(Fwd) E' legge il lavoro a punti



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            E' legge il lavoro a punti
            Argomento: ::| Primo Piano Data: 1/8/2003 


            E' legge il lavoro a punti 
            Il governo ha varato in via definitiva la riforma Biagi
            sul mercato del lavoro


            Via libera al «job on call»: operai trasformati in
            lavoratori-squillo. Ma si può anche venire affittati a
            vita, grazie allo «staff leasing». Aumentano le
            discriminazioni nei confronti dei disabili: addio alle
            quote obbligatorie di assunzione, tutti in appalto I
            co.co.co. spariscono, sostituiti dai «contratti a
            progetto», una nuova forma di autonomi. I sindacati
            faranno collocamento e certificazione, snaturando il
            proprio ruolo. Prc: «Lavoratori sempre più soli». La Cgil:
            «E' il self-service della precarietà»

            di ANTONIO SCIOTTO

            La diga è stata aperta definitivamente, il fiume della
            precarietà non avrà più argini: ieri il governo ha varato
            il decreto attuativo della «riforma Biagi», l'ultimo passo
            per l'entrata in vigore ufficiale. Dai primi di settembre,
            dunque, le imprese potranno stipulare i primi contratti di
            job on call (lavoro a chiamata) e staff leasing (affitto
            di squadre). I sindacati faranno collocamento e
            certificazione (enti bilaterali). L'articolo 18 e l'intero
            Statuto dei lavoratori diventano un ...... residuato
            preistorico con la cessione liberalizzata dei rami
            d'azienda: le singole imprese potranno autospezzettarsi a
            piacimento, clonando nuove aziende sotto i 15 dipendenti.
            Ma anche - ciliegina lasciata alla fine - è rientrato
            dalla finestra (dopo che era stato espunto dalla delega)
            un articolo che riguarda i lavoratori disabili. La legge
            che fino a oggi obbligava all'assunzione diretta di
            portatori di handicap potrà infatti essere aggirata: per
            soddisfare le quote, le aziende potranno limitarsi ad
            assegnare delle commesse a cooperative sociali di cui i
            disabili risultino dipendenti. Il part time sarà più
            elastico, l'orario potrà essere cambiato con un certo
            preavviso. Tutto un programma, poi, il job sharing, un
            solo posto ripartito tra due lavoratori: nelle elezioni
            dei rappresentanti sindacali, il voto di due addetti varrà
            come singolo. Una serie di misure, insomma, che tagliano i
            diritti, individualizzano i lavoratori, puntano ad
            asservire i sindacati. Partiamo proprio dal job sharing,
            uno degli istituti che mostra più apertamente lo
            scadimento generale del lavoro: un posto diviso in due,
            che i lavoratori possono gestire a loro piacimento. In
            teoria, uno può fare anche 8 ore e l'altro zero,
            l'essenziale è che non lascino scoperta la produzione.
            «Non è tanto il concetto di lavoro ripartito che ci sembra
            assurdo - commenta Alfonso Gianni, Rifondazione, che ha
            seguito l'iter della delega e del decreto fino
            all'attuazione - quanto piuttosto il modo in cui viene
            realizzato: nell'elezione dei rappresentanti sindacali il
            voto espresso può essere soltanto uno, nonostante a
            lavorare siano due persone. E poi, se uno dei due decide
            di rescindere il contratto, anche l'altro sarà costretto a
            perdere il posto». «Quello che ci sembra più evidente
            analizzando le oltre 40 tipologie di contratti che vengono
            fuori dalla legge - continua il parlamentare - è che si è
            volutamente compiuta un'operazione ideologica più che
            strettamente di riforma economica: gli ultimi dati Istat
            danno in crescita i contratti a tempo indeterminato,
            evidentemente c'è una quota di flessibilità oltre cui le
            stesse aziende non possono andare se non vogliono
            rischiare una situazione ingovernabile. Quello che
            l'esecutivo ha voluto ottenere, insieme agli industriali,
            è la frammentazione e l'isolamento dei lavoratori, oltre
            all'indebolimento dei sindacati».

