margini di sviluppo in informatica



da Boiler |giornale di scienza, innovazione e ambiente
                 11.04.2004
ICEBERG
La seconda legge di Moore

di MICHAEL S. MALONE

 IL MAGGIORE OSTACOLO al nostro futuro tecnologico non è la legge di Moore.
Grazie alle recenti innovazioni nel settore della semiconduzione, entro il
2010 i processori arriveranno a contenere un miliardo di transistor, per una
potenza di oltre venti gigahertz. No, il vero problema è molto più banale:
riguarda la durata delle batterie. Che valore ha un cellulare
super-accessoriato che si scarica dopo appena venti minuti? O un portatile
che pesa otto chili e ti schiaccia le gambe? La questione si può riassumere
in una parola sola: wireless. Quando nel 1965 Gordon Moore, cofondatore dell
'Intel, formulò la sua celebre legge, avrebbe potuto tranquillamente anche
anticipare l'avvento dell'elettronica senza fili. Ma a quell'epoca i
circuiti integrati erano considerati l'innovazione più stabiliante e nessuno
ancora immaginava che un giorno si sarebbero usati milioni di chip, ognuno
composto da milioni di transistor. e che non si sarebbe potuto collegarli
tutti a una spina.

Eppure è successo. Oggi, dopo dieci anni di straordinari progressi in
materia di batterie e tecnologie "verdi", rischiamo di lasciar morire di
fame i nostri dispositivi wireless. La prima legge di Moore è un'arma a
doppio taglio: più transistor allo stesso prezzo sono una benedizione per i
computer, ma un inferno per le batterie. Se la potenza del processore
raddoppia, lo stesso vale per il consumo. Se non riusciamo a gestire i chip
di prossima generazione e a farli operare al massimo delle loro
potenzialità, sarà un disastro per il mercato dei semiconduttori, dell'
elettronica di consumo, delle telecomunicazioni, dell'informatica, e in
generale per l'economia mondiale. La legge di Moore potrebbe condurci a una
fine indecorosa, non perché non riusciamo a costruire i nuovi chip ma -
ironia della sorte - perché non riusciamo a farli funzionare. Che ne direste
dunque di una seconda legge di Moore, da dedurre dal saggio originale in cui
l'esperto formulò la prima? Come fa giustamente notare Tom Hayes di Applied
Materials VP, quella leggendaria pubblicazione non si conclude con il brano
a tutti noto, bensì affronta anche le possibili strategie di sopravvivenza
consigliabili ad aziende che decidano di non seguire i ritmi incalzanti
dettati dalla legge.

 Per citare le parole profetiche di Moore, «sarebbe molto più economico
costruire sistemi su larga scala a partire da funzioni minori, interconnesse
separatamente. La disponibilità di varie applicazioni, unita al design e
alle modalità di realizzazione, consentirebbe alle società di gestire la
produzione più rapidamente e a costi minori«. Non si tratta certo del mitico
logaritmo sulla memoria dei chip, ma in queste parole è implicita un'altra
legge importante: quella che riguarda l'efficienza dei dispositivi
elettronici. Come nel caso della prima, si tratta di un patto. La prima
legge - come ha spiegato il pioniere del networking Robert Metcalfe -
rappresentava la promessa, da parte dell'industria informatica, di fare di
tutto, nei limiti consentiti dalla fisica, per migliorare le prestazioni
secondo tre direttive (velocità, compattezza e prezzo) ogni 18 o al massimo
24 mesi. Ma per raggiungere una vera efficienza occorre molto di più. Qual è
questa quarta direttiva mancante? L'esaustività. In occasione dell'ultimo
Intel Developer Forum, l'amministratore delegato Patrick Gelsinger ha
invocato «un netto cambiamento di paradigma» nella costruzione dei
semiconduttori per risolvere i problemi di alimentazione.

Ma questo da solo non basta. Dobbiamo migliorare i layout e le tecniche di
raffreddamento, creare interconnessioni migliori, ridurre il codice in
eccesso, rallentare i processori più veloci del necessario e, naturalmente,
progettare batterie migliori. Secondo le parole di Moore, l'inefficienza è
un problema che può essere risolto solo con una visione a tutto tondo. L'
intera industria dell'elettronica deve giurare di sforzarsi di superare i
limiti dell'ingenuità umana. Tale accordo dovrebbe includere produttori di
semiconduttori, aziende di chip, società di telecomunicazioni, produttori di
batterie, università e istituzioni (a proposito: se il governo di Washington
volesse davvero rendere l'America competitiva a livello mondiale, forse
farebbe bene a concentrarsi sulle batterie. Non avranno la stessa visibilità
di una missione su Marte, ma di certo hanno un impatto maggiore sulle nostre
vite). La Semiconductor Industry Association, l'American Electronics
Association e tutte le associazioni di categoria dovrebbero impegnarsi per
fare di questo il grande sforzo congiunto del secolo. La controparte -
consumatori che abbiano voglia di pagare per avere accesso a continue
innovazioni - non sarà difficile da trovare.

Resta solo un dubbio: quale potrebbe essere l'equivalente in questo senso
della celebre formula «il doppio ogni 18 o 24 mesi»? C'è bisogno di qualcosa
di impegnativo ma non impossibile. Proviamo questo: la seconda legge di
Moore sostiene che l'efficienza complessiva di un qualunque sistema
elettronico raddoppia ogni 24 mesi. All'inizio probabilmente sembrerà
facile, ma fra qualche anno diventerà un'impresa titanica, al di là di ogni
umana immaginazione. Ma questo discorso valeva anche per la prima legge di
Moore, eppure siamo ancora qui, quarant'anni dopo, a fare i miracoli per
andare avanti tenendo il passo che lui ha stabilito per noi. Chi ci dice che
non ci riusciremo anche questa volta?