nuovo municipio il linguaggio del locale



da il manifesto - 11 Novembre 2004



NUOVO MUNICIPIO
Il linguaggio del locale
ALBERTO MAGNAGHI*

La proposta neomunicipalista di cui ci facciamo interpreti, cercando di
attivare un dialogo sperimentale fra enti locali, movimenti, associazioni e
laboratori universitari di ricerca e azione sui temi della partecipazione
per lo sviluppo locale autosostenibile, è cresciuta, a partire dalla
discussione della Carta del Nuovo Municipio al social forum di Porto Alegre,
su alcune convinzioni. La prima, pessimistica, è frutto dell'insofferenza
per la forbice fra il formulario per gli accordi fra le sinistre e
l'elaborazione programmatica, che assomiglia sempre più al divario fra
crescita del Pil e benessere. La seconda, specularmente ottimistica, passa
per il riconoscimento di un ceto politico-amministrativo emergente che
alimenta la propria cultura politica e la propria esperienza in un
quotidiano corpo a corpo con l'innovazione del governo del territorio:
sempre meno sede di applicazioni amministrative di decisioni esogene
alimentate da miti sviluppisti e liberisti, sempre più laboratorio di nuovo
spazio pubblico, di società locale, di modelli di produzione e consumo
fondati sulle peculiarità dei giacimenti patrimoniali. La terza convinzione
è che proprio di lì, dalla periferia del sistema decisionale pubblico stia
nascendo la trasformazione delle forme della politica e degli orizzonti
programmatici della sinistra, non più rintracciabili nel formulario rituale
del sistema dei partiti. Questo ceto politico innovativo di amministratori
locali che promuovono, con la passione della militanza, la trasformazione
dei mondi di vita attraverso l'attivazione della società locale, pratica un
altro linguaggio. Cerco di riprendere alcune parole chiave di questo
linguaggio che mi sembrano, fra le tante, più pregnanti. Pratiche per la
pace. La declinazione locale della parola che ha unito migliaia di piazze di
tutto il mondo ruota intorno alle pratiche lillipuziane per sottrarre
ragioni di esistenza alle politiche imperiali della guerra permanente:
intensificazione della cooperazione decentrata per la costruzione di
orizzonti di scambio solidale fra nord e sud del mondo, diplomazia dal
basso, azioni locali per la riduzione dell'impronta ecologica e per la
produzione energetica locale, azioni locali sul clima.

Partecipazione e autogoverno. La delega non avviene solo con il voto. Più in
profondità agisce un processo di spoliazione e espropriazione di saperi
diffusi trasferiti ai grandi apparati tecnologici, organizzativi e
finanziari, pubblici o privati. Non sappiamo più produrci il cibo, la luce,
l'energia, la salute, l'ambiente, lo smaltimento dei rifiuti, il territorio,
il paesaggio, la città. Le centinaia di nuovi assessorati alla
partecipazione, formatisi nei comuni e province in cui il programma
elettorale è stato unitariamente costruito con forum, movimenti,
associazioni, hanno come primo impegno la riappropriazione sociale delle
conoscenze e del «saper fare» per restituire alla comunità locale la
capacità concreta di governare il proprio futuro, costruendoselo con le
proprie mani, con i propri saperi, le proprie filiere produttive. Non esiste
autogoverno di una società locale espropriata delle elementari capacità di
riprodursi, a partire dal governo delle proprie acque. L'evoluzione della
partecipazione verso l'autogoverno richiede dunque l'attivazione di istituti
partecipativi decisionali, stabili nel tempo, inclusivi di un ampio arco di
attori sociali, che affrontino tutti gli aspetti del governo locale: dalla
conoscenza e condivisione del valore dei giacimenti patrimoniali su cui
fondare l'autosostenibilità dello sviluppo, alla definizione delle regole
della loro trasformazione, alla costruzione di scenari di futuro condivisi
dagli attori del processo, alla attuazione e gestione sociale degli scenari
stessi.

Nuove economie solidali, nuovo benessere. Il «saper fare» per
l'autosostenibilità si sta ricostruendo. Nelle pratiche dell'agricoltura
biologica e tipica che produce beni ambientali e reti locali di produzione e
consumo, nelle reti di economia solidale, nel consumo critico dei gruppi di
acquisto solidale, nella finanza etica, nel riconoscimento dello scambio
multiculturale e multietnico, nella ricostruzione dei saperi bioregionali e
nelle pratiche di cura dell'ambiente e del territorio. Molti governi locali
finalizzano i piani al benessere e al ben vivere anziché agli imperativi
della crescita economica, valorizzando gli attori sociali e i produttori a
valenza etica. Sulle nuove economie solidali si basa la costruzione del
nuovo welfare municipale, di nuovi ruoli della contrattualità sindacale a
livello della comunità territoriale.

Ricostruire cittadinanza. Il Nuovo Municipio è già in opera: pratiche di
accoglienza municipale di immigrati che il governo espelle, costruzioni
locali di statuti di riconoscimento multiculturale e di spazi pubblici,
esperienze simboliche e pratiche per il diritto di voto agli immigrati,
politiche socio urbanistiche per la città insorgente dei bambini, degli
anziani, delle voci deboli della città: delle differenze di genere, di
culture, di etnie.

Federalismo municipale. Al federalismo come devolution regionale, il Nuovo
Municipio va rispondendo con la costruzione di reti municipali solidali e
non gerarchiche, locali e internazionali, nell'ipotesi che il nucleo
centrale della sovranità territoriale sia il municipio, che in forme di
sussidiarietà cede potere da una parte alla società locale, dall'altra ai
livelli di «locale di ordine superiore». Dunque un percorso inverso di
autocostruzione della sovranità municipale, attualmente in fase di
progressiva liquidazione: dai comuni federati verso le province, le regioni,
lo stato, l'Europa.

Su questi temi la Rete del Nuovo Municipio proporrà una riflessione pubblica
nell'assemblea nazionale di Bologna del 13 novembre.

*Pres. «Rete Nuovo Municipio»