Re:sai da dove viene il cibo ?



Se mi posso permettere di intervenire, mi chiamo Luca e sono un abitante della campagna veneta "emigrato" da poco a milano. sinceramente mi sento di dire, in tutta franchezza, che tutto quello riportato non rispecchia minimamente la verità. Per quanto riguarda: l'analisi, la sintesi, la statistica e il contesto.
A prescindere dal fatto che credo che ognuno sia libero di nutrirsi come vuole non credo sia un metodo corretto colpevolizzare con dati falsificati e fantasiosi per propagandare la filosofia vegetariana o quant'altro.
A quanti scrivono quste cose invito a venire a vivere nella mia campagna, insieme con i miei animali, con il lavoro dei campi e la vita VERAMENTE assieme agli animali (non quella raccontata da queste favole da apocalisse) e con le persone che considerate criminali e omicidi.
Forse qualcuno che parla tanto potrebbe imparare veramente il rispetto per la natura e gli animali.

Ciao,
Luca


---------- Initial Header -----------

From      : economia-request at peacelink.it
To          : "ECONOMIA" economia at peacelink.it
Cc          : 
Date      : Tue, 24 Feb 2004 06:53:56 +0100
Subject : sai da dove viene il cibo ?

> da greenpalanet.net
> 
> 12 febbraio 2004
> 
>  Cultura & Società   ( 12 Feb 2004 )
> SAI DA DOVE VIENE IL CIBO?
> 
> Sai chi è stato prima di essere cibo, e com'è stato allevato? Sai che
> effetti può avere sul tuo corpo e sulla tua salute? Sai quali sono le
> implicazioni sociali di questo cibo? E sai perché non te lo vogliono
> spiegare?
> Un punto di vista vegetariano sulle ragioni etiche, ecologiche,
> salutistiche, sociali ed economiche contro l'iperconsumo di alimenti e
> prodotti di origine animale.
> 
> Sai da dove viene quello che tu consideri "cibo", sai chi è stato prima di
> essere cibo, e com'è stato allevato?
> Gli animali sono esseri senzienti, capaci di provare sensazioni, emozioni,
> sentimenti, come ben sanno tutti quelli di noi che ospitano in casa un cane
> o un gatto.Una mucca non è molto diversa da un cane, da questo punto di
> vista. Né un maiale è diverso, è un essere intelligente, affettuoso,
> curioso. Ma questi animali vengono invece trattati come cose: affinché
> l'attività di allevamenti, mangimifici, impianti di macellazione e catene di
> distribuzione risulti economicamente compatibile con i livelli produttivi
> richiesti dal mercato, è necessario che il prezzo di carne, latte e uova
> rimanga accessibile per il maggior numero possibile di consumatori.Per
> essere sostenibile, la zootecnia chimica e intensiva deve quindi
> massimizzare i profitti basandosi sul ribasso delle spese. Ormai il 99%
> degli allevamenti sono intensivi: gli animali vengono allevati in spazi
> ristrettissimi, senza mai la possibilità di uscire alla luce del sole. Ogni
> tanto si vedono delle vacche al pascolo, è vero, ma sono solo quell'1% di
> animali più "fortunati" che vengono trattati meno peggio. Anche a questi
> tocca, comunque, la stessa fine degli altri: il macello. Lì, vengono
> ammazzati senza pietà , senza alcun sentimento di compassione, senza sentire
> che si tratta di esseri senzienti. Sono solo "capi" da abbattere.I macelli
> sono sempre nascosti alla vista del pubblico: per potersi nutrire di
> animali, le persone devono allontanare il pensiero della loro uccisione, ci
> deve essere separazione tra l'immagine dell'animale vivo nella "fattoria"
> (che oggi ormai non esiste quasi più ed è sostituita dagli allevamenti
> intensivi) e la sua carne da infilzare con la forchetta. Se ciascuno dovesse
> ammazzare da sé gli animali che mangia, sicuramente molti di loro avrebbero
> salva la vita.Nel corso della sua vita (80 anni in media), ogni italiano
> uccide per cibarsene circa 1400 animali tra bovini, polli, tacchini e altri
> volatili, maiali, conigli, cavalli.
