opportunità per un mediterraneo sostenibile



da boiler.it
giornale di scienza, innovazione e ambiente
                 16.04.2004


FOCUS.Ambiente
Le opportunità per un Mediterraneo sostenibile

di WOLFGANG SACHS

 estratto da:
ISTITUTO DI RICERCHE AMBIENTE ITALIA (a cura di)
Ambiente Italia 2004. Rapporto annuale di Legambiente
EDIZIONI AMBIENTE 2004
pag. 202 - euro 19,80

Wolfgang Sachs, studioso dei temi legati alle politiche ambientali e dello
sviluppo, lavora presso il tedesco Wuppertal Institute per il Clima,
l'Ambiente e l'Energia. È stato condirettore della rivista Development, ha
insegnato presso la Pennsylvania State University e tiene corsi alla sede
inglese dello Schumacher College (Centro internazionale per gli studi
ecologici).

Sul nostro pianeta siamo arrivati a un punto nel quale il consumo di risorse
ha oltrepassato le possibilità naturali di rigenerarle. Già a partire dalla
metà degli anni Settanta le attività umane avevano superato la capacità di
assorbimento della biosfera, ma è da allora che il sovrasfruttamento della
natura è diventato il segno distintivo della storia umana. Se, per esempio,
l'attuale livello medio di emissioni procapite di anidride carbonica dei
paesi industrializzati si estendesse a tutto il mondo, l'atmosfera verrebbe
sommersa da una quantità di emissioni superiore di cinque volte alla sua
capacità di assorbimento. Questo vuol dire, in altre parole, che per
sostenere l'attuale ritmo di emissioni occorrerebbero cinque pianeti da
utilizzare come discarica per anidride carbonica: noi, però, abbiamo un solo
pianeta ed è questa la ragione fondamentale per la quale lo sviluppo
convenzionale ha raggiunto il suo limite.

Se proiettiamo questa situazione sul bacino del Mediterraneo riscontriamo
due aspetti fondamentali. Da una parte ci sono sempre più persone che hanno
bisogno di trovare posto nella biosfera, dall'altro vi è un enorme divario
nella crescita di popolazione tra Mediterraneo settentrionale e meridionale.
Le popolazioni che vivono lungo la sponda africana e mediorientale del
Mediterraneo devono affrontare due problemi principali, legati alla scarsità
di due risorse limitate, ma fondamentali per la vita: la terra e l'acqua.
Infatti, il degrado del suolo e l'eccessivo sfruttamento del terreno
coltivabile, la desertificazione e la siccità sono le maggiori emergenze che
affliggono quei territori.

 Merita particolare attenzione anche la questione dell'agricoltura,
un'attività che nel Mediterraneo, ma anche nel resto del mondo, dovrà
fronteggiare in futuro due sfide significative. La prima riguarda la
scarsità di acqua che colpisce soprattutto l'agricoltura di tipo
industriale, ovvero quella su vasta scala, enormemente idrovora. Le riserve
d'acqua infatti scarseggiano sempre di più, e diventa sempre più difficile
prelevare acquaa sufficienza per dare da bere alle persone e
contemporaneamente coltivare i campi. La seconda emergenza, ormai alle
porte, è quella del cambiamento climatico, che porterà a un aumento delle
temperature dicui sarà proprio l'agricoltura a subire le conseguenze più
significative, dal momento che si modificheranno l'umidità dell'aria e il
regime delle precipitazioni e anche i corsi d'acqua subiranno mutamenti
sostanziali. Questo intreccio fra acqua e cambiamento climatico altererà
quelle condizioniche, fino a oggi, hanno offerto uno spazio ospitale a certi
tipi di agricoltura, in particolare sulla sponda sud del Mediterraneo.

