wal mart solo dipendenti in ottima salute



da il manifesto
06 Novembre 2005

«Solo dipendenti in ottima salute» Lo ordina Wal-Mart
ANDREA ROCCO

«Solo dipendenti in ottima salute» Lo ordina Wal-Mart
Un film di denuncia e una settimana di mobilitazioni contro il gigante Usa
Robert Greenwald, il regista che ha già puntato la videocamera sullo
strapotere di Murdoch, racconta nel suo film «L'alto costo dei prezzi
bassi», un atto di accusa contro la società che sfrutta 1,2 milioni di
dipendenti e inganna i clienti. I sindacati si preparano a entrare in una
realtà «proibita»
ANDREA ROCCO
Sono 400 le organizzazioni di consumatori, ambientaliste e sindacali che
dal 13 al 19 novembre daranno vita alla Higher Expectation Week, una
settimana di mobilitazione contro Wal-Mart, il gigante delle vendite al
dettaglio e maggiore datore di lavoro di tutti gli Stati uniti. Wal-Mart è
decisamente tornato ad essere sotto i riflettori, in un anno che ha visto
un crescendo di cattive notizie per la mega-corporation (anche se i dati
sulle vendite in ottobre diffuse ieri parlano di un aumento tra il 3 e il
5%). E sono anche le luci degli schermi ad accendersi, perché non
casualmente la settimana contro Wal-Mart, coordinata dai due gruppi
Wal-Mart Watch e Wake Up Wal-Mart, coincide con il lancio del documentario
di Robert Greenwald The High Cost of Low Price («L'alto costo dei prezzi
bassi»), un durissimo atto d'accusa contro la società di Bentonville,
Arkansas, costruito sulle testimonianze di lavoratori, o «associati», come
li definisce Wal-Mart, della catena di grandi magazzini, di proprietari di
piccoli negozi gettati sul lastrico dall'arrivo nella loro zona del «Big
Box», lo scatolone di merce a basso costo che è Wal-Mart, di attivisti
sindacali, di semplici consumatori e di qualche ex-dirigente «pentito». Il
documentario di Greenwald, noto per aver affrontato lo strapotere di
Murdoch in Outfoxed, sarà accompagnato da oltre 3000 feste domestiche per
vedere l'opera, che verrà distribuita inizialmente in un numero limitato di
sale statunitensi, ma che può essere già acquistato via Internet o nei
negozi. Non in quelli Wal-Mart, naturalmente. Anche se un'idea di quanto
diffusa sia la protesta e l'ostilità contro Wal-Mart e di quanto questo dia
vita ad azioni «esemplari» o «di base», è data dal fatto che in almeno due
grandi magazzini Wal-Mart sono stati clandestinamente inserite nei Dvd del
reparto elettrodomestici (collegati ad apparecchi tv) copie del trailer del
film di Greenwald, per la visione di divertiti clienti e di allibiti
impiegati Wal-Mart (un video di quest'azione esemplare è sul sito
www.walmartmovie.com).

Ma il documentario è stato solo uno dei catalizzatori della protesta, in un
anno che ha visto le cattive notizie per Wal-Mart accumularsi giorno dopo
giorno. Limitiamoci a fatti recentissimi. A ottobre un ispettore generale
dell'amministrazione federale americana, dopo una lunga ed accurata
indagine scopre un accordo segreto siglato lo scorso gennaio tra Wal-Mart e
il ministero del lavoro Usa. L'accordo costituisce un colpo di spugna sulle
accuse portate contro Wal-Mart per violazioni delle leggi sul lavoro
minorile (in tre stati Usa, non in Cina o in Pakistan). Nelle parole di
questo alto funzionario si legge che l'accordo «viola seriamente le normali
procedure del Ministero del Lavoro e dà vita a un patto molto diverso da
altri precedenti e ha portato significativi benefici a Wal-Mart,
indebolendo parallelamente la futura capacità del governo federale di
controllare le violazioni delle leggi sul lavoro a Wal-Mart».