> 
> La sofferenza degli animali
> 
> A pagare il costo degli allevamenti intensivi sono innanzi tutto gli animali
> allevati, ai quali sono imposte situazioni di estrema sofferenza. Negli
> attuali allevamenti industrializzati, miliardi di animali destinati al
> macello sono costretti a vivere incatenati o chiusi in gabbie sovraffollate,
> incompatibili con le loro esigenze fisiologiche, privati della minima
> libertà di movimento, impediti nella pratica di istinti affettivi e
> sessuali, mutilati, sottoposti a costanti terapie antibiotiche ed ormonali
> (sia per prevenire l'esplosione di epidemie che per velocizzare la loro
> crescita), ad un'illuminazione ininterrotta che impedisce loro di dormire,
> nutriti con alimenti inadeguati, chimici e innaturali (fino ai casi delle
> mucche costrette al cannibalismo), costretti a respirare un'aria satura di
> anidride carbonica, idrogeno solforato, vapori ammoniacali, polveri varie e
> povera d'ossigeno.Gli animali sfruttati in questo modo, oltre a manifestare
> gravi patologie organiche e psicologiche (galline che si uccidono beccandosi
> fra loro, cannibalismo della madre verso i piccoli fra i conigli, suini che
> si divorano la coda), subiscono menomazioni e manipolazioni genetiche. Si
> tenta a volte di arginare l'aggressività degli animali, ad esempio dei
> maiali, mettendo dei "giocattoli" all'interno dei box, come vecchi
> copertoni, sui quali gli animali si possono sfogare. Così, anziché rimuovere
> la causa di stress si "cura" solo il sintomo, l'aggressività.Le pecore sono,
> per ora, le uniche a vivere per lo più all'aperto, ma sono tosate in maniera
> brutale in pieno inverno, e sono costrette a sopportare i rigori
> dell'inverno senza la protezione naturale del loro mantello. Gli agnellini
> maschi sono uccisi a poche settimane di vita, specialmente in occasione
> delle festività pasquali. Inoltre, le pecore sono costrette a figliare
> continuamente, e non appena sono meno "produttive" vengono macellate.Un
> momento di grande sofferenza per le pecore è quello della tosatura, durante
> il quale vengono maneggiate molto rudemente dai tosatori, e spesso rimangono
> ferite durante l'operazione. Nelle razze più pregiate viene procurata una
> ferita circolare attorno all'ano, in modo che con la cicatrizzazione si crei
> una zona che separa la lana dall'ano, e la lana non si sporchi.L'Italia è
> uno dei pochi paesi al mondo che consuma carne di cavallo. I cavalli
> arrivano dai paesi dell'est dopo una vita di duro lavoro, con viaggi
> estenuanti in condizioni infernali, per venire infine ammazzati nei nostri
> macelli.
> 
> Le mucche da latte e i vitelli
> 
> Le mucche "da latte" sono selezionate geneticamente ed inseminate
> artificialmente per produrre quanto più latte possibile. Dall'età di circa
> due anni, trascorrono in gravidanza nove mesi ogni anno. Poco dopo la
> nascita, i vitelli sono strappati alle madri (provocando in entrambi un
> trauma), perché non ne bevano il latte, e rinchiusi in minuscoli box larghi
> poche decine di cm, in cui non hanno nemmeno lo spazio per coricarsi, e
> quindi neanche la possibilità di dormire profondamente. Sono alimentati con
> una dieta inadeguata apposta per renderli anemici e far sì che la loro carne
> sia bianca e tenera (come piace ai consumatori) e infine sono mandati al
> macello. La mucca verrà quindi munta per mesi, durante i quali sarà
> costretta a produrre una quantità di latte pari a 10 volte l'ammontare di
> quello che sarebbe stato necessario, in natura, per nutrire il vitello. Non
> sorprende che ogni anno un terzo delle mucche sfruttate nei caseifici soffra
> di mastite (una dolorosa infiammazione delle mammelle). Per aumentare la
> produzione di latte, la mucca è alimentata con proteine molto concentrate,
> ma neppure queste spesso sono sufficienti, tanto da provocare lacerazione
> dei tessuti per soddisfare la continua richiesta di latte (in Inghilterra
> hanno coniato un termine per definire questa pratica: "milking off the cow's
> back", ossia mungitura del posteriore della mucca). Ciò provoca una
> condizione chiamata acidosi, che può rendere zoppo l'animale e ciò ogni anno
> al 25% delle mucche sfruttate nei caseifici. A circa cinque o sei anni
> d'età, ormai esausta e sfruttata al massimo, la mucca verrà macellata. La
> durata della sua vita, in natura, sarebbe stata di circa 20 anni.
