rifiuti, affari sporchi ma redditizi



da narcomafie.it
Gennaio 2003

Traffico di rifiuti

Affari sporchi

Monica Massari*

"Non si butta via niente". Lo sanno bene gli ecocriminali internazionali -
mafie o singoli imprenditori - che ricavano enormi profitti dal traffico
illecito di rifiuti pericolosi. Con alcuni sottoprodotti: illegalità,
inquinamento, rischi sanitari

Il traffico illegale di rifiuti pericolosi costituisce uno dei settori
principali di quella vasta area di pratiche e comportamenti illeciti che
viene generalmente definita come "criminalità ambientale". Questa categoria,
in realtà, comprende al proprio interno un'ampia varietà di reati, quali ad
esempio il commercio illegale di specie protette, il traffico di legnami
pregiati, di reperti archeologici, di sostanze contenenti i pericolosi gas
killer dell'ozono e altri ancora. Ma è sui traffici internazionali di
rifiuti pericolosi che si è andata concentrando sempre di più, nel corso
degli ultimi anni, l'attenzione degli organi investigativi, degli apparati
istituzionali, dei mass media e dell'opinione pubblica in generale.

Pattumiere
del Pianeta

Sin dalla metà degli anni 80, le Nazioni Unite avevano segnalato come l'
incremento della produzione industriale su scala internazionale e il
conseguente aumento dei rifiuti pericolosi prodotti, alcuni dei quali
altamente nocivi (unitamente all'adozione di una serie di trattati e
convenzioni internazionali tesi a prevenire l'espansione dei traffici di
queste sostanze fra i Paesi industrializzati e le aree del Sud del mondo),
avessero incentivato l'emersione di un'ampia area grigia. Fra il 1986 e il
1988, almeno 15 Paesi africani erano stati contattati da imprese occidentali
in grado di offrire consistenti somme di denaro in cambio di territori da
utilizzare a proprio piacimento per smaltire, al di fuori di qualsiasi
regola, ingenti quantitativi di rifiuti tossici. Per avere un'idea delle
dimensioni del fenomeno, basti pensare che in quegli anni il costo medio per
lo smaltimento di una tonnellata di rifiuti pericolosi in un qualsiasi Paese
occidentale poteva variare da un minimo di 100 fino ad un massimo di 2mila
dollari, mentre in Africa il prezzo si aggirava fra i 2,50 e i 50 dollari.
Un'occasione davvero imperdibile per molte imprese, tanto che almeno 50
milioni di tonnellate di rifiuti prodotte nei Paesi industrializzati (su un
totale di 300 milioni) venivano annualmente trasportate in Africa.
Con il passare degli anni, la geopolitica dei traffici illegali di rifiuti
si è andata ampliando sempre più. Accanto ai Paesi africani le principali
aree di destinazione degli eco-criminali internazionali sono diventate l'
Europa orientale e il continente asiatico.
Greenpeace ha recentemente denunciato come più di centomila tonnellate di
rifiuti siano entrate, in modo illegale, in India fra il 1998 e il 1999. La
Cina, invece, costituisce il punto di arrivo dell'imponente traffico di
rifiuti elettronici (circuiti di vecchi computer, monitor, batterie e altri
apparecchi) altamente pericolosi, provenienti per almeno il 50% dagli Stati
Uniti (in cui ogni anno vengono dismessi almeno 20 milioni di vecchi
computer): l'unico fra i Paesi industrializzati a non aver ancora ratificato
la Convenzione di Basilea del 1989, che mira a controllare i movimenti
transfrontalieri di rifiuti pericolosi e il loro smaltimento.

