porti ostaggio della guerra tra terminalisti e armatori



dal secoloxix di domenica 25 luglio 2004

 L' ANALISI  Genova, porto ostaggio della guerra tra i terminal e i colossi
armatoriali

Da qualche tempo la portualità internazionale registra uno scontro senza
precedenti, la cui eco ha raggiunto anche il porto di Genova.
Sino a qualche anno fa il modello di porto di gran lunga dominante era
incentrato sulla figura del terminalista "puro", vale a dire autonomo e
indipendente rispetto alle compagnie armatoriali ("shipping line"). Il
modello si basava su un assunto specifico: si riteneva che il terminalista
"puro" avesse il massimo interesse ad operare più compagnie armatoriali per
sbarcare/imbarcare i loro contenitori in tempi rapidi e in modo efficiente,
così da soddisfarle tendenzialmente tutte. Questo modello è stato però messo
violentemente in discussione dal "gigantismo navale", che ha contagiato le
shipping line di tutto il mondo.
La tendenza delle shipping line è, infatti, quella di allearsi in
concentrazioni sempre più grandi, con l'obiettivo di controllare più
traffico possibile. Strumento di questa politica sono i nuovi tipi di nave
che hanno ormai invaso il mercato, concepite per trasportare un numero
doppio di contenitori (se non di più) rispetto a quelle di vecchio tipo.
Superato il tabù di Panama, nel senso che ora le navi vengono costruite
senza più tener conto delle misure imposte dalla strettezza del canale per
il suo attraversamento, le navi "post panamax" e "ultra post panamax" girano
vorticosamente per tutti i mari e non tollerano attese nei porti o
sovrapposizioni con altre linee.
In breve, esse debbono poter contare su aree e spazi (di banchina e di
piazzale) a loro dedicate per poter finalmente controllare la parte del
ciclo operativo del trasporto costituita dalla fase di sbarco, imbarco e
inoltro a destinazione dei contenitori, sinora di competenza esclusiva del
terminalista.
Le shipping line, insomma, vogliono "fare da sole" e gestire esse stesse i
terminal in modo da sbarcare/imbarcare e inoltrare i contenitori trasportati
e arrivare così al controllo totale della catena del trasporto da loro
originato. Da questa esigenza sono sorti, in varie parti del mondo, terminal
gestiti direttamente dalle multinazionali del mare e dei container. E quando
si legge degli interessamenti al porto di Genova di Maersk Sea Land e Msc
(Aponte), non si assiste ad altro che ad una delle fasi (o battaglie) della
guerra in corso.
Chi ha ragione? Certo, se si guardano i numeri in gioco, le maggiori
compagnie di linea hanno molte frecce al loro arco. Padrone del traffico,
sembrano poter effettivamente garantire volumi assai significativi. Ma ci
sono anche altri aspetti da non sottovalutare e che complicano il quadro.
Se predomina la "Nave" e non il "Porto", l'ideale per la prima è trovare
sempre una banchina disponibile dove poter operare i contenitori in
qualunque momento, al di là di ogni programmazione o ritardo. E questo,
probabilmente, nel medio lungo periodo può costituire un disincentivo al
traffico. Per il "Porto", l'ideale è invece avere le banchine e i piazzali
sempre pieni, mettendo in competizione le Compagnie Amatoriali tra loro per
poter ottenere il servizio più rapido e migliore, in un processo di
produzione per quanto possibile programmato.
Soprattutto, si deve ricordare che suddividere il porto tra le maggiori
shipping line (inevitabilmente poche tra esse, per la mancanza di banchine)
potrebbe avere un effetto dirompente sul traffico complessivo, perché le
compagnie amatoriali che non riuscissero a trovare un loro spazio si
vedrebbero penalizzate (se non addirittura escluse) dalle assegnazioni di
terminal ai loro più fortunati concorrenti, con seri impatti sulla tutela
della stessa concorrenza. Del resto, uno dei principi fondamentali del
porto, inteso come servizio alla generalità delle merci, è costituito
dall'obbligo imposto ad ogni terminalista di prestare la propria attività a
chiunque chieda di sbarcare o imbarcare i contenitori (si tratta di un
principio sancito in tutte le concessioni).
*esperto di diritto portuale