idrogeno innovativo ? no grazie



da cunegonda.org

19 gennaio 2004


Idrogeno. Gli scienziati dicono: "no grazie"

 La scienza deve porsi continuamente scelte etiche: come e perché mettere a
disposizione le conoscenze e l'impegno della ricerca, a favore di quali
problemi, in base a quali presupposti morali? A queste domande un gruppo di
scienziati e di ricercatori ha deciso di dare una risposta chiara: gli
scienziati sono contro la guerra. È così che, nell'aprile del 1999, durante
la guerra condotta dalla N.A.T.O. contro la Repubblica Federale di
Jugoslavia, si è costituito il comitato "Scienziati contro la guerra", folto
gruppo di studiosi che ha deciso di alzare la voce per far sentire la forza
della ragione contro la ragione della forza.

Il comitato ha aperto un proprio sito Web e, col tempo, la riflessione di
questo gruppo di discussione ha toccato diversi temi, compreso quello del
futuro energetico. Il loro punto di vista è naturalmente tra i più
autorevoli per affrontare questo tema: molti sono i fisici, i matematici,
gli ingegneri che aderiscono al comitato. Da sempre gli scienziati sono a
favore del solare, questa non è una novità, ma qual è il loro atteggiamento
nei confronti di quella che si annuncia come la fonte di energia del futuro:
l'idrogeno? E' da sottolineare che non è né casuale né improprio che un
gruppo di discussione impegnato contro la guerra si pronunci sul problema
del futuro energetico dal momento che la maggiorparte dei conflitti oggi si
combatte proprio per il controllo delle riserve di petrolio, necessarie per
non fermare la macchina mondiale del consumo. Per questo motivo Cunegonda
Italia ha all'attivo una campagna a favore dell'autolimitazione dell'
acquisto di carburanti, di tutti i carburanti: perché mai solo quelli della
Esso?

Nel marzo 2003 il comitato "Scienziati contro la guerra" ha pubblicato un
manifesto ragionato sull'idrogeno come fonte di energia che ha sollevato un
acceso dibattito sul futuro di questa risorsa energetica. Questi,
schematicamente riassunti, i contenuti del manifesto:


L'idrogeno non è una fonte di energia, ma solo un vettore di energia (può
servire cioè solo a trasportare energia), quindi esso va estratto, ricavato
da altre fonti.
L'idrogeno non esiste in forma di giacimento, ma va estratto attraverso
operazioni di rimodellamento (il cosiddetto "reforming") da idrocarburi e/o
carbone: il reforming costa in termini di energia, e quindi anche in termini
di emissioni equivalenti di CO2.
Se una determinata quantita' di idrogeno viene utilizzata in celle a
combustibile, il processo di reforming per la produzione di quella stessa
quantita' rilascia in atmosfera quantità di anidride carbonica (CO2) uguali
a quelle attualmente prodotte bruciando idrocarburi al posto dell'idrogeno.
Se una determinata quantita' di idrogeno viene utilizzata direttamente come
carburante nei motori a combustione, il processo di reforming per la
produzione di quella quantita' rilascia in atmosfera quantità di anidride
carbonica (CO2) superiori a quelle attualmente prodotte utilizzando
direttamente gli idrocarburi.
Il processo di reforming da carbone rilascia in atmosfera quantità di
anidride carbonica (CO2) molto superiori ai due casi precedenti.
Produrre idrogeno da fonti di energia rinnovabili (solare, eolico, eccetera)
è possibile, ma con le tecnologie attuali sarà possibile produrre solo una
piccola parte del fabbisogno energetico.
Si deve puntare su un oculato risparmio delle attuali riserve di idrocarburi
(petrolio, gas) bruciando queste ultime solo in centrali elettriche.
Si deve accantonare progressivamente l'idea di usare il motore a scoppio per
scopi di autotrazione in quanto modalità inefficiente connotata da un
bilancio energetico disastroso.
L'appello mette in evidenza soprattutto il ruolo giocato dai media, e punta
a mettere all'erta la nostra coscienza e la nostra capacità di raziocinio,
affichè non vengano letteralmente spazzate via dalla tempesta mediatica di
questi anni a sostegno dell'idrogeno proprio perché tale tecnologia
contribuirebbe a perpetuare l'attuale spreco e il superconsumo degli
idrocarburi. Questo consumo smodato, slegato da ogni regola di efficienza,
può tornare utile solo alle multinazionali del petrolio, che con l'alleanza
delle case automobilistiche, stanno accelerando il passaggio a questa
illusoria forma di "mobilità pulita": i costruttori stanno facendo a gara a
chi riuscirà a mettere sul mercato la prima auto a idrogeno di serie.

