petrolio e trasporti un matrimonio da spezzare



 da lanuovaecologia.it Domenica 4 Settembre 2005
 
MOBILITÀ E CONSUMI

Petrolio e trasporti,un matrimonio da spezzare

FUTURI POSSIBILI
Non è scontata la correlazione tra mobilità e consumi di greggio. Uno scenario dell’Ocse

di Mariarosa Vittadini*

Gli andamenti tendenziali del settore dei trasporti nei paesi sviluppati mostrano ovunque, in misura diversa, i medesimi caratteri di aumento della mobilità motorizzata con una crescita degli effetti ambientali negativi e della congestione stradale. I consumi energetici del settore quasi esclusivamente legati al petrolio (97%), la loro crescita in valori assoluti e relativi, e le emissioni di CO2, rendono il settore dei trasporti uno dei fattori critici per il conseguimento degli obiettivi di Kyoto. Senza alcuna ambizione di sistematicità in queste note si richiamano sinteticamente tre scenari “autorevoli” che hanno carattere generale e istituzionale. Tutti hanno considerato politiche di offerta di trasporto (infrastrutture e servizi) e politiche di domanda (quantità e scelta modale) e hanno stimato i risultati ambientali in termini di riduzione delle emissioni di CO2.

Il Libro Bianco UE
Le preoccupazioni ambientali sono uno degli elementi centrali della politica europea dei trasporti espressa nel Libro Bianco “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte”. Il Libro Bianco indica alcuni principi e circa sessanta azioni concrete di sviluppo e di gestione del sistema dei trasporti, destinate a migliorarne le prestazioni e, insieme, a farlo avanzare verso la sostenibilità. Le misure hanno caratteri e portate diverse e riguardano un ampio ventaglio di campi di azione e di soggetti attuatori. Ne fanno parte interventi infrastrutturali e organizzativi, politiche per il trasferimento modale, integrazione delle reti e dei servizi, innovazione tecnologica nei veicoli e nei carburanti e internalizzazione dei costi esternalizzati. Alcune misure riguardano anche altri settori di intervento, come l’assetto del territorio o le scelte di politica industriale. Il principio più suscettibile di avere rilevanti effetti di trasformazione strutturale riguarda lo “sganciamento” progressivo fra crescita economica e crescita dei trasporti con l’obiettivo di riportare la futura ripartizione modale, nel 2010, a quella del 1998. Poiché la crescita della domanda si è finora tradotta nella crescita della quota del trasporto stradale, questa condizione presuppone l’innesco di reali processi di riequilibrio a favore dei modi diversi da quelli stradali. Il Libro Bianco compara i risultati di tre diverse impostazioni per le politiche di trasformazione:

• il primo approccio (opzione A), consiste nel focalizzarsi sul trasporto stradale facendo esclusivo ricorso alla tariffazione, senza prevedere misure complementari per gli altri modi di trasporto;

• il secondo approccio (opzione B), è anch’esso focalizzato sulla tariffazione del trasporto stradale, ma accompagna le misure tariffarie con il miglioramento della qualità dei servizi e dell’efficacia degli altri modi, tuttavia in assenza di investimenti infrastrutturali e di azioni specifiche per promuovere il riequilibrio tra i modi;

• il terzo approccio (opzione C), adottato dalla Comunità, comprende misure tariffarie, interventi per il miglioramento delle altre modalità e investimenti infrastrutturali.

È interessante notare che la Comunità non si propone di intervenire sulla quantità di domanda complessiva. In tutti e tre gli scenari la domanda totale, espressa in passeggeri-km o tonnellate-km, resta invariata e pari alla domanda dello scenario tendenziale. Si prevede che il trasporto passeggeri, tra il 1998 e il 2010, cresca del 24% e il trasporto merci del 38%. Il miglioramento della performance deriva in misura significativa dallo spostamento modale. Per i passeggeri cresce l’utilizzo della ferrovia e dei mezzi pubblici, per le merci cresce l’uso della ferrovia e della navigazione di corto raggio. Strada e trasporto aereo crescono a ritmi più bassi del tasso di crescita della domanda totale. Nel complesso si ottiene il disaccoppiamento tra crescita dell’economia (PIL +43%) e crescita delle attività di tras porto misurate in veicoli-km (+12%).