> 
> Le galline ovaiole e i polli da carne
> 
> Per la produzione di uova, le galline sono costrette a vivere (fino a gruppi
> di quattro) in gabbie delle dimensioni di un foglio A3. Le loro ali si
> atrofizzano a causa dell'immobilità forzata; crescendo a contatto della
> griglia di ferro della pavimentazione, le loro zampe crescono deformi. Per
> aumentare il profitto, molti allevatori usano razze manipolate
> geneticamente, destinate a soffrire ulteriormente, a causa di dolorosi
> disturbi ossei e difetti della spina dorsale.Negli allevamenti che producono
> galline ovaiole, i pulcini maschi (inutili al mercato in quanto non in grado
> di produrre uova, né adatti alla produzione di carne di pollo) sono gettati
> vivi in un tritacarne, o soffocati in buste di plastica, o schiacciati in
> apposite macchine per diventare mangime, mentre a quelli femmina viene
> tagliato il becco per impedire loro di beccare a morte le compagne. Questa
> procedura, che comporta il taglio di tessuti teneri simili alla carne che
> gli umani hanno sotto le unghie, è così dolorosa che molti pulcini muoiono
> per lo shock. Inoltre, questa operazione lascia spesso scoperti i terminali
> nervosi presenti nel becco, determinando così un dolore continuo per tutta
> la vita dell'animale. Non appena la produttività delle galline diminuisce
> sotto il livello fissato, di solito dopo 2 anni, sono sgozzate per diventare
> carne di seconda scelta.I polli "da carne" non godono certo di un
> trattamento migliore: sono allevati in capannoni affollatissimi, fino a
> 10-15 polli per metro quadrato, sotto la luce sempre accesa, perché crescano
> in fretta. A 45 giorni vengono ammazzati, mentre in natura potrebbero vivere
> fino a 7 anni.La stessa sorte tocca ai tacchini. Le oche sono ancora più
> sfortunate, perché vengono sottoposte al "gavage": immobilizzate, vengono
> ingozzate con un imbuto fino a che il loro fegato si spappola, per produrre
> così il famoso "paté de foie gras". Anche i fagiani sono allevati in
> batteria, per poi essere liberati e poter servire da bersaglio ai
> cacciatori, o, nella migliore delle ipotesi, ai predatori che si trovano
> nelle riserve di caccia. Se non uccisi da cacciatori o predatori, muoiono
> ugualmente dopo pochi giorni perché non sanno procurarsi il cibo da soli.
> 
> I pesci: pesca in mare e acquacultura
> 
> I pesci spesso non sono nemmeno considerati "animali", occupano un gradino
> ancora più basso nella scala dell'umana compassione. La prova di tale bassa
> considerazione è che non si dice mai "i pesci", ma "il pesce". Un nome
> collettivo, a indicare la mancanza di una minima considerazione per la loro
> individualità e sofferenza. Eppure, i pesci provano dolore, molti di loro
> hanno sistemi nervosi complessi, alcuni, come il polpo, sono particolarmente
> intelligenti e capaci di compiere attività elaborate. Un terzo dei pesci
> pescati in tutto il mondo viene ributtato in mare dopo morto, perché "di
> scarto", in quanto appartiene a specie considerate non commestibili, ma, si
> sa, le reti rastrellano tutto. Oltre ai pesci pescati in mare, si va
> diffondendo sempre di più l'acquacoltura, cioè l'allevamento intensivo di
> pesci, in cui questi animali vengono tenuti in spazi ristrettissimi, dove
> soffrono per lo stress e l'infelicità. Anche le aragoste vengono allevate in
> batteria, per finire poi bollite vive nelle pentole dei consumatori.I
> trasportiAccade molto frequentemente che gli animali non vengano macellati
> nel macello più prossimo all'allevamento, ma siano sottoposti a viaggi
> massacranti, a volte tanto lunghi da attraversare nazioni diverse. Gli
> animali sono stipati negli autocarri, senza alcuna possibilità di riposo,
> senza bere, senza mangiare, compresi i cuccioli. Molti di loro arrivano a
> destinazione in pessime condizioni, alcuni muoiono durate il viaggio. Nel