Concludiamo facendo riferimento a uno dei più famosi scienziati al mondo:
Noam Chomsky. Nei suoi scritti ha argomentato molto chiaramente come l'
industria delle pubbliche relazioni sia in grado di fabbricare l'opinione
pubblica, e quello dell'idrogeno ci sembra un caso paradigmatico, e ne è
prova il fatto che questa campagna di disinformazione sia stata recentemente
sostenuta dal noto economista Jeremy Rifkin (Economia all'idrogeno,
Mondadori 2002), presidente della Foundation on Economic Trends di
Washington, vero guru delle relazioni pubbliche, e che la campagna continui
a essere alimentata nonostante le incongruenze piuttosto evidenti negli
assunti scientifici di fondo: provate a cercare la parola "idrogeno" su
Internet, ormai i termini che quasi ovunque troverete associati sono quelli
di "innovativo" e "pulito". Cioè l'esatto contrario di ciò che l'idrogeno
effettivamente rappresenta.

Il testo integrale del manifesto contro l'idrogeno di "Scienziati per la
pace"

"I firmatari della presente - ricercatori e persone a vario titolo impegnate
in ambiente accademico e scientifico - desiderano esprimere la loro forte
preoccupazione e un netto dissenso rispetto alla campagna mediatica che
viene sostenuta per propagandare «l'idrogeno come combustibile pulito»,
addirittura alla base di una pretesa «rivoluzione ecologica». Questa
campagna è stata avviata dal noto economista Jeremy Rifkin (Economia
all'idrogeno, Mondadori 2002), presidente della Foundation on Economic
Trends di Washington, e continua ad essere alimentata, nonostante
incongruenze piuttosto evidenti negli assunti di fondo. L'idrogeno è un gas
infiammabile che non esiste sulla superficie terrestre, e produrlo
artificialmente richiede di per sé un notevole dispendio di energia. Di
conseguenza esso non può essere di per sé etichettato come di energia, ma
soltanto come vettore, cioè come mezzo per immagazzinare l'energia prodotta
da altre fonti. Notiamo qui subito che tale immagazzinamento, come ogni
conversione da un tipo di energia ad un altro, ha un costo energetico, cioè
comporta la degradazione in calore e la conseguente perdita di una parte
dell'energia coinvolta. Oggi quasi tutto l'idrogeno prodotto industrialmente
viene ottenuto a partire da fonti di energia fossili, più precisamente dal
metano o da derivati del petrolio, attraverso processi detti di «reforming».
L'idrogeno prodotto in questi processi contiene circa il 75% dell'energia
fornita in ingresso, mentre il restante 25% viene perso sotto forma di
calore. Il nostro vettore di energia è quindi in realtà assimilabile a un
secchio bucherellato.