Un consistente contributo deriva anche da un miglior uso delle infrastrutture e dei mezzi: a parità di domanda diminuiscono i veicoli-km necessari a farvi fronte. I risultati ambientali, e indirettamente la riduzione dei consumi energetici, sono rappresentati dalla dinamica delle emissioni di CO2. Sebbene la cre s c ita delle emissioni nello scenario adottato sia assai più contenuta rispetto agli andamenti tendenziali (10% circa rispetto a 27%), anche nella più favorevole delle ipotesi le emissioni di CO2 sono destinate a crescere del 10% rispetto al 1998. La crescita complessiva è dovuta in misura ridotta al trasporto passeggeri e in misura elevata al trasporto delle merci. In nessun caso la Comunità prevede una riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti pari alla riduzione media sottoscritta dalla UE (-8% al 2010 rispetto al 1990). Riduzioni delle emissioni maggiori della media in altri comparti dovranno compensare la quota mancata del settore dei trasporti. Il Libro Bianco non indica come.

Lo scenario Est
Lo scenario Est (Environmental Sustainable Transport), elaborato in ambito Ocse, rovescia completamente il problema rispetto all’impostazione comunitaria. Anch’esso è finalizzato al cambiamento degli attuali trend di insostenibilità del settore dei tras porti, ma fonda le proprie proposte su un processo di b a c k c a s t i n g,ovvero di “stima all’indietro” di ciò che occorre fare. Il procedimento, sviluppato per tappe a partire dal 1994, consiste:
• nell’identificare i criteri per la sostenibilità del funzionamento del settore dei trasporti e nel costruire scenari di lungo periodo (30 anni) con tali criteri;
• nel misurare la distanza tra gli andamenti tendenziali e gli scenari così costruiti;
• nell’identificare “a ritroso” le soluzioni migliori per raggiungere gli obiettivi desiderati valutandone, insieme agli effetti ambientali, anche gli effetti economici e sociali.

Seguendo questo schema sono stati c o s t ruiti sei scenari per altrettanti “casi” costituiti da interi Paesi o da macro-regioni con caratteristiche geo-economiche e sociali differenti. I gruppi di lavoro interdisciplinari hanno lavorato su sei realtà: la Svezia, la Norvegia, la Germania, il corr idoio canadese Quebec-Windsor, la Grande Oslo e la regione alpina comprendente Francia, Austria, Svizzera e Italia. I risultati più interessanti di questa previsione di lungo periodo consistono:

• nella dimostrazione che i criteri di sostenibilità possono essere concre t amente raggiunti sul lungo periodo;

• nel riconoscimento che per raggiungere tali risultati occorre cominciare ad agire da subito su tutti i segmenti del settore e a tutti i livelli di governo;

• nella constatazione che non esiste una sola soluzione, ma che l’insieme delle politiche e degli interventi è diverso da caso a caso in relazione alle condizioni geomorfologiche, sociali ed economiche dei luoghi;

• nell’aff e rmazione che è indispensabile mettere a punto una nuova capacità di coordinamento tra livelli di governo diversi (compresi quelli internazionali) e modalità nuove di prendere le decisioni, in grado di assicurare la coerenza degli obiettivi e il controllo dei risultati. I criteri di sostenibilità assunti riguardano la riduzione dei principali fattori di p ressione dovuti alle attività di trasporto sulle componenti ambientali: ossido di azoto, composti organici volatili, anidride carbonica, particolato, rumore e consumo di territorio. L’elenco dei fattori di pressione non è completo, ma si presuppone che la riduzione di quelli considerati trascini con sé la riduzione degli altri fattori non esplicitati. Su sei criteri identificati quattro riguardano le emissioni in aria e sono direttamente correlati con le quantità e le caratteristiche qualitative dei consumi energetici delle attività di trasporto.