            Per quanto concerne il job on call, il lavoro a chiamata,
            sarà possibile assumere a tempo determinato o
            indeterminato dei lavoratori sempre a disposizione
            dell'impresa, con solo un minimo di ore retribuite e il
            resto a discrezione dell'imprenditore: potrà alzare la
            cornetta e chiamare quando ci sarà bisogno, con un
            preavviso che si aggira orientativamente intorno alle 24
            ore, ma che comunque si potrà stabilire (magari 25 o 27)
            nella contrattazione collettiva. Non è neppure chiaro se
            ci saranno maggiorazioni di stipendio per chi si rende
            disponibile alla chiamata: «Molte di queste disposizioni
            in realtà vengono lasciate alla contrattazione - spiega
            Tiziano Rinaldini, della Cgil Emilia Romagna - Ma è in
            generale il rapporto tra leggi e contrattazione che è
            stato rovesciato. Prima la legge era come una rete di base
            che lasciava molta autonomia alle parti sociali, autonomia
            che ora è praticamente annullata: i sindacati sono
            chiamati a digerire a priori quanto disposto, limitandosi
            a concordare eventuali aggiustamenti. Se non c'è accordo,
            l'azienda può utilizzare agilmente tutte le possibilità
            offerte dalla legge».

            Il ruolo del sindacato è così ridotto non solo nella
            contrattazione, ma più in generale viene costretto al
            ruolo di un'agenzia di servizi: potrà fare collocamento e
            certificazione dei rapporti di lavoro, partecipando agli
            enti bilaterali insieme alle imprese. In questo modo avrà
            suoi interessi specifici, non più legati direttamente a
            quelli dei lavoratori: al contrario, il singolo lavoratore
            avrà a che fare con due strutture, impresa e sindacato,
            ugualmente a lui estranee, e che si occuperanno l'una di
            farlo lavorare e retribuirlo, l'altro di assisterlo nel
            trovare un'occupazione o nel timbrargli il certificato che
            descrive il suo rapporto di lavoro. Con lo staff leasing,
            la «somministrazione di manodopera» (l'espressione
            sostituisce di fatto il vecchio «lavoro interinale»),
            interi reparti saranno presi in affitto da altre aziende,
            e dunque ci potranno essere imprese senza dipendenti
            propri. Una difficoltà in più per le organizzazioni
            sindacali, dato che i lavoratori dovranno rivendicare i
            propri diritti non nell'impresa dove di fatto prestano la
            propria opera, ma presso quella che li dà in affitto.
            «Viene a cadere la responsabilità degli imprenditori
            rispetto ai lavoratori, dato che il rapporto di lavoro
            viene ridotto a un puro rapporto commerciale tra due
            aziende», commenta Rinaldini.

            I co.co.co. sono destinati ad essere trasformati in
            contratti a progetto, ma questo non vuol dire che gli
            imprenditori saranno costretti ad assumerli a tempo
            indeterminato, come aveva annunciato la propaganda
            berlusconiana. Piuttosto, dato che c'è anche il progetto
            di parificare i loro contributi a quelli degli autonomi,
            tutti i co.co.co. che non rientrano in speciali categorie
            (professioni intellettuali, società sportive, pensionati,
            esclusi dalla trasformazione in lavoro a progetto)
            verranno spinti a trasformarsi in partite Iva. Mano libera
            anche allo spezzettamento delle aziende: mentre prima
            potevano essere scorporati solo rami già precedentemente
            autonomi, adesso si potrà inventare su due piedi
            un'autonomia funzionale, e dunque creare piccole aziende
            con meno di 15 dipendenti, senza diritti. La delega
            848bis, che ancora giace in Senato e che dovrebbe abrogare
            progressivamente l'articolo 18, pare ormai già cosa
            superflua. «Si realizza - commenta il segretario
            confederale Cgil Giuseppe Casadio - quel self-service
            della precarietà che punta a rendere il lavoratore sempre
            più solo e debole nel mercato del lavoro». Contro la legge
            Biagi, la Cgil ha confermato le due ore di sciopero
            generale in settembre. 

            da Manifesto.it




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