periferie da curare non da reprimere



da la stampa  Mercoledi' 12 Gennaio

Periferie da curare non da reprimere
di Chiara Saraceno

La cronaca nera di queste ultime settimane ha portato per qualche giorno
alla ribalta problemi e situazioni di criminalità, o anche solo «semplice»
degrado, che caratterizzano la normalità di interi quartieri delle nostre
città, al Sud come al Nord. La criminalità infatti non si è sviluppata
improvvisamente e neppure recentemente a Secondigliano o Scampia a Napoli.
I
cancelli che chiudevano le scale per consentire ai boss locali di
controllare il passaggio, gli scantinati e i garage trasformati in luoghi
di
spaccio, l'intimidazione quotidiana e la connivenza obbligata cui devono
sottostare gli abitanti non criminali di quei quartieri non sono un
fenomeno
recente. Analogamente, la piccola morta di stenti e abbandono da parte
della
madre ad Enziteto, periferia di Bari, ha squarciato per un attimo lo stato
di abbandono e di illegalità in cui si trova normalmente quel quartiere,
come era avvenuto anni fa per un quartiere alla periferia di Roma, ancora a
seguito della morte violenta di un bambino.
Giustamente in tutti questi casi si lamenta l'assenza di controllo
quotidiano del territorio da parte dello stato, in primis della polizia.
Una
assenza di controllo che spesso si accompagna ad un isolamento fisico di
quei quartieri, dove il numero degli abitanti effettivi è spesso doppio di
quelli ufficiali, dove i mezzi pubblici arrivano di rado e malvolentieri,
dove nessuno apre un negozio, e spesso la chiesa parrocchiale è l'unico
spazio pubblico. Il caso della bambina di Enziteto ha fatto scoprire che
una
grande città come Bari ha solo un piccolissimo numero di assistenti
sociali:
che dovrebbero non solo far fronte alle domande, ma individuare i bisogni

dove il degrado e l'ignoranza non consentono neppure di esplicitarli. In
casi come quello di Enziteto, infatti, c'è un problema di povertà, ma anche
di grave incapacità personale da parte degli adulti, cui non sarebbe
bastato
fare fronte solo con l'erogazione di un sussidio. Occorreva anche un lavoro
di recupero di competenze cognitive, relazionali, di senso di sé di una
donna che si lasciava chiudere in casa con i figli ogni mattina dal
compagno. Occorreva soprattutto che qualcuno restituisse identità e diritti
a quei bambini. Questa, ad esempio, era la logica del Reddito minimo di
inserimento sperimentato, tra l'altro, a Napoli e in un quartiere di
Catania
molto simile a Enziteto, il Librino: dove, nel periodo della
sperimentazione, l'evasione scolastica crollò in modo spettacolare; ma ora,
cessata la sperimentazione, i ragazzini sono tornati ad esercitarsi al
tirassegno con le pistole sui muri delle case.
Ma l'illegalità e isolamento in cui versano molti quartieri degradati delle
grandi città è l'esito diretto delle politiche edilizie e sociali che li
hanno fatti sorgere. Tra gli anni Cinquanta e Settanta in Italia, si è
risposto alle diverse emergenze abitative costruendo grandi quartieri nelle
periferie, trasferendovi, soprattutto dagli anni Settanta in poi, tutti i
«casi sociali». La combinazione di grandi volumetrie - spesso anche
ispirate
da una logica architettonica ed estetica di tutto rispetto (si pensi al
Quartiere delle Vallette a Torino) - e concentrazione di persone con vari
tipi di problemi personali e sociali (madri sole povere, portatori di
handicap poveri, anziani poveri, famiglie senza nessuna persona occupata,
sfrattati, e così via), ha prodotto sul campo una miscela esplosiva. Questi
quartieri sono divenuti facile territorio di colonizzazione da parte di
criminali piccoli e grandi, le cui prime vittime sono stati gli abitanti
stessi: coloro che quelle politiche edilizie e sociali intendevano aiutare.
Questi quartieri sono in teoria i destinatari ideali dei vari piani
integrati di riqualificazione urbana finanziati dalla Unione europea.
Tuttavia, proprio per le loro caratteristiche sociali e ambientali, sono
anche quelli più difficili. Per questo il rischio è che le maggiori risorse
pubbliche loro destinate, specie in epoca di riduzione delle spese sociali,
non riguardino azioni di riqualificazione, ma interventi di polizia.