> camion, se un animale cade, spesso non riesce a rialzarsi, viene calpestato
> e subisce fratture alle zampe o al bacino. Questi animali, se possibile
> ancora più sfortunati degli altri, mentre tutti vengono spinti verso il
> mattatoio, rimangono sul veicolo in preda a dolori lancinanti, per poi
> essere agganciati agli arti fratturati e trascinati fuori. Non vengono
> sottoposti a eutanasia - gli allevatori non vogliono perdere soldi - ma
> aspettano il loro turno di macellazione.Gli animali che muoiono lungo il
> viaggio vengono invece buttati in un mucchio, in quella che viene chiamata
> la "pila dei morti".Il trasporto è particolarmente duro per i cavalli
> poiché, dato che in Italia non ne vengono "prodotti" abbastanza, i macellai
> si riforniscono nell'Est europeo, dove i cavalli sono ancora usati, e, dopo
> una vita di lavoro, vengono a concludere la loro esistenza nei mattatoi e
> sulle tavole del nostro Paese. Per motivi di profitto, gli animali vengono
> stipati all'inverosimile, mescolando tra loro individui ammalati, debilitati
> e molto giovani. I polli, essendo di poco valore, subiscono un trattamento
> ancora peggiore, perché se qualcuno muore durante il tragitto, la perdita è
> minima. Gli autocarri vengono caricati di notte, gli operai devono caricare
> 25.000 animali nel minor tempo possibile, e quindi gli animali vengono
> trattati rudemente, lanciati di mano in mano come fossero palloni fino a
> essere stipati nelle gabbie.
> 
> La macellazione e la morte
> 
> La morte degli animali allevati è preceduta da trasporti lunghi ed
> estenuanti verso i mattatoi. Stipati nei camion, senza potersi muovere per
> molte ore e spesso molti giorni, senza poter bere o mangiare, soffrendo il
> caldo o le intemperie, arrivano al macello in gravi condizioni di stress,
> spesso così debilitati da non riuscire nemmeno ad alzarsi. Qui, a causa
> della rapidità delle linee di macellazione (talvolta fino a 400 capi all'ora
> ognuna) spesso non sono storditi in maniera corretta e sono quindi coscienti
> quando viene loro tagliata la gola, quando sono scuoiati, decapitati,
> squartati, o quando giungono nell'acqua bollente delle vasche di scottatura.
> Un operaio di un macello americano, nel corso di un'intervista, ha
> dichiarato che almeno il 15% degli animali muore ogni giorno "pezzo dopo
> pezzo", roteando gli occhi e muovendo la testa (alcuni suoi colleghi usano
> protezioni da hockey per non subire gravi lesioni dagli animali
> agonizzanti). Per i suini il momento del macello è particolarmente penoso,
> perché il numero delle uccisioni è altissimo, anche 1000 animali in una
> mattinata. In queste situazioni lo stordimento molte volte non viene ben
> applicato, e quindi gli animali vengono sgozzati, e poi gettati nelle vasche
> di acqua bollente, ancora coscienti. Infatti, quando se ne esaminano i
> polmoni, molto spesso si vede che contengono sia sangue che acqua, il che
> dimostra che gli animali erano ancora vivi e hanno respirato acqua bollente
> quando sono stati gettati nelle vasche.L'unica morte davvero indolore
> renderebbe necessario narcotizzare l'animale, ma questo non è possibile,
> perché le sue carni devono poi essere mangiate. Ma anche se esistesse un
> tipo di macellazione senza sofferenza, è chiaro che non sarebbe comunque
> accettabile, perché è l'idea stessa di uccidere un animale, come se
> potessimo disporre della sua vita a nostro piacimento, che è totalmente
> inaccettabile da un punto di vista etico.Per quanto riguarda i pesci, la
> loro morte è ancora peggiore: muoiono asfissiati, in una lenta agonia, muta,
> perché non siamo in grado di sentire i suoni che emettono. A volte arrivano
> nei banchi delle pescherie ancora vivi a terminare la loro agonia tra il
> ghiaccio. I crostacei e i molluschi finiscono bolliti vivi.