Normativa?
Carta straccia

Nonostante esistano diversi strumenti di cooperazione internazionale
espressi in forma di convenzioni e di accordi (ricordiamo, fra gli altri, la
Convenzione di Washington del 1973 sul traffico di specie protette, il
Protocollo di Montreal del 1987 riguardante le sostanze dannose per l'ozono,
la già citata Convenzione di Basilea del 1989, la Convenzione di Bamako del
1991 che vieta l'importazione di rifiuti verso numerosi Paesi dell'Africa,
dell'area caraibica e di quella che si affaccia sul Pacifico) volti a
impedire forme di vero e proprio "colonialismo ambientale" da parte dei
Paesi del Nord del mondo, il traffico illegale di rifiuti risulta in piena
crescita. Il volume totale dei profitti derivanti da questo mercato è stato
recentemente stimato dalle autorità americane attorno ai 12-15 miliardi di
euro. Quali sono quindi i fattori che fanno sì che gli eco-criminali
internazionali agiscano indisturbati?
Nonostante alcuni Stati del sud del mondo abbiano iniziato a rifiutare da
tempo le importazioni di rifiuti pericolosi nei propri territori, l'
impossibilità o, in alcuni casi, la debolezza di alcuni Paesi in via di
sviluppo nel difendere il proprio diritto ha consentito il rafforzamento dei
traffici nord-sud e la crescita di un enorme mercato illegale. Le forti
pressioni esercitate dalle corporations straniere coinvolte nel business dei
rifiuti, inoltre, prevedono promesse - spesso inevase - di facili
acquisizioni di preziosa valuta pesante, aumento dell'occupazione, creazione
di impianti di riciclaggio in loco e il trasferimento, in questi Paesi, di
nuove tecnologie. È da tenere, poi, in considerazione che nella gran parte
dei casi in queste aree non si dispone di una legislazione efficace in
materia ambientale o, molto spesso, le autorità competenti non si dimostrano
troppo solerti nel garantire il rispetto delle norme e dei regolamenti
previsti in difesa della natura. Infatti, anche in quei casi in cui esiste
una normativa ambientale a livello nazionale, le pene previste sono assai
blande e quindi non costituiscono un deterrente efficace. Ma unitamente alle
ambiguità e alle falle esistenti sul piano legislativo e la sostanziale
assenza di un adeguato sistema di controllo a livello internazionale, le
Nazioni Unite hanno recentemente sottolineato come la liberalizzazione e la
deregolazione delle economie dei Paesi in via di sviluppo - indotte dagli
aggiustamenti strutturali imposte dalle istituzioni finanziarie
internazionali - abbiano incoraggiato in modo considerevole l'esportazione
di ingenti quantitativi di rifiuti tossici e altamente pericolosi verso
queste aree. In molti dei Paesi intrappolati in questo commercio perverso si
è giunti a dover far fronte ad una situazione in cui diritti fondamentali
quali quello ad auto-determinarsi, ad utilizzare liberamente le proprie
risorse naturali e a godere di una vita sana, sono continuamente negati. E
tutto ciò comporta anche l'erosione incessante dell'autorità statale e la
diffusione di una cultura dell'illegalità.

