Quanto al primo punto, la posizione dell'Enel è speculare a quella della popolazione. L'Enel vuole un polo energetico lungo la dorsale tirrenica e molti cittadini di Civitavecchia non lo sopportano. L'eccesso di elettricità pesa come una cappa, un'ingiusta servitù, soprattutto oggi con interessi turistici (il porto, l'area di Tolfa) prevalenti nell'economia della città. L'Enel non è più il lavoro per tanti, ma il blocco a uno sviluppo equilibrato.
L'Enel assicura che il carbone, dalla nave al camino, non sarà mai allo scoperto. e in molti si sforzano di crederlo e su questo fanno campagna politica: la famosa centrale alla danese, chi non ne ha sentito parlare? Tutti sanno però che un'altra soluzione, il gas, sarebbe stata possibile. L'Enel ne conviene, ma obietta di avere bisogno di produrre elettricità anche bruciando carbone che costa meno. Molto gas e un po' di carbone. Non posso fare gas dappertutto; i miei bilanci ne risentirebbero. E aggiunge che avere un mix energetico è un elemento di sicurezza per l'intera comunità nazionale. Non è questo un argomento che potrà mai convincere Civitavecchia, penalizzata due volte: la centrale che ruba spazio e il carbone.
Poi c'è il punto è ambientale. I camini delle centrali a carbone emettono anidride carbonica in quantità superiore alle altre fonti energetiche. L'Enel risolve il problema acquistando alla borsa di Londra e in giro per il mondo diritti di emissione. Il prezzo attuale per una tonnellata di anidride carbonica supera i venti dollari, ma si prevede che raddoppierà, quando con il 2008-2012, Kyoto entrerà in piena funzione. Questo sistema potrà anche apparire conveniente all'Enel che scaricherà il costo sulle bollette, ma avrà esiti immutati quanto all'effetto serra. Tutti i governi, tutte le grandi imprese energetiche, tutte le comunità dovrebbero porsi questo problema. La possibile, necessaria soluzione è quella di pensare al risparmio energetico. Non nuove centrali, tanto meno a carbone, ma tecniche, ricerca, innovazione che taglino per due e poi per quattro la domanda di energia elettrica da fonti che non siano rinnovabili. E' a questo compito storico, di immane portata ma necessario, che riflettono in questa stessa pagina Mattioli e Scalia. Di certo l'Enel sarebbe capace di fare la sua parte.
Resta la democrazia. Il meccanismo con cui la fabbricazione della centrale di Tor Valdaliga Nord è stata (in parte) sospesa nei mesi precedenti alla campagna elettorale politica, lascia molti dubbi, molto inquinamento dietro di sé.