> 
> Biotecnologie e animali
> 
> Le nuove biotecnologie applicate agli animali d'allevamento per
> l'alimentazione umana creano animali transgenici a cui è stato modificato il
> patrimonio genetico affinché producano di più, più carne, più latte, o si
> ammalino di meno. Per produrre di più si usa l'ormone somatropo, ottenendo
> così un ingigantimento degli animali. Le conseguenze negative per gli
> animali sono sostanzialmente quattro:1. l'inserzione di geni estranei nei
> cromosomi degli animali è del tutto casuale e sovente crea individui non
> vitali o con malformazioni che causano sofferenza.2. Il gene impiantato
> (transgene) può distruggere parte dei geni naturali dell'animale ospite, e
> dare di nuovo origine a esseri non vitali. Ad esempio, in un esperimento
> sono nati dei topi con gravi anomalie, quali la mancanza degli arti
> posteriori, spaccature nel muso, ed enormi difetti cerebrali.3. Non sempre
> si riesce a fissare la trasformazione voluta, e quindi occorre ripetere
> centinaia di volte la stessa manipolazione su altri animali, fino a
> sviluppare con successo la linea desiderata, causando così sofferenze e
> morte a un numero elevatissimo di animali.4. I transgeni potrebbero avere
> effetti mutanti sui vari organi dell'animale. Per esempio, introducendo il
> fattore di crescita umano nel codice genetico di un maiale, si sono ottenuti
> maiali con gravi anomalie, eccessivamente pesanti e non in grado di reggere
> il proprio peso, oppure artritici, strabici, letargici.Vi sono conseguenze
> anche sulla salute umana: per anni si è lottato contro la somministrazione
> di ormoni di tipo sessuale agli animali, e questa pratica continua
> illegalmente tuttora. Con l'introduzione di ormoni attraverso l'ingegneria
> genetica, si ricade nello stesso problema, e si pongono rischi analoghi a
> quelli derivanti dall'uso di ormoni in altre forme.
> 
> LA SCELTA ECOLOGICA
> 
> Sai qual è l'impatto sull'ambiente?
> 
> Il mondo moderno industrializzato minaccia l'ambiente naturale in più e più
> modi. Di queste minacce, e di come porvi rimedio, si discute con passione da
>  anni in vari ambiti. Ma viene sempre trascurato un fattore fondamentale:
> l'allevamento di bovini e altri animali per l'alimentazione umana.
> L'allevamento su vasta scala, sia di tipo intensivo (in grosse stalle senza
> terra dove gli animali sono stipati, come accade in Italia), sia di tipo
> estensivo (i grandi ranch degli Stati Uniti, o i pascoli nei paesi del Sud
> del mondo) è chiaramente insostenibile dal punto di vista ecologico. Lo è
> stato nel passato, ma ogni volta si sono scoperte nuove terre da sfruttare,
> e ogni volta è ricominciata l'invasione dei bovini.Ormai, però, la metà
> delle terre fertili del pianeta viene usata per coltivare cereali, semi
> oleosi, foraggi, proteaginose, destinati agli animali. Per far fronte a
> questa immensa domanda - in continuo aumento, in quanto le popolazioni che
> tradizionalmente consumavano poca carne oggi iniziano a consumarne sempre di
> più - si distruggono ogni anno migliaia di ettari di foresta pluviale, il
> polmone verde del pianeta, per far spazio a nuovi pascoli o a nuovi terreni
> da coltivare per gli animali, che in breve tempo si desertificano, e si fa
> un uso smodato di prodotti chimici per cercare di ricavare raccolti sempre
> più abbondanti.Per consumo di risorse, latte e carne sono indiscutibilmente
> i "cibi" più dispendiosi, inefficienti e inquinanti che si possano
> concepire: oltre alla perdita di milioni di ettari di terra coltivabile (che
> potrebbero essere usati per coltivare vegetali per il consumo diretto degli
> umani), e oltre all'uso indiscriminato della chimica, vi è la questione
> dell'enorme consumo d'acqua in un mondo irrimediabilmente assetato, il
> consumo di energia, il problema dello smaltimento delle deiezioni animali e
> dei prodotti di scarto, le ripercussioni sul clima, l'erosione del suolo, e
> la desertificazione di vaste zone.