Una pluralità
di attori

Pur trovandoci dinanzi ad un mercato illegale dalle dimensioni globali -
visto il numero di Paesi attualmente coinvolti - il livello di conoscenze
sulle caratteristiche, le dinamiche e i fattori di espansione di questo
business è ancora piuttosto limitato. Ancora poco si sa su coloro che
organizzano e gestiscono i traffici illegali di rifiuti, le loro strategie,
le modalità operative, le tecniche utilizzate per condurre a buon fine i
loro affari. Tutto ciò a dispetto delle norme esistenti e senza alcun
rispetto non solo per l'ambiente, ma anche per i cittadini che vivono in
determinate aree non sapendo di essere esposti a fattori inquinanti dagli
effetti talvolta drammatici.
Negli Stati Uniti, già negli anni 50, era venuto chiaramente alla luce il
ruolo svolto dalla criminalità organizzata nella gestione dei rifiuti
urbani, soprattutto nel New Jersey e nella zona di New York. Secondo quanto
appurato nel corso delle audizioni che si tennero presso la Commissione del
Senato, i gruppi mafiosi locali avevano costituito un vero e proprio impero
commerciale che consentiva il monopolio sull'intera industria dei rifiuti,
grazie alle complicità esistenti con le associazioni commerciali e alcuni
sindacati compiacenti.
Parallelamente all'adozione di forme più stringenti di controllo sui reati
contro l'ambiente, il mercato dell'eco-criminalità si è andato evolvendo e
modificando, adattandosi, di volta in volta, alle circostanze e assumendo,
sempre più frequentemente, forme inusitate. Sotto questo profilo, l'attività
di ricerca sul campo svolta ha rivelato come i reati contro l'ambiente siano
commessi da un'ampia varietà di soggetti che potrebbero essere collocati all
'interno di un ipotetico continuum. Ai due poli estremi troveremmo, da un
lato, la criminalità mafiosa tradizionale (come, appunto, nel caso de La
Cosa Nostra negli Stati Uniti e le ecomafie in Italia) e, dall'altro,
network illeciti particolarmente fluidi, composti da individui che non
dispongono del tipico curriculum criminale, ma che, al contrario, sono
inseriti stabilmente all'interno di vari settori dell'economia legale. Fra
questi due estremi è possibile identificare la presenza di una pluralità di
attori: imprese e corporations che tentano di risparmiare sui costi in modo
illecito, persone "rispettabili" che commettono reati nel corso della loro
carriera professionale al fine di guadagnare un margine di profitto in più
rispetto ai propri rivali, individui già coinvolti in altre attività
illecite che forniscono i propri servizi al mondo produttivo collegato al
settore dei rifiuti e, infine, forme di collaborazione e di partnership fra
esponenti della criminalità organizzata tradizionale, stimati uomini di
affari, rappresentanti delle istituzioni, tecnici, professionisti e altri
soggetti legali.

Tra lecito
e illecito

A ben vedere, nozioni quali "criminalità organizzata", "mafia", "criminalità
dei colletti bianchi", "criminalità economica" e altre perdono quasi del
tutto la propria valenza euristica, risultano ridondanti. Se, infatti, oltre
che concentrarsi sulle caratteristiche di questi soggetti, si tenta di
mettere a fuoco quali sono le tecniche utilizzate per commettere tali reati
emerge chiaramente come costoro rivelino delle somiglianze sorprendenti e
utilizzino lo stesso tipo di know-how. Gli eco-criminali internazionali
condividono fra loro una caratteristica essenziale: sono profondamente
radicati e operano nello spazio del mercato, sia esso legale che illegale.
Le loro attività, relazioni e collaborazioni avvengono all'interno di quell'
arena economica dove i confini esistenti fra ciò che è lecito e ciò che non
lo è appaiono estremamente incerti, confusi, soggetti a continui
aggiustamenti e sovrapposizioni. Quest'area - che è stata definita da
Vincenzo Ruggiero "economia sporca" - è caratterizzata dal raggiramento
costante dei principi di legalità e di competizione leale. Si tratta di un'
arena in cui criminalità organizzata e attori legali tendono a scambiarsi
servizi, a offrirsi reciprocamente favori, a promuoversi vicendevolmente
nelle loro attività imprenditoriali.
Nel caso dei traffici illegali di rifiuti pericolosi, l'adozione dell'
espressione di Ruggiero sembra essere particolarmente utile, dal momento che
consente di identificare un ampio ventaglio di similitudini fra eventi,
pratiche e attori che solitamente sono considerati diversi.
In conclusione, invece che enfatizzare il ruolo svolto dalla criminalità
organizzata tradizionale, sembra molto più produttivo, sotto il profilo
analitico, concentrarsi sul mercato in cui questa varietà di attori opera,
sul loro modus operandi, sulle loro strategie, risorse e opportunità.

* Coordinatrice del progetto, Gruppo Abele