Risultati quantitativi
I risultati sono ottenuti, per il traffico passeggeri, attraverso uno spostamento modale molto sensibile, che vede cre s c e re i movimenti pedonali e non motorizzati e il trasporto pubblico e ridursi l’uso dell’automobile e dell’aereo. Per le merci il trasferimento modale riguarda la ferrovia e la navigazione. La domanda complessiva cresce comunque: al 2015 di circa il 13% nel complesso e al 2030 di circa il 21%, in misura superiore per le merci che per i passeggeri. La ripartizione modale si sposta verso i modi di trasporto ambientalmente più favorevoli. Di particolare interesse appare la ripartizione dei risultati, espressi in termini di riduzione delle emissioni di CO2, in relazione al tipo di misure messe in atto. I miglioramenti tecnologici dei veicoli e dei carburanti contribuiscono per circa il 41% alla riduzione di CO2, nel trasporto dei passeggeri e per il 47% nel trasporto di merci. In questo ambito ricadono gli accord i volontari con i produttori di veicoli per r i d u rre i consumi e migliorare le pre s t azioni delle auto, come l’obiettivo dei “3 litri x 100 km” in Europa e “80 miles per gallon” in America. In Italia la Fiat si era impegnata nel 1997 a raggiungere un valore medio di emissione di CO2 per l’intera flotta di 145 g/km entro il 2005 (5,9 litri x 100 km) e di 136 g/km entro il 2010 (5,5 litri x 100 km), anticipando le minori tolleranze delle norme comunitarie. Inolt re la Fiat si era impegnata a commerc i al izzare entro il 2000 una vettura diesel con emissioni pari a 120 g/km (4,5 litri x 100 km). Si tratta di soglie ormai raggiunte, tanto che è lecito attendersi ulteriori margini di riduzione entro il 2010. Da notare, nello scenario EST3, anche l’importanza relativa delle altre misure. Al 2030 per il traffico passeggeri 11% dei miglioramenti attesi deriva dalla riduzione delle cilindrate delle auto, 15% da miglioramenti nell’occupazione dei veicoli, 26% da modificazioni nell’organizzazione del territorio che evitino la necessità di spostarsi e solo il 7% da trasferimento modale dall’auto ai mezzi pubblici. Per il traffico merci la diversa organizzazione della produzione e della distribuzione contribuiscono per il 19% all’ottenimento dei risultati attesi, mentre il trasferimento modale risulta assai più rilevante di quanto non sia per i passeggeri, incidendo per il 24%.

Previsioni di sviluppo
Il Piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL) italiano, iniziato nel 1998 e concluso nel 2001, dovrebbe costituire il quadro di riferimento per la modernizzazione dell’intero sistema dei trasporti. Anche se il Governo in carica, pur non avendolo rifiutato, non sembra in alcun modo propenso ad attuarlo. Il PGTL indica, insieme al potenziamento delle infrastrutture, riforme istituzionali e organizzative. Per la prima volta la prospettiva della sostenibilità ambientale del sistema compare tra gli obiettivi importanti e comporta misure, incentivi e disincentivi che hanno riflessi sia sull’offerta che sulla domanda di infrastrutture e di servizi di trasporto. La previsione dello sviluppo dei traffici di passeggeri e di merci è uno degli elementi cardine degli scenari del PGT. Gli scenari elaborati per il PGTL si proiettano al 2010 e fanno riferimento, come base di p a rtenza, a informazioni del 1998. La domanda di traffico è considerata aumentare proporzionalmente alla crescita media annua del valore aggiunto per i beni materiali e per i servizi. Oltre allo scenario “tendenziale” sono stati elaborati altri due scenari: uno “alto” e uno di “basso”. L’alternativa “riequilibrio modale”, scelta come alternativa di Piano, assume lo scenario basso (+16% sia per i passeggeri che per le merci) e ipotizza variazioni significative delle prestazioni delle diverse modalità (velocità e frequenza dei collegamenti, tempi di corsa, etc.), dei prezzi relativi, dell’organizzazione delle imprese, tutte orientate a conseguire il “massimo riequilibrio modale possibile”. Ne deriva per i passeggeri una riduzione della quota del trasporto su strada (–1,6%) e un aumento del peso relativo della quota modale ferrovia (+1,9%) e dell’aereo (+0,4%). Risultati analoghi sono previsti per le merci, con una riduzione della quota della strada (–2,2% nello scenario “basso”) ed un correlato aumento della ferrovia (+2,2%). Lo scenario di riequilibrio modale rappresenta il massimo riequilibrio possibile con le misure previste.