Inoltre, per ogni atomo di carbonio presente negli idrocarburi utilizzati
nei processi di reforming, si produce una molecola di anidride carbonica.
Come sappiamo, l'anidride carbonica è il principale tra quei gas che,
immessi nell'atmosfera, contribuiscono al riscaldamento del nostro pianeta,
con gravi e ancora non del tutto prevedibili conseguenze sul clima. In
effetti, la quantità di anidride carbonica ottenuta producendo idrogeno per
reforming è la stessa che si produrrebbe se il metano o il petrolio
utilizzati fossero bruciati direttamente in una centrale elettrica. Dal
punto di vista dell'effetto serra, che dovrebbe essere uno dei criteri di
valutazione principali della compatibilità ecologica di una tecnologia,
l'uso dell'idrogeno così prodotto non apporta quindi alcun vantaggio, anzi,
come vedremo, può risultare svantaggioso quando si consideri l'anidride
carbonica prodotta per unità di energia generata.

Come si utilizza l'idrogeno? Se consideriamo l'uso per autotrazione, che è
quello per il quale viene maggiormente propagandato, esistono due opzioni.La
prima, più immediata, è di utilizzarlo come combustibile per un motore a
combustione interna opportunamente modificato, simile a quelli attualmente
utilizzati nelle automobili. Questa soluzione avrebbe effettivamente
l'effetto di liberare le città da buona parte dei gas di scarico prodotti
dagli autoveicoli, e quindi di migliorare la qualità dell'ambiente urbano.
Purtroppo, si tratta di un approccio al problema assolutamente insostenibile
dal punto di vista globale. Ammettendo per i motori a idrogeno un rendimento
pari a quello dei motori a benzina, come abbiamo detto vi è nel processo di
produzione dell'idrogeno una perdita di energia che fa sì che, a parità di
energia utile, occorra un consumo maggiore di idrocarburi, e
conseguentemente il rilascio di una maggiore quantità di anidride carbonica
nell'atmosfera.

La seconda opzione è quella di usare l'idrogeno in celle a combustibile. Si
tratta di dispositivi che convertono l'energia immagazzinata nell'idrogeno
in energia elettrica, che può essere usata per alimentare un motore
elettrico. Anche in questo caso, il merito dell'idrogeno sarebbe quello di
spostare l'inquinamento dalle città alle centrali di produzione
dell'idrogeno. Visti i buoni rendimenti delle celle a combustibile, con
questa tecnologia ci si può aspettare un livello di consumi di idrocarburi -
e quindi di produzione di anidride carbonica - pressoché pari a quello
attuale, a parità di energia utile prodotta. Neanche questa dunque è una
opzione valida dal punto di vista ambientale, stante la necessità di ridurre
prima possibile i consumi di combustibili fossili e le emissioni di anidride
carbonica.

C'è poi una visione che prevede la produzione di idrogeno senza il ricorso a
sorgenti fossili, per mezzo di energia elettrica prodotta da fonti
rinnovabili (solare, eolico, ecc.). L'idea di un sostanziale incremento
della produzione di energia da fonti rinnovabili non può che trovarci
pienamente favorevoli. Tenuto conto però che, ragionevolmente, queste fonti
potranno al più fornire solo una parte dell'attuale fabbisogno energetico
mondiale, è possibile verificare che l'elettricità così prodotta sarebbe
utilizzata in maniera più efficiente, cioè con minore spreco, immettendola
direttamente nella rete elettrica piuttosto che non immagazzinandola nel
nostro «secchio bucherellato».

Infine, va citato il fatto che l'idrogeno può essere ottenuto per reforming
anche dal carbone. Questo procedimento, che come detto sopra equivale, in
termini di produzione di anidride carbonica, a bruciare il carbone stesso
(ma con minore resa energetica), aprirebbe in pratica la strada all'uso per
autotrazione, e non solo, delle abbondanti riserve di carbone ancora
esistenti sul pianeta, con un effetto sul riscaldamento globale ancora
peggiore di quello degli scenari descritti precedentemente. Infatti, a
parità di energia prodotta il carbone produce ancora più anidride carbonica
del petrolio e del metano. Né può risultare di conforto la prospettiva oggi
propagandata che la produzione dell'idrogeno avvenga in impianti in cui
l'anidride carbonica venga «sequestrata» e immagazzinata in siti
sotterranei. Infatti, al di là dei grossi problemi tecnici ancora da
superare e del costo energetico del procedimento, nessuno è in grado di
predire se nel lungo periodo questa anidride carbonica non sia comunque in
grado di raggiungere l'atmosfera, per diffusione o in occasione di terremoti
o altri eventi geologici violenti.

