Re: l'ambiente il grande assente




>Carla Ravaioli: "Perché il tema dell'ambiente è assente dal dibattito
>politico?"
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>http://eddyburg.it/article/articleview/6489/0/20/


La domanda posta da Carla Ravaioli è più che interessante, pertinente ed attuale, e vorrei brevemente avanzare una ipotesi di risposta.


Il tema dell'ambiente potrebbe essere assente dal dibattito politico perché la minaccia cui devono far fronte i nostri ed altrui governanti, e sulla quale essi si concentrano senza posa, potrebbe essere perfino maggiore, più immediata e spaventevole, di quella del cambiamento climatico e della distruzione ambientale.

Infatti, se oggi uno stato si distrae anche un solo momento dalla corsa allo sviluppo, rischia di ritrovarsi, insieme ai suoi alleati, in posizione retrocessa, e di perdere così il conflitto economico globale, col pericolo che, una volta compromessi gli equilibri geopolitici, subisca una impietosa fine ad opera dei vincitori.


Ricordate i famosi corridori della morte, quelli di "gioventù bruciata", i quali si lanciavano con l'auto contro un precipizio per vedere chi aveva il coraggio di saltar fuori dal suo veicolo per ultimo?

Penso che le cose stiano più o meno così anche nella realtà geopolitica d'oggi.

Lo stato, e di conseguenza il blocco di stati, che si tirerà indietro per primo, avrà perso la lotta per la sopravvivenza. E sarà presumibilmente una sconfitta definitiva, perché chi al contrario avrà vinto avrà le carte in regola, disporrà di tutti i mezzi, per eliminare fisicamente i perdenti, al fine di disporre appieno e da solo delle poche risorse rimaste sul pianeta.


Personalmente penso che uno dei problemi maggiori della nostra epoca sia il monopolio dell'approccio specialistico ad un problema, del restringimento della visione di ognuno. Proprio a causa di questo approccio, gli ambientalisti non riescono ad espandere la loro visione oltre i confini posti dalle loro competenze. Essi, anche per una certa schizzinosità, non riescono a porsi negli odierni sporchi panni dei politici, e per questo motivo non riescono a comprendere il perché del loro menefreghismo nei riguardi dell'ambiente.

D'altro canto l'attuale mondo politico (con leader spesso scelti dal sistema proprio sulla base di loro presunte competenze economiche appunto per cercare di far fronte allo specifico problema) non riesce ad ampliare la sua visione al punto da individuare la questione fondamentale all'origine di tutto.

Ponendoci invece in una condizione di apertura mentale, di piena ricettività, nonché di accettazione delle cose per come realmente stanno, non possiamo non scorgere il problema non dichiarato ma effettivo della corsa globale allo sviluppo a fini di mera sopravvivenza.


Avete in mente l'immenso potere delle cellule staminali? Di quelle cellule non ancora specializzate che appunto per questa loro peculiarità riescono ad interagire ottimamente dovunque, nel corpo umano, le si ponga?

Nella nostra società abbiamo appunto bisogno di persone sul tipo delle cellule staminali. Occorrono persone neutre, non differenziatesi, capaci quindi di acquisire una visione completa, organica, olistica, moralmente non schifiltose di occuparsi di temi anche estranei e lontani alle loro preferenze, soprattutto coraggiose per la difficoltà insita nel fatto che la nostra società non contempla, oggi, nè ruoli nè benefici per chi ha o coltiva questo tipo di capacità.


Si dice che il tema dell'ambiente è assente dal dibattito politico, nonostante le urgenti necessità, con questo potendosi pure presupporre che i politici siano dei testoni, che abbiano delle teste più dure della pietra. Ed in effetti oggi è proprio così, il loro ottundimento essendo originato o da interessi personali o da vere e proprie incapacità.

Ma allora gli ambientalisti, ed i progressisti in genere, che ritengono di essere persone più aperte e sensibili nonché all'avanguardia, perché non fanno loro per primi un piccolo passo avanti? Fintantoché essi per primi non cambieranno e non si apriranno a nuove consapevolezze, nemmeno il nostro arcaico mondo politico potrà cambiare ed aprirsi a sua volta a nuovi percorsi.


Finché ci si ostinerà a ripetere: l'ambiente, il pianeta hanno i giorni contati, senza null'altro aggiungere, questi giorni li avremo contati per davvero.

Se invece faremo un passo avanti, fuggendo dalla prigione della nostra competenza specialistica, e porteremo l'attenzione generale sulla minaccia che uno stato od un blocco di stati prenda il definitivo sopravvento sugli altri, automaticamente aprendo le porte alla soluzione del problema, di giorni felici torneremo presto a disporne in quantità.

Una delle prime conseguenze sarà infatti quella che il sistema, una volta presa coscienza del conflitto economico globale, potrà smettere di scegliere i governanti sulla base di ristrette visioni economiche, bensì potrà farlo sulla base di abilità e visioni più ampie, dando spazio a persone all'altezza della grave situazione in cui ci troviamo.

Se poi faremo un ulteriore passo avanti, presentando e sviluppando l'idea di por fine al conflitto economico con la stipulazione di patti ad hoc, quindi di autocontenimento economico, demografico e tecnologico, sul modello dei tradizionali accordi di controllo degli armamenti, il sistema non potrà ignorare tale proposta, per il puro e semplice motivo che è la soluzione che, senza nemmeno rendersene conto, stava aspettando, e necessita, da tempo.


Occorre fare un appello, nel senso scolastico del termine: chi se la sente di intraprendere questa nuova strada si faccia avanti ora, o mai più avrà il tempo per farlo.


Coi migliori saluti,

Danilo D'Antonio