europa e kyoto



il manifesto - 23 Gennaio 2005


INSENSATEZZE

Europa di Kyoto e perversioni nazionali (leggi Italia)

Eppure funziona Germania, Spagna, Austria, Olanda, Danimarca hanno tradotto
le direttive Ue in scelte politiche: esito, risparmio energetico, vantaggi
tecnologici, posti di lavoro
MASSIMO SERAFINI

Nucleare? Carbone? Ecco le alternative energetiche a cui si pensa nel
dibattito italiano sia a destra, ma purtroppo, pur in misura minore, anche a
sinistra, per sistemare l'effetto serra e l'alto costo dell'energia.
Risparmio energetico e fonti rinnovabili? Solo costi, naturalmente
insopportabili per il sistema Italia (meglio sarebbe dire per quello delle
imprese italiane) o al limite esperienze «esemplari», da declamare nei
convegni degli ambientalisti, che al più integrano e addolciscono
ambientalmente le fonti fossili o nucleari di energia. In realtà così si
discute e si agisce solo in Italia, perché serve a giustificare le scelte
disastrose che sono state compiute, scelte che hanno ingessato questo paese
ai combustibili fossili, peggiorato il servizio per i cittadini e aumentato
il costo dell'energia. Si vuole soprattutto occultare il fatto che questa
politica ci ha allontanato e di fatto messo fuori dall'Europa. Perché
parlare di nucleare, se da un lato significa finalmente ammettere che
l'effetto serra e i conseguenti cambiamenti climatici sono un problema serio
e da affrontare, dall'altro significa però dare ad essi una soluzione
antieconomica e soprattutto insicura. Farlo poi in Italia, dopo che il
pronunciamento con il referendum ha fatto giustamente smantellare competenze
e apparato industriale, è solo una truffa e una presa in giro, attività su
cui il nostro presidente del consiglio è campione.

Ma parlare per altro verso di carbone, che come è noto aumenta le emissioni
di gas dannosi al clima, significa mettere consapevolmente l'Italia
definitivamente fuori da Kyoto e dai suoi parametri, quindi fuori
dall'Europa che quel protocollo ha tenacemente voluto e che per questo ci
sottoporrà a pesanti sanzioni per non averlo, a causa dell'uso del carbone,
applicato. Non lo dicono gli ambientalisti, ma il presidente dell'Enel
Scaroni, grande sostenitore del borotalco nero, che ieri sui giornali ci
spiegava che, nonostante Kyoto, il carbone comunque conviene, perché tanto
le multe comunitarie, che inevitabilmente seguiranno, le pagheranno gli
italiani con l'aumento delle bollette.

Questo modo di discutere di energia è privo di senso e ignora il contesto
nel quale le scelte energetiche saranno comunque inserite. Ragionare di
energia solo sulla base di qual è il modo più economico per procurarsela,
non tiene conto della novità rappresentata dalla firma, da parte della
Russia, del protocollo di Kyoto, firma che lo ha reso pienamente operativo.
L'approvazione di Kyoto toglie qualsiasi senso a un ragionamento sui costi
delle diverse fonti energetiche. Infatti obbligherà a misurare questi costi,
e la stessa qualità delle diverse possibili fonti energetiche, in base al
fatto che già da quest'anno ogni tonnellata di CO2 che supererà gli
obiettivi di Kyoto, verrà pesantemente multata.

Che questa, pur fra contraddizioni e resistenze fosse la direzione di marcia
sulla quale da tempo la comunità europea era incamminata, era chiaro e
poteva ignorarlo solo chi, come l'Italia delle destre e di Berlusconi, ha
volutamente inseguito le posizioni americane, da sempre sorde ai moniti
della comunità scientifica sul cambiamento climatico e contrarie ai vincoli
e agli impegni previsti dal protocollo.

L'Europa, infatti, in questi anni ha perseguito con tenacia l'approvazione
di Kyoto. Certo lo ha fatto con un procedere altalenante, dovendo
fronteggiare le resistenze delle potenti lobby del petrolio e del nucleare.
E lo ha fatto soprattutto nell'ambito di una scelta di liberalizzazione del
settore, che ha ostacolato fortemente il decollo di una nuova politica
energetica, oltre a non aver nemmeno raggiunto gli obiettivi per cui era
stata introdotta: cioè garantire un miglior servizio e un abbattimento dei
costi. Ma al di là di questa scelta, che andrà ancora contrastata se si
vuole veramente dare corpo a una scelta che faccia uscire l'Europa dal
petrolio e dai fossili, non c'è dubbio che in questi anni il segno
prevalente delle scelte energetiche va nella direzione di Kyoto e dei suoi
obiettivi.

In questa direzione vanno le numerose direttive emanate (quasi tutte
disattese dall'Italia), volte a incentivare il risparmio energetico e gli
usi efficienti (direttiva sul rendimento energetico degli edifici,
etichettatura sulle prestazione energetiche degli elettrodomestici,
direttiva sull'efficienza, sulle energie rinnovabili e sulla cogenerazione).
Lo conferma il fatto che molti paesi, come Germania, Spagna, Austria,
Olanda, Danimarca, hanno trasformato queste direttive in scelte politiche
che hanno favorito lo sviluppo delle fonti rinnovabili, il risparmio
energetico, oltre a garantire numerosi posti di lavoro e una forte
innovazione tecnologica.

Infine, con la direttiva del 13-10-2003, sull' emission trading (che
stabilisce le regole per il commercio delle quote di gas serra) si è dato un
senso alla scelta di applicare Kyoto, decidendo di sanzionare pesantemente i
paesi inadempienti. Da questo punto di vista bastano poche cifre per far
capire perché il carbone va rifiutato. Non solo e non tanto perché inquina
(molti inquinanti è vero sono, a certi costi, abbattibili), ma soprattutto
perché emette molta CO2 che verrà sanzionata, e quindi o metterà fuori
mercato le aziende che lo usano, o farà aumentare in maniera esponenziale la
bolletta energetica degli italiani.

Come è noto l'Italia deve entro il 2010 ridurre le proprie emissioni di gas
serra del 6,5%, rispetto a quelle del 1990. In realtà avendole in questi
anni anziché ridotte aumentate dell'11%, nei prossimi cinque anni dovrà, se
non vorrà essere sanzionata, ridurle di quasi il 18%, più o meno circa 90
milioni di tonnellate.

Fino al 2007 la multa prevista è di 40 euro a tonnellata, poi dal 2008
salirà a 100 euro. Basta fare i conti per stabilire quanto l'Italia dovrà
pagare di multa: circa 3600 milioni di euro ogni anno fino al 2007. Lascio a
Scaroni e ai sostenitori del carbone «pulito» fare i conti per gli anni
successivi, quando le sanzioni saranno di 100 euro a tonnellata.

Nei giorni scorsi Chicco Testa (ex presidente di Legambiente e in
successione ex presidente Enel, ndr) ha ironizzato sugli ambientalisti che
vogliono risolvere il problema energetico dell'Europa con le biomasse, il
sole e il vento, invitandoci al realismo e a prendere in considerazione il
carbone.

Per quanto riguarda il carbone rispondono i numeri sopra esposti; sul resto
credo che, aggiungendo alle energie rinnovabili un forte programma di
interventi per favorire usi intelligenti dell'energia e il suo risparmio, si
possa sicuramente rispondere che in verità sì, pensiamo di risolvere così il
problema energetico, ridurre quello ambientale e climatico e dare un
contributo all'occupazione dei giovani europei.