1° Novembre 2005: un giudice di Contea del Missouri riconosce lo status di
class action a una causa intentata da un gruppo di impiegati saltuari
contro Wal-Mart nel 2001. La causa riguardava continui abusi sui
dipendenti, ai quali era fatto obbligo di lavorare oltre l'orario senza
compenso per gli straordinari ed erano negate le pause pranzo e le altre
interruzioni previste dai contratti. Se le accuse verranno confermate in
sentenza, da 160 a 200 mila impiegati ed ex-impiegati potranno unirsi alla
class action e chiedere alla compagnia fondata da Sam Walton sostanziose
somme di denaro.

Ma il disastro senza dubbio peggiore è stata la pubblicazione (ottobre
2005) di un rapporto interno della società sul tema dell'assistenza medica.
Il rapporto redatto da Susan Chambers, che ha la carica di «Executive Vice
President for Benefits», con l'assistenza di quelli che passano per i geni
del capitalismo globale, i consulenti strategici della McKinsey, arriva in
una busta anonima nella cassetta delle lettere di Wal-Mart Watch. Ed è
devastante. In esso la Chalmers e i McKinsey-boys suggeriscono di liberarsi
di un bel mucchio di impiegati fissi facendoli diventare part-time, di
assumere solo impiegati atletici e in buona salute, introducendo mansioni
fisiche anche per i cassieri, e di liberarsi di impiegati più anziani e di
salute incerta. Il rapporto riconosce elementi che i critici di Wal-Mart
avevano sempre sostenuto, è cioè che quasi la metà dei figli dei dipendenti
Wal-Mart, o sono privi di assistenza medica, o sono iscritti a quella «per
poveri» pagata dal contribuente. Ma aldilà delle malthusiane ricette per
ridurre i costi sanitari, quello che disturba nel rapporto sono i
suggerimenti su come ingannare pubblico e media e apparire un'azienda
«progressista» e «attenta ai bisogni della comunità». Il danno è ancora
maggiore, in quanto le rivelazioni arrivano dopo una campagna di pubbliche
relazioni proprio sull'assistenza sanitaria, primo risultato della
creazione di una War Room, di una sala di guerra (le metafore belliche
hanno gran successo in America) dove Wal-Mart ha riunito i migliori
cervelli della comunicazione, delle pubbliche relazioni (l'agenzia Edelman)
e del crisis management. Il New York Times, tra il divertito e l'ammirato
ha raccontato la settimana scorsa come funziona questa macchina da guerra,
composta da veterani di campagne elettorali, da quelle di Reagan a quelle
di Clinton, alla conquista del «centro» (anche qui!) dell'opinione
pubblica, quegli swing voters che possono determinare l'esito dello
scontro. Da qui sono già partiti gli attacchi al film di Greenwald. E da
qui dev'essere partita l'idea di fare un sito dedicato all'immagine di
Wal-Mart (
www.walmartfacts.com), la cui home page sembra presa da un
manuale di political correctness: si va dall'illustrazione del grande
magazzino «sperimentale», creato per «migliorare la sostenibilità
ambientale» e certificato da un'organizzazione verde, alla raccolta di
fondi per le vittime dell'uragano Katrina, alla donna-manager testimonial
(Wal-Mart è stato più volte accusato di discriminazione contro le donne),
fino ad arrivare ai risultati dello studio di impatto economico di
Wal-Mart, di cui vengono enfatizzati i «2329 dollari all'anno risparmiati
da ogni famiglia di lavoratori americani che fanno la spesa dal Wal-Mart».

Lo studio del Global Insight

Un'idea, quest'ultima, che viene sempre dalla War Room e che rappresenta il
tentativo più serio di rispondere alle accuse di devastazione dei tessuti
economici e sociali di città e suburbs dove arriva la grande catena. Uno
studio apparentemente accurato, affidato all'istituto Global Insight che ha
richiesto la collaborazione di fior di accademici.