> 
> L'uso di prodotti chimici
> 
> L'abuso di prodotti chimici per l'agricoltura nei paesi più "sviluppati" è
> evidente dai dati statistici:in Germania, Giappone, Gran Bretagna, se ne
> usano più di 300 kg per ettaro, in Italia 104, mentre i consumi scendono a
> 35 in Cina, a 22 in Messico, a 7 in Bangladesh e a 1 in Nigeria. I prodotti
> chimici comprendono fertilizzanti, pesticidi (che uccidono gli insetti
> nocivi per le colture) ed erbicidi (che uccidono le piante nocive): tutti
> inquinano il suolo, l'acqua e il cibo stesso. Dal 1945 ad oggi il consumo di
> pesticidi è decuplicato, mentre i danni provocati dagli insetti alle colture
> è raddoppiato. Non si tratta però di un problema legato all'agricoltura in
> sé e per sé, ma all'agricoltura finalizzata all'allevamento di animali: per
> quanto riguarda gli erbicidi, ad esempio, è indicativo il fatto che l'80% di
> quelli usati negli USA viene utilizzato nei campi di mais e di soia
> destinati all'alimentazione degli animali. Il massiccio uso di fertilizzanti
> è dovuto soprattutto alla pratica della monocoltura, che risulta conveniente
> in quanto consente una industrializzazione spinta:vengono standardizzate le
> tipologie di intervento, i macchinari agricoli, le competenze e i tempi di
> lavoro. Se anziché alla monocoltura i suoli fossero destinati a coltivazioni
> a rotazione per uso diretto umano, non sarebbero necessari prodotti chimici,
> perché il suolo rimarrebbe fertile.
> 
> Il consumo di energia
> 
> Nel trasformare vegetali in proteine animali, un'ingente quantità delle
> proteine e dell'energia contenute nei vegetali viene sprecata: il cibo serve
> infatti a sostenere il metabolismo degli animali allevati, ed inoltre vanno
> considerati i tessuti non commestibili come ossa, cartilagini e frattaglie,
> e le feci. Esiste il cosiddetto "indice di conversione", che misura la
> quantità di cibo necessaria a far crescere di 1 kg l'animale. Ad un vitello
> servono 13 kg di mangime per aumentare di 1 kg, mentre ne servono 11 a un
> vitellone (un bue giovane) e 24 ad un agnello. I polli richiedono invece
> solo 3 kg di cibo per ogni kg di peso corporeo. Se si considera poi che
> l'animale non è tutta carne, ma vi sono anche gli "scarti", queste quantità
> vanno raddoppiate.Il rendimento delle proteine animali è ancora più basso.
> Un bovino, ad esempio, ha un'efficienza di conversione delle proteine
> animali di solo il 6%: consumando cioè 790 kg di proteine vegetali, produce
> meno di 50 kg di proteine.L'economista Frances Moore Lappé fa notare come,
> nel 1979, 145 milioni di tonnellate di cereali e soia siano stati utilizzate
> negli USA come mangime per gli animali. Di queste, solo 21 milioni sono
> state poi rese disponibili per l'alimentazione umana in forma di carne,
> latte e uova. I 124 milioni di tonnellate di cibo vegetale sprecato
> avrebbero fornito una porzione di cibo nutriente per tutti gli esseri umani
> della Terra, ogni giorno, per un anno.Oltre allo spreco di energia
> necessaria per il funzionamento dell'organismo, va contata l'energia
> necessaria per la coltivazione del cibo per gli animali e per il
> funzionamento degli allevamenti stessi. Dal punto di vista dell'uso di
> combustibile fossile, per ogni caloria di carne bovina servono 78 calorie di
> combustibile, per ogni caloria di latte ne servono 36, e per ogni caloria
> che proviene dalla soia sono necessarie solo 2 calorie di combustibile
> fossile, un rapporto di 39:1 a sfavore della carne. Jon R. Louma afferma che
> per ogni caloria ingerita dall'americano medio, servono 9.8 calorie di
> carburante fossile, quindi in un anno un americano "mangia" 13 barili di
> petrolio.
> 
> Il consumo d'acqua
> 
> Il 70% dell'acqua utilizzata sul pianeta è consumato dalla zootecnia e
> dall'agricoltura (i cui prodotti servono per la maggior parte a nutrire gli
> animali d'allevamento).Quasi la metà dell'acqua consumata negli Stati Uniti
> è destinata alle coltivazioni di alimenti per il bestiame.Gli allevamenti
> consumano una quantità d'acqua molto maggiore di quella necessaria per
> coltivare soia, cereali, o verdure per il consumo diretto umano. Dobbiamo
> sommare, infatti, l'acqua impiegata nelle coltivazioni, che avvengono in
> gran parte su terre irrigate, l'acqua necessaria ad abbeverare gli animali e
> l'acqua per pulire le stalle.Una vacca da latte beve 200 litri di acqua al
> giorno, 50 litri un bovino o un cavallo, 20 litri un maiale e circa 10 una
> pecora.Il settimanale Newsweek ha calcolato che per produrre soli cinque
> chili di carne bovina serve tanta acqua quanta ne consuma una famiglia media
> in un anno.Facendo un calcolo basato sulla quantità di proteine prodotte si
> ottiene un rapporto molto sbilanciato a sfavore degli allevamenti: per un
> chilo di proteine animali occorre un volume d'acqua 15 volte maggiore di
> quello necessario alla produzione della stessa quantità di proteine
> vegetali.
