la decrescita è di destra o di sinistra?



Crescita compatibile
e decrescita:
il dibattito continua

Ma la decrescita è di destra o di sinistra?

di Serge Latouche - Liberazione, 9 ottobre 2005

Esiste, è vero, una critica di destra della modernità, come esiste un
anti-utilitarismo di destra e un anti-capitalismo di destra. Non ci si deve
stupire che esistano un anti-lavorismo e un anti-produttivismo di destra
che si nutrono dei nostri argomenti. Bisogna anche riconoscere che,
nonostante il bel libro del genero di Marx, Paul Lafargue, "Il diritto
all'ozio" - che resta uno dei più forti attacchi al lavorismo e al
produttivismo - nonostante una tradizione anarchica nel seno del marxismo,
riattualizzata dalla scuola di Francoforte, il consiliarismo e il
situazionismo, la critica radicale della modernità è stata più sostenuta a
destra che a sinistra. Se questa critica ha conosciuto dei buoni sviluppi
con Hannah Arendt o Castoriadis, che si sono serviti degli argomenti di
pensatori contro-rivoluzionari come Burke, De Bonnald o De Maistre, questa
critica è rimasta politicamente marginale. I maoismi, trotskismi e altre
correnti di sinistra sono tanto produttivisti quanto i comunisti ortodossi.
Non c'è ragione, ciò nonostante, di confondere l'antiproduttivismo di
destra e l'antiproduttivismo di sinistra. Lo stesso vale per
l'anti-capitalismo o l'anti-utilitarismo. La nostra concezione della
società della decrescita non è né un impossibile ritorno al passato, né un
accomodamento con il capitalismo, ma un "superamento" (se possibile
pacifico) della modernità. Per me, la decrescita è necessariamente contro
il capitalismo. Perché se in astratto è forse possibile concepire una
economia eco-compatibile con persistenza di un capitalismo
dell'immateriale, questa prospettiva è irrealistica per quel che riguarda
le basi immaginarie della società di mercato, ovvero: la smisuratezza e il
dominio senza limite. Il capitalismo generalizzato non può non distruggere
il pianeta come distrugge la società. Tuttavia, non è sufficiente rimettere
in causa il capitalismo, bisogna, ancora, prendere di mira ogni società
della crescita. «Anche se una economia della crescita è figlia della
dinamica di mercato - ha scritto giustamente Takis Fotopoulos - non bisogna
confondere i due concetti: si può avere una economia della crescita che non
è una economia di mercato, ed è questo in particolare il caso del
"socialismo reale"» [1].
Così, rimettere in discussione la società della crescita implica rimettere
in discussione il capitalismo, mentre l'inverso non va da sé.
Che esista un immenso cantiere, in particolare a proposito del fatto che
siamo tutti "tossicodipendenti" della crescita, non lo nego. Ragione di più
per darsi da fare risolutamente. Quanto a pensare, come fanno molti
responsabili sindacali o politici di sinistra, che i lavoratori sarebbero
più intossicati dei loro rappresentanti e che sono chiusi alle idee di una
rimessa in questione della crescita, vi è qui, mi sembra, una singolare
diffidenza nei confronti di coloro di cui pretendiamo di difendere la
causa. Il modo migliore di sapere se è così è ancora quello di
chiederglielo. E' un fatto notevole che in Francia i responsabili politici
di sinistra, come di destra, abbiano sempre rifiutato di organizzare un
referendum sul nucleare, così come sono oggi ostili all'organizzazione di
consultazioni popolari sugli Ogm.
Perciò, mentre i gruppi dirigenti hanno mancato al loro dovere di
trasparenza e di informazione, mentre la manipolazione da parte dei media è
massiccia fino all'indecenza, il risultato è lontano dall'essere raggiunto.
Anche se i governi di "sinistra" fanno politiche di destra, e lungi
dall'osare la "decolonizzazione dell'immaginario" si condannano al
social-liberalismo, gli obiettori della crescita, partigiani della
costruzione di una società della decrescita conviviale, serena e
sostenibile, sanno fare la distinzione tra Jospin e Chirac, Schroeder e
Merkel, Prodi e Berlusconi, e anche tra Blair e Thatcher… Quando vanno a
votare [ciò che consiglio loro di fare] sanno che, anche se nessun
programma di governo della sinistra mette in conto la necessaria riduzione
della nostra impronta ecologica, è comunque da quel lato che si trovano i
valori di condivisione, di solidarietà, di eguaglianza e di fratellanza.
Questi valori non si possono fondare sul massacro della altre specie e sul
saccheggio della natura, e conviene estenderne il beneficio alle
generazioni future, E' per questa ragione che la nostra lotta si colloca
risolutamente a sinistra.
[1] Takis Fotopoulos, "Per una democrazia globale", Eleuthera.