Riassumendo: gli idrocarburi fossili (petrolio e metano) sono preziosi in
quanto esistono sul nostro pianeta in quantità limitate e costituiscono,
oltre che fonti di energia, anche materie prime preziose per una grande
quantità di processi industriali. Di conseguenza essi vanno risparmiati ed
indirizzati agli usi strettamente necessari, non solo perché il loro
utilizzo aumenta l'effetto serra, ma anche perché il prossimo raggiungimento
del picco mondiale di produzione (previsto entro pochi anni) è causa di
gravi tensioni internazionali, e sempre più lo sarà in futuro. Le azioni
militari contro la repubblica federale di Jugoslavia e l'Afghanistan erano
motivate principalmente dalla preoccupazione degli Usa e dei loro alleati di
assumere il controllo delle vie di trasporto del petrolio del Mar Caspio. Il
riferimento al petrolio è ovviamente ancora più esplicito quando si parla
dell'Iraq.

I combustibili fossili, per poterli risparmiare, vanno utilizzati nel modo
più efficiente possibile, il che oggi vuol dire che bisogna bruciarli in
centrali elettriche. Altri usi vanno disincentivati. In quest'ottica, il
motore a combustione interna rappresenta una tecnologia terribilmente
inefficiente che va superata quanto prima, in quanto utilizza solo metà o
anche meno dell'energia che si riesce a estrarre in una centrale elettrica.
L'introduzione dell'idrogeno non può modificare questa visione, anzi
renderebbe la situazione ancora più critica qualora venisse usato come
combustibile per motori a combustione interna. Per di più, qualora la
scarsità di petrolio e metano portasse in futuro all'utilizzo di idrogeno
prodotto a partire dal carbone, gli effetti in termini di cambiamenti
climatici sarebbero ancora più devastanti.

Invitiamo quindi tutti coloro che hanno a cuore il futuro del nostro pianeta
a non cadere nel tranello dell'idrogeno, che è in realtà uno stratagemma di
marketing utilizzato dalle compagnie petrolifere con l'intento di mantenere
l'attuale situazione di spreco dei combustibili fossili, e da alcuni governi
in vista di un insostenibile passaggio ad un regime di produzione di energia
basato principalmente sul carbone. L'idrogeno non rappresenta quindi la
rivoluzione energetica promessa, ma una semplice riedizione degli odierni
scempi ambientali (si pensi alle truffe della benzina verde e
dell'ecodiesel). Il grosso problema dell'energia non è come immagazzinarla
(anche questo ha un peso, ma diverso e di portata molto più limitata), ma
come produrla e come utilizzarla con minori sprechi. Se ci sta a cuore il
futuro del pianeta diventa improcrastinabile, accanto a un deciso sviluppo
nel campo delle fonti rinnovabili e delle politiche di risparmio e di uso
differenziato delle diverse fonti, uno sforzo collettivo verso
l'elaborazione di un nuovo concetto dello sviluppo, che non sia basato sulla
continua crescita economica, cioè sul continuo aumento quantitativo delle
merci, dei prodotti e dei consumi. Tale crescita, la cui insostenibilità
diventa di giorno in giorno più evidente, ci sta portando ad un stato di
guerra infinita e permanente per appropriarsi delle sempre più scarse
risorse energetiche".

Firmatari:
Angelo Baracca
Franco Marenco
Emilio Martines
Andrea Martocchia
Luca Nencini
Maria Luigia Paciello
Libero Vitiello