Il problema per Wal-Mart è che lo studio, proprio perché pensato con un
minimo di indipendenza, ha già prodotto risultati sgraditi. Anche da parte
di economisti conservatori o comunque non ostili alle corporations. La
maggioranza di loro, stando ai risultati preliminari, conferma il punto
centrale degli attacchi a Wal-Mart: quando la catena apre un nuovo punto
vendita, in quell'area i salari medi dei lavoratori dipendenti scendono dal
3 al 5 per cento. E non sembra che almeno per ora gli sforzi dello «Stato
maggiore» walmartiano abbiano prodotto altri grandi risultati. Un
recentissimo sondaggio su America On Line (con tutte le cautele sulla
scientificità di queste operazioni), al quale hanno partecipato oltre
145.000 cittadini ha rilevato che il 67% crede alle accuse dei critici e
solo il 33% alla difesa di Wal-Mart e che il 55% crede che Wal-Mart sia
dannoso per l'America. Non aiuta certo l'immagine il fatto che a dirigere
la War Room sia stato chiamato Robert McAdam, repubblicano di ferro ed
ex-stratega di uno dei settori considerati più «mendaci» e corrotti dal
pubblico Usa, quello delle industrie del tabacco.

Il sindacato si prepara

In realtà, questi scontri sottolineano un fatto importante. La centralità
della battaglia intorno a Wal-Mart ha una ragione d'essere nel fatto che
Wal-Mart si trova al centro di snodi politici e sindacali. Il sindacato che
non vi ha mai messo piede, sta però facendo le prove generali per un
attacco in grande stile, giudicato oggi ancora prematuro. Sindacalizzare
gli 1,2 milioni di lavoratori Wal-Mart significherebbe un aumento dell'8%
dei lavoratori sindacalizzati e il rovesciamento di una tendenza ormai
ventennale al declino. Non a caso sono due sindacati dissidenti, usciti
recentemente dall'Afl-Cio a condurre la battaglia e ad avere ideato
Wal-Mart Watch (la Service Employees International Union di Andy Stern) e
Wake Up Wal Mart (la United Food and Commercial Workers International
Union). E a sperimentare innovative forme di lotta come la campagna di
boicottaggio degli articoli da scuola venduti da Wal-Mart e organizzato con
il sostegno del sindacato insegnanti. Oppure la vendita di dolcetti di
Halloween fuori dai negozi per finanziare l'acquisto di polizze di
assicurazione medica per dipendenti Wal-Mart che ne sono privi.

Ma lo snodo è anche politico. Intorno ai guai di Wal-Mart sembrano
riprendere fiato temi, come quello dell'assistenza medica e dei diritti dei
lavoratori che sembravano essere stati espulsi dal discorso politico
americano (da entrambi i partiti) e che oggi tornano di grande attualità.

I numeri del gigante cattivo al dettaglio

Wal-Mart Stores, Inc. è la più grande struttura al dettaglio del mondo, con
un fatturato di 285.2 miliardi di dollari (2004). I dipendenti sono 1.6
milioni nel mondo e lavorano in 3600 punti vendita negli Usa, in Argentina,
Brasile, Canada, Cina, Costa Rica, El Salvador, Germania, Honduras,
Giappone, Messico, Nicaragua, Porto Rico, Corea del Sud e Inghilterra. Sono
138 milioni i clienti che entrano ogni settimana nei suoi grandi magazzini.
In media, un dipendente Wal-Mart guadagna 8.23 dollari all'ora, per un
salario annuo di circa 15.000 dollari, pericolosamente vicino alla linea
ufficiale di povertà fissata a 13.861 dollari. Solo il 48% dei dipendenti
ha un'assicurazione malattia, contro una media del 68% nelle grandi aziende
Usa. I dipendenti Wal-Mart, con paghe basse e poca assistenza pagata
dall'azienda pesano sulla spesa pubblica per 2.5 miliardi di dollari.
L'azienda riceve inoltre dagli enti locali, città e contee ogni anno circa
1 miliardo di dollari in sussidi di vario genere o in esenzioni fiscali.
Un'azione Wal-Mart vale circa 47 dollari. Ma non è un buon affare investire
nella società: dal 2002 a oggi, da quando cioè sono iniziati gli attacchi
organizzati alla società, il valore delle azioni è sceso del 30% circa.