> 
> Le deiezioni animali
> 
> In Italia gli animali da allevamento producono annualmente circa 19 milioni
> di tonnellate di deiezioni a scarso contenuto organico, che non possono
> essere usate come fertilizzante. Attualmente, lo smaltimento di questi
> liquami avviene per spandimento sul terreno, il che provoca un grave
> problema di inquinamento da sostanze azotate, che causa inquinamento nelle
> falde acquifere, nei corsi d'acqua di superficie, nonché eutrofizzazione nei
> mari. Anche i farmaci somministrati agli animali possono passare
> nell'ambiente con i reflui e residuare nei suoli, nei vegetali, nelle acque
> e quindi negli alimenti di cui si ciba l'uomo, come le verdure o il
> pesce.Calcolando il carico equivalente, ovvero trasformando il numero di
> animali in quello equivalente di popolazione umana che produrrebbe lo stesso
> livello di inquinamento da deiezioni, in totale, in Italia, gli animali
> equivalgono ad una popolazione aggiuntiva di 137 milioni di cittadini, cioè
> più del doppio del totale della popolazione.
> 
> Il problema degli scarti
> 
> Oltre alle deiezioni, occorre smaltire tutte le parti di "scarto" degli
> animali uccisi.In caso di epidemie, vengono bruciati, o seppelliti (vivi o
> morti) milioni di animali. La cremazione richiede una grande quantità di
> combustibile ed emette fumi inquinanti e tossici (compresa la diossina). La
> sepoltura contribuisce all'inquinamento delle fonti d'acqua e
> all'inquinamento da antibiotici (di cui gli animali sono imbottiti).Ma anche
> nel "normale processo produttivo" viene prodotta un'enorme quantità di
> scarti non utilizzabili: la testa, i visceri, gli zoccoli, il contenuto
> dell'intestino, le cartilagini, le piume, le ghiandole, sono parti che non
> vengono normalmente usate.Fino a poco tempo fa venivano essiccate e tritate
> in farine carnee che venivano aggiunte ai mangimi degli animali erbivori, ma
> ora, dopo il caso "mucca pazza", questo non è più possibile (almeno, non lo
> è legalmente) e quindi vengono stoccate, con conseguente spreco di spazio e
> denaro pubblico.Altri sottoprodotti sono usati dall'industria. Ad esempio la
> pelle è usata nell'industria conciaria, che è una delle più inquinanti che
> esistano: le concerie sono responsabili dell'acidificazione di vasti
> territori agricoli e rendono non potabili le acque della zona in cui
> sorgono, oltre a essere estremamente dannose per la salute dei lavoratori.