Gli scenari del PGTL
L’insieme delle misure previste dal PGTL riesce quindi, secondo queste stime, a stabilizzazione al 2010 delle emissioni di CO2 rispetto al 1990. Non si raggiunge la diminuzione del 6,5% sottoscritta dall’Italia come obiettivo multisettoriale, ma si tratta comunque di un risultato di straordinario interesse, dal momento che la prosecuzione del trend attuale port e rebbe a un incremento delle emissioni di oltre il 20% rispetto ai valori del 1990. Tre fattori appaiono determinanti ai fini del risultato: i bassi tassi di crescita assunti per gli scenari di domanda; il rapp orto tra politiche per le lunghe distanze e politiche per le brevi distanze; l’insieme delle politiche ambientali e i loro risultati presunti. Il tasso di crescita del valore aggiunto che “traina” gli scenari messi a confronto determina un andamento della domanda molto più contenuto di quello dei decenni passati. I bassi tassi di crescita assunti dal PGTL sono sicuramente virtuosi dal punto di vista ambientale, ma richiedono, per e s s e re raggiunti, di mettere in atto esplicite politiche di domanda tese alla riduzione delle vetture-km necessarie a farv i fronte. Il PGTL si occupa prevalentemente della domanda di medio-lunga percorrenza (interprovinciale) e delle relative infrastrutture, demandando alle Regioni e agli enti locali la responsabilità per quanto riguarda la domanda di breve-media distanza e le relative infrastrutture di trasporto. Ne deriva che le previsioni “dirette” del PGT riguardano una quota di domanda pari a circa 1/3 del totale (in termini di unitàkm), mentre esse non si occupano dei restanti 2/3 della domanda di carattere regionale e locale, una parte sostanziosa della quale utilizza tuttavia le reti di grande comunicazione. Viceversa la grandissima parte dei risultati di riduzione della CO2 simulati dalla scenario PGTL è dovuta proprio alle politiche per le brevi distanze, per le quali si indicano nuovi strumenti di Piano (Piano regionali dei trasporti e Piano urbano della mobilità). In particolare per i PUM , che rappresentano una sorta di “progetto speciale”, il PGTL propone un investimento annuo di circa 1.000 miliardi (1999) aggiuntivo alla autonome risorse regionali.

Indicazione per l’Italia di oggi
Gli scenari esaminati offrono indicazioni interessanti per il caso italiano nella situazione attuale, considerevolmente diversa dal contesto nel quale era stato elaborato il PGTL tra il 1998 e il 2000. Tali indicazioni che possono essere così sintetizzate. L’entità della crescita attesa per il complesso del traffico merci e passeggeri oscilla tra il minimo del 13% (scenario EST 2015) e il massimo del Libro Bianco comunitario (38% al 2010). Le previsioni italiane si attestano intorno al 24% per i passeggeri e 33% per le merci. Nonostante tale crescita il PGTL indica la possibilità di attivare misure in grado di ottenere al 2010 la stabilizzazione delle emissioni di CO2 ai livelli registrati nel 1990. Se la domanda in termini di passeggerikm e di tonnellate-km appare difficilmente comprimibile più ampi margini di manovra per la riduzione delle emissioni sussistono attraverso la riduzione delle perc o rrenze necessarie a farvi fronte. Nello scenario del Libro Bianco la riduzione delle percorrenze delle autovetture rispetto allo scenario tendenziale è del 10,8% mentre per il tras porto merci supera il 35%. Tale riduzione è il risultato di possibili differenti politiche: il trasferimento dei passeggeri e delle merci verso modi più efficienti, come i mezzi di trasporto pubblici ad alto coefficiente di occupazione e l’uso più efficiente dei veicoli privati stradali utilizzati. Nella situazione italiana lo scenario del PGTL presuppone un notevole trasferimento modale. Per il complesso del trasporto di passeggeri si tratta di ridurre la quota modale del trasporto privato (auto e moto) da 81,4% a 75,2%. Nell’ambito metro p o l itano, di maggior interesse per i govern i locali, tale riduzione va da 81,3% a 73,4%. C resce di conseguenza la quota modale della ferrovia (da 6,4 a 10,3%) sul complesso dei trasporti passeggeri e, in misura minore, la quota dei bus urbani ed extraurbani. In ambito metropolitano cresce soprattutto la quota dei bus extraurbani (da 11 a 14%) e quella degli impianti fissi. Per le merci il trasferimento modale comporta la riduzione della quota dell’aut otrasporto da 73% a 69% e l’incremento della quota degli altri mezzi, sostanzialmente della ferrovia, da 27 a 31%.