In questo quadro generale, un altro aspetto da esaminare fa riferimento al
problema della disuguaglianza, intesa come ambivalenza della ricchezza.
Pensate al Canal Grande o a Piazza San Marco a Venezia, indubbiamente la
strada e la piazza più bella del mondo. Tale splendore e tale ricchezza,
però, sono stati resi possibili dal trasferimento nella laguna veneta di
risorse e beni provenienti da altrove. Sono state le navi cariche di spezie,
di sete, di cotone provenienti dalla sponda sud del Mediterraneo o dall'Asia
a dare vita al patrimonio di Venezia, la città considerata per centinaia e
centinaia di anni il prototipo del benessere nel mondo. Nei secoli la
situazione non è poi così cambiata, se consideriamo che ancora oggi il 20%
della popolazione mondiale consuma l'80% delle risorse e che l'impronta
ecologica della classe consumistica del mondo è così vasta che i paesi Ocse
utilizzano già tutta la superficie biologicamente produttiva del pianeta.
Indubbiamente questo tipo di ricchezza ha prodotto, come a Venezia, delle
meraviglie. Negli ultimi cento anni la nostra civiltà ha creato grandi cose,
ma non bisogna dimenticare che questa ricchezza e questo benessere, con
tutti i loro aspetti positivi, hanno un profondo lato oscuro: sono forme di
benessere incapaci di giustizia, ovvero che non possono essere
democratizzate rendendone partecipe l'intero globo. Al contrario, se si
estendesse questo standard di ricchezza a tutta la popolazione del pianeta,
se esportassimo nei cinque continenti modelli come la società
automobilistica, l'alimentazione"carnivora" o un'agricoltura di tipo
industriale rischieremmo una catastrofe irreversibile della biosfera.

In questo contesto emerge una tensione anche nello spazio del Mediterraneo,
dove le dialettiche del mondo sono molto ravvicinate. Il benesse reinventato
dal Nord del bacino risponde a un modello incapace di includere tutto il
Mediterraneo, per non parlare del resto del mondo. Ed è in questa
contraddizione che si inserisce la sfida più difficile; quella di inventare
nuove forme di benessere "leggere", che necessitino di poche risorse, capaci
di giustizia e in grado di funzionare bene senza grandi inputdi risorse
naturali, lasciando così molto spazio ambientale ad altri. È proprio in
questa sfida che risiede la vera vocazione dell'ecologia, che nonsi deve
limitare alla protezione delle balene o degli uccelli. Il vero compito
dell'ecologia è garantire la cittadinanza e la convivenza mondiale. Se non
si determineranno tali presupposti non ci sarà futuro per un'armonica e
pacifica convivenza globale.

Un altro aspetto da analizzare è quello del "leapfrogging" ecologico.
Sesulla sponda settentrionale del Mediterraneo permane la situazione
finoradescritta si arriverà presto a un impasse, a un vicolo cieco. In
questoscenario, però, si aprono nuove possibilità per il Sud. Si apre, di
fatto,l'opportunità di non imitare l'evoluzione industriale del Nord, ma
disaltare e superare alcune fasi verificatesi nel Nord, raggiungendo insieme
il comune obiettivo di una società e di un'economia nuove. Oggi i paesi del
Sud del Mediterraneo si trovano a un bivio: seguire l'esempio della sponda
nord - con i suoi modelli di grandi infrastrutture per il trasporto,
l'energia, l'acqua - oppure optare per modelli alternativi, come ferrovie
leggere, sistemi di scarico delle acque reflue che non sprechino l'acqua
potabile, produzioni di energia decentrate. Il punto è: sapranno i paesi del
Sud ribaltare la situazione e superare il Nord in questa direzione? Sapranno
ribaltare la situazione, nonostante siano stati chiamati per anni "paesi
sottosviluppati"?

 Un ultima questione concerne l'esigenza di un patto per il Mediterraneo.
Oggi è sempre più irrealistico immaginare accordi globali multilaterali, dal
momento che proprio l'unica potenza mondiale ha scelto di abbandonare la
strada della cooperazione multilaterale. Sarà sempre più difficile
promuovere conferenze come quelle di Rio o di Johannesburg, o trattative
come quelle relative al Protocollo di Kyoto. Ciò non vuol dire che si deve
decretare la fine della cooperazione multilaterale, ma che occorre puntare
su accordi subglobali tra quei paesi che decidono di procedere nella stessa
direzione. Questa via rappresenta una straordinaria occasione per l'area del
Mediterraneo, perché qui, più che altrove, convivono tutti gli elementi per
un accordo tra Nord e Sud. Ma perché questo scenario si realizzi, bisogna
innescare tre grandi processi virtuosi: una ristrutturazione del Nord,
finalizzata a creare un benessere più leggero in termini di risorse; un
impegno ancora del Nord a "risarcire", poiché - ricordiamo la storia di
Venezia - c'è un debito storico ed ecologico che giustifica il rimborso e la
cooperazione, compresi gli investimenti; infine, la scelta da parte del Sud
di optare per un "leapfrogging" ecologico, di imboccare cioè strade di
sviluppo più "leggere" di quelle seguite dal Nord.