> 
> Il clima e la desertificazione
> 
> Le conseguenze più drammatiche del consumo di latte e carne si verificano
> nel Terzo Mondo: il disboscamento operato per far posto agli allevamenti di
> bovini destinati a fornire proteine animali all'Occidente ha distrutto in
> pochi anni milioni di ettari di foresta pluviale. Ogni anno scompaiono 17
> milioni di ettari di foreste tropicali. L'allevamento intensivo non ne è la
> sola causa, ma sicuramente gioca un ruolo primario: nella foresta Amazzonica
> l'88% dei terreni disboscati è stato adibito a pascolo e circa il 70 % delle
> zone disboscate del Costa Rica e del Panama sono state trasformate in
> pascoli. A partire dal 1960, in Brasile, Bolivia, Colombia, America Centrale
> sono stati bruciati o rasi al suolo decine di milioni di ettari di foresta,
> oltre un quarto dell'intera estensione delle foreste centroamericane, per
> far posto a pascoli per bovini. Per dare un'idea delle dimensioni del
> problema, si pensi che ogni hamburger importato dall'America Centrale
> comporta l'abbattimento e la trasformazione a pascolo di sei metri quadrati
> di foresta.Paradossalmente, questa terra non è affatto adatta al pascolo:
> nell'ecosistema tropicale lo strato superficiale del suolo contiene poco
> nutrimento, ed è molto sottile e fragile. Dopo pochi anni di pascolo il
> suolo diventa sterile, e gli allevatori passano ad abbattere un'altra
> regione di foresta. Gli alberi abbattuti non vengono commercializzati,
> risulta più conveniente bruciarli sul posto.La geografa Susanna Hecht
> racconta che il 90% degli allevamenti di bestiame nella ex-foresta
> amazzonica cessa l'attività dopo circa otto anni, per ricominciare in altre
> zone. Si possono percorrere centinaia di chilometri di strada nella foresta
> amazzonica senza trovare altro che terre abbandonate dove cresce una
> vegetazione secondaria.Per quanto riguarda le terre adibite alla
> coltivazione di cereali per l'alimentazione animale, il continuo
> accorciamento dei maggesi non lascia al suolo il tempo di rigenerarsi,
> accentuandone l'erosione. Ne conseguono sia frane ed inondazioni, sia una
> diminuzione dell'approvvigionamento delle falde, il che provoca
> desertificazione, disarticolazioni idrogeologiche e siccità ricorrenti.
> Nelle zone semiaride, come l'Africa, lo sfruttamento dei suoli per
> l'allevamento estensivo (i cui prodotti vengono esportati nei paesi ricchi)
> porta alla desertificazione, cioè alla riduzione a zero della produttività
> di queste terre. Le Nazioni Unite stimano che il 70% dei terreni ora adibiti
> a pascolo siano in via di desertificazione.Anche alcune parti delle Grandi
> Pianure del "West" americano si stanno trasformando in deserto. Ampi fiumi
> sono diventati ruscelli o si sono prosciugati del tutto lasciando spazio a
> distese di fango. Dove prima vi erano vegetazione ed animali selvatici di
> ogni specie, oggi non cresce più nulla e non vi è più vita animale.
> L'allevamento estensivo di bovini è stato, e continua a essere, la causa di
> tutto questo.Per quanto riguarda il clima, la combustione di milioni di
> ettari di foresta produce milioni di tonnellate di carbonio. L'elevato
> consumo di energia nelle varie fasi della produzione di carni produce grandi
> quantità di anidride carbonica, che contribuisce all'effetto serra. Dalle
> deiezioni animali viene prodotta una tale quantità di metano (per ogni kg di
> carne, 3 etti di metano emessi durante la ruminazione) da contribuire per il
> 15%-20% all'effetto serra globale. Inoltre, l'80%-90% dell'ammoniaca immessa
> nell'atmosfera viene emessa dagli animali: questo è causa di piogge acide
> che danneggiano suoli e boschi.
> 
> LA SCELTA SALUTISTICA
> 
> Sai che effetti può avere sul tuo corpo e sulla tua salute?
> I pericoli per la salute umana che derivano dal consumo di alimenti di
> origine animale (carne, pesce, uova, latte e latticini) sono molti, non
> tutti evidenti e conosciuti alla maggior parte delle persone, anche se negli
> ultimi tempi si è iniziato a parlarne. Varie epidemie sono scoppiate, in
> tempi remoti e recenti, tra gli animali d'allevamento, portando con sé il
> serio pericolo (in alcuni casi diventato realtà) di contagio animale-uomo.
> Gli animali negli allevamenti intensivi sono imbottiti di antibiotici e
> farmaci di vario genere, e i pesci pescati nei mari sono un concentrato
> delle sostanze tossiche di cui le acque sono oggi "ricche".Anche
> tralasciando tutti questi pericoli, rimane comunque il fatto che una dieta a
> base di alimenti di origine animale è inadatta all'organismo umano, e porta
> a tutte quelle malattie degenerative che costituiscono le prime cause di
> morte nei paesi ricchi.
> 
> Infezioni trasmissibili all'uomo
> 
> Molte persone sono estremamente preoccupate dalle possibili infezioni da
> animali a uomo, e sostengono che "gli animali portano malattie", sempre
> riferendosi ad animali vivi, che danno loro fastidio, come i piccioni, o
> anche cani e gatti. Questa credenza è del tutto infondata, è solo un
> preconcetto, perché è praticamente impossibile contrarre malattie da