Percorsi migliori
La riduzione delle percorrenze attraverso un miglior uso dei veicoli comporta l’aumento dei fattori di carico per le merci (riduzione dei viaggi a vuoto e miglior utilizzo delle portate potenziali) e l’incremento del numero di passeggeri/auto. Quest’ultimo può essere incentivato attraverso politiche di car sharing e car pooling e anche attraverso la tariffazione dei parcheggi e degli accessi urbani. Le misure orientate a ridurre i tassi di crescita della domanda riguardano la riduzione dei veicoli-km e non la riduzione dei passeggeri-km o delle tonnellatekm. Non si tratta, in altre parole, di muoversi meno, ma di muoversi diversamente. Il trasferimento dai mezzi privati ai mezzi pubblici è senza dubbio una componente importante, ma non più importante di altre, come ad esempio migliorare il coefficiente di utilizzazione delle auto e dei veicoli merci o organizzare il territorio in modo da permettere che la maggior parte degli spostamenti di breve raggio sia effettuato a piedi o in bicicletta. La riduzione degli effetti ambientali, e in primo luogo delle emissioni di CO2 deve far conto in modo sostanziale sul miglioramento tecnologico dei veicoli e dei carburanti. E’ una prospettiva che contrasta notevolmente con la proprietà privata dell’auto (o di più auto per famiglia), che implica tassi di ricambio del parco sicuramente più lenti rispetto al tasso di innovazione tecnologica. Soprattutto se tale innovazione fosse spinta da normative più s e v e re. Un consistente passaggio dell’auto da “bene in proprietà” a “servizio”, attraverso formule tipo car sharing, dovrebbe consentire un più veloce adeguamento dei due fattori e quindi un più rapido conseguimento degli obiettivi ambientali.

Inversione di tendenza
In sostanza l’indicazione che si trae dagli scenari nazionali e internazionali è che sia possibile effettivamente invertire la tendenza all’insostenibilità e che le misure necessarie siano non solo possibili e conosciute, ma anche ben definite nella loro tecnologia e nelle loro modalità di attuazione. Tuttavia, allo stato attuale, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, le cose non sembrano affatto andare in questa direzione. Lo “scenario tendenziale” delle emissioni di CO2, rappresentato nella tabella 5, previsto nel Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell ’effetto serra - 2003-2010 (Delibera CIPE dicembre 2002 n.123), traccia per il settore dei trasporti una prospettiva, in assenza di politiche correttive, di aumento del 37,4% delle emissioni di CO2 al 2010 rispetto al 1990. Introducendo, in sottrazione, nello scenario tendenziale le misure già decise a legislazione vigente (del 2002) si ottiene uno “scenario di riferimento” nel quale il settore dei trasporti è accreditato di una riduzione di 7,5 Mton.CO2 eq di cui ben 3,9 (52%) attribuite agli interventi infrastrutturali della legge obiettivo. A questa diminuzione delle emissioni il Piano di riduzione aggiunge ulteriori riduzioni agendo attraverso tre tipi di misure: il passaggio a carburanti con minore densità di carbonio (1,5 Mton. CO2 eq)), sistemi di ottimizzazione e collettivizzazione del tras p o rto privato (2,1 Mton. CO2 eq) infras trutture (3,6 Mton. CO2 eq). In tutto un’ult eriore riduzione, rispetto allo scenario di riferimento, di 7,2 Mton. CO2 eq, di cui ancora una volta il 50% derivante da nuove infrastrutture. A conti fatti nel settore dei trasporti, secondo queste stime, si prevede un aumento delle emissioni, rispetto al 1990, di circa il 23%: l’insostenibilità è assicurata.

*Iuav di Venezia