Sostenibilità e politica economica
Gianni Mattioli
Massimo Scalia

Le tematiche della sostenibilità sono rimaste capitolo separato nella rappresentazione programmatica che l'Unione dà di se stessa senza intrecciarsi con le indicazioni di politica economica, in una linea di rilancio delle attività del paese per vivere meglio tutti. Ma non seguiremo quanti esprimono addolorato rammarico per l'ambiente, grande assente e si stupiscono per il distacco tra gli episodi sempre più gravi di sconvolgimento ambientale e l'attenzione che a ciò dedica l'Unione. La giusta lagnanza non trova ascolto (e non riesce a muovere gli scenari del cambiamento sostenibile).
Vorremmo invece rivolgerci a chi considera il manifesto luogo di riflessione e di confronto. A chi è al corrente del guasto ambientale, milita a sinistra e ha familiarità con le culture che su queste colonne si confrontano. Siamo riusciti, in questi anni, a far crescere una cultura comune che abbia compiuto il passo dall'ambiente come virtuosa salvaguardia, all'ambiente come straordinaria opportunità di crescita del ben vivere collettivo, di buona e stabile occupazione, di concreta pratica di politiche di equità internazionale e di pace?
Ci siamo riusciti ancora molto poco e pochi esempi ne danno la misura.
E' vero che all'inizio dell'estate scorsa il capo economico dell'Ulivo, Pierluigi Bersani, ed il responsabile Ds della ricerca, Walter Tocci, al termine di ricche giornate di lavoro presso la Fondazione Di Vittorio della Cgil, avevano espresso la loro disponibilità a ragionare sul programma con questo approccio, tanto da far scrivere qualche giorno dopo a Marcello Cini su questo giornale: «la scelta di uno sviluppo sostenibile non è la fissazione di ambientalisti maniaci o di moralisti con la testa tra le nuvole da tacitare con qualche elargizione soltanto in tempi di vacche grasse, ma è la scelta di una strada non solo compatibile con le "leggi dell'economia", ma una via essenziale realisticamente percorribile per uscire dal pantano in cui stiamo affondando.»
Ma nei mesi successivi quali spazi si sono aperti nella elaborazione programmatica? Ben pochi, riconosceva oscillando malinconicamente la testa Piero Fassino. Colpa del fato? Così anche le più roventi questioni della cronaca si sono ridotte, al più, a scontri ambientali, contro l'usuale fronte del «no»: ma quale elaborazione di politica dei trasporti, dietro i solenni proclami a sostegno della Tav in Val di Susa e quale strategia di politica energetica preme Prodi o Epifani a piegarsi di fronte alle vacue dichiarazioni dell'Enel, secondo cui il futuro passa per il carbone a Civitavecchia?
E, passate le elezioni, quando il manifesto è diventato palestra di appassionati consigli ai prossimi futuri governanti, che cosa abbiamo letto da Marcello Messori o Emiliano Brancaccio?
Richiesto di elencare le strategie presenti nel centrosinistra, Messori le asciuga nel ruolo più o meno prevalente che vogliano assegnare allo stato e al mercato e indica come «unica alternativa...puntare sui punti di forza della nostra industria». Deve venire Stiglitz a Roma per chiedere a Epifani e Messori che cosa si aspetti a denunciare Bush al Wto per la concorrenza sleale del mancato impegno sul protocollo di Kyoto. Brancaccio, poi, si aspetta sì che Prodi «affianchi alla riduzione del cuneo fiscale una politica industriale ed energetica pubblica e selettiva», ma concentra la sua indicazione in un'azione sul debito pubblico, opposta «a quanto sostenuto dai cantori del pareggio di bilancio», superando ovviamente «il vero ostacolo» costituito dai parametri di Maastricht.
Al contrario, la cultura della Sostenibilità ha mostrato, che determinante, prima e più del metodo è il contenuto delle politiche economiche. E' certo importante cambiare politica energetica, per arginare lo sconvolgimento climatico o la guerra per l'energia, ma non basterà cambiare quel che brucia sotto la pentola - sole o vento, invece che petrolio o carbone - senza cambiare quello che dentro la pentola si cucina. Che è, in definitiva, la competizione esasperata sul mercato, sostenuta da un'innovazione tecnologica a ciò finalizzata, nella produzione di beni che rispondono a bisogni individuali: e questo rende rischiosi gli investimenti produttivi e distrugge occupazione e risorse ambientali. Da qui la strategia di un progressivo spostamento di quote crescenti di economia verso la produzione di ben vivere: riqualificazione urbana, ristrutturazione della mobilità, agricoltura multifunzionale, salvaguardia del territorio, ristrutturazione dei processi produttivi, efficienza energetica e fonti rinnovabili, beni culturali e così via. Una prospettiva che implica ricerca scientifica, investimenti pubblici e privati, fiscalità che incentiva, ma anche ridistribuisce.
E' possibile una discussione di merito di queste posizioni? Fronteggiare lo sconvolgimento climatico o prevenire la guerra per il petrolio dovrebbe considerarsi un obbligo morale. Ma se da queste idee derivassero rilancio e occupazione?


Scavi Quelli permessi e quelli esagerati

La sospensione dei lavori alla centrale che il Tar del Lazio definirà il 25 maggio riguarda gli scavi a mare. Non è semplice orientarsi in materia, ma secondo gli interessati vi erano due diversi scavi in corso. Uno dell'Enel per costruire l'attracco (il pennello) delle navi carbonifere e dotato dell'autorizzazione a scavare 1,250 milioni di metri cubi di sabbia. In precedenza, prima ancora che si parlasse di riconversione a carbone, la Compagnia Porto di Civitavecchia, una società apprtenente a Sensi, il presidente della Roma calcio, a Marcellino Gavio, il proprietario di tutte le autostrade non Benetton e all'Enel, era autorizzata, con tanto di Via, a scavare 5 milioni di tonnelate . Sicché quando l'Enel si è messo a scavare 1,750 milioni di tonnellate ed è stata fermato sul fatto dall'ukase della Regione Lazio rnon faceva altro che scavare la sua parte dei 5 milioni della Compagnia. Almeno così ha detto.